Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2451, del 13 maggio 2014
Urbanistica.Condono edilizio parere della commissione edilizia non obbligatorio
La specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all’ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare e l’assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il rilascio della concessione in sanatoria c.d. straordinaria, il parere della commissione edilizia non obbligatorio, ma tutt’al più facoltativo, al fine di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi, in assenza dei quali il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla semplice verifica dei numerosi presupposti e condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
N. 02451/2014REG.PROV.COLL.
N. 02641/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2641 del 2003, proposto da:
Ghilardi Marco, rappresentato e difeso dall'avv. Vittorio Chierroni, con domicilio eletto presso l’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II,18;
contro
Comune di Montecatini Terme, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Giovannelli, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA, SEZIONE III n. 859/2003, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio e demolizione opere abusive;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2014 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti l’avv. Domenico Iaria su delega dell'avv. Vittorio Chierroni e l’avv. Gabriele Pafundi su delega dell'avv. Mauro Giovannelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Ghilardi Marco, acquistava nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare, giusta decreto del Tribunale di Pistoia n. 19/2000 del 20 marzo – 3 aprile 2000, un compendio immobiliare sito in Montecatini Alto alla via Livi n. 8/C, costituito da una corpo di fabbrica definito “torre” edificato anteriormente al 1967 e da alcuni manufatti ad esso aderenti, realizzati in data successiva e privi di titolo.
Presentava, quindi, al Comune di Montecatini istanza di condono edilizio onde sanare i corpi di fabbrica abusivi, precisamente: 1) vano ripostiglio posto al piano terreno a nord della torre; 2) locale sgombero posto a sud della torre, che affermava essere stati realizzati anteriormente al 15 marzo 1985; 3) opere interne alla torre e nel manufatto a questa addossato a sud; ampliamento verso ovest di tale manufatto; ampliamento del vano ripostiglio; modifica di muretti esterni e di livelli di terreno, che assumeva realizzati tra il 15 marzo 1985 e il 31 dicembre 1993.
2.- Il Comune di Montecatini, dopo aver richiesto con nota del 31 maggio 2000 la produzione di ulteriore documentazione, in particolare sull’epoca dell’abuso, dopo accurata istruttoria, determinava “di non ammettere a sanatoria…le seguenti opere: 1) Realizzazione di un vano ripostiglio al piano terreno, posto sul lato nord della torre della superficie di mq. 4,20; 2) Realizzazione di un vano ad uso locale di sgombero posto sul lato sud della torre della superficie utile di mq. 53, 51; 3) Ampliamento del vano uso ripostiglio al piano terreno localizzato a nord della torre di mq 2,33 di superficie utile”.
Assumeva il Comune che di questi manufatti non era stata provata con certezza l’epoca dell’abuso e non risultavano dall’aerofotogrammetria svolta per conto della Regione Toscana nel 1997, in particolare dal fotogramma n. 105 e dal suo ingrandimento che veniva allegato alla relazione istruttoria, richiamata nel provvedimento di cui costituiva parte integrante.
3.- Ghilardi Marco, con ricorso al Tribunale Amministrativo per la Toscana, integrato da motivi aggiunti, impugnava, chiedendo l’annullamento, il provvedimento di diniego parziale della domanda di concessione in sanatoria ex l. n. 724 del 1994, adottato dal Dirigente del Servizio Assetto del Territorio del Comune di Montecatini Terme in data 22 gennaio 2001; la relazione istruttoria richiamata nel provvedimento e l’ordinanza di demolizione di opere abusive con comminatoria di acquisizione al Comune del 19 novembre 2001. Chiedeva l’accertamento del diritto al rilascio della concessione in sanatoria e la condanna dell’amministrazione comunale al risarcimento dei danni derivanti dai suddetti provvedimenti.
Il ricorso era affidato ai seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della l. 23 dicembre 1994, n. 724; degli artt. 31 e seguenti della l. 28 febbraio 1985, n. 47; dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché eccesso di potere sotto diversi profili, assumendo l’infondatezza in fatto e diritto delle ragioni poste a base del diniego, in quanto il rilievo aerofotografico del 1997 sarebbe inutilizzabile per la presenza di ombreggiature e di vegetazione che avrebbero occultato la presenza di manufatti, che invece risulterebbero esistenti nelle perizie redatte nel procedimento di esecuzione immobiliare (in particolare, il ripostiglio a nord della torre, risulterebbe rappresentato nella perizia dell’ing. Bechi del 3 luglio 1996; il locale di sgombero già esistente nel 1985, sarebbe stato solo modificato a seguito di restauro e risanamento, mentre identico sarebbe l’ingombro) e dalle dichiarazione dei residenti e di persone che avrebbero lavorato presso la struttura, dapprima adibita ad albergo;
2) incompetenza; violazione e falsa applicazione della legge Regione Toscana 14 ottobre 1999, n. 52, che all’art. 14 riserverebbe alla competenza del sindaco le autorizzazioni edilizie in sanatoria;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della l. 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni in relazione all’art. 39 della l. n. 794 del 1994 e dell’art. 31 della l. n. 47 del 1985 e degli articoli 10 e 37 della l. Regione Toscana n. 52 del 1999, in quanto non sarebbe stato acquisito il parere della commissione edilizia, contrariamente a quanto disporrebbe la citata legge regionale per il caso di diniego di sanatoria.
Con motivi aggiunti, il ricorrente, in relazione all’ordinanza di demolizione, formulava oltre al vizio di illegittimità derivata, violazione dell’art. 31 della l. Regione Toscana n. 52 del 1999, perché l’ordinanza sarebbe stata emessa dal Dirigente di Settore e non dal Sindaco e per violazione della l. n. 241 del 1990, per omessa comunicazione di avvio del procedimento e difetto di motivazione, attese le nuove circostanze probatorie introdotte nel giudizio proposto contro il diniego di sanatoria.
4.- Il Tribunale Amministrativo per la Toscana, con sentenza n. 859 dell’11 marzo 2003, respingeva il ricorso e i motivi aggiunti, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 2.000,00 in favore del Comune di Montecatini.
5.- Con ricorso notificato al Comune di Montecatini Terme in data 26 marzo 2003, Ghilardi Marco proponeva appello, chiedendo l’annullamento o la riforma della suddetta sentenza, perché erronea in fatto e diritto e riformulava anche la domanda di accertamento del diritto ad ottenere la concessione in sanatoria e la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni.
L’atto di appello veniva affidato a sei motivi in sostanza riproduttivi di quelli proposti in primo grado.
In corso di giudizio (con deposito in data 5 febbraio 2014), l’appellante produceva la sentenza del Tribunale di Pistoia n. 15 del 2007, di assoluzione del ricorrente dai reati ascritti ai sensi degli articoli 7 e 20 lett. c, l. n. 47/85, per aver realizzato senza titolo i manufatti su descritti e ai sensi degli articoli 139, 151, 163 del d. lgs. n. 490 del 1999, per aver realizzato i suddetti manufatti in area vincolata paesaggisticamente e di assoluzione dal reato ascritto ai sensi degli artt. 110 e 481 c.p.p. per aver rappresentato nelle planimetrie e certificazioni presentate all’amministrazione ai fini del condono una falsa conformazione dello stato dei luoghi.
Depositava anche una fotografia autenticata da funzionario del Comune di Pistoia in data 5 gennaio 1994 riproduttiva del manufatto di circa 55 metri quadrati e la relazione tecnica di quantificazione danni.
L’appellante assumeva negli scritti difensivi che da questi documenti emergerebbe in maniera certa l’esistenza alla data del 31 dicembre 1993, dei manufatti in questione.
6.- Il Comune di Montecatini, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto dell’appello; contestava la produzione tardiva e per la prima volta in appello di prove nuove e in particolare della fotografia e comunque, ne contestava la rilevanza probatoria.
Con ordinanza cautelare di questa Sezione in data 1° aprile 2003 veniva motivatamente respinta l’istanza di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza.
Le parti depositavano memorie difensive e di replica e, precisate le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi, il giudizio veniva assunto in decisione.
DIRITTO
7.- L’appello è infondato e va respinto.
Preliminarmente il collegio osserva che:
a) il thema decidendum del giudizio di appello è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo nei limiti in cui sono criticamente e specificamente riproposte nei mezzi di gravame, non potendosi ammettere doglianze nuove sviluppate nell’atto appello o, peggio, nelle memorie conclusionali;
b) quanto alla produzione tardiva di documenti da parte appellante, essi vengono ammessi al giudizio, ex art. 104, co. 2, c.p.a. essendo verosimile che il ricorrente ne abbia acquisito solo di recente la disponibilità.
8.- Con il primo motivo, l’appellante assume l’erroneità della sentenza di primo grado per non aver apprezzato gli elementi probatori addotti a supporto della realizzazione delle opere oggetto della domanda di condono.
L’assunto di parte ricorrente è infondato.
8.1- La questione controversa riguarda la data di realizzazione delle opere oggetto del condono e, quindi, l’assolvimento da parte del ricorrente dell’onere probatorio circa la esistenza e la consistenza al 31 dicembre 1993, termine ultimo per beneficiare del condono edilizio ai sensi dell’art. 39 della l. n. 724 del 1994, dei manufatti su descritti adiacenti al corpo di fabbrica centrale definito “torre”.
8.2- Il giudice di primo grado ha analizzato tutti gli elementi probatori addotti dal ricorrente e li ha confutati in maniera attenta e rigorosa.
Nella sentenza si dà atto che dalla storia del complesso immobiliare i due manufatti, quello di 55 metri quadrati a sud della torre e quello di circa 6 metri quadrati a nord della torre non risultavano esistenti né nella pratica edilizia di ristrutturazione dell’ex albergo Paradiso del 1972, né nelle fotografie allegate al piano particolareggiato di Montecatini Alto del 1980, né in una cartografia relativa a un volo del 1989, né nella fotografia allegata alla perizia dell’ing. Bechi (primo perito del Tribunale civile di Pistoia, del 1996); che la rappresentazione del locale di 55 metri quadrati contenuta nella domanda di condono del maggio 2000 era diversa da quella accertata nel corso del sopralluogo del mese di marzo del 2000 (come risultava dalla relazione del tecnico comunale, geometra Ventavoli del 22 gennaio 2001); che né nella perizia dell’ing. Bechi del 1996, né in quella del secondo perito del Tribunale di Pistoia (geometra Disperati) del 1999 si farebbe riferimento ad altri immobili oltre la torre e ugualmente nel decreto di trasferimento del giudice delle esecuzioni del Tribunale di Pistoia; che gli elementi addotti dal ricorrente non sarebbero determinanti e che le dichiarazioni rese dai terzi avrebbero valore solo indiziario e non soddisferebbero l’onere probatorio che grava per legge su colui che richiede la sanatoria.
8.3- Le argomentazioni e le conclusioni cui perviene il giudice di primo grado sono assolutamente condivisibili.
Invero, dall’accurata indagine condotta dal Comune di Montecatini, che pure non era tenuto, emergono dati certi che escludono l’esistenza alla data del 31 dicembre 1993 dei manufatti di cui si discute o, comunque la attuale consistenza.
Rilevanti sono: a) il sopralluogo effettuato in data 24 marzo 2000, alla presenza degli ispettori di vigilanza edilizia e del Dirigente del Settore Assetto del Territorio e del Tecnico Istruttore; b) le perizie depositate presso il Tribunale di Pistoia, Cancelleria delle Esecuzioni Immobiliari; c) il rilievo aerofotogrammetrico svolto per conto della Regione Toscana in data 17 ottobre 1997; d) la dettagliata relazione del Tecnico Istruttore.
8.4- Tali elementi non sono contestabili, essendo indubbio che nelle perizie e nella descrizione dell’oggetto della vendita non vi era alcun riferimento né al vano magazzino – colonnato della superficie di circa 55 metri quadrati posto a sud della torre, né al manufatto adiacente alla torre sul lato nord di circa 7 metri quadrati.
Peraltro, all’atto del sopralluogo del 2000, le opere edili relative a tali manufatti erano in corso, essendo i due manufatti eseguiti solo al grezzo e comunque con materiali recenti.
I suddetti due manufatti non risultano nemmeno dall’ingrandimento del rilievo aerofotogrammetrico del 17 ottobre 1997, da una fotografia allegata alla perizia dell’ing. Mario Bechi del 13 luglio 1996 e dalla documentazione fotografica allegata al piano particolareggiato di Montecatini Alto del 1980. Nelle planimetrie catastali sono riportati solamente la torre e la costruzione adiacente sul lato sud.
8.5- A questi elementi documentali l’appellante oppone la perizia del geometra Aldo Disperati che non descrive i suddetti fabbricati, avendo la funzione di integrare la perizia dell’ing. Bechi esclusivamente in relazione al terreno pertinenziale; vero che la suddetta perizia dell’ing. Aldo Disperati, nel riportare i beni oggetto del decreto di trasferimento del lotto 2 (al solo fine dell’identificazione del lotto 1), inserisce un riferimento al locale “sgombero colonnato”, non ricompreso nel decreto di trasferimento del lotto 2, ma non ne indica la data di realizzazione e la consistenza.
Per il resto, l’istanza di condono risulta corredata di affermazioni assunte da parte degli abitanti della zona e da dichiarazioni sostitutive di atto notorio che non costituiscono nella materia atti di per sé probanti, essendo necessari riscontri documentali anche indiziari, purché altamente probanti.
8.6- Tanto premesso, il collegio non intende decampare dai consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza secondo cui: I) stante la straordinarietà del beneficio del condono edilizio, è onere del richiedente provare, in modo rigoroso, che l’epoca di realizzazione delle opere sia antecedente a quella dettato dalla legge; II) tale onere va assolto con elementi probatori stringenti o con l’allegazione di documenti altamente probanti; III) non può mai sostenersi che l’amministrazione debba farsi carico di accertare l’epoca dell’abuso (cfr. fra le tante Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3834; sez. IV, 23 gennaio 2013, n. 414).
Facendo applicazione di tali principi alla vicenda in esame non può che escludersi l’idoneità delle prove fornite dal richiedente a provare in maniera certa e inconfutabile l’esistenza e la consistenza dei manufatti alla data del 31 dicembre 1993.
8.7- Quanto alla valenza ai fini probatori della sentenza del Tribunale di Pistoia e dell’istruttoria condotta dal giudice penale - indipendentemente dalla pur fondata questione di principio sollevata dalla difesa del Comune di Montecatini sulla inopponibilità, per il principio di separazione dei processi, della sentenza penale nel giudizio amministrativo - dalla stessa non emergono circostanze decisive, nemmeno di natura indiziaria, che avvalorino le prove fornite dall’appellante sulla risalenza al 31 dicembre 1993, dei manufatti per i quali non è stata accolta l’istanza di condono.
La sentenza del Tribunale di Pistoia, di assoluzione di Ghilardi Marco, nulla ha accertato circa l’epoca di costruzione e la consistenza dei manufatti de quibus che costituisce il thema della presente controversia.
Rimane, quindi, malgrado l’indagine condotta dal giudice penale e le testimonianze rese in tale giudizio, l’incertezza sul periodo temporale di edificazione, sicché non è possibile trarre dalle argomentazioni contenute in detta sentenza la prova dell’esistenza dei manufatti alla data del 31 dicembre 1993.
Peraltro, nel giudizio penale, l’assoluzione dai reati urbanistici è stata pronunciata con la formula “per non aver commesso il fatto” ai sensi del secondo comma dell’art. 530 c.p.p., ovvero per insufficienza di elementi probatori.
L’assoluzione dal reato di falso, con la formula “perché il fatto non sussiste” non può rilevare, essendo evidente che gli elementi costitutivi del reato di falso sono altri e ontologicamente diversi dai presupposti per il condono edilizio.
Le prove testimoniali acquisite nel giudizio penale, intanto non sono univoche, ma sono pur sempre il risultato di una elaborazione mentale di fatti storici che per la soggettività insita in tale mezzo probatorio non possono che recedere a fronte di elementi probatori oggettivi, qual è il rilievo aerofotogrammetrico dello stato dei luoghi.
8.8- Quanto alla fotografia autenticata in data 5 gennaio 1994 che rappresenta il fronte del locale di 55 metri quadrati, pur ammettendone la produzione per la prima volta in appello, stante l’indubbia difficoltà del ricorrente – acquirente in una procedura esecutiva immobiliare – di disporre di documenti risalenti nel tempo, essa non prova che al 31 dicembre 1993, il manufatto aveva la superficie di 55 metri quadrati.
In conclusione, la dichiarazione concernente l’epoca di realizzazione dell’abuso è contraddetta da elementi specifici acquisiti dall’amministrazione idonei ad evidenziare una diversa epoca di edificazione delle opere. In particolare, le risultanza del sopralluogo effettuato dai Vigili Urbani in data 24 marzo 2000 e i rilievi aerofotogrammetrici del 1989, 1996 e 1997.
Non può, quindi, che ribadirsi quanto già affermato dal giudice di primo grado sull’inidoneità delle prove fornite dal ricorrente in ordine alla data di realizzazione dei manufatti oggetto del diniego di condono.
9.- Con il secondo motivo, l’appellante assume l’illegittimità della sentenza appellata nella parte in cui essa ha ritenuto il provvedimento di diniego parziale di condono di competenza dirigenziale, anziché sindacale.
La censura è infondata.
La legge regionale invocata dal ricorrente (art. 37 della l. Regione Toscana n. 52 del 1999) si riferisce alle domande di concessione in sanatoria ex art. 13 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 e non già al condono edilizio.
In ogni caso, la competenza della dirigenza locale al rilascio dei titoli edilizi risale alla modifica apportata all’art. 51, comma 3 della l. n. 142 del 1990 dall’art. 6 della l. n. 127 del 1997, poi confluita nel T.U. degli Enti locali.
Invero, con il decreto legislativo n. 267 del 2000 di approvazione del Testo Unico degli Enti locali e dalla sua entrata in vigore (13 ottobre 2000), è fuori discussione la competenza dei dirigenti, essendo stata ribadita dall’art. 107, quinto comma, che espressamente dispose, al fine di evitare la sopravvivenza di discipline regionali con essa contrastanti, che “le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III (fra cui il sindaco) l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti”.
Ne consegue l’abrogazione implicita delle norme regionali, tra cui il richiamato articolo 37 della legge regionale n. 52 del 1999, perché in contrasto con la norma di rango superiore.
Insomma, la rigida ed effettiva separazione dei ruoli attribuiti al potere politico (atti di indirizzo e programmazione) ed ai dirigenti (ai quali spettano in via esclusiva i compiti gestionali e di adozione dei provvedimenti amministrativi), ha comportato che la competenza ad adottare i provvedimenti amministrativi di sanatoria (anche ex art. 13 della l. n. 47 del 1985 e di nulla osta ai fini ambientali), non può essere riconosciuta in capo al Sindaco, ma deve necessariamente essere riconosciuta in capo al dirigente preposto (cfr. per tutte, Cons. Stato, sez. V, 5 ottobre 2005, n. 5312)
10.- Con il terzo motivo l’appellante assume l’illegittimità della sentenza, nella parte in cui non ha ritenuto necessario, ai fini dell’adozione del provvedimento di diniego parziale di condono, il previo parere della commissione edilizia.
La specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all’ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare e l’assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il rilascio della concessione in sanatoria c.d. straordinaria, il parere della commissione edilizia non obbligatorio, ma tutt’al più facoltativo, al fine di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi, in assenza dei quali il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla semplice verifica dei numerosi presupposti e condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 agosto 2010, n. 5156; sez. IV, 5 novembre 2012, n. 5619).
Tale impostazione è, peraltro, conforme alla interpretazione ministeriale (circolare ministeriale n. 3357/25 del 30 luglio 1985) che seppure riferita alla concessione edilizia (“il procedimento per il rilascio della concessione deve considerarsi completamente definito dall’art. 9 dell’art. 35, nel senso che il Sindaco non è tenuto a sottoporre la domanda agli organi tecnico – consultivi ed in particolare alla commissione edilizia”) deve intendersi estesa a tutti i procedimenti di natura edilizia.
Quanto alla previsione dell’art. 35 della l. n. 47/85, in materia di rilascio del condono edilizio, che richiede che il provvedimento debba adottarsi “previ i necessari accertamenti”, si riferisce esclusivamente a quelli di competenza dell’ufficio tecnico comunale.
Ne consegue che nel procedimento di cui trattasi, in cui la questione riguardava solo la data di realizzazione delle opere oggetto di condono, non v’era comunque ragione di acquisire il parere di un organo consultivo, qual è la commissione edilizia, involgendo accertamenti di natura meramente tecnica.
11.- Con il quarto motivo l’appellante, in relazione alla parte della sentenza concernente l’ordinanza di demolizione, ripropone in via derivata i motivi attinenti il provvedimento di diniego parziale di condono, già esaminati e ritenuti infondati.
In proposito, va solamente puntualizzato che il provvedimento sanzionatorio è il doveroso e imprescindibile esercizio del potere sanzionatorio da parte della pubblica amministrazione.
Esso è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendosi nemmeno ammettere l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non potrebbe legittimare (Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 2013, n. 1268; n. 758 del 2013).
12.- Con il quinto motivo di ricorso l’appellante assume l’illegittimità della sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto l’ordinanza di demolizione di competenza dirigenziale, anziché sindacale come prescritto dall’art. 31 della l. regionale n. 52 del 1999.
In proposito non può che ribadirsi che la disciplina vigente (art. 107, terzo comma, lett. g) del TUEL n. 267 del 2000) espressamente riserva ai dirigenti l’adozione di “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale …e di irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico – ambientale”.
13.- Con il sesto motivo, parte appellante assume l’illegittimità della sentenza per non aver rilevato l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione sia per la mancata previa comunicazione di avvio del procedimento, sia per il difetto di motivazione.
La censura è infondata, in quanto, come già detto, l’ordinanza di demolizione costituisce un atto dovuto che consegue automaticamente al diniego della concessione in sanatoria.
Il ricorrente, peraltro, aveva acquisito la conoscenza seppure aliunde dell’avvio del procedimento, sicché deve ritenersi superflua ogni ulteriore comunicazione (Cons. Stato, sezione V, 30 settembre 2002, n. 5058; Sez. I, 29 marzo 2000, n. 222).
Infatti, era stata data comunicazione di avvio del procedimento a seguito del verbale del sopralluogo e nel provvedimento di parziale diniego di sanatoria era stata preannunciata l’adozione delle conseguenti misure repressive.
L’interessato era, dunque, perfettamente a conoscenza dell’avvenuto avvio del procedimento sanzionatorio.
E’comunque pacifico che i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi non necessitino di alcuna particolare motivazione, essendo essa riscontrabile in re ipsa, nel ripristino della legalità violata (Cons. Stato, sez. V, 11 febbraio 1999, n. 144).
A maggior ragione tale circostanza valeva nella fattispecie, atteso che la motivazione era insita nel dettagliatissimo procedimento di sanatoria che si era concluso con il parziale diniego.
Va da sé che la proposizione del ricorso giurisdizionale non interferisce sull’obbligo motivazionale, trattandosi di procedimenti separati che potrebbero influenzarsi reciprocamente solo sul piano dell’opportunità.
14.- L’infondatezza delle censure dedotte comporta la reiezione di tutte le domande formulate dal ricorrente, compresa la domanda di risarcimento danni, non sussistendone i presupposti.
In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.
Sussistono eccezionali ragioni – attesa la vetustà della causa - per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, respinge l 'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente FF
Fulvio Rocco, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Nicola Gaviano, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)