Sul potere del Consiglio comunale di riduzione della fascia di rispetto a protezione dei cimiteri
di MASSIMO GRISANTI
SOMMARIO: 1. Sulla natura del vincolo cimiteriale e sue conseguenze. – 2. La nuova formulazione dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934: il divieto di costruire entro 200 metri dal cimitero. – 3. La nuova formulazione dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934: la riduzione della fascia di rispetto per l’esecuzione di opere private.
APPENDICE: Testo vigente dell’articolo 338 del T.U.L.S. approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
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Sulla natura del vincolo cimiteriale e sulle conseguenze.
La giurisprudenza ha sempre ritenuto che la fascia di rispetto cimiteriale costituisca una limitazione legale della proprietà che opera ex se, indipendentemente dalla sua recezione nel Piano Regolatore Generale (P.R.G.) o in altro strumento urbanistico.
Come già sancito dalla giurisprudenza, il vincolo cimiteriale ha anche natura urbanistica e si sostituisce immediatamente alle difformi previsioni contenute negli strumenti urbanistici (cfr: TAR Sicilia, CT, n. 564/2003; TAR Liguria, n. 626/2003; TAR Puglia, BA, n. 4755/2002; TAR Umbria, n. 534/2002; TAR Piemonte, n. 111/1989) ed ha, quindi, il potere di comportare l’immediata decadenza dei titoli abilitativi qualora i lavori non siano stati iniziati (per il principio riguardo a previsioni urbanistiche contenute in atti legislativi, cfr: Consiglio di Stato, n. 295/1982; TAR Lazio, RM, n. 916/1994; TAR Lazio, RM, n. 854/1994). Avendo natura assoluta, cogente ed inderogabile (al di fuori delle fattispecie previste dalla legge), comporta anche la nullità degli atti amministrativi assunti in violazione di essi.
Il vincolo è stato istituito dalla legge 22 dicembre 1888, n. 5849 per la tutela di superiori interessi pubblici e non può essere in alcun modo derogato dal piano regolatore comunale. Pertanto, un’eventuale difforme previsione del PRG non sarebbe in alcun modo idonea ad affievolirne l’efficacia, dovendo l’obbligo di distanza dal cimitero considerarsi prevalente su ogni diversa destinazione delle aree che vi ricadono (TAR Liguria, n. 626/2003; Cassazione Penale, n. 9503/1998; Consiglio di Stato, n. 519/2006).
Diversamente da quanto inizialmente prescritto con la legge n. 5849/1888 e dal primo Testo Unico delle Leggi Sanitarie approvato con Regio Decreto 1 agosto 1907, n. 636 (che vietava unicamente la costruzione di case entro 200 metri dal cimitero), il successivo T.U.L.S. approvato con R.D. n. 1265/1934 impone l’ulteriore obbligo che i cimiteri devono essere posti ad almeno 200 metri dai centri abitati.
E’ evidente, quindi, che dal 1934 i centri abitati possono espandersi (e quindi aumentare i loro limiti) verso i cimiteri già esistenti fermandosi tuttavia ad una distanza pari o maggiore di 200 metri.
La versione dell’articolo 338 T.U.L.S. (approvato con R.D. n. 1265/1934) precedente alle modifiche apportate dalla Legge n. 166/2002, unitamente al quarto comma dell’articolo 57 del D.P.R. n. 285/1990, prevedeva che la distanza di 200 metri separante i cimiteri dal centro abitato poteva essere ridotta – per gli ampliamenti dell’infrastruttura – fino a 50 metri nei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e fino a cento metri negli altri comuni.
Il potere di disporre la riduzione era attribuito al Prefetto che godeva in proposito di ampia discrezionalità, dovendo valutare in positivo la sussistenza di gravi motivi ed in negativo la insussistenza di motivi ostativi di natura igienica.
Tale deroga riguardava ESCLUSIVAMENTE la costruzione di cimiteri e GIAMMAI l’attività edificatoria dei privati; in altre parole, la deroga non aveva lo scopo di ridurre la distanza indicata per il divieto di costruzione di nuovi edifici, bensì di consentire la realizzazione dei cimiteri (cfr: Consiglio di Stato, n. 4574/2000; TAR Toscana, n. 549/2010).
Stante la valenza urbanistica del vincolo cimiteriale, ne consegue che tutte le opere costruite – dopo l’entrata in vigore del R.D. n. 1265/1934 – entro la fascia di 200 metri dai cimiteri esistenti a tale data sono IRRIMEDIABILMENTE ABUSIVE e destinate al perimento in quanto non sono nemmeno autorizzabili o asseverabili opere di manutenzione ordinaria (cfr. Corte Costituzionale, n. 529/1995).
Le opere abusivamente eseguite non sono nemmeno condonabili, in quanto espressamente escluse dall’ambito di sanabilità dall’art. 33 della Legge n. 47/1985.
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La nuova formulazione dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934: il divieto di costruire entro 200 metri dal cimitero.
L’art. 28 della Legge n. 166/2002 ha sostituito integralmente l’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 così come originariamente formulato e vigente.
Occorre in primo luogo evidenziare che con l’entrata in vigore del D.P.R. n. 285/1990 vi è stata una prima concreta modifica della fascia di rispetto, in quanto nell’accezione di “impianto cimiteriale” sono stati incluse opere ulteriori rispetto ai luoghi di sepoltura delimitati da recinzioni. Invero, ad esempio, anche i parcheggi di stretta pertinenza del cimitero sono diventati parte integrante e sostanziale dell’impianto cimiteriale.
Ciò ha comportato un’immediata variazione del metodo di calcolo della fascia di rispetto, non più dalla recinzione del cimitero, ma dal limite dell’impianto cimiteriale così come composto in base al D.P.R. n. 285/1990.
Di ciò ne è consapevole il legislatore del 2002, dal momento che ha avuto cura di precisare che il divieto di erigere costruzioni deve essere calcolato a partire dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
Addirittura qualora l’impianto cimiteriale previsto negli strumenti urbanistici comunali sia più ampio rispetto a quello presente in fatto è dal limite di tale previsione che deve essere computata la distanza di 200 metri.
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La nuova formulazione dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934: la riduzione della fascia di rispetto per l’esecuzione di opere private.
La riduzione della fascia di rispetto è interamente disciplinata dal nuovo quinto comma dell’articolo 338 T.U.L.S..
Occorre in primo luogo evidenziare che, in aderenza ai principi costituzionali, il legislatore statale non qualifica più la riduzione della fascia di rispetto come deroga in quanto riconosce il diritto dei Comuni di disciplinare anche tale zona di territorio, seppur nel rispetto dei principi fondamentali connessi all’esigenze della tutela della salute pubblica e della sacralità dei luoghi.
Lo Stato ha attribuito direttamente al Comune il potere di riduzione della fascia di rispetto, condizionandone l’esercizio a specifici presupposti e condizioni.
Dispone il quinto comma:
Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Orbene, si consideri che l’entrata in vigore delle nuove disposizioni è stata immediata e quindi le opere assentite dai comuni mediante il rilascio della concessione edilizia non sarebbero state più eseguibili qualora i relativi lavori non avessero avuto già concreto inizio alla data di entrata in vigore della Legge n. 166/2002 e il titolo edilizio sarebbe decaduto de iure (art. 31 della Legge n. 1150/1942 e ss.mm.ii.).
La disposizione in commento, tenendo conto del legittimo affidamento maturato dal privato titolare della concessione edilizia, costituisce – ad avviso dello scrivente – un giusto contemperamento delle rispettive esigenze. Invero il legislatore statale autorizza il Consiglio comunale alla riduzione della fascia di rispetto (giammai alla deroga della pianificazione) per dare ESECUZIONE ad un provvedimento amministrativo perfetto (ancora non eseguito per assenza di un valido inizio dei lavori) purché venga effettuata un’esaustiva valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti che ne accerti l’assenza di significative compromissioni derivanti dall’esecuzione del titolo abilitativo che attua le previsioni urbanistiche comunali.
Alla stregua di tale interpretazione verrebbe meglio precisata il precipitato della disposizione afferente alla locuzione “intervento urbanistico” offerto dalla giustizia amministrativa e penale (cfr: TAR Campania, n. 15615/2007; TAR Sicilia, n. 18/2008; Consiglio di Stato, n. 1934/2007; n. 1593/2006; Cassazione Penale, III, n. 8626/2009). Ma, più che altro, il potere di riduzione attribuito dallo Stato ai Comuni verrebbe portato alla propria valenza, operando una declinazione certamente più aderente alla ratio legis.
Invero, in tal caso, il potere di riduzione della fascia di rispetto NON PUO’ ESSERE ESERCITATO dai Comuni qualora gli stessi – all’indomani dell’entrata in vigore della Legge n. 166/2002 – abbiano proceduto alla formazione di uno nuovo strumento urbanistico generale o ad una variante generale di quello già vigente.
L’integrale sostituzione sia della disciplina vincolistica, sia della parte attuativa regolamentare (art. 57, comma 4, del D.P.R. n. 285/1990), porta a ritenere che il legislatore abbia introdotto un nuovo regime che non consente più ai Comuni, in sede di pianificazione urbanistica, di ridurre la fascia di rispetto di 200 metri di inedificabilità assoluta (ad eccezione di “… parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre” che, invece, possono essere previsti dai nuovi strumenti urbanistici, ma la cui localizzazione e realizzazione è sottoposta ad un supplemento di analisi di compatibilità con i valori pubblici oggetto di tutela).
Una siffatta interpretazione logico-sistematica porta a giudicare la novella normativa del 2002 come un ottimo testo normativo di sintesi tra il diritto di pianificazione proprio dei Comuni e il dovere statale di tutela di valori costituzionalmente sensibili e di assicurazione dei livelli essenziali prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale.
Ciò porta alla conseguenza di considerare come irrimediabilmente ABUSIVI tutti quegli interventi volumetrici presenti nella fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri che sono stati realizzati (o sono in corso di realizzazione):
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con titoli abilitativi che danno attuazione ad una pianificazione urbanistica comunale approvata all’indomani dell’entrata in vigore della Legge n. 166/2002, che contenga una fascia di rispetto inferiore a 200 metri;
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con titoli abilitativi rilasciati in costanza di strumenti urbanistici generali approvati dopo la modifica del R.D. n. 1265/1934, in asserito regolare esercizio del potere ex art. 28 della Legge n. 166/2002 attribuito al Consiglio comunale;
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con titoli abilitativi rilasciati in costanza di strumenti urbanistici generali approvati prima della modifica del R.D. n. 1265/1934, in asserito regolare esercizio del potere ex art. 28 della Legge n. 166/2002 attribuito al Consiglio comunale.
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APPENDICE
Articolo 338 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie (T.U.L.S.) approvato con Regio Decreto 24 luglio 1934, n. 1265 - testo modificato dall’articolo 28 della Legge n. 166/2002:
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I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salvo le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
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Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell’ultima salma.
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Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a L. 200.000 e deve inoltre, a sue spese, demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
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Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
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risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
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l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
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Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
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Ai fini dell’acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si ritiene espresso favorevolmente.
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All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457.
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Scritto il 27 giugno 2012.