La revoca della confisca dei terreni abusivamente lottizzati e la approvazione di una variante agli strumenti urbanistici, secondo il disposto della L. n. 47 del 1985, art . 29.
di Antonio VERDEROSA
Come è noto, in applicazione dell’art. 44 – comma 2 del D.P.R. n. 380/2001 (analoga previsione era contenuta nel previgente art. 19 della L. n. 47/1985) “ La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari”.
L’articolo 44, 2° comma, T.U. n. 380/2001- che riproduce testualmente l’articolo 19 legge 47/85- impone al giudice penale l’obbligo di disporre la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, nonché delle opere eventualmente realizzate sugli stessi.
Per effetto della confisca, i terreni e le opere sono acquisite di diritto e gratuitamente al patrimonio disponibile del Comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione abusiva.
La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.
Oggi discussa la natura giuridica dell’istituto della confisca dei beni oggetto di lottizzazione abusiva.
Secondo un primo indirizzo dottrinale, si tratterebbe di una misura di sicurezza patrimoniale riconducibile alla previsione di cui all’art. 240, comma 1, C.P, ma tale tesi appare decisamente da respingere ed a ben guardare la confisca in esame, è un istituto giuridico del tutto diverso dall’ipotesi prevista e punita dall’art. 240 C.P.
La confisca disciplinata dalla suddetta previsione normativa rappresenta una sanzione amministrativa accessoria, riconducibile alla sentenza definitiva del giudice penale che accerta la lottizzazione abusiva, non una misura di sicurezza penale di natura patrimoniale.
Muovendo da tale natura amministrativa della confisca, il regime che regola la vicenda giuridica è, del pari, amministrativo, non giurisdizionale.
Per l’effetto, la confisca può essere oggetto di revoca qualora l’Amministrazione Comunale, nell’esercizio delle proprie funzioni, adotti provvedimenti incompatibili con la confisca quali, ad esempio, l’approvazione di un piano di recupero dell’area.
Innanzitutto, la confisca dei terreni presenta come caratteristica fondamentale, quella di essere obbligatoria, e non facoltativa come la fattispecie regolata dal Codice Penale, all’art. 240.
Per quanto attiene alla sua applicazione concreta, questa prescinde da un giudizio di pericolosità, discendendo piuttosto ed immediatamente dalla mera valutazione della sua antigiuridicità.
Inoltre i terreni e le opere vengono acquisiti al patrimonio immobiliare del comune e non a quello statale come avviene per la confisca codicistica, configurandosi una espropriazione a favore dell’autorità comunale in luogo di quella a favore dello Stato e solo dopo la trascrizione delle sentenza definitiva.
In virtù di detta previsione normativa, cioè, l’acquisizione al patrimonio comunale interviene solo a seguito della sentenza definitiva, la quale costituisce anche il titolo per la trascrizione nei registri immobiliari.
La confisca si avvicina quindi all’ordine di demolizione dell’ordine di demolizione previsto
dall’art. 31, ultimo comma, T.U. 380/2001, ma a differenza di quest’ ultimo deve essere ordinata non solo in seguito a pronuncia di condanna, ma ogni qualvolta venga accertata l’esistenza di una lottizzazione abusiva, con esclusione della sola ipotesi dell’assoluzione per insussistenza del reato
Se è pacifico che la confisca può trovare applicazione anche in sede esecutiva, ma è
discusso se possa farsi luogo alla stessa una volta che l’autorità amministrativa abbia autorizzato un intervento che pur inizialmente configurava ipotesi di lottizzazione.
Secondo un orientamento di legittimitài provvedimenti amministrativi che, dopo il
passaggio in giudicato della sentenza concernente il provvedimento di confisca, mutano la destinazione delle aree o comunque consentono ciò che anteriormente era vietato, non solo non elidono l’illiceità della condotta oggetto della condanna, ma non possono incidere sull’esecuzione del trasferimento di proprietà del bene che costituisce conseguenza indefettibile della confisca.
Questa posizione è respinta da un orientamento più recente che afferma la possibilità di revoca della confisca in sede esecutiva, laddove l’amministrazione adotti un piano di
recupero urbanistico dell’area interessato o autorizzi successivamente la lottizzazione, fermo restando le responsabilità penali in capo ai lottizzatori.
E’ invece pacifica l’inapplicabilità alla lottizzazione abusiva del condono edilizio o dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 36 dpr 380/01.
Va aggiunto, per completezza, per ciò che concerne quella sanatoria, diversa dal condono, attualmente disciplinata dall'art. 36 d.P.R. 380/01 e, in precedenza, dalla previgente disciplina urbanistica ex art. 13 L. 47/85, la Corte di Cassazione ha affermato che in presenza di una lottizzazione abusiva deve escludersi la possibilità di sanatoria, disciplinata dall'art. 36 del Testo Unico dell'edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), delle opere realizzate in assenza di titolo abilitativo conseguente ad accertamento di conformità, dal momento che dette opere sono senz'altro non conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, sicché le stesse non sono sanabili, così come la lottizzazione abusiva (Sez. 3 - , n. 44517 del 17/07/2019 Rv. 277261 – 01; Sez. 3, n. 28784 del 16/5/2018, Rv. 273307). Quindi, e in altri termini, le opere integranti una illecita lottizzazione, siccome realizzate in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione, per potere essere condonate devono essere necessariamente ricomprese, ai sensi dell'art. 29 della citata legge 47/1985, in una apposita variante agli strumenti urbanistici generali finalizzati al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi.
Conseguentemente si evita la confisca con l‘approvazione di un Piano Urbanistico Attuativo (PUA) per il recupero, ai sensi dell’art. 29 della legge L. n. 47/1985 e dell’art. 23 – commi 4, 5 e 6 della L.R. Campania n. 16/2004 dell’insediamento abusivo.
In particolare il comma 5 può subordinare l'attuazione degli interventi di recupero urbanistico ed edilizio degli insediamenti abusivi perimetrati dalla redazione di appositi PUA, denominati piani di recupero degli insediamenti abusivi, il cui procedimento di formazione segue la disciplina prevista dal regolamento di attuazione della L.R. Campania n. 16/2004.
Per l’effetto, la confisca può essere oggetto di revoca qualora l’Amministrazione Comunale, nell’esercizio delle proprie funzioni, adotti provvedimenti incompatibili con la confisca quali, appunto, l’approvazione di un piano di recupero dell’area e degli insediamenti abusivi.
In materia, la Corte Costituzionale, già nella sentenza n. 107 del 16.03.1989, ha sancito che “Occorre precisare (il che al giudice a quo e sfuggito) che il rilascio di concessione edilizia in sanatoria, per edifici compresi in una lottizzazione illegale, è subordinato alla sanatoria della stessa lottizzazione, attraverso l'approvazione di una variante agli strumenti urbanistici, secondo il disposto degli artt. 29 e 32 lettera b della legge 28 febbraio 1985, n. 47”.
Anche il G.A. ha avuto modo di chiarire che “la determinazione impugnata confligge con il costante indirizzo giurisprudenziale, a mente del qualela confiscaprevista dall’art. 19 l. n. 47/1985 (ora art. 44, comma 2, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)è suscettibile di revoca quando l’amministrazione comunale adotti provvedimenti incompatibili con l’effetto ablatorio in danno dei proprietari lottizzanti, come per esempio una successiva autorizzazione a lottizzare o un piano di recupero urbanistico dell’area interessata , provvedimenti che peraltro non estinguono il reato, cioè non “sanano” la responsabilità penale, ma solo quella amministrativa (Cfr. Cassazione, Sez. III, 11 aprile 2007, n. 35219) . Ritenuto conseguentemente che il provvedimento impugnato deve essere annullato, potendo dichiararsi assorbite le doglianze non esaminate, in quanto l’intervenuto accertamento definitivo di una fattispecie lottizzatoria abusiva, e la pronuncia della conseguente confisca, non precludono l’esercizio dei poteri di regolamentazione urbanistica da parte dell’amministrazione comunale” (si cfr., T.A.R. Campania – Salerno – Sez. I – sentenza n. 1300/2010; T.A.R. Campania – Salerno – Sez. I – sentenza n. 484/2016).
Ed ancora:
- “ in tema di lottizzazione abusiva, l’autorizzazione a lottizzare emessa successivamente, così come l’approvazione di un piano di recupero urbanistico, non configurano ipotesi di sanatoria della lottizzazione con estinzione del reato di lottizzazione abusiva, potendo al più impedire la successiva confisca (Cassazione Penale – sez. III – sentenza n. 4373 del 13.12.2013);
- in tema di lottizzazione abusiva, la sanatoria per condono edilizio delle costruzioni abusive eseguite non è incompatibile con il provvedimento di confisca delle aree lottizzate, mentre esplica influenza a tali effetti l'eventuale autorizzazione a lottizzare concessa in sanatoria, atteso che questa pur non estinguendo il reato di lottizzazione abusiva dimostra "ex post" la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici e la volontà dell'amministrazione di rinunciare alla acquisizione delle aree al patrimonio indisponibile comunale” (si cfr., Cassazione Penale – Sez. III – sentenza n. 4373 del 13.12.2013).
Sulla base di tali presupposti, normativi e giurisprudenziali, è evidente che:
- la richiesta di approvazione di un P.U.A. di recupero non è incompatibile con la confisca;
- l’approvazione del Piano consentirebbe di conseguire la revoca della confisca;
- per l’effetto, i proprietari sono comunque legittimati a presentare la richiesta di P.U.A.: evidente l’interesse e la legittimazione.
Ma vi è di più.
La possibilità di approvare un piano di recupero è stata confermata dalla Corte di Cassazione (Sez. III – sentenza n. 37639 del 14.10.2024) ove ha ritenuto che “il rilascio di concessione edilizia in sanatoria, per edifici compresi in una lottizzazione illegale, è subordinato alla sanatoria della stessa lottizzazione, attraverso l’approvazione di una variante agli strumenti urbanistici, secondo il disposto della L. n. 47 del 1985, art. 29 e L. n. 47 del 1985, art. 32. Lett. b)…. in attuazione del fine di lottizzazione e nell’ambito della lottizzazione, possono essere, invece, “sanati”, soltanto previa valutazione globale dell’attività lottizzatoria, secondo il rigoroso meccanismo in precedenza descritto. ….
In altri termini:
- è stata espressamente riconosciuta, la possibilità di sanare la lottizzazione mediante un P.U.A. di recupero ex art. 29 L. n. 47/1985.
In tali condizioni:
- sussiste l’obbligo di valutare, nel merito, il proposto P.U.A.;
- la relativa approvazione consentirebbe di sanare la lottizzazione - tra l’altro, dando attuazione a quanto previsto dallo strumento urbanistico che prevede proprio un piano di recupero per l’area de qua – e, quindi, di chiedere la revoca della confisca.
In argomento, la giurisprudenza Cedu (cfr. Corte Europea Diritti dell'Uomo, sez. Grande Chambre, 28/06/2018, n.1828) ha sancito che “... considerato il principio secondo cui una persona non può essere sanzionata per un atto che coinvolge la responsabilità penale altrui, una misura di confisca applicata a persone fisiche o giuridiche che non sono parti in causa è incompatibile con l'articolo 7” .
In scia a tale decisione, la Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. III, 20.03.2019, n. 17399) ha statuito che “... con riferimento alla confisca per il reato di lottizzazione abusiva, il principio espresso dall’art. 7 CEDU, come interpretato nella sentenza della Corte EDU del 28/06/2018 nella causa GIEM s.r.l. e altri contro Italia, è rispettato attraverso la partecipazione del terzo, persona giuridica, al procedimento di esecuzione, in cui detto terzo può dedurre tutte le questioni, di fatto e di diritto, che avrebbe potuto far valere nel giudizio di merito, cui è rimasto estraneo” .
La Suprema Corte ha, quindi, stabilito che, nonostante la persona giuridica proprietaria del bene espropriato non possa, a diritto vigente, partecipare al processo di cognizione in cui si decidono le sorti della confisca, non è però sfornita di strumenti di tutela, perché può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, così instaurando un "procedimento" penale per far valere le proprie ragioni, in fatto e in diritto: per cui, al giudice dell’esecuzione spetta il “potere-dovere” di accertare in modo autonomo la sussistenza del reato e l’estraneità ad esso della persona giuridica. A tal fine, può attivare i più ampi poteri istruttori, nei limiti, ovviamente, delle questioni dedotte, assumendo i necessari mezzi di prova, ai sensi dell'art. 666, comma 5, cod. proc. pen., ivi compreso l'esame di testimoni ed il conferimento di perizia, come si desume dall'art. 185 disp. att. cod. proc. pen., così assicurando il diritto alla prova e il rispetto del principio del contraddittorio.
Il recupero urbanistico degli insediamenti abusivi rappresenta oramai, in attuazione della previsione di cui all’art. 23 della L.R. Campania n. 16/2004 e, più in generale, della più moderna disciplina in tema di Governo del territorio, un obiettivo primario della pianificazione urbanistica.
Diversamente dalle aree di nuova edificazione, rispetto alle quali resta più che ampio il potere discrezionale della P.A., il recupero è ormai un obiettivo primario, tale da creare un vero e proprio obbligo per l’Ente.
In altri termini:
- prevedendo la disciplina di zona l’approvazione di un piano di recupero per l’area ;
- risultando detta disciplina imposta anche dai Piani Sovraordinati;
l’approvazione del Piano di Recupero dell’insediamento abusivo è un atto dovuto .
La previsione di piano, cioè, non rimanda all’approvazione di un P.U.A. ai fini della trasformazione ex novo di una porzione del territorio comunale, ma impone l’approvazione di un piano di recupero .
L’attuazione del P.U.C., in questi casi, cioè, per essere coerente deve essere avvenire mediante l’approvazione del piano di recupero dell’insediamento abusivo.
Coincidente con l’interesse del privato, pertanto, è anche l’interesse pubblico ove si consideri che l’approvazione del P.U.A. consentirebbe di conformare l’intervento alla disciplina di zona, a cedere le aree destinate a standard ex D.M. n. 1444/1968 nonché a realizzare le opere di infrastrutturazione, oltre che riqualificare un’area.
Antonio Verderosa