Sez. 3, Sentenza n. 13967 del 23/03/2004 (Cc. 11/02/2004 n.00191 ) Rv. 228449
Presidente: Rizzo AS. Estensore: Squassoni C. Imputato: Scarabello. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib.riesame Milano, 23 settembre 2003).
ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Reflui industriali pericolosi - Sversamento in rete fognaria e/o nel suolo - Reato di cui all'art. 59 del D.Lgs n. 152 del 1999 - Configurabilità.
CON MOTIVAZIONE
Massima (Fonte CED Cassazione)
L'immissione non autorizzata di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 59, comma primo, del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, e successive modificazioni, sia che lo sversamento avvenga in fognatura sia che sia effettuato in un pozzo a perdere, atteso che la fattispecie in questione punisce ogni indebita immissione di acque reflue nel suolo, nel sottosuolo ed in rete fognaria.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. RIZZO Aldo - Presidente - del 11.02.2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 00191
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 040976/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) SCARABELLO ERMANNO N. IL 05/05/1966;
avverso ORDINANZA del 23/09/2003 TRIB. LIBERTÀ di MILANO;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. SQUASSONI CLAUDIA;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. Izzo Gioacchino: rigetto del ricorso;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza 6.8.2003, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha disposto il sequestro preventivo degli scarichi della Ditta Scarabello evidenziando la configurabilità del reato previsto dagli artt. 81 c.p., 59 ci D.Lvo. 152/1999 (immissioni non autorizzate nella rete fognaria di acque reflue industriali contenente sostanze pericolose); le esigenze cautelari sono state individuate nella necessità di impedire la permanenza dell'illecito. Il provvedimento è stato confermato, con ordinanza 23.9.2003, dal Tribunale del riesame il quale ha reputato ininfluente, ai fini della configurabilità del reato, la circostanza - evidenziata dalla difesa e confermata dalle esperite investigazioni- che gli scarichi fossero effettuati in un pozzo a perdere e non nella rete fognaria. La necessità cautelare è stato ritenuta sussistente per la possibilità di reiterazione della condotta antidoverosa. Per l'annullamento dell'ordinanza, l'indagato Scarabello Ermanno ricorre in Cassazione deducendo violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che indebitamente il Tribunale ha utilizzato materiale probatorio che non era ignoto al Giudice al momento della emissione della misura ed ha valutato, in tale modo, risultanze processuali alle quali non avrebbe dovuto avere accesso;
- che i Giudici hanno limitato la loro analisi alla eventuale esistenza del reato senza indagare sulle esigenze cautelari;
- che il periculum in mora era collegato, secondo la impostazione del Giudice delle indagini preliminari, allo scarico nella rete fognaria e, venuta meno tale circostanza, dovevano ritenersi superate le necessità di cautela.
Il Collegio ritiene che le deduzioni non siano meritevoli di accoglimento.
Prima di affrontare le censure del ricorrente, è appena il caso di rilevare come, nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto misure cautelari reali, o sequestri probatori, non sia configurabile una piena cognizione del Tribunale del riesame al quale compete solo di valutare se la fattispecie concreta sia sussumibile nell'ipotesi di reato contestato e se permangano le esigenze andoprocessuali della misura.
In base a tale principio, deve concludersi che il Tribunale ha esattamente svolto la funzione di controllo che la legge gli demanda limitata alla verifica della legittimità del vincolo reale senza entrare nel merito della pretesa punitiva che forma oggetto di indagini nel procedimento principale.
Invero i Giudici - dopo avere preso in opportuna considerazione le allegazioni della difesa - hanno ritenuto che l'indagato effettuasse scarichi di acque reflue industriali del suo insediamento produttivo, contenente sostanze pericolose, senza la prescritta autorizzazione. Tanto è sufficiente, nella presente fase cautelare, per ritenere la astratta configurabilità del reato - e di conseguenza non arbitrario il vincolo reale - senza necessità di ulteriori approfondimenti che esulano dai limiti cognitivi di un procedimento incidentale. I Giudici hanno correttamente evidenziato come la circostanza che l'illegittimo sversamento avvenga in fognatura (secondo quanto ritenuto dal Giudice per le indagini preliminare) o in un pozzo a perdere (secondo quanto prospettato da un accertamento dell'Ama successivo alla applicazione delle misura) sia del tutto ininfluente;
la fattispecie di reato contestata punisce ogni indebita immissione di acque reflue nel suolo, nel sottosuolo ed in rete fognaria. In tale modo, il Tribunale non ha posto a fondamento delle sua decisione elementi probatori non sottoposti al vaglio del Giudice, ma si è limitato a rilevare che le nuove emergenze non mutano il quadro indiziario.
Le esigenze di cautela sono state correttamente enucleate nella possibilità che l'indagato, nella libera disponibilità dei beni, continui l'attività produttiva con conseguente protrarsi della illecita condotta. Pertanto la conclusione sia sulla configurabilità del reato sia sulle esigenze di cautela è sorretta da apparato argomentativo congruo, completo, corretto.
In tale contesto, il ricorrente formula generiche censure sul fumus commissi delicti prive della necessaria specificità e concretezza. Le residue deduzioni hanno come presupposto, non fondato, che le esigenze di cautela debbano essere correlate allo scarico in rete fognaria; le ricordate esigenze sono state ritenute sussistenti per la possibile reiterazione del reato per la configurazione del quale elemento irrilevante è, come già evidenziato, la immissione in fognatura o in un pozzo a perdere.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2004