TAR Puglia, (BA), Sez. I, n. 1014, del 6 agosto 2014
Acque.Legittimità diniego autorizzazione allo scarico in pubblica fognatura nera

Un attento apprezzamento degli esiti della verificazione disposta nel corso del giudizio induce ad aderire alla seguente conclusione: anche soltanto la mera teorica possibilità del superamento della capacità ricettiva residua dell’impianto di depurazione derivante dallo scarico per cui viene chiesta l’autorizzazione dalla società, comporterebbe un rischio per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente non accettabile e non tollerabile alla luce del principio di precauzione previsto dall’art. 191 par. 2, Trattato U.E., che fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente. Il principio fa prevalere la protezione di tali valori sugli interessi economici, indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano, discende che quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01014/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00757/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 757 del 2011, proposto da Teorema s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Bice Annalisa Pasqualone, con domicilio eletto in Bari, via Dalmazia, 161;

contro

Acquedotto Pugliese s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Vincenzo Libro, con domicilio eletto presso la sede legale della società in Bari, via Cognetti, 36;

per l’annullamento

- del provvedimento prot. n. 5987 del 18.1.2011, con il quale Acquedotto Pugliese s.p.a., ha negato alla società Teorema s.p.a. l’autorizzazione allo scarico in pubblica fognatura nera;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Acquedotto Pugliese s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2014 per le parti i difensori avv.ti Bice Annalisa Pasqualone e Vincenzo Libro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

Con istanza del 17.9.2009, la società ricorrente Teorema s.p.a. chiedeva ad Acquedotto Pugliese s.p.a. l’autorizzazione allo scarico nella pubblica fognatura del Comune di Acquaviva delle Fonti delle acque reflue industriali non contenenti sostanze pericolose.

AQP con il gravato provvedimento prot. n. 5987 del 18.1.2011 denegava alla società Teorema l’autorizzazione allo scarico in pubblica fognatura, con la seguente motivazione:

«… allo stato attuale, l’impianto di depurazione di Acquaviva delle Fonti non presenta capacità residua tale da consentire il trattamento dei rifiuti liquidi che codesta Ditta intende immettere in rete fognaria (una portata pari a 200 mc/die con un incremento fino a ca 215,5 mc/d in occasione di eventi meteorici).

Infatti, secondo i dati forniti dalla Società Pura DEP s.r.l., gruppo Acquedotto Pugliese s.p.a., società che gestisce il presidio depurativo in questione, l’impianto ha una potenzialità pari a 30.500 AE ed è dimensionato per il trattamento delle sole acque reflue provenienti dall’abitato di Acquaviva delle Fonti, il cui carico generato è pari a 31.012 AE.

Tale dato, rilevabile dal Piano di Tutela delle Acque (delib. Cons. Regionale n. 230 del 20.10.2009) è comprensivo delle attività manifatturiere micro e, per espressa previsione dello strumento di pianificazione (All. 4.1. del PTA), le attività manifatturiere medie e grandi non sono state considerate nel dimensionamento del carico generate dall’agglomerato.

A tanto si aggiunge che dalla documentazione in atti pare che l’impianto chimico - fisico - biologico, per il quale è in corso la richiesta autorizzazione AIA (insieme ad altri distinti trattamenti) da parte di Codesta ditta è classificato come operazione D9 dell’Allegato B, alla Parte IV, del D.Lgs 152/2006; l’operazione D9 prevede testualmente “Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.)”.

Nessuna delle operazioni di smaltimento indicate nell’allegato B alla parte quarta del D.Lgs 152/2006 prevede il recapito in pubblica fognatura.».

Con il ricorso in esame la istante Teorema s.p.a. impugnava il citato provvedimento di AQP prot. n. 5987 del 18.1.2011, deducendo censure nel complesso riconducibili a contestazioni mosse avverso valutazioni tecniche operate dalla società convenuta.

Si costituiva Acquedotto Pugliese s.p.a., resistendo al gravame.

Nel corso del giudizio veniva disposta verificazione a mezzo del Provveditore alle Opere Pubbliche per la Puglia - Bari con ordinanza istruttoria n. 667/2012 al fine di accertare:

«… a) se il trattamento eseguito nell’impianto chimico - fisico - biologico per il quale è stata chiesta autorizzazione da parte di Teorema s.p.a. sia da classificarsi quale operazione D9 di cui all’allegato B alla parte IV “Norme in materia di gestione dei rifiuti” del D. L.gs. 152/2006;

b) se l’oggetto dell’autorizzazione allo scarico nella pubblica fognatura del Comune di Acquaviva delle Fonti di cui alla richiesta del 17 settembre 2009 avanzata dalla Teorema s.p.a., odierna ricorrente, sia da qualificarsi come “acqua reflua industriale”;

c) quale sia l’attuale potenzialità ricettiva residua dell’impianto di depurazione comunale di Acquaviva delle Fonti, riferita ai “reflui industriali”, e se tale potenzialità sia compatibile o meno con gli scarichi che verrebbero immessi da Teorema s.p.a. nel caso di accoglimento della suddetta istanza; …».

Il verificatore depositava in data 19.11.2012 relazione tecnica del 16.11.2012.

Con ordinanza collegiale n. 1027/2013 veniva disposto un approfondimento istruttorio in ordine alle conclusioni cui era giunto il verificatore al fine di chiarire “… quale sia il carico attualmente in concreto gravante sul depuratore in questione e, in conseguenza, se detto impianto abbia di fatto una potenzialità ricettiva residua tale da consentire di immettervi i reflui di cui si tratta; …”, tenendo conto, altresì, dei rilevi sollevati in merito dal perito di parte, ing. Giancarlo Chiaia, nella relazione depositata in giudizio il 24 gennaio 2013 e delle conclusioni ivi raggiunte.

Il verificatore provvedeva a detto approfondimento con relazione depositata in data 28 novembre 2013.

Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia infondato.

Preliminarmente, va disattesa l’eccezione, formulata dalla società ricorrente Teorema s.p.a. alle pagg. 12 e 13 della memoria conclusionale depositata in data 10.5.2014, relativa alla omessa garanzia del contraddittorio da parte del verificatore nello svolgimento del supplemento istruttorio disposto con ordinanza collegiale n. 1027/2013.

Infatti, la necessità dell’osservanza del contraddittorio tecnico (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 novembre 2013, n. 5628; Cons. Stato, Sez. IV, 8 marzo 2012, n. 1343) si pone esclusivamente con riferimento alla prima fase della verificazione disposta con ordinanza n. 667/2012, garanzia che è stata pienamente rispettata dal verificatore in detta prima fase e, conseguentemente, non oggetto di alcuna contestazione della società interessata.

Viceversa, con ordinanza n. 1027/2013 si è disposto un mero approfondimento istruttorio anche al fine di consentire al verificatore di rispondere ai rilievi sollevati dal consulente di parte ing. Giancarlo Chiaia, approfondimento per il quale evidentemente non si pone l’esigenza di garantire l’osservanza del principio del contraddittorio tecnico.

Quanto al merito delle censure avanzate dalla società deducente, le stesse non possono trovare positivo apprezzamento.

Tutte le doglianze presenti nell’atto introduttivo sono, peraltro, suscettibili di disamina unitaria, poiché aventi ad oggetto plurime e non censurabili valutazioni tecniche operate dalla Amministrazione resistente.

Invero, come evidenziato dal verificatore nell’ultima relazione del 28.11.2013 (cfr. pagg. 5, 11 e 12) alle cui conclusioni - non inficiate da vizi logici o motivazionali - questo Tribunale non ritiene di discostarsi, l’impianto di depurazione comunale di Acquaviva delle Fonti, non presenta “capacità residua” per il trattamento delle acque reflue di cui viene chiesta l’autorizzazione.

Pertanto, la valutazione espressa dalla società resistente nella motivazione del gravato provvedimento (“… l’impianto di depurazione di Acquaviva delle Fonti non presenta capacità residua tale da consentire il trattamento dei rifiuti liquidi che codesta Ditta intende immettere in rete fognaria (una portata pari a 200 mc/die con un incremento fino a ca 215,5 mc/d in occasione di eventi meteorici). …”) non appare sindacabile in sede giurisdizionale, in quanto avente chiara caratterizzazione di discrezionalità tecnica e non risultando inficiata da vizi macroscopici.

Trattasi, infatti, di principio giurisprudenziale consolidato (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 15 luglio 2013, n. 6997; Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2004, n. 458 in tema di valutazione di impatto ambientale) quello in forza del quale le valutazioni espresse dalla pubblica amministrazione in materia ambientale costituiscono manifestazione di discrezionalità tecnica non sindacabile in sede giurisdizionale se non a fronte di vizi macroscopici (non sussistenti nella fattispecie in esame in presenza di un provvedimento dettagliatamente motivato ed adottato all’esito di idonea attività istruttoria).

Peraltro, nel caso di specie le conclusioni cui giunge il verificatore costituiscono chiaro supporto tecnico - istruttorio alla valutazione espressa, in punto di capacità residua dell’impianto di depurazione di Acquaviva delle Fonti, da Acquedotto Pugliese s.p.a. con il gravato provvedimento del 18.1.2011.

Deve, inoltre, considerarsi che la materia ambientale è comunque soggetta al generale principio, di derivazione “comunitaria” (ora diritto dell’Unione Europea), di “precauzione” che trova un espresso fondamento normativo nell’art. 191, par. 2, comma 1 del TFUE (“La politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga».”) e nell’art. 3 ter dlgs n. 152/2006 (aggiunto dall’art. 1, comma 2 dlgs n. 4/2008) secondo cui “La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.” (il riferimento, operato dall’art. 3 ter dlgs n. 152/2006, all’art. 174, comma 2 del Trattato delle Unioni Europee deve intendersi attualmente al citato art. 191, par. 2 del TFUE).

In conclusione, il censurato provvedimento appare chiaramente ispirato ad una logica di “precauzione” (rilevante in forza delle citate disposizioni del TFUE e del dlgs n. 152/2006) e, conseguentemente, supera indenne tutte le doglianze formulate da parte ricorrente.

Come condivisibilmente rimarcato da Cons. Stato, Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6250 “L’applicazione del principio di precauzione postula l’esistenza di un rischio potenziale per la salute e per l’ambiente, ma non richiede l’esistenza di evidenze scientifiche consolidate sulla correlazione tra la causa, oggetto di divieto o limitazione, e gli effetti negativi che ci si prefigge di eliminare o ridurre.”.

In tal senso anche T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 12 luglio 2013, n. 876:

«Dal principio comunitario di precauzione, previsto dall’art. 191 par. 2, Trattato U.E., che fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente, facendo prevalere la protezione di tali valori sugli interessi economici, indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano, discende che quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi.».

Un attento apprezzamento degli esiti della verificazione disposta nel corso del giudizio (cfr. relazioni tecniche del 16.11.2012 e del 27.11.2013) induce questo Giudice ad aderire alla seguente conclusione: anche soltanto la mera teorica possibilità del superamento della capacità ricettiva residua dell’impianto di Acquaviva delle Fonti derivante dallo scarico per cui viene chiesta l’autorizzazione dalla società Teorema comporterebbe un rischio per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente non accettabile e non tollerabile alla luce del menzionato principio di precauzione.

A tal riguardo, infine, si ricorda Cons. Stato, Sez. IV, 6 maggio 2013, n. 2446:

“Il cd. principio di precauzione, di paternità comunitaria, fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione; la sua applicazione comporta che ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali.”.

Ciò premesso in linea generale in ordine alla legittimità e non sindacabilità in sede giurisdizionale della ragione “ostativa” al rilascio della autorizzazione richiesta da Teorema s.p.a. (posta a fondamento del gravato provvedimento del 18.1.2011 e relativa alla assenza di capacità ricettiva residua dell’impianto di depurazione di Acquaviva delle Fonti), nel caso di specie può trovare applicazione il principio - ormai costante nella giurisprudenza amministrativa - secondo cui: “In via generale, è sufficiente per la conservazione del provvedimento amministrativo sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome e non contraddittorie, che sia fondata anche una sola di esse; pertanto, nel giudizio promosso contro un siffatto provvedimento, il giudice, ove ritenga infondate le censure dedotte avverso una delle autonome ragioni poste alla base dell’atto impugnato, idonea, di per sé, a sorreggere la legittimità del provvedimento impugnato, ha la potestà di respingere il ricorso su tale base, con declaratoria di “assorbimento” delle censure dedotte contro altro capo del provvedimento, indipendentemente dall’ordine in cui le censure sono articolate dall’interessato nel ricorso, in quanto la conservazione dell’atto (indipendentemente dalla eventuale invalidità di taluna delle autonome argomentazioni che lo sorreggono) fa venir meno l’interesse del ricorrente all’esame dei motivi dedotti contro tali ulteriori argomentazioni.” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 2005, n. 3052).

In tal senso si è di recente pronunciato Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2543: “Ove l’atto impugnato (provvedimento o sentenza) sia legittimamente fondato su una ragione di per sé sufficiente a sorreggerlo, diventano irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dall’autorità emanante a rigetto della sua istanza.”.

Nella presente fattispecie è sufficiente, per la conservazione del provvedimento prot. n. 5987/2011 (sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome e non contraddittorie: a) assenza di capacità residua dell’impianto di depurazione di Acquaviva delle Fonti; b) classificazione dell’impianto chimico - fisico - biologico, per il quale è in corso la richiesta di autorizzazione AIA, insieme ad altri distinti trattamenti, da parte di Teorema, come operazione D9 dell’Allegato B, alla Parte IV, del D.Lgs 152/2006 per il quale non è previsto il recapito in pubblica fognatura), la legittimità di un’unica ragione di rigetto dettagliatamente indicata e non sindacabile - per le ragioni esposte - in questa sede (in particolare, quella fondata sulla assenza di capacità residua dell’impianto di depurazione di Acquaviva delle Fonti).

La contestata valutazione, operata da AQP s.p.a. con il censurato provvedimento prot. n. 5987 del 18.1.2011, in ordine alla assenza di capacità residua dell’impianto di depurazione di Acquaviva delle Fonti costituisce - come detto - apprezzamento di carattere tecnico non sindacabile in sede giurisdizionale in quanto non inficiato da vizi macroscopici e peraltro supportato dalle stesse conclusioni cui giunge il verificatore.

Ne consegue che l’insindacabilità della rilevanza “ostativa” di detto elemento riscontrato da AQP di per sé sola vale a fondare la legittimità del gravato diniego, con consequenziale “assorbimento” delle altre censure dedotte.

Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.

In considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia, nonché della complessità delle questioni affrontate, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:

Corrado Allegretta, Presidente

Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore

Maria Grazia D'Alterio, Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/08/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)