Tar Liguria Sez. I sent. 109 del 30 gennaio 2007
Acque. Legittimazione all'impugnazione di provvedimento relativo alla costruzione di impianto di depurazione


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA

(SEZIONE PRIMA)


N. 00109/2007 REG. SEN.

N. 01129/2003 REG. RIC.


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1129 del 2003, proposto da:
Canepa Andreino,, Bacigalupo Marco, Morando Marisa, Martini Francesca,, Barbieri Nicola, Dallanegra Graziella,, Bevilacqua Samantha, Tiscornia Luisa, Bevilacqua Fabio,, Bianchetti Fausto, Tenise Willy, Cassinelli Tita,, Brignardello Carlo, Bianchetti Bruno, Sivori Carlo,, Cassinelli Aldo, De Ferrari Mariangela, Curotto Rinaldo,, Cereghino Caterina, Borzone Guido, Borzone Paolo,, Chentre Gallo Rosanna, Cassinelli Maurizio,, Costa Bruna, Olmo Lorenza, Garbarino Angelo,, Esposito Domenico, Ugolini Laura, Barbieri Rino,, Frugone Rosa, Cavicchi Luigi,, Gandolfo Romolo, Invernaro Rina, Borzone Silvana,, Mangiante Claudio, Remezzano Rosella, Frugone Adriano,, Mangini Onorina, Podesta' Massimo, Borzone Marco,, Niccoli Enrico, Bruzzone Patrizia, Malaspina Bruno,, Olcese Marcella, Bianchetti Tito, Tiscornia Augusta,, Podesta' Bruno, Piva Giorgio, Piva Elisa,, Sivori Roberto, Frandi Olivia, Beronio Aurelia,, Solari Carla, Canepa Paolo, Gentiluomo Angela,, Vaccaro Enrico, Libra Nicoletta, Raffo Maurizio, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Francesco Massa, Luca Saguato, con domicilio eletto presso l’Avv. Francesco Massa in Genova, Via Corsica 21/18-20;


contro


Comune di Carasco, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'Avv. Daniele Granara, con domicilio eletto presso l’Avv. Daniele Granara in Genova, Via Porta D'Archi, 10/27-28; Provincia di Genova, in persona del Presidente in carica, non costituito in giudizio;


nei confronti di


Siemec Spa, in persona del legale rappresentante in carica;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione di Giunta comunale 24 maggio 2003 n. 118, pubblicata a far data dal 13 giugno 2003, avente ad oggetto approvazione del progetto esecutivo dei lavori di potenziamento dell'impianto di depurazione sito in località Rivarola, nonchè per l'annullamento di ogni altro atto presupposto, preparatorio e connesso ed in particolare delle deliberazioni di Giunta comunale 28 agosto 2001 n. 240 e 15 ottobre 2002 n. 240, aventi ad oggetto rispettivamente approvazione del progetto preliminare e del progetto definitivo dei lavori di potenziamento del suddetto depuratore.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Carasco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/10/2006 il dott. Antonio Bianchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


I ricorrenti sono tutti residenti in, o proprietari di, immobili posti nelle immediate vicinanze del depuratore comunale sito in Carasco, località Rivarola.
Con gli atti impugnati indicati in epigrafe il Comune di Carasco ha approvato rispettivamente il progetto preliminare, definitivo, e da ultimo, esecutivo (così rendendo attuale l’interesse all’impugnativa dei ricorrenti, che non sono proprietari espropriandi), di un intervento di ristrutturazione del depuratore comportante il suo potenziamento.


Ritenendo illegittime tali determinazioni gli istanti, con il ricorso in epigrafe, hanno adito questo T.A.R. chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:


1. Violazione dell’art. 16 Legge 11 febbraio 1994 n. 109 e degli artt. 18 e 21 D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554. Difetto di istruttoria.
Secondo l’art. 16 della Legge n. 109/94 la progettazione delle opere pubbliche, nelle varie fasi previste, deve essere intesa ad assicurare, tra l’altro, la “conformità alle norme ambientali ed urbanistiche”.
A tale riguardo il regolamento attuativo della Legge n. 109/94 (D.P.R. n. 554/99, artt, 18 e 21), prevede che fin dalla fase iniziale (progetto preliminare) debba essere predisposto uno studio di prefattibilità ambientale.
Orbene nel caso di specie in nessuno dei livelli progettuali approvati è presente un siffatto studio.
Nulla dice la “relazione tecnico descrittivo ed illustrativo” in data 21 agosto 2001 che è parte del progetto preliminare, mentre la “relazione tecnico descrittivo ed illustrativa” del progetto definitivo in data 11 ottobre 2002 reca un paragrafo (4.11, inserimento ambientale), nel quale, dopo una elementare descrizione delle opere in progetto, si afferma che “vista la particolare natura delle opere e tenuto conto del modesto pregio ambientale del territorio, non occorre prevedere uno studio circa l’inserimento delle opere in questione atteso che essere si configurano come manufatti di modesta consistenza che vengono previsti quasi completamente interrati”.
Né a porre rimedio alle precedenti carenze documentali potrebbe valere la “relazione di compatibilità ambientale” che è parte del progetto definitivo e di quello esecutivo, secondo la quale “l’assetto del territorio non viene modificato in quanto la destinazione d’uso del sito rimane inalterata”.


2. Violazione della deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato dei ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento, allegato 4, punto 1.2. Violazione delle distanze minime dell’impianto dalle abitazioni. Difetto di presupposto.
La deliberazione indicata in epigrafe contiene, all’allegato 4, le norme tecniche generali per la regolamentazione dell’installazione e dell’esercizio degli impianti di fognatura e depurazione.
Tali norme prevedono la necessitò di una fascia di rispetto che in ogni caso “non potrà essere inferiore ai 100 metri”.
Quanto agli impianti esistenti ubicati a distanza inferiore, “devono essere adottati idonei accorgimenti sostitutivi quali barriere di alberi, pannelli di sbarramento o, al limite, ricovero degli impianti in spazi chiusi”.
Nel caso di specie, gli impianti progettati in ampliamento del depuratore esistente sono, tra l’altro, ubicati a meno di 50 metri da due fabbricati, nei quali risiedono ….. famiglie e ciò è, di per sé, motivo di illegittimità degli atti impugnati.
In presenza di un depuratore situato a distanza di gran lunga inferiore a quella minima dalle abitazioni esistenti, infatti, il Comune avrebbe dovuto in primo luogo esaminare la possibilità di ricollocazione, e, solo in caso di accertata imp0ossibilità, creare gli accorgimenti sostitutivi prescritti, ma certo non avrebbe potuto approvare l’ampliamento delle strutture ed il potenziamento dell’impianto, riducendo ulteriormente la distanza dalle abitazioni ed aumentando gli effetti nocivi (odori e rumori) derivati dal suo funzionamento.
Da ciò i vizi tutti rubricati, avendo gli atti impugnati completamente trascurato di valutare il fondamentale aspetto della distanza degli impianti dalle abitazioni esistenti ed avendo così violato le norme rubricate.


3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 5, Legge n. 1/1978. Mancata adozione di variante urbanistica. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14, commi 1 e 8, nonché dell’art. 16, comma 1, Legge n. 109/1994. Difetto di istruttoria. Difetto di presupposto.
I provvedimenti impugnati dono illegittimi anche per violazione delle ulteriori norme rubricate.
a) Quando l’opera pubblica ricade su aree non destinate a servizi pubblici ovvero ricade su area a vincolo urbanistico decaduto l’approvazione del progetto deve avvenire ai sensi dell’art. 1, comma 5, Legge n. 1/1978 e così occorre altresì provvedere alla adozione di variante dello strumento urbanistico generale, con conseguente trasmissione alla Regione per l’approvazione.
Al contrario nel caso di specie da un lato non vi è stata neppure l’indispensabile verifica di conformità del progetto approvato ala vigente disciplina urbanistica locale dall’altro lato risulta che una parte dell’area di intervento sia compresa in zona ZL3, da acquisire ai fini pubblici ai sensi del piano particolareggiato approvato con deliberazione del Consiglio Comunale 3 agosto 1990 n. 33, ma mai acquisita e quindi non più acquisibile per decadenza della relativa previsione.
Il (parziale) contrasto dell’intervento in progetto con gli strumenti urbanistici in vigore determina anche la violazione delle norme della Legge quadro sui lavori pubblici che impongono la conformità delle opere approvate agli strumenti urbanistici.


4. Violazione dell’art. 1 Legge 3 gennaio 1978 n. 1. Incompetenza.
Ai sensi della norma rubricata, in vigore dell’epoca dell’approvazione di tutti gli atti impugnati, compete al Consiglio Comunale l’approvazione dei progetti preliminari di opera pubblica, mentre rientra nella competenza della Giunta l’approvazione dei progetti definitivo ed esecutivo.
Sussistono allora i vizi rubricati con particolare riguardo alla deliberazione di approvazione del progetto preliminare, assunta, come le altre deliberazioni impugnate, dalla Giunta Comunale anziché dal Consiglio Comunale.


5. Con specifico riguardo alla deliberazione di Giunta Comunale 24 maggio 2003 n. 118 di approvazione del progetto esecutivo: violazione degli artt. 14 e 15 delle Norme di Attuazione del piano di bacino stralcio sul rischio idrogeologico dei torrenti Entella e Sturla approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale 29 gennaio 2003 n. 3. Difetto di istruttoria.
Il piano di bacino dei torrenti Entella e Sturla approvato dalla provincia di Genova nel gennaio del corrente anno include l’area ove ricade il progettato ampliamento del depuratore di Rivarola in fascia di riassetto fluviale RF ed in fascia di inondabilità A.
La disciplina di entrambe le zone vieta, a motivo dell’accertato rischio idraulico, la realizzazione di interventi di nuova edificazione nonché la realizzazione di nuove infrastrutture e l’ampliamento di quelle esistenti (art. 14 N.A. e 15 N.A.).
La deliberazione impugnata non dà minimamente conto dell’avvenuta valutazione di tale specifica disciplina di settore, area 06 - Suolo, in data 23 maggio 2002, evidentemente inidoneo ad attestare la conformità del progetto ad una disciplina idraulica all’epoca non ancora approvata.


6. Segue: violazione dell’art. 8 e dell’art. 15 Legge 26 ottobre 1995 n. 447. Violazione della deliberazione di Giunta Regionale 28 maggio 1999 n. 534. Difetto di istruttoria.
Ai sensi delle norme rubricate i progetti riguardanti opere relative ad infrastrutture che sono fonte di rumori devono essere corredati da una documentazione di impatto acustico.
Orbene, tra gli atti progettuali approvati manca la documentazione di impatto acustico.


7. Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 Legge Regionale n. 9/1993. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto. Illegittimità propria e derivata. Contraddittorietà. Violazione della deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento, allegato 4, punto 1.3.
In ogni caso i provvedimenti impugnati sono illegittimi per la illegittimità derivata dalla illegittimità che affligge la citata nota provinciale 23 maggio 2002 (che deve intendersi esplicitamente impugnata).
In ogni caso gli atti comunali impugnati sono illegittimi in quanto il progetto comporta l’ampliamento del depuratore esistente in avvicinamento al Torrente Entella.
Come si legge a pag. 12 della relazione tecnico-illustrativa allegata al progetto definitivo, verrà realizzato “il nuovo locale di servizio (…) più grande dell’attuale locale di ricovero del quadro elettrico ma posto a ridosso dell’impianto e dal lato del fiume”.
Ciò contrasta insanabilmente con la prescrizione imposta dalla nota 23 maggio 2003, secondo la quale le opere in progetto non avrebbero dovuto diminuire “la distanza dal corso d’acqua del fabbricato esistente”.
Infine i provvedimenti impugnati sono illegittimi in quanto, nell’approvare lavori di sostanziale ampliamento del depuratore localizzato in fascia di inondabilità A ed a meno di dieci metri dal torrente Entella, non hanno previsto nemmeno la necessaria protezione dell’impianto mediante strutture adeguate.


8. Violazione dell’art. 13 Legge 25 giugno 1865 n. 2359.
Contrariamente a quanto prescritto dalla norma rubricata non sono stati indicati i termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori.


9. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 Legge n. 241/1990. Mancata comunicazione di avvio del procedimento.
I provvedimenti impugnati sono infine illegittimi in quanto non sono stati preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento che avrebbe dovuto essere inviata a tutti i residenti o proprietari di immobili entro la fascia di rispetto di mt. 100 delle opere di ampliamento del depuratore.


Si è costituito in giudizio il Comune di Carasco, intimato, il quale, con più memorie nei termini, ha eccepito l’inammissibilità del gravame e ne ha contestato la fondatezza nel merito, chiedendone il rigetto.


Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2006, il ricorso è stato posto in decisione.


DIRITTO


1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di interesse ad agire dei ricorrenti, sollevata dalla difesa del Comune resistente sul presupposto che l’obiettivo unico ed esclusivo dell’intervento in contestazione è quello di adeguare il depuratore esistente alla vigente normativa di sicurezza ambientale, con conseguente beneficio per i ricorrenti stessi.
Il rilievo non può essere condiviso.
Ed invero, come già precisato dalla giurisprudenza di questo Tribunale, i proprietari degli immobili siti nella zona in cui è ubicato un impianto di depurazione e i residenti nella stessa, sono in linea di principio legittimati a impugnare il provvedimento che ne autorizza la realizzazione.
Tale legittimazione, infatti, può ben collegarsi alla circostanza che le prescrizioni dettate dall’autorità competente, la localizzazione del manufatto, ovvero le modalità esecutive dello stesso, siano ritenute inidonee a salvaguardare l’ambiente e/o la salute di chi vive nelle vicinanze, sì da poter riconoscere al confinante, o a chi vive e lavora in prossimità dell’impianto, un interesse qualificato e differenziato a ricorrere per denunciare la presunta illegittimità delle scelte effettuate dall’amministrazione (T.A.R. Liguria, Sez. I^, 28 maggio 2002 n. 588).


2. Nel merito il ricorso è infondato.
2.1 Con il primo motivo viene dedotta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per la mancanza di uno studio adeguato di fattibilità ambientale.
La censura non è fondata.
Vero è, infatti, che il progetto preliminare contiene al riguardo uno scarno paragrafo (4.11) in ragione del fatto che “l’impatto ambientale dell’impianto adeguato non sarà dissimile all’impatto dell’impianto esistente” configurandosi le opere “come manufatti di modesta consistenza che vengono previsti quasi completamente interrati”.
E’ altrettanto vero, però, che sia il progetto definitivo che quello esecutivo contengono una specifica relazione di compatibilità ambientale, che ha analiticamente esaminato gli aspetti inerenti:
-la depurazione attuale, dimensionata per 1.500 abitanti;
-lo stato attuale dell’area;
-la localizzazione dell’impianto, che “costituisce un potenziamento ed adeguamento di quello esistente”;
-gli effetti indotti dall’impianto e gli strumenti per neutralizzare gli impatti, in relazione:
a) all’assetto del territorio, in cui le opere necessarie all’adeguamento dell’impianto saranno correttamente inserite;
b) al valore naturalistico e ricreativo, con “un miglioramento della qualità delle acque del fiume nel quale confluirà lo scarico finale”;
c) all’inquinamento del terreno, che sarà eliminato con lo smaltimento, a mezzo del trasporto in discarica, dei rifiuti solidi (grigliati, grassi, sabbie) e soprattutto dei fanghi di risulta del processo;
d) agli odori, dettagliatamente studiati, al fine di ridurli rispetto a quelli odierni, con accorgimenti alla fonte quali “la rimozione molto frequente del grigliato e dei grassi, l’allontanamento delle sabbie dal dissabbiatore ed il loro immediato lavaggio, l’isolamento degli edifici di grigliatura/stacciatura e di disidratazione meccanica”;
e) ai rumori, per i quali sono previsti sistemi di insonorizzazione tali da ottenere il rispetto dei valori più restrittivi di cui alla Tabella C del D.P.C.M. 14 novembre 1997;
f) all’aerosol e ai rischi infettivi, rigorosamente esclusi con la previsione per tutte le fasi depurative di strutture chiuse che isolano completamente gli impianti dall’ambiente esterno;
g) all’igiene degli operatori, secondo le disposizioni, i pareri e le prescrizioni della competente A.S.L.;
h) all’analisi della sicurezza, con il rispetto di tutte le normative di settore (antinfortunistiche, di prevenzione e di sicurezza);
i) all’estetica, che resterà inalterata, poiché “l’edificio dell’impianto di depurazione risulterà sulla stessa linea di quello attuale e quindi senza variazione dell’impatto visivo dalle aree esterne”;
l) al valore culturale ecologico, con la cura dell’estetica interna di giardinaggio e di pulizia dei locali;
m) alla viabilità, comodamente assicurata da un breve strada che consente l’accesso all’impianto dalla viabilità ordinaria comunale;
a-gli effetti sul corpo ricettore, in ordine ai quali “il controllo del processo depurativo consentirà di ricondurre entro i limiti di legge le concentrazioni delle diverse sostanze inquinanti presenti nella fognatura urbana”.
La predetta relazione di compatibilità ambientale, che costituisce un approfondito studio organico d’insieme dell’intervento progettato, esamina altresì la situazione dell’attuale depuratore che, ove non fosse adeguato “oltre a non rispettare le norme vigenti in materia di depurazione delle acque comporterebbe sotto il profilo ambientale un impoverimento delle risorse dovuto al progressivo inquinamento delle acque costiere ad opera di uno scarico di sostanze inquinanti non trattenute dal modesto impianto attualmente in funzione”.
La relazione esclude anche “alternative parziali non giustificate da specifici ed approfonditi studi sull’impatto di uno scarico a mare depurativo ad un livello inferiore a quello di riferimento (tabella 1 - D.Lgs. n. 152/99)” e conclude che “sotto l’aspetto dell’impatto sull’ambiente e di quello potenziale igienico-sanitario la realizzazione dei lavori in progetto comporteranno non soltanto un miglioramento rispetto alla situazione attuale ma un vero e proprio adeguamento agli standard richiesti dalla norme sia nella depurazione delle acque reflue urbane che sotto il profilo della salvaguardia per l’ambiente in generale e per gli abitanti delle aree limitrofe all’impianto in particolare”.
Ne consegue pertanto che la contestata progettazione, riguardata nel suo insieme, contiene uno specifico ed adeguato studio di fattibilità ambientale contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti.


3. Con il secondo mezzo di gravame viene dedotta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, per il mancato rispetto della distanza minima di 100 metri dalle abitazioni circostanti, prevista dalla deliberazione 04.02.1977 del Comitato dei Ministri.
La censura non può essere condivisa.
Ed invero, i progetti impugnati non prevedono la realizzazione di un nuovo impianto di depurazione, ma il mero adeguamento di quello esistente localizzato nel sito sin dal 1980.
Tale adeguamento, come già evidenziato, si è reso necessario per garantire il rispetto degli “standard richiesti dalle norme sia nella depurazione delle acque reflue urbane che sotto il profilo della salvaguardia per l’ambiente in generale e per gli abitanti delle aree limitrofe all’impianto in particolare”.
Sotto il profilo strutturale, poi, l’intervento è previsto in gran parte interrato e si sostanzia in un incremento percentuale volumetrico rispetto ai 400 mc. già esistenti del 17,5%, pari a mc. 70.
Ne consegue che sia in termini relativi (incremento del 17,5%) che assoluti (realizzazione di 70 mc.), l’intervento stesso si configura come un modesto adeguamento del depuratore preesistente, a cui non può ragionevolmente essere applicata l’invocata normativa sulle distanze dalle abitazioni, prevista per gli impianti realizzati e localizzati ex novo.
Del resto, anche sotto il profilo strettamente edilizio, gli interventi non dotati di una specifica autonomia, in quanto in senso lato pertinenziali, non rientrano nel concetto di nuova costruzione quando comportino la realizzazione di un volume inferiore al 20% del volume dell’edificio principale a cui accedono.
E nel caso di specie, come già precisato, il contestato adeguamento non solo non costituisce un corpo edilizio autonomo (sia sotto il profilo strutturale che funzionale), ma non supera neppure il 20% del volume principale a cui accede, e quindi non può ragionevolmente essere considerato un nuovo impianto a cui applicare la normativa invocata dai ricorrenti.


4. Il terzo mezzo di gravame è infondato.
Ed invero l’intervento ricade nella zona Z.L.3 di espansione abitativa di cui al Piano Particolareggiato di iniziativa pubblica, approvato con Deliberazioni del Consiglio Comunale n. 59 del 30.12.1989 e n. 33 del 03.08.1990, ed attuato con convenzione urbanistica stipulata dal Comune in data 25.06.1992, Rep. n. 18.246.
E’ pertanto evidente la conformità del contestato intervento urbanizzativo di adeguamento di impianto esistente con la disciplina della zona Z.L.3 di espansione abitativa, che proprio tale esigenza ha generato.
Ne consegue che nella specie non occorreva adottare una specifica variante urbanistica ai sensi della Legge 1/1978, come viceversa dedotto dagli istanti.


5. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 1 della Legge 3 gennaio 1978 n. 1, in quanto, a loro dire, competeva al Consiglio Comunale e non alla Giunta l’approvazione del progetto preliminare dell’opera pubblica.
La doglianza non ha pregio.
Infatti, ai sensi dell’art. 42 del D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, “il Consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo”, cui competono, tra gli altri, i seguenti atti fondamentali:
“b) programmi, relazioni revisionali e programmatiche piani finanziari, programmi triennali ed elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie”.
L’opera di adeguamento del depuratore è stata inserita nel programma triennale delle opere pubbliche 2001-2003 approvato dal Consiglio Comunale, con deliberazione n. 3 del 24.02.2001, ai sensi dell’art. 14, comma 4, della Legge n. 109/1994 e del D.M. 21 giugno 2000, in allegato al bilancio di previsione 2001.
Con tale approvazione il Consiglio ha quindi esaurito la sua competenza, non rientrando certo l’approvazione delle successive fasi progettuali ed esecutive nei suoi specifici poteri.


6. Con il quinto motivo di ricorso si deduce, con specifico riguardo alla Deliberazione della Giunta Comunale n. 118 del 24.04.2003 di approvazione del progetto esecutivo, la violazione delle Norme di Attuazione del Piano di Bacino stralcio sul rischio idrogeologico dell’Entella e del torrente Sturla approvato con Deliberazione del Consiglio Provinciale 29.01.2003 n. 3.
La censura non è fondata.
Ed invero, l’intervento risulta assistito dal parere rilasciato dal Direttore della competente Area 6-difesa del Suolo, Opere Ambientali e Piani di Bacino della provincia di Genova con atto prot. n. 45565 del 23.05.2002.
In detto parere si osserva che gli interventi in oggetto, “data la tipologia, possono configurarsi come ampliamento di manufatto esistente, giustificato da specifiche esigenze di adeguamento igienico sanitario e tecnologico, e che pertanto i lavori di ristrutturazione, potenziamento e adeguamento del depuratore in località Rivarola, nel Comune di Carasco, non necessitano di rilascio di deroga alle distanze da parte della scrivente Area, a condizione che l’ampliamento non risulti superiore al 20% del volume esistente e non diminuisca la distanza dal corso d’acqua del fabbricato esistente”.
Nello stesso inoltre, dopo aver evidenziato che “l’intervento a progetto rientra nella perimetrazione delle aree storicamente inondate ai sensi della D.G.R. 2615/98 e s.m.i. e nella perimetrazione delle aree inondabili (fascia A), nonché nella fascia di riassetto fluviale così indicate dal Piano di Bacino Stralcio per il Rischio Idrogeologico del Torrente Entella e Sturla” e che “l’intervento è mirato a rispondere ad adempimenti di legge in materia ambientale”, si conclude che “i lavori in oggetto non risultano, ad oggi, in contrasto con la normativa vigente”.
Il progetto esecutivo approvato, come già evidenziato, si è adeguato a tali prescrizioni, in quanto:
a) l’incremento volumetrico dell’impianto non supera il 20% della consistenza del depuratore esistente, raggiungendo solo la percentuale del 17,5% (Cfr. Tavola 1/E e relazione tecnica di calcolo - Tavola 1/B del progetto esecutivo);
b) non vi è alcuna diminuzione della distanza del fabbricato esistente dal corso d’acqua, come dimostrano, tra gli elaborati del progetto esecutivo, le Tavola 7/C (rilievo planimetrico dello stato di fatto) e 7/E (planimetria di progetto).
Ne consegue l’inconducenza della dedotta censura.


7. Con il sesto motivo, viene dedotta la violazione degli artt. 8 e 15 della Legge 26 ottobre 1995 n. 447 e della D.G.R. 28 maggio 1999 n. 534, perché mancherebbe idonea documentazione previsionale dell’impatto acustico.
La doglianza è priva di fondamento.
Ed invero la relazione di compatibilità ambientale allegata al progetto esecutivo sub 1/C, contiene uno specifico paragrafo (5.2.5) in cui viene diffusamente trattato l’aspetto dei rumori alla luce delle disposizioni del D.P.C.M. 14 novembre 1997, garantendone il rispetto addirittura negli standard più restrittivi.
Ciò trova poi conferma nella relazione integrativa di inserimento ambientale in data 26.09.2002, che ha riportato in allegato 2 un’indagine fonometrica svolta nei giorni 17 e 18 settembre 2003, articolata in relazione alle abitazioni più vicine.
La relazione, all’esito della campagna di rilevazione svolta sui livelli attuali, è pervenuta alla conclusione che “l’impianto adeguato, nel suo complesso, sarà caratterizzato da un’emissione sonora inferiore a quella attuale”.


8. Col settimo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 26 della Legge Regionale n. 9/1993, e della Deliberazione del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento, poiché contrariamente al parere rilasciato dalla provincia di Genova, l’opera avrebbe richiesto l’autorizzazione in deroga dalla distanza dal fiume Entella, e l’intervento comporterebbe un ampliamento del depuratore esistente in avvicinamento al corso d’acqua.
La censura è infondata.
In primo luogo, l’art. 26 della Legge Regionale 28 gennaio 1993 n. 9 detta il regime transitorio “sino all’approvazione dei piani di bacino”.
Essendo stato adottato e approvato il Piano di Bacino Stralcio per il rischio idrogeologico dell’Entella, come da Deliberazione del Consiglio Provinciale n. 3 del 20.01.2003, è evidente che a tale disciplina occorre riferirsi, venendo meno il regime transitorio.
E tale disciplina, rimasta inalterata fin dalla sua precedente adozione, è stata puntualmente osservata, come espresso nel richiamato parere prot. 45565 del 23.05.2002 del Direttore dell’Area 06-Difesa del Suolo e Piani di Bacino della provincia di Genova.
Inoltre, non vi è alcun ampliamento, neanche minimo, del depuratore in avvicinamento al fiume Entella.
Se si osservano infatti, comparandole, la Tavola 7/C del progetto esecutivo recante “rilievo planimetrico dello stato di fatto” e la Tavola 7/E, recante “planimetria di progetto”, si rileva che il nuovo “locale compressori e quadro elettrico”, citato dai ricorrenti e indicato nella planimetria di progetto con il n. 10 è esattamente previsto laddove oggi è ubicato l’apparato di “disinfezione finale” indicata con il n. 5 dello stato di fatto attuale, sulla medesima linea di fronte, senza alcun avanzamento verso il fiume.


9. Con l’ottavo motivo, si assume la violazione dell’art. 13 della Legge 25 giugno 1865 n. 2359, perché negli atti impugnati non sarebbero stati indicati i termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori.
La doglianza non ha pregio, attenendo la norma invocata ad un procedimento espropriativo che nella fattispecie non sussiste, essendo stata la modesta area necessaria ai lavori di adeguamento ceduta al Comune dal Geom. Armando Rosi.
In ogni caso, nel contratto (elaborato 3/B del progetto esecutivo), nel capitolato speciale d’appalto e segnatamente all’art. 5.10, rubricato “consegna dei lavori - programma operativo dei lavori - inizio e termine per l’esecuzione - consegne parziali - sospensione, (elaborato 3/A) e nel cronoprogramma (elaborato 5), sono chiaramente indicati tali termini, e quindi la censura si appalesa destituita di fondamento.


10. Il nono ed ultimo motivo è parimenti infondato, atteso che nella specie non è “stata autorizzata la realizzazione di un depuratore in deroga alla fascia di rispetto nella quale sorgono le abitazioni dei ricorrenti”, come dedotto in ricorso, ma approvato il mero adeguamento del depuratore già esistente in loco sin dal 1980 per renderlo conforme alla normativa di settore, con evidente beneficio per la generale salubrità dell’ambiente.


11. Per le ragioni esposte il ricorso è infondato, e come tale va respinto.


Sussistono tuttavia giusti motivi, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione Prima, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 19/10/2006 con l'intervento dei signori:
Renato Vivenzio, Presidente
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore
Davide Ponte, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/01/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE