Cass. Sez. III n. 28740 del 19 luglio 2011 (CC 8 giu 2011)
Pres. Ferrua Est.Gazzara Ric.Amato
Alimenti. Prodotti alimentari e marchio d.o.p.

Integra il reato previsto dall'art. 517 cod. pen., in relazione all'art. 4, comma 49, della l. 24 dicembre 2003, n. 350, la commercializzazione di prodotti agroalimentari con marchio "d.o.p." (denominazione di origine protetta) non corrispondente al vero o fallace, in quanto per i prodotti di natura alimentare, aventi una tipicità territoriale, l'origine cui si riferisce la norma sanzionatoria non è solo quella imprenditoriale ma, soprattutto, quella geografica. (Nella specie, si trattava di pomodori pelati commercializzati con etichetta "prodotto della regione DOP San Marzano Pomodori Pelati Italiani", ma in realtà coltivati e raccolti in Puglia).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. FERRUA Giuliana - Presidente - del 08/06/2011
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 1285
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 49788/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Amato Antonio, nato a Salerno il 22/3/56;
Avverso la ordinanza resa dal Tribunale di Salerno il 27/11/2010;
Visti gli atti, la ordinanza ed il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Santi Gazzara;
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale, dott. MAZZOTTA Gabriele il quale ha concluso per l'annullamento senza rinvio;
Udito il difensore del ricorrente, avv. Correra Carlo, il quale ha concluso insistendo in ricorso.
Osserva:
RITENUTO IN FATTO
Il Gip presso il Tribunale di Salerno. con provvedimento del 22/10/2010. disponeva il sequestro preventivo di 301.440 barattoli di pomodoro a carico di Amato Antonio e Russo Walter, ipotizzato il delitto di cui all'art. 517 quater c.p., perché, agendo in concorso tra loro, l'Amato quale amministratore delegato della omonima società, esercente la produzione di paste ed altri generi alimentari, il Russo quale legale rappresentante della Expom s.r.L esercente attività di confezionamento di prodotti alimentari, al fine di trame profitto, ponevano in vendita, destinandoli al mercato statunitense, gli indicati prodotti contenenti, appunto, pomodori pelati, recanti l'etichetta "prodotto della regione DOP San Marzano Pomodori Pelati Italiani", contenente indicazioni non veritiere, non essendo le predette società autorizzate all'utilizzo del marchio DOP. Il Tribunale di Salerno, chiamato a pronunciarsi sulla istanza di riesame avanzata dall'Amato, con ordinanza del 27/11/2010, previo modifica della qualificazione giuridica del fatto nella fattispecie di cui all'art. 517 c.p. in relazione alla L. n. 359 del 2003, art. 4, comma 49 ha confermato la misura cautelare applicata. Propone ricorso per cassazione l'Amato personalmente, con i seguenti motivi:
-violazione o erronea applicazione dell'art. 517 c.p., in relazione alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 49, nonché illogicità della motivazione in punto di formulazione delle nozioni giuridiche di "falso" e di "fallace" in riferimento alla fattispecie concreta;
-inosservanza o erronea applicazione del D.Lgs. n. 297 del 2004, art. 2, comma 2, che sanziona in via amministrativa chiunque nella designazione e nella presentazione del prodotto usurpa, limita o revoca una denominazione protetta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va rigettato.
La ordinanza impugnata è sorretta da una argomentazione motivazionale logica e corretta.
L'indagato eccepisce la violazione dell'art. 517 c.p. per la parte in cui la detta disposizione normativa viene dal giudice del riesame interpretata come idonea a sanzionare indicazioni fallaci in quanto evocative di un prodotto alimentare DOP, il tutto riferito alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 49, al fine di estendere anche ad un prodotto agricolo, quale il pomodoro pelato, la norma di cui al citato art. 517 c.p., che, invece, come riconosciuto dallo stesso decidente, si riferisce solo a prodotti industriali. In merito alla censura formulata si rileva che il Tribunale, preliminarmente, ha modificato la qualificazione giuridica del fatto, sussumendo la condotta posta in essere dall'indagato nella fattispecie di cui all'art. 517 c.p. e di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 49.
Di poi lo stesso decidente ha richiamato la disciplina speciale elaborata dal diritto europeo, esclusivamente per i prodotti alimentari, la cui qualità è connessa, in modo rilevante e determinante, all'ambiente geografico nel quale sono coltivati, trasformati ed elaborati, prodotti per i quali sono stati creati speciali marchi di qualità, volti a valorizzarne l'origine territoriale (Regolamento del Consiglio n. 2018 del 14/2/92). Osservasi che il reato di cui all'art. 517 c.p. punisce la commercializzazione di prodotti industriali, oltre che di opere dell'ingegno, recanti marchi o segni distintivi fallaci, ossia atti a trarre in inganno sulla origine, provenienza o qualità del prodotto, ed ha carattere sussidiario rispetto al reato introdotto dalla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 49 che ha una estensione più ampia, sia sotto il profilo dell'oggetto materiale del reato, che in relazione alla condotta, in quanto punisce la commercializzazione di prodotti industriali, agricoli o alimentari, che abbiano una indicazione di origine o di provenienza falsa, ossia non corrispondente alla realtà, ovvero fallace, ossia atta a trarre in inganno, e questo anche se le indicazioni consistano in segni distintivi, emblemi o denominazioni non registrati, ne' riconosciuti giuridicamente (Cass. 17/2/05, n. 13712).
Nel caso in esame, pertanto, a giusta ragione, il Tribunale ha ravvisato il fumus del reato di cui all'art. 517 c.p., combinato con la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 49, visto che i pomodori confezionati presso lo stabilimento della Expom s.r.l. di Scafati, erano coltivati e raccolti in Puglia e non in territorio di San Marzano circostanza questa non contestata dalle parti: ciò che rileva per l'ordine economico, inteso come protezione dei consumatori e dei produttori, è proprio l'origine territoriale, con la conseguenza che per i prodotti di natura alimentare, aventi una tipicità territoriale, la origine a cui si riferisce l'art. 517 non è solo quella imprenditoriale, ma soprattutto quella geografica (Cass. 17/2/05, Acanfora).
Va ulteriormente specificato che il legislatore con l'art. 4, comma 49 citato, ha inteso, peraltro, risolvere il contrasto interpretativo in ordine al momento consumativo del reato di vendita dei prodotti con segni mendaci di cui all'art. 517 c.p., precisando che esso si perfeziona sin dal momento della presentazione dei prodotti e delle merci in dogana (Cass. 21/10/04, n. 3352).
In dipendenza di quanto precedentemente osservato appare evidente che non è meritevole di accoglimento l'ulteriore censura, proposta in ricorso, con cui si intenderebbe far rientrare la condotta posta in essere dall'Amato nell'ambito dell'illecito amministrativo, in quanto l'attività contestata permette di ravvisare la sussistenza di tutti gli elementi cristallizzanti il reato astrattamente ipotizzato. P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011