TAR Puglia (BA) Sez. I n. 1239 del 5 ottobre 2020                     
Ambiente in genere.Accesso alle informazioni ambientali

Il legislatore ha introdotto una forma di accesso facilitato rispetto a quello disciplinato dall’art. 22 della legge 241/1990 per le informazioni ambientali, e ciò al fine di assicurare, per la rilevanza della materia, la maggiore trasparenza possibile dei relativi dati. Tale normativa prevede, dunque, un regime di pubblicità tendenzialmente integrale delle informazioni di carattere ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, con un ampliamento dei soggetti legittimati all’accesso, sia per il profilo oggettivo, prevedendosi un’area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti dettati in via generale dagli artt. 22 e seguenti della predetta legge sul procedimento amministrativo.


Pubblicato il 05/10/2020

N. 01239/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00488/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 488 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Di Lauro, Claudio Linzola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Acquedotto Pugliese S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianluca Angelini, Ada Carabba, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

del diniego emesso in data 1.4.2020 dal responsabile della struttura Territoriale operativa Taranto-Brindisi della società Acquedotto Pugliese S.p.A. avverso l’istanza di accesso proposta in data 31.3.2020.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Acquedotto Pugliese S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2020 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Con ricorso ritualmente proposto il sig. -OMISSIS- ha chiesto l’annullamento del diniego emesso in data 1.4.2020 dal responsabile della struttura Territoriale operativa Taranto-Brindisi della società Acquedotto Pugliese S.p.A. avverso l’istanza di accesso proposta in data 31.3.2020, quest’ultima finalizzata ad ottenere l’ostensione:

1) “del contratto di appalto che è stato stipulato con l'impresa appaltatrice dei lavori del depuratore in località Urmo di Manduria e di altri eventuali contratti che disciplinano varianti ai lavori predetti”;

2) gli “allegati al contratto e, comunque, l'autorizzazione che l'ente pubblico ha rilasciato per la esecuzione dei lavori, in quanto risulta che il progetto di scarico delle acque depurate sia stato respinto da Regione Puglia e ne sia stato presentato appena un altro”.

A tale istanza la società resistente ha opposto, per un verso, la genericità della richiesta (“non è dato di intendere dal tenore testuale di detta istanza se afferisce un accesso documentale ai sensi della legge 241/1990, oppure un accesso civico generalizzato, pure contestualmente citato nella nota, oppure ancora un accesso qualificato in materia ambientale, anch’esso insieme ai precedenti indicato sempre nella medesima nota”), e, per altro verso, il difetto di titolarità all’accesso e, quindi, di legittimazione del ricorrente (essendosi contestata la “assenza di un (…) diretto coinvolgimento all’esecuzione dei lavori di cui trattasi, per non essere portatore di diritti reali interessati dall’esecuzione dell’intervento”).

Quest’ultimo ha dedotto di essere proprietario di una abitazione, singola, situata nel Comune di Manduria alla Via Chidro Specchiarica-OMISSIS-, situata “non lontana dal luogo ove, a partire dall’aprile 2019, la Società Acquedotto Pugliese S.p.a. ha iniziato a fare costruire una parte di un nuovo impianto di depurazione” (cfr. pag. 2); ha soggiunto che la domanda di accesso non sarebbe finalizzata “a soddisfare un generale senso di bizzarra curiosità, bensì a capire cosa in effetti stesse facendo costruire od abbia in mente di costruire A.Q.P.. S.p.a. in forza della ignota autorizzazione e del relativo contratto di appalto” (cfr. pag. 4).

A fondamento del ricorso ha evidenziato: che la disciplina del diritto di accesso sarebbe pienamente applicabile alla società intimata, la quale pur vantando una formale qualifica di soggetto privato espleterebbe, nondimeno, “attività di pubblico interesse” (cfr. pag. 6: primo motivo); che l’accesso sarebbe garantito non soltanto dalla legge sul procedimento, ma anche nella specifica materia ambientale ed anche in tema di appalti pubblici (cfr. pag. 7: secondo motivo); che l’impugnato sarebbe illegittimo sulla base della pienezza del diritto azionato, della circostanza di essere un “cittadino di Avetrana, che abita anche a poca distanza dai luoghi oggetto delle iniziative di A.Q.P.” (cfr. pag. 11) e che proprio “in quanto cittadino (ed utente, soggetto che dovrà assumersi in carico, pro quota ed in base ai consumi, i costi delle opere, ecc.), sussiste anche il diritto all’accesso civico generalizzato” (cfr. pag. 12).

Si è costituita in giudizio la società Acquedotto Pugliese S.p.A. (24.6.2020), la quale ha precisato, nella memoria depositata il 4.9.2020, che il sistema depurativo dell’agglomerato di Sava-Manduria è interessato da una prima progettazione afferente “impianto di depurazione e collettori di adduzione e scarico degli abitati di Sava-Manduria e delle marine di Manduria”, e da una seconda progettazione afferente “il riutilizzo dei reflui trattati e relativi scarichi complementari del sistema di depurazione per l’agglomerato Sava Manduria, sottoposta al procedimento autorizzativo unico regionale (P.A.U.R.) tuttora in corso” (cfr. pag. 4); che i lavori oggetto del primo stralcio sono stati aggiudicati e consegnati all’ATI Putignano e “proseguono regolarmente senza soluzione di continuità a far data dalla ripresa degli stessi in data 15 aprile 2019, con la sola eccezione del periodo intercorrente dal 17 marzo 2020 al 18 aprile 2020 a causa dell’intervenuta pandemia Covid 19” (cfr., ancora, pag. 4): il che smentirebbe l’assunto del ricorrente secondo cui la Regione Puglia avrebbe inibito l’approvazione del progetto; ha, inoltre, eccepito che la proprietà che il ricorrente “non risulta attinta né dai lavori di realizzazione dell’impianto depurativo per cui è causa, né tantomeno dal procedimento ablativo propedeutico all’esecuzione degli stessi” (cfr. pag. 7), cosicché l’istanza di accesso sarebbe inammissibile; ha opposto, altresì, che non sussisterebbero neppure i presupposti per qualificare tale istanza alla stregua di un accesso ambientale; ha, poi, sottolineato che, sebbene l’istanza abbia fatto riferimento solo ai lavori oggetto della prima progettazione, i documenti riguardanti la seconda progettazione sarebbero disponibili presso gli uffici delle Amministrazioni cointeressate e, comunque, che il ricorrente avrebbe depositato in atti diversi documenti comprovanti la piena conoscenza di tali elaborati; che, infine, la richiesta di ostensione dell’autorizzazione alla esecuzione dei lavori “non riguarda il presunto progetto respinto dalla Regione Puglia ma il I° stralcio funzionale nei confronti del quale il ricorrente non ha sollevato alcuna specifica censura” (cfr. pag. 19).

All’udienza in Camera di Consiglio del 23 settembre 2020 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto, sebbene nei termini di seguito precisati.

In prima battuta, occorre rilevare che la società resistente ha persuasivamente eccepito che il progetto al quale ha fatto riferimento il ricorrente – riguardante la realizzazione di un “impianto di depurazione e collettori di adduzione e scarico degli abitati di Sava-Manduria e delle marine di Manduria” – è stato appaltato e affidato, ed i lavori sono in corso.

Relativamente a tale progetto è stato, perciò, espressamente chiarito, in punto di fatto, che la Regione Puglia non ha adottato provvedimenti di carattere inibitorio o sospensivo.

Sicché, non avendo il ricorrente smentito tale assunto, la circostanza deve intendersi pacifica ai sensi dell’art. 64, comma 2 del c.p.a.

Ciò precisato, nell’istanza di accesso del 31.3.2020 il ricorrente ha chiesto l’ostensione del “contratto di appalto che è stato stipulato con l'impresa appaltatrice dei lavori del depuratore (…) e di altri eventuali contratti che disciplinano varianti ai lavori predetti”, nonché gli “allegati al contratto”.

La società resistente ha opposto che tali atti “non risultano innanzitutto accessibili ai sensi degli artt. 22 e ss. L. 241/1990” (cfr. pag. 7 della memoria del 4.9.2020).

Per dirimere tale questione va verificata la sussistenza in capo al ricorrente di un interesse meritevole di tutela, presupposto per la legittimazione ad accedere alla predetta documentazione.

Sul punto, ad avviso del Collegio tale titolarità non è affermabile.

Il sig. -OMISSIS-, nell’istanza del 31.3.2020, si è limitato ad indicare di essere proprietario di una unità immobiliare nel Comune di Manduria; nel ricorso ha soggiunto di risiedere in una abitazione “non lontana” dal sito oggetto dei lavori di realizzazione del depuratore; di essere un cittadino di Avetrana, “che abita anche a poca distanza dai luoghi oggetto delle iniziative di A.Q.P.” (cfr. pag. 11) e di vantare un interesse correlato al pagamento pro quota, cioè in base ai consumi, del costo delle opere.

Ritiene, a tal proposito, il Collegio:

a) che non è provato il rapporto di vicinitas, ossia, come ha statuito la giurisprudenza, il rapporto “di stabile collegamento con l’area interessata dall’intervento contestato, è idoneo e sufficiente a fondare tanto la legittimazione (ossia la titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata rispetto a quella di quisque de populo) quanto l’interesse a ricorrere (ossia la sussistenza di una lesione concreta e attuale alla detta situazione giuridica per effetto del provvedimento amministrativo impugnato)” (cfr. TAR Lombardia – Milano, 16 novembre 2017, n. 2183; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2403); non è contestato tra le parti, ai sensi dell’art. 64, comma 2 del c.p.a., neppure che la proprietà del ricorrente sia stata interessata da un procedimento espropriativo;

b) non è parimenti provata la titolarità di una posizione qualificata e differenziata, come ad esempio la rappresentanza di interessi diffusi o, anche solo, riconducibili ad una collettività di cittadini: prova ne è che il fondamento della pretesa ostensiva sarebbe giustificato dalla partecipazione al costo delle opere mediante il pagamento delle utenze.

In alternativa alla modalità ordinaria, la proposta istanza è stata correlata ad un accesso civico o ad un accesso generalizzato.

Ma neanche sotto tale profilo la domanda del ricorrente coglie nel segno.

L’art. 5 del d.lgs. 33/2013, modificato dal d.lgs. 97/2016, che ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’accesso civico a dati e documenti, prevede, in particolare:

1) che “l’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione” (comma 1), ciò, dunque, alludendo ad un obbligo di pubblicazione;

2) che “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis” (comma 2): una disposizione che si connette alla disponibilità di dati e documenti detenuti dalle pubbliche Amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione.

Tanto premesso, l’accesso generalizzato trova il proprio fondamento nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico; ma una volta posta tale finalità, l’istituto, che costituisce uno strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della partecipazione degli interessati all’attività amministrativa (cfr. art. 1 del d.lgs. 33/2013, come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 97/2016), non può, ad avviso del Collegio, essere utilizzato in modo disfunzionale rispetto al disegno del legislatore, cioè – come nella specie – traducendosi nell’acquisizione di un’ingente documentazione da parte di un privato privo di titolarità di un interesse concreto e attuale, nei termini anzidetti, e che mai ha dichiarato di voler promuovere alcuna interlocuzione pubblica.

Sotto tale profilo, il ricorrente ha chiesto – più banalmente – di “capire cosa in effetti stesse facendo costruire od abbia in mente di costruire A.Q.P. S.p.A. in forza della ignota autorizzazione e del relativo contratto di appalto” (cfr. pag. 4 del ricorso).

Se intesa secondo tale prospettiva, l’istanza proposta dal sig. -OMISSIS- è da accogliere in base alla disciplina di cui al d.lgs. 195/2005 (“Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale”), la cui violazione è stata dedotta con il secondo e terzo motivo di ricorso.

L’art. 3 di tale normativa prevede, in particolare, che “l’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l'informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse” (comma 1), soggiungendo che “nel caso in cui la richiesta d’accesso è formulata in maniera eccessivamente generica l'autorità pubblica può chiedere al richiedente, al più presto e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta stessa, di specificare i dati da mettere a disposizione” (comma 3).

Come ha evidenziato la giurisprudenza, il legislatore ha introdotto una forma di accesso facilitato rispetto a quello disciplinato dall’art. 22 della legge 241/1990 per le informazioni ambientali, e ciò al fine di assicurare, per la rilevanza della materia, la maggiore trasparenza possibile dei relativi dati (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 5 ottobre 2015 n. 4637). Tale normativa prevede, dunque, un regime di pubblicità tendenzialmente integrale delle informazioni di carattere ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, con un ampliamento dei soggetti legittimati all’accesso, sia per il profilo oggettivo, prevedendosi un’area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti dettati in via generale dagli artt. 22 e seguenti della predetta legge sul procedimento amministrativo.

Rapportando tali previsioni alla fattispecie di causa, è giocoforza ritenere che la richiesta di accesso non possa essere accolta per quanto concerne il contratto di appalto stipulato con l’imprese aggiudicataria ed esecutrice (in corso) dei lavori, attenendo, tale accordo, alla regolazione dei profili privatistici del rapporto in questione.

Alla luce di quanto pure fondatamente eccepito dalla società resistente, deve, inoltre, considerarsi che gli atti autorizzatori risultano pubblicati e, quindi, pienamente accessibili senza necessità di alcuna intermediazione.

Va, invece, disposta, in attuazione del diritto all’informazione ambientale, l’ostensione – solo ed esclusivamente – del capitolato speciale di appalto e del cronoprogramma dei lavori di realizzazione del depuratore nel Comune di Manduria.

Ciò in quanto, oltre a rilevarsi la legittimazione del ricorrente secondo il disposto di cui all’art. 3 del d.lgs. 195/2005, occorre considerare la reale pregnanza dei suddetti documenti, dal momento che:

a) ai sensi dell’art. 44, comma 3 del DPR 207/2020 “il capitolato speciale d'appalto è diviso in due parti, l’una contenente la descrizione delle lavorazioni e l’altra la specificazione delle prescrizioni tecniche; esso illustra in dettaglio: a) nella prima parte tutti gli elementi necessari per una compiuta definizione tecnica ed economica dell’oggetto dell'appalto, anche ad integrazione degli aspetti non pienamente deducibili dagli elaborati grafici del progetto esecutivo; b) nella seconda parte le modalità di esecuzione e le norme di misurazione di ogni lavorazione, i requisiti di accettazione di materiali e componenti, le specifiche di prestazione e le modalità di prove nonché, ove necessario, in relazione alle caratteristiche dell'intervento, l'ordine da tenersi nello svolgimento di specifiche lavorazioni; nel caso in cui il progetto prevede l'impiego di componenti prefabbricati, ne vanno precisate le caratteristiche principali, descrittive e prestazionali, la documentazione da presentare in ordine all'omologazione e all'esito di prove di laboratorio nonché le modalità di approvazione da parte del direttore dei lavori, sentito il progettista, per assicurarne la rispondenza alle scelte progettuali”;

b) ai sensi dell’art. 40, comma 1 del DPR 207/2010 “il cronoprogramma è composto da un diagramma che rappresenta graficamente la pianificazione delle lavorazioni gestibili autonomamente, nei suoi principali aspetti dal punto di vista della sequenza logica, dei tempi e dei costi”.

Negli illustrati termini, il ricorso va accolto.

L’andamento del giudizio giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, nei termini espressi in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Angelo Fanizza, Consigliere, Estensore

Alfredo Giuseppe Allegretta, Primo Referendario