Consiglio di Stato Sez. IV n. 5466 del 23 giugno 2025
Ambiente in genere.Natura e finalità della VIA
La VIA mira a stabilire, e conseguentemente a governare, in termini di soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di salvaguardia, gli effetti sull’ambiente di determinate progettualità. Tali effetti, comunemente sussumibili nel concetto di “impatto ambientale”, si identificano nella alterazione “qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa” che viene a prodursi sull’ambiente, laddove quest’ultimo a sua volta è identificato in un ampio contenitore, costituito dal “sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti”, come si argomenta dall’art. 5, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 152 del 2006. Rilevante è la natura del potere esercitato con la VIA, che non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo, con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e privati. La VIA, in altri termini, costituisce un giudizio sintetico globale di comparazione tra il sacrificio ambientale imposto e l’utilità socio economica procurata dall’opera medesima, tenendo conto anche delle alternative possibili e dei riflessi della c.d. opzione zero.
Pubblicato il 23/06/2025
N. 05466/2025REG.PROV.COLL.
N. 07351/2022 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7351 del 2022, proposto dalla Società Programma Ambiente Apuane s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Cecchetti, Marcello Clarich e Andrea Fantappiè, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marcello Cecchetti in Roma, piazza Barberini, n. 12;
contro
la Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Ciari, con domicilio eletto presso lo studio Sergio Fienga in Roma, Piazzale delle belle arti, n. 8;
il Comune di Montignoso, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Marcuccetti, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
il Comune Pietrasanta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Domenico Iaria, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
nei confronti
l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana – Arpat, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione seconda, n. 702 del 20 maggio 2022.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Toscana, del Comune di Montignoso e del Comune Pietrasanta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2024 il Consigliere Emanuela Loria;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso r.g. n. 709 depositato l’8 giugno 2021 proposto dinanzi al T.a.r. per la Toscana, il Comune di Pietrasanta ha impugnato il provvedimento del 18 marzo 2021, prot. n. 11570/2021, della Direzione Ambiente ed Energia Settore bonifiche e autorizzazioni rifiuti recante il rigetto della “richiesta di revisione AIA per la discarica ex fornace sito nei comuni Montignoso e Pietrasanta, ai sensi del comma 7 dell'articolo 29- quater del decreto legislativo 152/2006 e avvio VIA ex post ai sensi dell'ultimo periodo comma 6 articolo 43 della legge regionale 10/2010” presentata dal Comune di Pietrasanta”.
1.1. Con il ricorso r.g. n. 197 del 2022, la società Programma Ambiente Apuane s.p.a ha impugnato:
a) il decreto dirigenziale n. 23121 del 29 dicembre 2021 della Regione Toscana, Direzione Ambiente ed Energia, Settore Autorizzazioni Rifiuti, avente ad oggetto «Discarica per rifiuti non pericolosi sita in località Fornace nei Comuni di Montignoso (MS) e Pietrasanta (LU). Gestore: Società Programma Ambiente Apuane S.p.a. Istanza di riesame con valenza di rinnovo ai sensi dell'art. 29-octies comma 3 lettera b) D.lgs. 152/2006 e contestuale richiesta di esercizio fasi 2 e 3 alle medesime condizioni di fase 1. Provvedimento di archiviazione in forma semplificata ai sensi dell'art. 2 comma 1 legge 241/1990», comunicato via pec alla ricorrente il 31 dicembre 2021;
b) la nota prot. n. 460451 del 26 novembre 2021 della Regione Toscana, Direzione Ambiente ed Energia, Settore Autorizzazioni Rifiuti, avente ad oggetto «Discarica per rifiuti non pericolosi sita in località Fornace nei Comuni di Montignoso (MS) e Pietrasanta (LU). Gestore: Società Programma Ambiente Apuane S.p.a. Istanza di riesame con valenza di rinnovo ai sensi dell'art. 29-octies comma 3 lettera b) D.lgs. 152/2006 e contestuale richiesta di esercizio fasi 2 e 3 alle medesime condizioni di fase 1. Preavviso archiviazione istanza», comunicata via pec alla ricorrente il 1° dicembre 2021, con nota prot. n. 25201 del 1° dicembre 2021, dal SUAP del Comune di Montignoso;
c) la nota prot. 0457545 del 24 novembre 2021 della Regione Toscana, Direzione Ambiente ed Energia, Settore Valutazione Impatto Ambientale – Valutazione Ambientale Strategica, avente ad oggetto «Discarica per rifiuti non pericolosi sita in località Fornace nei Comuni di Montignoso (MS) e Pietrasanta (LU). Gestore: Società Programma Ambiente Apuane S.p.a. Istanza di riesame con valenza di rinnovo ai sensi dell'art. 29-octies comma 3 lettera b) D.lgs. 152/2006 e contestuale richiesta di esercizio fasi 2 e 3 alle medesime condizioni di fase 1. Richiesta parere. Risposta»;
d) la nota di trasmissione prot. n. 25201 del 1 dicembre 2021 del SUAP del Comune di Montignoso;
1.2. Con motivi aggiunti, depositati dinanzi al T.a.r. per la Toscana, il 29 marzo 2022 è stata impugnata la nota prot. n. 0090938 del 7 marzo 2022 della Regione Toscana, Direzione Ambiente ed Energia, Settore Autorizzazioni Rifiuti, avente ad oggetto «Discarica per rifiuti non pericolosi sita in località Fornace nei Comuni di Montignoso (MS) e Pietrasanta (LU). Gestore: Società Programma Ambiente Apuane s.p.a. Istanza di riesame con valenza di rinnovo ai sensi dell'art. 29-octies comma 3 lettera b) d.lgs. 152/2006 e contestuale richiesta di esercizio fasi 2 e 3 alle medesime condizioni di fase 1. Precisazioni», comunicata via pec alla ricorrente il 7 marzo 2022.
2. La società Programma Ambiente Apuane s.p.a. gestisce la discarica per rifiuti speciali non pericolosi e materiali contenenti amianto in matrice compatta sita per un terzo nel territorio del Comune di Pietrasanta, in provincia di Lucca, e per due terzi nel Comune di Montignoso, in provincia di Massa Carrara e le due Province hanno rilasciato l’AIA con determinazione dirigenziale n. 8691/2007 della Provincia di Massa Carrara e con determinazione dirigenziale n. 28/2008 della Provincia di Lucca, entrambe aggiornate nel 2009.
3. Con istanza presentata ai sensi dell’art. 14 della legge regionale Toscana n. 79/1998, la società, in data 9 agosto 2008, richiedeva l’avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale sul “Progetto di completamento Discarica per rifiuti speciali non pericolosi sita in Loc. Porta, Comune di Montignoso (MS), Comune di Pietrasanta (LU)”, poiché il suddetto progetto rientrava tra quelli da sottoporre a VIA alla luce del contenuto dell’Allegato III, lettera p), della Parte II del d.lgs. n. 152 del 2006, come modificato dal d.lgs. n. 4/2008; il progetto sottoposto a VIA prevedeva 3 fasi distinte di coltivazione della discarica: partendo da una quota di +25 m s.l.m., la prima fase porta la discarica a +43 m s.l.m., la seconda fase a +68 m s.l.m., la terza a +98 m s.l.m..
4. Con determina dirigenziale n. 656 del 23 febbraio 2011 la Provincia di Massa Carrara rilasciava la valutazione positiva di impatto ambientale (VIA) sul progetto di completamento della discarica di rifiuti speciali non pericolosi sopra richiamato.
Il suddetto provvedimento specifica che “la presente pronuncia di compatibilità ambientale ha validità 5 anni, secondo le disposizioni dell’art. 18 c. 7 della L.R. 79/98”.
A seguito dell’ottenimento del parere di VIA nel 2011, la società otteneva il rilascio delle successive AIA di cui alle determinazioni n. 1441 del 26 marzo 2012 della Provincia di Lucca e n. 880 del 26 marzo 2012 della Provincia di Massa Carrara, aventi durata sino al 2 luglio 2022, per la Provincia di Lucca, e al 18 settembre 2022, per la Provincia di Massa Carrara; le suddette AIA, di durata quinquennale poi normativamente portata a decennale, hanno ad oggetto la realizzazione ed esercizio dell'impianto relativamente alla sola fase 1, ossia fino a quota +43 m. s.l.m..
In prossimità della scadenza delle autorizzazioni ambientali, essendo raggiunti i conferimenti previsti per la fase 1 ed essendo interesse della società di dare seguito alle successive fasi progettuali 2 (+68 m s.l.m.) e 3 (+ 98 s.l.m.), con istanza del giorno 8 ottobre 2021, la società ha presentato, ai sensi dell’art. 29-octies, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 152 del 2006, domanda di riesame con valenza di rinnovo, delle AIA rilasciate per l’esercizio delle fasi 2 e 3 della discarica.
La Regione Toscana richiedeva l’integrazione documentale ed emetteva quindi il preavviso di rigetto con nota prot. n. 460451 del 26 novembre 2021, sulla base del parere tecnico reso con nota prot. 0457545 del 24 novembre 2021; nella sostanza viene evidenziato che la VIA del 2011 aveva validità di cinque anni, che non è stata prorogata e che quindi “il procedimento di VIA deve essere reiterato con riferimento agli interventi non ancora realizzati ed all’attuale contesto ambientale, programmatico e normativo”.
A seguito delle osservazioni procedimentali dell’appellante, con decreto dirigenziale n. 23121 del 29 dicembre 2021 la Regione Toscana, nel confermare sostanzialmente le argomentazioni recepite dal Settore VIA regionale con la nota prot. n. 457545/ 2021, e ritenendo le osservazioni presentate dalla Società ricorrente “non idonee a superare i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza”, ha decretato di disporre, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2 c.1 della l. n. 241 del 1990 e s.m.i., l’archiviazione dell’istanza, pervenuta tramite SUAP del Comune di Montignoso, acquisita in atti reg.li prot. n. 392932 del 11 ottobre 2021.
5. Con il ricorso n. 197 del 2022, la società ha dedotto i seguenti tre motivi:
I. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 COST. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 12 DELLE PRELEGGI AL C.C., DELL’ART.26 DEL D.LGS. N. 152/2006. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART.18 DELLA L.R. N. 79/1998. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART.29-OCTIES DEL D.LGS. N. 152/2006. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E TRAVISAMENTO DEI FATTI, PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DEI PRESUPPOSTI, ILLOGICITÀ MANIFESTA, CONTRADDITTORIETÀ.
La società sostiene che la VIA del 2011 non sarebbe scaduta con il decorso del quinquennio (con necessità quindi di richiedere nuova valutazione di impatto ambientale ai fini del rilascio delle nuove AIA) ma conserverebbe tutt’oggi la propria validità ed efficacia (tale quindi da sorreggere le nuove AIA), perché nel termine quinquennale previsto si è in effetti provveduto alla realizzazione del progetto, che non consiste nel definitivo completamento del progetto stesso, ma piuttosto nella messa in esercizio della discarica, a seguito della realizzazione delle opere a ciò necessarie.
II. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 COST. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E TRAVISAMENTO DEI FATTI, PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DEI PRESUPPOSTI, ILLOGICITÀ MANIFESTA, CONTRADDITTORIETÀ.
Con il secondo motivo la ricorrente ha posto in rilievo la contraddittorietà che ha caratterizzato nell’ultimo decennio il comportamento della Regione Toscana, con riferimento alla vicenda in esame; nel corso del tempo, nonostante il decorso dei cinque anni apposto alla VIA, la Regione non ne ha mai messa in dubbio la sua perdurante efficacia e validità (e dei successivi provvedimenti autorizzatori); con note del 24 marzo 2017 e del 4 luglio 2018 la Regione Toscana ha espressamente presupposto la sussistenza e la perdurante validità ed efficacia del provvedimento di VIA a suo tempo adottato nel 2011; con email del 24 aprile 2018, la Regione escludeva che per l’esercizio delle fasi II e III fosse necessario un nuovo procedimento di VIA, indicando quale adempimento necessario solamente la richiesta di un semplice «nulla osta all’esercizio».
III. – VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 COST. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 10-BIS DELLA L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E TRAVISAMENTO DEI FATTI, PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DEI PRESUPPOSTI, ILLOGICITÀ MANIFESTA, CONTRADDITTORIETÀ.
Con il terzo motivo la ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato non avrebbe preso posizione in relazione alle articolate argomentazioni offerte dalla società ricorrente in sede di contraddittorio procedimentale.
5.1. Con i motivi aggiunti al ricorso r.g. n. 197 del 2022 la società ha impugnato la nota regionale sopra indicata riproponendo nei suoi confronti le tre censure già articolate nel ricorso introduttivo del giudizio e avanzando altresì un’ulteriore doglianza con la quale contesta l’errata individuazione da parte dell’atto gravato del termine di efficacia delle autorizzazioni ambientali rilasciate nel 2012.
La società ha posto in rilievo che la durata decennale dei suddetti titoli ha come dies a quo il rilascio della polizza fideiussoria, sicché le due AIA hanno rispettiva scadenza il 2 luglio 2022, per la Provincia di Lucca, e 18 settembre 2022, per la Provincia di Massa Carrara, come peraltro attestato, rispettivamente, con nota del 22 settembre 2015 della Provincia di Lucca e con nota del 3 dicembre 2014 della Provincia di Massa Carrara.
6. Anche il Comune di Pietrasanta è insorto, con il ricorso r.g. n. 709 del 2021, avverso il provvedimento regionale in data 18 marzo 2021 e ha dedotto le seguenti censure:
- “Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990”: il provvedimento regionale ha respinto la richiesta del Comune di Pietrasanta non ritenendo di dovere dare seguito alla richiesta di revisione “non essendo contenuti nella comunicazione del sindaco di Pietrasanta elementi novativi rispetto alla corrispondenza precedentemente scorsa” e ritenendo, pertanto, di dare semplicemente “atto di quanto già riportato nella nota prot. n. 202657 del 17 maggio 2019, resa in riscontro ad analoga richiesta sempre del comune di Pietrasanta in atti regionale prot. n. 21469 del 15 maggio 2019, non si è ritenuto di dover dare seguito alla richiesta, non rilevando elementi che potessero sostanziale una revisione dell'ufficio ex articolo 29 del decreto legislativo 152/2006”.
Secondo il Comune di Pietrasanta, mancherebbe anche qualsiasi approfondimento istruttorio in relazione alle informazioni fornite dall’Arpat a seguito dei controlli.
Nè potrebbe giungersi a diverse conclusioni sostenendo che l’atto di diniego della Regione Toscana del 18 marzo 2021 costituirebbe una mera conferma del precedente atto di diniego del 17 maggio 2019; in realtà, il secondo atto di impulso comunale, pur riprendendo alcune argomentazioni contenute nel primo atto, non solo le svilupperebbe, ma soprattutto introdurrebbe elementi fattuali e giuridici nuovi, senza contare che il Comune richiama nelle due istanze presupposti normativi diversi; inoltre, la Regione, una volta ricevuta l’istanza nel giugno 2020, avrebbe dovuto accertare almeno la situazione della discarica a quel momento disponendo le necessarie misure istruttorie.
Il Comune di Pietrasanta, con l’istanza del 18 giugno 2020, avrebbe ottemperato alle istruzioni ricevute dalla Regione Toscana, presentando un atto che contiene una puntuale motivazione circa la richiesta di riesame, corredata da numerosi richiami alla documentazione istruttoria e con precise proposte di modifica dell’autorizzazione, integrando e sviluppando i precedenti motivi addotti con la richiesta del 10 maggio 2019 aggiungendone tuttavia di nuovi ed ulteriori; né può ritenersi che le motivazioni del provvedimento del 18 marzo 2021 siano eterointegrate dalle motivazioni addotte dalla Regione Toscana due anni prima con il provvedimento del 17 maggio 2019, giacché in quest’ultimo atto non si rinvengono invero motivazioni relative ai numerosi profili che il Comune di Pietrasanta ha segnalato per la prima volta con la richiesta del 18 giugno 2020.
a) “Violazione degli artt. 2 e 3 della Legge n. 241/1990; violazione per difetto di istruttoria e violazione del termine per provvedere”: il Comune ha rilevato, altresì, il difetto di motivazione, di istruttoria e la violazione del termine per l’adozione del provvedimento in esito all’istanza presentata;
b) “Sulla obbligatorietà del riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale in presenza di segnalazioni ex art. 29, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006”: a seguito della segnalazione del Comune di Pietrasanta del 18 giugno 2020, la Regione Toscana aveva l’obbligo di avviare il procedimento di riesame dell’AIA, non residuando alcun margine discrezionale in merito al suo avvio, trattandosi di attività sotto questo profilo vincolata;
c) “Violazione degli artt. 7, 8 e 9 della l. n. 241 del 1990”: vi sarebbe il vizio di omessa comunicazione di avvio del procedimento e di omessa comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento;
d) “Violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990”, essendo stata omessa la comunicazione dei motivi ostativi.
7. La impugnata sentenza – T.a.r. per la Toscana, sez. II, del 20 maggio 2022 n. 702:
a) ha riunito, ex art. 70 c.p.a., i due ricorsi per connessione soggettiva e oggettiva (il primo n.r. g. 709/2021 proposto dal comune di Pietrasanta, il secondo n.r. g. 197/2022 dalla società PAA);
b) ha respinto, con molteplici di argomenti, tutti e tre i motivi posto a sostegno del ricorso principale r.g. n. 197 del 2022 proposto dalla società, confermando il diniego di rinnovo dell’AIA relativa alla gestione della discarica ubicata nei Comuni di Pietrasanta e Montignoso;
c) ha accolto i motivi aggiunti proposti dalla società assodando la scadenza della gestione a luglio e a settembre 2022 (capo non impugnato);
d) ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 709 del 2021 proposto dal Comune di Pietrasanta (capo non impugnato);
e) ha compensato fra le parti le spese di lite.
8. La società Programma Alpi Apuane ha proposto appello avverso la suindicata sentenza del T.a.r. per la Toscana articolando tre motivi critici averso la sentenza di primo grado:
I.- Error in iudicando. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 12 delle preleggi al c.c., degli artt. 25, 29, 29 octies del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 18 l.r. n. 79/1998 e dell’art. 3, l. n. 241/1990. Eccesso di potere giurisdizionale per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, per difetto di motivazione e dei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà. Difetto ed erroneità della motivazione della sentenza, difetto ed erroneità della motivazione.
Il T.A.R. Toscana avrebbe basato la propria decisione sull’erroneo presupposto che la «corretta applicazione della legge» conduca a ritenere fondata la tesi regionale secondo cui per «progetto realizzato» di cui all’art. 18, co. 7, l.r. Toscana n. 79/1998, debba intendersi il completamento definitivo dell’intero progetto di discarica.
Sul punto l’appellante sostiene che deve essere preferita la diversa tesi, che si ricava da una più corretta interpretazione logico-sistematica del dato normativo e che conduce a ritenere che all’espressione “realizzazione del progetto” debba essere attribuito il significato di “messa in esercizio dell’impianto”; da ciò deriva, nel caso di specie, che avendo l’appellante “messo in esercizio” l’impianto entro il termine quinquennale prescritto, perdurerebbe, all’attualità, la validità della VIA del 2011.
II.- Error in iudicando. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost. dell’art.3 l. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, per difetto di motivazione e dei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà, violazione del principio del legittimo affidamento.
I numerosi atti regionali citati nel ricorso dimostrerebbero che l’Amministrazione regionale non ha mai dubitato che l’esercizio delle attività di gestione della discarica in conformità al progetto di completamento presentato nel 2008 fossero supportate da un valido ed efficace provvedimento di VIA, generando così un legittimo affidamento nel privato e confermando di condividere la prospettazione offerta dalla ricorrente con il primo motivo del presente ricorso, ovvero che al concetto di «realizzazione del progetto», ai fini della validità del provvedimento di VIA del 2011, debba essere attribuito il significato di «messa in esercizio dell’attività di cui al progetto» e non certo quello di «definitivo completamento» del medesimo.
III.- Error in iudicando. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost., degli artt. 3 e 10-bis, l. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, per difetto di motivazione e dei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà.
È sufficiente confrontare il contenuto delle articolate osservazioni procedimentali proposte dalla società con quello del provvedimento impugnato per avvedersi come l’amministrazione non abbia chiarito affatto le ragioni di fatto e di diritto in virtù delle quali le tesi esplicitate da PAA con le osservazioni presentate ai sensi dell’art. 10-bis, l. n. 241/1990 non sono state ritenute condivisibili.
La Regione, infatti, si è limitata a riproporre, a sostegno del provvedimento impugnato, le medesime argomentazioni già formulate con il preavviso di diniego.
9. L’appellante ha altresì proposto per la prima volta in appello istanza subordinata di rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia europea ex art- 267 TFUE.
L’istanza è così testualmente formulata:
“Posto che la scrivente difesa ritiene la propria interpretazione conforme alla normativa europea e, in specie, agli artt. 3 e 191 TUE, alla direttiva 2010/75/UE, alla direttiva 85/337/CE e alle sopravvenute direttive 2011/92/UE e 2014/52/UE, ove detta tesi non dovesse essere condivisa dall’Ecc.mo Collegio adito, si chiede fin da ora che quest’ultimo voglia rimettere, ai sensi dell’art. 267 TFUE, la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia sull’interpretazione che deve essere offerta all’art. 18, l.r. n. 79/1998, e all’art. 25, d.lgs. 152/2006, alla luce delle suddette direttive, nei termini che ci si riserva di meglio specificare in corso di causa.”
10. La Regione Toscana e i Comuni di Pietrasanta e Montignoso si sono costituiti in giudizio chiedendo che l’appello e la correlata istanza cautelare sia dichiarato inammissibile e comunque respinto nel merito.
11. Con l’ordinanza n. 4951 del 14 ottobre 2022 l’istanza cautelare è stata respinta.
12. In data 18 ottobre 2024 il Comune di Pietrasanta ha depositato documentazione tra cui la nota prot. n. del 9 maggio 2024 dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Regione Toscana ad oggetto: “Cedimento del paramento esterno avvenuto in data 06/05/2024 – attività connesse – prima relazione su fatti ed accertamenti”.
13. In vista dell’udienza le parti hanno depositato memorie e memorie di replica ribadendo le proprie rispettive argomentazioni.
14. L’appellante ha depositato l’istanza di PAUR ex art. 27 bis del d.lgs. n. 152 del 2006 e dell’art. 73 bis della l.r. n. 10 del 2010, senza prestare acquiescenza agli atti ed ai provvedimenti regionali impugnati nel presente giudizio.
15. Alla udienza del 28 novembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
16. L’appello è infondato.
17. In punto di fatto, si rileva che il giudizio concerne gli atti e i provvedimenti di VIA relativi alla discarica per rifiuti speciali non pericolosi e materiali contenenti amianto, gestita dall’appellante e in particolare la questione dell’efficacia temporale della VIA presentata il 9 agosto 2008.
17.1. Le disposizioni che disciplinano la materia sono l’art. 18, comma 7, della legge regionale n. 79 del 1988 che, nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, prevede che: “la pronuncia positiva ha efficacia per un periodo limitato, non inferiore a tre anni, da determinarsi di volta in volta in relazione alle caratteristiche del progetto, entro il quale il progetto deve essere realizzato, a pena di decadenza dagli effetti della pronuncia stessa”. Inoltre, l’art. 25, comma 5, del d.lgs. 152 del 2006, oggi applicabile, a sua volta, prevede che il provvedimento di VIA abbia un’efficacia temporale non inferiore a 5 anni e che, “decorsa l’efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga da parte dell'autorità competente”.
17.2. L’appellante sostiene che l’interpretazione letterale del dato normativo sarebbe insufficiente e comunque non decisiva per dirimere il contrasto esegetico oggetto del giudizio e comunque non sarebbe chiaro cosa si intenda per “realizzazione del progetto”, e se, in particolare, si debba intendere con tale locuzione anche la messa in esercizio dell’impianto.
L’interpretazione corretta sarebbe – secondo la tesi dell’appellante – non quella letterale bensì quella logico - sistematica sicché per “realizzare il progetto” dovrebbe intendersi “avviare l’attività di conferimento dei rifiuti previsti nel progetto” per cui, nel caso in esame, il soggetto proponente doveva ritenersi onerato di realizzare, nel termine quinquennale della VIA, soltanto l’“avvio delle attività di coltivazione della discarica come da progetto” e non di completare il progetto in tutte le sue fasi, corrispondenti alle fasi 2 e 3 che implicano un quantitativo complessivo finale di conferimenti pari a circa 2.030.000 m3.
La diversa interpretazione fatta propria dall’Amministrazione regionale implicherebbe di dover richiedere nuovamente la VIA per le ulteriori fasi del progetto ancora non realizzate alla scadenza dei cinque anni, il che sarebbe disarmonico con il progetto di discarica in esame che è stata progettata per una durata ventennale.
17.3. Che tale sia l’interpretazione legittima sarebbe inoltre dimostrato dalla configurazione dei rapporti tra VIA e AIA (i quali impongono che la prima costituisca sempre e indefettibilmente condizione di validità ed efficacia della seconda), tenuto conto, da un lato, che l’art. 29-octies del d.lgs. n. 152 del 2006 (nella formulazione applicabile ratione temporis nel febbraio 2011) fissava inderogabilmente il termine di efficacia dell’AIA in almeno 5 anni, dall’altro, che lo stesso provvedimento di VIA del 23 febbraio 2011 non fissava prescrizioni o condizioni specifiche a cui subordinare il giudizio di compatibilità ambientale, limitandosi a stabilire espressamente che «tutte le prescrizioni e condizioni a cui il soggetto titolare deve attenersi nell’esercizio dell’impianto verranno individuate nell’ambito del successivo iter autorizzatorio».
Pertanto, l’unica interpretazione che consentirebbe di attribuire un sicuro effetto giuridico alla disposizione che fissa in cinque anni la validità e l’efficacia del provvedimento di VIA sarebbe quella che attribuisce all’espressione “realizzazione del progetto” il significato di “messa in esercizio dell’attività di cui al progetto”, che nel caso in esame corrisponderebbe all’avvio delle attività di conferimento di rifiuti, come previsto nel progetto sottoposto a VIA e autorizzato in sede di AIA.
18. Le argomentazioni sopra esposte non sono convincenti per plurimi motivi.
Premesso il quadro normativo, che si caratterizza per la estrema chiarezza lessicale in relazione alla durata predeterminata della valutazione d’impatto ambientale per evidenti motivi legati alla protezione dell’ambiente e alla tutela della salute, appare utile richiamare la natura del procedimento di VIA, che è di supporto all’autorità amministrativa ed è finalizzato ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un’opera, il cui progetto è sottoposto ad autorizzazione.
18.1. Anche in considerazione della sua matrice europea (cfr. art. 3, direttiva n. 85/337/CEE e successive modifiche apportate dalla direttiva n. 97/11/CE), si tratta di un procedimento di valutazione ex ante degli effetti prodotti sull’ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo consiste nel proteggere la salute, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie, conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile (Cons. Stato, sez. II, n. 5379 del 2020).
Ed ancora in linea generale, la VIA mira a stabilire, e conseguentemente a governare, in termini di soluzioni più idonee al perseguimento degli evidenziati obiettivi di salvaguardia, gli effetti sull’ambiente di determinate progettualità. Tali effetti, comunemente sussumibili nel concetto di “impatto ambientale”, si identificano nella alterazione “qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa” che viene a prodursi sull’ambiente, laddove quest’ultimo a sua volta è identificato in un ampio contenitore, costituito dal “sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti”, come si argomenta dall’art. 5, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 152 del 2006 (cfr. Cons. Stato, sez. II, n. 5379 del 2020; sez. IV, n. 2043 del 2014; sez. IV, n. 4611 del 2013; sez. IV, n. 468 del 2013; sez. V, n. 5295 del 2012).
18.2. Rilevante è la natura del potere esercitato con la VIA, che secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 4484 del 2018; sez. IV, n. 1240 del 2018; sez. V, n. 4928 del 2014; sez. V, 361 del 2013; sez. V, 3254 del 2012; sez. IV, n. 4246 del 2010), non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo, con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e privati.
La VIA, in altri termini, costituisce un giudizio sintetico globale di comparazione tra il sacrificio ambientale imposto e l’utilità socio economica procurata dall’opera medesima, tenendo conto anche delle alternative possibili e dei riflessi della c.d. opzione zero.
18.3. Alla luce di tale natura della discrezionalità esercitata con la VIA, appare chiara la ratio sottesa alla sua durata limitata nel tempo, poiché gli impatti sull’ambiente potrebbero essere rivalutati dall’amministrazione in relazione al tempo trascorso e all’accertamento in punto di fatto degli effetti prodotti e/o alla necessità di stabilire nuove prescrizioni nel caso di “mutamento del contesto ambientale di riferimento”.
18.4. Invero, l’art. 25, comma 5, d.lgs. cit., nella versione applicabile al caso in esame, prevede che “decorsa l’efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente corredata di una relazione esplicativa aggiornata che contenga i pertinenti riscontri in merito al contesto ambientale di riferimento e alle eventuali modifiche, anche progettuali, intervenute, di specifica proroga da parte dell’autorità competente.”
Nel caso in esame, peraltro, pur in presenza del chiaro disposto normativo, l’appellante non ha attivato la facoltà di richiedere la proroga legislativamente prevista della VIA già rilasciata, ma ha continuato a sostenere che la VIA rilasciata avrebbe dovuto estendersi anche alla parte non realizzata del progetto, che avrebbe una durata ventennale.
Sotto questo profilo, non può valere l’argomento per cui la proroga sarebbe stata comunque insufficiente perché la discarica in esame dovrebbe avere, nelle intenzioni dell’istante, una proiezione ventennale giacché questa è una circostanza di mero fatto, che - come correttamente argomentato dalla sentenza di primo grado - non può incidere sul chiaro ed univoco dato letterale delle disposizioni legislative sopra indicate poiché “è connaturata ai provvedimenti in materia ambientale una durata limitata nel tempo dei relativi effetti e comunque la rivedibilità delle decisioni in conseguenza della natura intrinsecamente dinamica dei fattori che condizionano gli equilibri ambientali e della mutevolezza delle condizioni di contesto che devono essere considerate in occasione delle valutazioni rimesse alle amministrazioni coinvolte nelle relative procedure” (sentenza impugnata). Pertanto, l’interpretazione letterale non conduce a un risultato privo di senso tale per cui occorre fare riferimento ad altro criterio interpretativo, ma ha, al contrario, una sua valenza logica in relazione alla “natura intrinsecamente dinamica dei fattori che condizionano gli equilibri ambientali e della mutevolezza delle condizioni di contesto”.
19. La questione centrale è invero quella della definizione di “progetto” e della sua realizzazione poiché la tesi dell’appellante, sostenuta in primo grado e ribadita in appello, è che sia sufficiente la messa in esercizio dell’attività di cui al progetto e, nel caso delle discariche, con l’avvio del conferimento dei rifiuti dovrebbero considerarsi definitivamente “realizzate” le opere funzionali all’esercizio e alla gestione, ovvero, nel caso di specie, all’avvio dell’attività di conferimento dei rifiuti previste nel progetto.
19.1. La tesi non può essere condivisa.
Soccorre nuovamente la definizione data alla parola “progetto” da parte dell’art. 5, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 152 del 2006: “g) progetto: la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo”, concetto che è stato definito in maniera analoga dalla giurisprudenza euro unitaria quale “modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato I o all’allegato II già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente” (Corte di Giustizia, causa C-121/11 sent. n.19 aprile 2012).
Pertanto, ove si debbano autorizzare (e prima ancora valutare sotto il profilo dell’impatto ambientale) lavori o interventi che modificano la realtà fisica dei luoghi con un impatto sull’ecosistema si rientra nella nozione di “progetto”.
19.2. Applicando i richiamati principi al caso in esame, si rileva che la VIA si è pronunciata su un progetto di discarica che è stato soltanto in parte realizzato (solo la fase 1 e non le fasi 2 e 3) entro il termine di scadenza, ai termini di legge, della stessa VIA sicché devono ancora essere realizzate le ulteriori fasi 2 e 3 che consistono, secondo la Relazione tecnica allegata all’istanza di AIA, non solo nel conferimento dei rifiuti fino alla massima quota di mt. 98 s.l.m., ma anche in una serie di lavorazioni che si concretizzano in opere e interventi per consentire l’ulteriore abbancamento degli stessi (cfr., in particolare da pagg. 7 della Relazione doc. n. 14 e doc. n. 15 entrambi nel fascicolo di primo grado).
Conseguentemente, dette opere e lavorazioni sono da enucleare nella sopra indicata definizione, dettata sia a livello euro unitario sia a livello della legislazione interna, di “progetto” rispetto al quale la VIA rilasciata nel 2011 è scaduta, sicché deve essere nuovamente acquisita e il provvedimento di archiviazione è pertanto legittimo.
Inconferente è, sotto questo profilo, il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 22 giugno 2002 in C-43/21 poiché nel caso ivi deciso si controverteva in relazione ad una autorizzazione (e non ad una valutazione d’impatto ambientale) alla proroga di un semplice prolungamento dell’utilizzazione di una discarica senza che venissero apportate modifiche sostanziali alla stessa, ove per «modifica sostanziale» si deve intendere una modifica delle dimensioni ovvero della capacità totale che possa provocare effetti negativi significativi per la salute umana o per l’ambiente, elementi sussistenti nel caso all’esame alla luce di quanto si è detto e di quanto risulta, in particolare, dalla Relazione della parte mancante e ancora da realizzare.
20. In relazione alla ulteriore censura di cui al sopra indicato §17.3. concernente i rapporti tra VIA e AIA, si rileva, in linea generale, che la procedura di VIA investe, in via preventiva, i profili localizzativi e strutturali, mentre l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) è il provvedimento complessivo con cui si valutano specificamente gli aspetti gestionali e dell’attività e dell’esercizio dell’impianto. Pertanto, diversa è la loro rispettiva funzione.
Dunque l’AIA sostituisce tutti i numerosi titoli che erano precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale e investe gli aspetti gestionali, ubicativi e strutturali dell’impianto (cfr. Cons. Stato, sent. sez. V, n. 4928 del 2014; sez. V, n. 5299 del 2012), ma non riguarda la compatibilità ambientale del progetto per il quale non può che fare riferimento alla VIA.
Nel caso in esame, l’AIA n. 1441 del 26 marzo 2012 della Provincia di Lucca e l’AIA n. 880 del 24 marzo 2012 della Provincia di Massa Carrara, dopo aver dato conto del complesso iter istruttorio, hanno autorizzato sempre con validità per cinque anni (ex lege divenuti dieci), la coltivazione, oltre quota + 25 m s.l.m. e fino a quota + 43 m s.l.m.: in particolare, è precisato che Per il rinnovo della presente autorizzazione il gestore, almeno sei mesi prima della data di scadenza, deve inviare a questa Provincia una domanda, corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 29-ter, comma 1 del D.lgs. 152/2006. Fino alla pronuncia in merito al rinnovo da parte dell'autorità competente, il gestore continua l'attività sulla base della precedente autorizzazione integrata ambientale, ferma restando la validità della garanzia finanziaria prestata.
Nell’Allegato tecnico si legge, inoltre, a pag. 3 che Il progetto è stato oggetto di un procedimento di V.I.A. conclusosi con la determinazione dirigenziale 656 del 2011. Nel corso di tale procedimento sono stati reputati ambientalmente compatibili solo i rifiuti già conferibili in discarica.
Con l’istanza di modifica all’A.I.A. il Gestore richiede l’autorizzazione per altre tipologie di rifiuti, rispetto a quelle ritenute compatibili.
In data 27/07/2011 si tiene un incontro tecnico a cui partecipano i tecnici del Settore Ambiente della Provincia, del Settore Ambiente della Provincia di Lucca e dei Dipartimenti ARPAT competenti per territorio. Nel corso di tale riunione vengono esaminate le richieste del Gestore di autorizzazione per ulteriori tipologie di rifiuto rispetto a quelle considerate ammissibili in sede di V.I.A.
Deciso che per la richiesta di nuove tipologie di rifiuto il Gestore dovrà attivare una specifica procedura di verifica di assoggettabilità, si considerano compatibili con le tipologie già valutate quelle identificabili con il codice CER 170107 e quelle identificabili con codice CER 010599 solo se riconducibile al codice CER 170504.
Viene quindi concordato un ulteriore incontro che si tiene presso la sede della Provincia di Lucca in data 08/08/2011 atto ad illustrare alla Ditta la necessità di rettifica della documentazione depositata (la relazione tecnica deve essere modificata e resa rispondente alle determinazioni conclusive della V.I.A.).”
E’ quindi evidente che anche nel caso in esame le due tipologie di provvedimenti hanno rivestito, in base al parametro normativo di riferimento, funzioni diverse e separate, sicché non vi una contraddittorietà tra i due provvedimenti né nel fatto che la loro durata sia normativamente diversificata, dovendo il proponente riallineare le scadenza presentando una istanza di proroga (nel caso in esame non presentata) e/o una nuova istanza di VIA.
In ogni caso, è appurato che sono scaduti anche i provvedimenti autorizzativi (cfr. sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto i motivi aggiunti).
21. Con il secondo motivo riproposto in appello, viene dedotta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per contraddittorietà rispetto a precedenti provvedimenti adottati dalla medesima amministrazione regionale.
Il T.A.R. per la Toscana muoverebbe dall’erroneo presupposto che la «corretta applicazione della legge» conduca a ritenere fondata la tesi regionale secondo cui per «progetto realizzato» di cui all’art. 18, co. 7, l.r. Toscana n. 79 del 1998, debba intendersi il completamento definitivo dell’intero progetto di discarica.
La Regione Toscana non avrebbe dubitato che l’esercizio delle attività di gestione della discarica in conformità al progetto di completamento presentato nel 2008 fosse supportato da un valido ed efficace provvedimento di VIA, generando così un legittimo affidamento e confermando di condividere la prospettazione offerta dall’appellante.
21.2. Il motivo è infondato.
A decorrere dalla data del passaggio di competenze sulla materia de qua, precedentemente in capo alla Province, la Regione ha adottato il decreto dirigenziale n. 611/2016 (modifica non sostanziale e gestionale riguardante il Piano di monitoraggio e controllo nonché lo scarico in pubblica fognatura delle acque di percolazione) e il decreto dirigenziale n. 20593 del 25 novembre 2021 (peraltro nel termine di cinque anni dalla VIA), che fanno entrambi riferimento alla fase 1.
Anche la nota del settore VIA del 24 marzo 2017 riguarda la fase 1 già autorizzata e un’istanza (risalente) di modifica delle AIA vigenti a cui l’appellante non ha dato seguito sicché non è possibile trarne argomenti a conferma della dedotta contraddittorietà dell’operato regionale.
In relazione alle note regionali del 24 agosto 2018 e del 4 luglio 2018 (risalenti ad epoca precedente all’avvio del procedimento di rinnovo dell’AIA) si rileva che le stesse note costituiscono atti meramente interni ed istruttori come tali inidonei a formalizzare la volontà dell’Amministrazione e a dare luogo ad alcuna delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere (travisamento o contraddittorietà tra atti).
La nota regionale del 24 marzo 2017 riguarda un’istanza di modifica dei due provvedimenti di AIA a cui la ricorrente non ha dato seguito e, dunque, “per consolidato indirizzo, il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà non sussiste tra atti di distinti ed autonomi procedimenti quando si tratti di provvedimenti che, pur riguardando lo stesso oggetto, siano stati adottati all'esito di procedimenti indipendenti e ad intervalli di tempo l'uno dall'altro (C.d.S., sez. V, 31 dicembre 2018, n. 7315; sez. V, 7 febbraio 2018, n. 806)” (ex plurimis, Consiglio di Stato sez. II, 1/7/2021, n.5012).
In ogni caso, anche ipotizzando la circostanza che la Regione avrebbe posto in rilievo con ritardo l’intervenuta scadenza della VIA del 2011, ciò non si traduce “nella illegittimità dell’atto con il quale la Regione in sede di rinnovo delle AIA, facendo corretta applicazione di legge, ha evidenziato che le AIA non possono essere rinnovate in assenza di una valida VIA, che ne costituisce un presupposto di legittimità”, come è stato correttamente osservato dalla sentenza impugnata.
22. Con il terzo motivo - con il quale è riproposto il terzo motivo del ricorso di primo grado - l’appellante sostiene che la Regione, con l’impugnato decreto dirigenziale n. 23121/2021, non avrebbe chiarito le ragioni della mancata condivisione delle osservazioni dalla stessa formulate in data 15 dicembre 2021 trasmesse a seguito del preavviso di diniego del 26 novembre 2021, in violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost., degli artt. 3 e 10-bis, l. n. 241/1990.
22.1. Il motivo è infondato.
Con il decreto dirigenziale n. 23121/2021 l’amministrazione ha indicato la motivazione per la quale ha ritenuto che le osservazioni dell’istante non siano idonee a superare i motivi ostativi all’accoglimento dell'istanza, vale a dire:
“- l'efficacia quinquennale della VIA non può che essere riferita alla realizzazione dell'intero progetto di discarica poiché, come previsto dall’art. 18 L.R. 79/1998 (a norma del quale è stato rilasciato il provvedimento di cui si discute) nonché dall'art. 25, comma 5, del d.lgs. 152/2006, oggi applicabile, la pronuncia di VIA ha efficacia per un periodo di tempo limitato entro il quale il progetto deve essere realizzato a pena di decadenza dagli effetti della pronuncia stessa. Nel caso in esame il progetto comprende oltre ai conferimenti delle fasi 2 e 3 anche le relative opere connesse e funzionali ad oggi non eseguite; si impone pertanto di dover valutare la sussistenza o meno di impatti negativi conseguenti alla realizzazione di tali opere;
- la suddetta durata quinquennale non è incompatibile con gli ipotizzati tempi di completamento del progetto di discarica attesa la necessità di rinnovare periodicamente le valutazioni ambientali - analogamente a quanto avviene per l'AIA ancorché per profili diversi - degli impatti prodotti dalle opere e dagli interventi ancora non realizzati e ferma comunque restando la possibilità di proroga (che il proponente non ha richiesto) ove ne ricorrano i presupposti;
- il richiamo alla nota del settore VIA del 24/03/2017 non è pertinente in quanto riguarda l’esercizio della fase 1 già autorizzata;”
Tale motivazione risulta idonea a confutare le osservazioni rese dall’appellante in sede procedimentale.
23. In relazione alla domanda subordinata di rinvio pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, alla Corte di Giustizia, proposta la prima volta con l’atto di appello (pag. 30: “Posto che la scrivente difesa ritiene la propria interpretazione conforme alla normativa europea e, in specie, agli artt. 3 e 191 TUE, alla direttiva 2010/75/UE, alla direttiva 85/337/CE e alle sopravvenute direttive 2011/92/UE e 2014/52/UE, ove detta tesi non dovesse essere condivisa dall’Ecc.mo Collegio adito, si chiede fin da ora che quest’ultimo voglia rimettere, ai sensi dell’art. 267 TFUE, la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia sull’interpretazione che deve essere offerta all’art. 18, l.r. n. 79/1998, e all’art. 25, d.lgs. 152/2006, alla luce della suddette direttive, nei termini che ci si riserva di meglio specificare in corso di causa”) e più ampiamente argomentata soltanto nell’ultima memoria difensiva depositata il 28 ottobre 2024, si svolgono le seguenti considerazioni.
23.1. In primo luogo, la domanda è posta al Collegio in modo generico e non è indicata la rilevanza della questione ai fini della decisione della controversia in esame poiché la domanda di rinvio non chiarisce quale sarebbe il profilo di contrasto tra le norme euro unitarie di cui agli artt. 3 e 191 TUE, alla direttiva 2010/75/UE, alla direttiva 85/337/CE e alle sopravvenute direttive 2011/92/UE e 2014/52/UE dell’Unione Europea e quelle interne (artt. 18, l.r. n. 79/1998, e all’art. 25, d.lgs. 152/2006).
Nella memoria del 28 ottobre 2024 l’appellante sostiene che le disposizioni di diritto interno testè richiamate non prevedono che il progetto debba essere interamente realizzato nel termine di validità della VIA e che dovrebbero essere tenute in considerazione le caratteristiche del caso di specie ovvero il fatto che trattandosi di una discarica il termine di cinque anni indicato in modo automatico nel parere di VIA non avrebbe dovuto riguardare il completamento del progetto bensì la sola fase di avvio dei conferimenti.
L’appellante dubita dunque della compatibilità eurounitaria del termine di cinque anni di vigenza della VIA.
23.2. In via preliminare, il Collegio richiama i principi interpretativi sul rinvio pregiudiziale alla CGUE rinvenendo la soluzione nelle fonti europee e nelle considerazioni svolte dalla stessa Corte (specie nella sentenza C-561/19 “Consorzio Italian Management”).
Con la menzionata sentenza, la C.G.U.E.:
- mantiene ferme le conclusioni del caso Cilfit sul valore del “dialogo tra giudici”, e soprattutto tra Corti supreme, come “sistema di cooperazione tra la C.G.U.E. e i giudici nazionali” (e, si potrebbe aggiungere, di costruzione e di evoluzione dell’ordinamento europeo) di cui prima all’art. 177 e ora all’art. 267 T.F.U.E., terzo paragrafo;
- considera le figure dell’acte clair e dell’acte éclairé come parte integrante e funzionale di tale dialogo, in quanto definiscono l’effettività dell’obbligo di cui al suddetto terzo paragrafo e lo rendono sostenibile anche nel suo funzionamento pratico;
- pur confermando i dicta ormai consolidati dal 1992 su acte clair, acte éclairé e rilevanza della questione indicata dalle parti come pregiudiziale, torna sulla questione dopo trent’anni e approfondisce utilmente alcune questioni processuali (come, ad esempio, la reiterazione del rinvio pregiudiziale nello stesso giudizio o la rilevanza delle questioni pregiudiziali);
- valorizza, sempre nella logica del “dialogo tra giudici”, il ruolo fondamentale della motivazione data dal giudice nazionale di ultima istanza sulla scelta di non rinviare, pur nei casi “obbligatori” di cui all’art. 267, terzo paragrafo (punti 50 e 51 della sentenza C-561/19);
- in coerenza con il valore del “dialogo tra giudici”, ribadisce che tale dialogo è – appunto – solo “tra giudici” e non coinvolge altri soggetti.
23.3. Quest’ultima affermazione comporta che, sempre a detta della Corte di Lussemburgo (punti 53, 54 e 55 della sentenza C-561/19):
- il “sistema di cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali”, instaurato dall’articolo 267 TFUE, “è estraneo ad ogni iniziativa delle parti…”;
- le parti “non possono privare i giudici nazionali della loro indipendenza nell’esercizio del potere di cui al punto 50 della presente sentenza [ovvero quello di motivare se rimettere o meno ai sensi del 267 n.d.r.], segnatamente obbligandoli a presentare una domanda di pronunzia pregiudiziale”;
- “il sistema instaurato dall’articolo 267 TFUE non costituisce quindi un rimedio giuridico esperibile dalle parti…”.
La Corte di Giustizia chiarisce che in presenza di una richiesta di rinvio “obbligatorio” è configurabile, in capo al giudice, non un “obbligo di rinvio automatico” tout court, ma un “obbligo di pronunciare sulla richiesta di rinvio e di motivare” sulle circostanze che lo escludono, secondo la consolidata giurisprudenza europea su acte clair, acte éclairé e rilevanza della questione indicata dalle parti come pregiudiziale (giurisprudenza consolidatasi da tempo e ora ulteriormente precisata dalla sentenza “Consorzio”).
24. Ciò premesso in linea generale in merito al rinvio ex art. 267 TFUE, l’appellante dubita della compatibilità eurounitaria dell’art. 25 comma 5 d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 18, l.r. n. 79/1998, in relazione al termine di durata della VIA di cinque anni, termine apposto anche nel provvedimento di VIA che riguarda il presente giudizio.
Sotto il profilo del limite temporale, deve tuttavia, in primo luogo, osservarsi che la disposizione interna del codice dell’ambiente prevede che il termine di cinque anni sia un termine minimo e non massimo per l’efficacia temporale della VIA (analogamente è a dirsi per la norma della legge regionale applicabile ratione temporis: termine minimo tre anni) e che lo stesso possa essere graduato nel provvedimento in relazione alla tipologia di opere da realizzare etc…; è inoltre prevista la possibilità del soggetto interessato di presentare un’istanza documentata di proroga nel termine indicato e in tal caso, nelle more della decisione dell’istanza di proroga, la VIA scaduta continua ad essere efficace fino all’adozione delle determinazioni in merito all’istanza stessa. Tale facoltà non è stata utilizzata dall’appellante né il termine di cinque anni apposto dall’amministrazione al parere di VIA è stato tempestivamente contestato in sede giurisdizionale.
25. Pertanto, la previsione di un termine di efficacia della VIA appare non solo non contrastare con alcuna disposizione eurounitaria, ma, al contrario di quanto sostenuto dalla parte appellante, appare essere coerente con le previsioni della Direttiva 2010/75/CE (applicabile alle discariche ai sensi dell’All. I) e delle successive menzionate in relazione all’attenzione riservata dal Legislatore eurounitario sia all’adeguamento dei progetti e delle autorizzazioni (anche con la previsione di un eventuale riesame alla luce dell’evoluzione tecnologica) alle “migliori tecniche disponibili” – necessariamente mutevoli nel tempo – sia in relazione all’evoluzione dei progetti.
25.1. In particolare, su quest’ultimo profilo la Commissione europea si è espressa con la Comunicazione C 486/1 in GUE 3, 12, 2021 ad oggetto “Comunicazione della Commissione sull’applicazione della direttiva concernente la valutazione dell’impatto ambientale (direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2014/52/UE) alle modifiche e all’estensione dei progetti di cui all’allegato 1, punto 24 e all’allegato II, punto 13, lettera a), inclusi i principali concetti e principii a essi correlati”.
In tale documento di orientamento, la Commissione, alla luce della più recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), ha fornito chiarimenti alle autorità competenti e ai portatori di interessi sull’applicazione della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 con particolare riguardo al punto 24 dell’allegato I e il punto 13, lettera a), dell’allegato II, in materia di estensione di modifiche e di estensione di progetti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva VIA.
In particolare, la Comunicazione, sulla base della giurisprudenza della Corte di Gisutizia (causa C-275/09, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e altri, C-121/11, Pro-Braine e altri), fissa i seguenti punti:
a) la direttiva VIA stabilisce obblighi procedurali relativi ai progetti pubblici e privati che rientrano nel suo ambito di applicazione e che possono avere un impatto ambientale significativo. Per tali progetti deve essere prevista un’autorizzazione, il cui rilascio è preceduto da una valutazione dell’impatto ambientale;
b) l’esistenza di lavori o interventi fisici costituisce un prerequisito affinché un’attività si qualifichi come «progetto» ai sensi della direttiva VIA;
c) ai fini dell’applicazione della direttiva VIA, le modifiche o le estensioni dei progetti esistenti presuppongono lavori o interventi di modifica della realtà fisica dei progetti originari;
d) la direttiva VIA non prevede una procedura unica di autorizzazione in tutti gli Stati membri e, in conformità del suo articolo 2, paragrafo 2, la VIA «può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per rispettare gli obiettivi della presente direttiva»;
25.2. Nel caso in esame, il progetto sottoposto a VIA prevedeva l’ampliamento della discarica esistente a partire dalla quota di +20 m s.l.m, a quel momento autorizzata, fino alla quota +98 m s.m.l..
Il progetto era articolato nelle seguenti tre fasi:
- fase 1 fino a quota +43 m s.l.m. e per un quantitativo stimabile in 750.000 m3;
- fase 2 fino a quota +68 m s.l.m. e per un quantitativo stimabile in 750.000 m3;
- fase 3 fino alla quota di +98 m s.m.l. e per un quantitativo stimabile in 320.000 m3.
Le autorizzazioni integrate Ambientali (AIA) adottate con determinazioni dirigenziali n. 1441 del 26/03/2012 della Provincia di Lucca e n. 880 del 24/03/2012 della Provincia di Massa Carrara hanno autorizzato solo la realizzazione della fase 1 e quindi il raggiungimento della quota + 43 m s.l.m., come si desume dal loro chiaro tenore testuale.
All’approssimarsi della scadenza delle menzionate AIA, l’appellante ha presentato alla Regione istanza per il rinnovo di tali autorizzazioni e per il rilascio della nuova autorizzazione necessaria a realizzare e gestire le fasi 2 e 3.
25.3. Il progetto sottoposto a VIA che comprendeva anche le fasi 2 e 3 non è stato compiutamente realizzato nel termine della VIA e pertanto, proprio secondo le indicazioni eurounitarie richiamate, alla luce degli importanti lavori da eseguirsi di modifica del contesto dell’ambiente della discarica, la valutazione di impatto ambientale deve essere rinnovata.
25.4. Conseguentemente ed anche alla luce dei principi eurounitari autorevolmente espressi nella citata “Comunicazione”, alla luce della giurisprudenza della CGUE, il conferimento dei rifiuti non coincide con la realizzazione del progetto di discarica sicché essendo la VIA scaduta (e non essendo stata prorogata) i lotti successivi dovranno essere nuovamente autorizzati previa valutazione di impatto ambientale da svolgersi secondo le migliori tecnologia disponibili, richiamate dalle Direttive susseguitesi nel tempo e sopra indicate.
25.5. Tale interpretazione delle disposizioni eurounitarie alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e della menzionata “Comunicazione” della Commissione è altresì quella che appare più conforme al “principio di precauzione” che costituisce uno dei capisaldi della politica ambientale dell’Unione europea ed è menzionato nell’art. 191, paragrafo 2, del TFUE (ex art. 174 TrCE), insieme a quelli del “chi inquina paga”, dell’azione preventiva e della correzione alla fonte dei danni recati all’ambiente (2^ considerando della dir. 97/11/Ce del 3 marzo 1997 e della dir. 2011/92/UE del 1° dicembre 2011), oltre che dell’art. 9 secondo periodo della Costituzione, ove è prevista la tutela da parte dello Stato, nelle sue diverse articolazioni, “dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.
Il principio di matrice euro unitaria, è stato concepito per offrire una risposta al problema della gestione dei rischi per l’ambiente e per la salute delle persone quando neppure la più seria istruttoria scientifica sia in grado di fornire delle certezze riguardo ai pericoli, agli oneri e agli effetti collaterali connessi ad una determinata attività. La finalità del principio è dunque quella di assicurare, in modo trasversale, la tutela di beni e di interessi primari, e tra questi certamente rientrano la tutela della salute umana e dell’ambiente, quando essi siano minacciati non solamente da pericoli concreti, ma anche da rischi difficilmente ponderabili.
25.6. Nel caso in esame, le disposizioni legislative interne, oggetto di richiesta di rinvio pregiudiziale, appaiono chiare nell’avere dato attuazione al richiamato “principio di precauzione” che trova la sua origine sia nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sia nelle Direttive europee 85/337/CE, 2011/92/UE e 2014/52/UE.
25.7. Incidentalmente si rileva che la corretta declinazione del principio sopra indicato da parte delle disposizioni interne, della cui conformità eurounitaria dubita l’appellante, è invero confermata anche in punto di fatto dal documento all. 2 depositato il 18 ottobre 2024 dal Comune di Pietrasanta in relazione agli accertamenti effettuati dall’Arpat su fenomeni di cedimento strutturale della discarica con fuoriuscita di percolato.
26. Si rileva peraltro l’inconferenza della sentenza della CGUE del 2 giugno 2022 in causa C-43/21, citata dalla appellante, poiché la stessa ha ad oggetto la diversa questione del mero prolungamento del periodo di messa in discarica dei rifiuti, senza la modifica sostanziale delle dimensioni massime assentite o della capacità totale.
27. Conseguentemente, il Collegio perviene alla conclusione che non ricorrano i presupposti per accogliere la domanda di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, alla luce delle suesposte motivazioni.
28. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto e la domanda di rinvio pregiudiziale deve essere dichiarata inammissibile.
29. Sussistono le eccezionali condizioni, date dalla obiettiva complessità della controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente FF
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere, Estensore
Rosario Carrano, Consigliere