TAR Piemonte Sez. I n. 2294 del 3 maggio 2010
Ambiente in genere. Principio di precauzione

In mancanza di una positiva definizione del principio di precauzione, si concorda nel ritenere che esso costituisca una politica di gestione del rischio la quale deve orientare l’adozione di scelte adeguate in materia ambientale, nei casi in cui le conoscenze scientifiche non escludono il carattere dannoso di una determinata attività. L’applicazione del principio comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche. E’ evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali.

 

 

N. 02294/2010 REG.SEN.
N. 01296/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 1296 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Occelli di Occelli Geom. Giovanni & C. s.n.c., in persona dei soci amministratori/legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Riccardo Montanaro e Angiola Peyrano Pedussia, con domicilio eletto presso lo studio legale Montanaro e associati in Torino, via del Carmine, 2;


contro


Provincia di Cuneo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Michela Rossi e Alessandro Sciolla, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Sciolla in Torino, corso Montevecchio, 68;
Comune di San Michele Mondovì, non costituito in giudizio;
Comune di Piozzo, non costituito in giudizio;
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale - A.R.P.A. Piemonte, non costituita in giudizio;

nei confronti di

C.M.S. di Formento P., Filippi G. & C. s.a.s., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- della nota della Provincia di Cuneo, Area Funzionale del Territorio, Settore Tutela Ambiente - Ufficio 14 in data 26 ottobre 2009, prot. n. 56783, pervenuta alla ricorrente in data 4 novembre 2009;

- di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente ed in particolare della nota della Provincia di Cuneo, Area funzionale del Territorio, Settore Tutela Ambiente - Ufficio 14 in data 11 marzo 2009 prot. n. 14098, nonché della nota del medesimo Ufficio in data 21 settembre 2009 prot. n. 49468.


Visto il ricorso e i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Cuneo;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2010 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


La ricorrente, attiva nel settore dell’edilizia, presentava alla Provincia di Cuneo, in data 15 gennaio 2008, la comunicazione di inizio attività prevista dall’art. 216, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per l’esercizio delle operazioni di ricupero di rifiuti speciali non pericolosi, da riutilizzarsi nella realizzazione di rilevati e sottofondi stradali.

Il procedimento si concludeva con l’iscrizione dell’odierna ricorrente nell’apposito registro previsto dal terzo comma del citato art. 216, comunicata dalla Provincia con nota del 1° aprile 2008, nella quale erano elencate le tipologie di rifiuti che avrebbero potuto essere ricuperate e riutilizzate.

Con tale nota, si chiedeva anche di comunicare preventivamente alla Provincia e all’A.R.P.A., con un preavviso di trenta giorni, i singoli interventi di formazione di rilevati e/o sottofondi stradali, con l’indicazione della loro ubicazione, dei metri cubi e dell’assenso del proprietario del terreno.

In conformità a detta prescrizione, la Ditta Occelli presentava alla Provincia di Cuneo, in data 18 febbraio 2009, una comunicazione inerente un intervento di formazione di rilevati e sottofondi stradali da realizzarsi nel territorio del Comune di San Michele Mondovì.

Con nota del 26 ottobre 2009, pervenuta all’interessata il successivo 4 novembre, la Provincia di Cuneo rilasciava il nulla osta per l’esecuzione dell’intervento di cui sopra, espressamente subordinato alla condizione che “vengano utilizzate esclusivamente scorie di acciaieria conformi alle caratteristiche richiamate dal punto 4.4.2 dell’Allegato 1, Suballegato 1 del D.M. 5.2.1998 e s.m.i. ed alla Tabella 1, Col. B, dell’Allegato 5 della Parte IV, del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.”.

Con ricorso giurisdizionale ritualmente e tempestivamente notificato, la Ditta Occelli contesta la legittimità di quest’ultima prescrizione e insta per il suo annullamento, deducendo i seguenti motivi di gravame:

I) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 214 e 216, d.lgs. 152/2006 e s.m.i.; D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i.; D.Lgs. 152/2006, Parte IV, Allegato 5, Tabella 1, colonna B). Eccesso di potere per difetto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Travisamento dei fatti. Illogicità e ingiustizia manifesta.

La Provincia di Cuneo non potrebbe subordinare l’attività della ricorrente al rispetto dei limiti previsti dalla citata tabella 1, poiché detti limiti riguardano gli interventi di ricupero ambientale e non trovano applicazione nel settore del ricupero dei rifiuti, tuttora disciplinato esaustivamente dal d.M. ambiente 5 febbraio 1998.

II) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 214 e 216, d.lgs. 152/2006 e s.m.i.; D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Travisamento dei fatti. Illogicità e ingiustizia manifesta.

Essendosi la procedura semplificata ex artt. 214 e 216 del d.lgs. n. 152/2006 già conclusa con l’iscrizione della ricorrente nel registro delle imprese abilitate alle operazioni di ricupero di rifiuti, la Provincia non potrebbe avviare un nuovo procedimento per lo specifico intervento di formazione di rilevati e sottofondi stradali.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Cuneo, eccependo l’inammissibilità del ricorso per tardività e, comunque, contrastandone la fondatezza nel merito.

Con ricorso per motivi aggiunti ritualmente notificato, l’interessata deduce, con riferimento al parere dell’A.R.P.A. del 29 luglio 2008, versato agli atti del giudizio dalla difesa provinciale, le seguenti censure:

III) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 186, 214 e 216, D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.; D.Lgs. 152/2006, Parte IV, Allegato 5, Tabella 1, colonna B); artt. 3 e 5, lettera d bis), del D.M. 5 febbraio 1998, come modificato dal D.M. 5 aprile 2006, n. 186; punto 4.4, allegato 1, del D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i. Violazione del principio di legalità e tassatività. Eccesso di potere per difetto ed errore dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Illogicità e ingiustizia manifesta.

La produzione in atti della citata nota A.R.P.A. costituirebbe un tentativo di integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato e, in ogni caso, il parere stesso si fonda su presupposti errati.

In prossimità della pubblica udienza, le parti costituite hanno depositato memorie difensive.

Chiamato all’udienza del 25 marzo 2010, infine, il ricorso è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO


1) Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la Occelli s.n.c. ha impugnato la lettera/provvedimento del 26 ottobre 2009, con cui la Provincia di Cuneo ha rilasciato il nulla osta per l’esecuzione di interventi di formazione di rilevati e sottofondi stradali nel territorio del Comune di San Michele Mondovì.

Detto provvedimento risulta lesivo degli interessi della ricorrente nella parte in cui subordina le operazioni alla condizione che le scorie di acciaieria riutilizzate siano conformi alle caratteristiche definite sia dal d.M. ambiente 5 febbraio 1998 sia dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Parte IV, allegato 5, tabella 1, colonna B).

2) In via preliminare, l’Amministrazione resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto il rispetto dei limiti di cui alla citata tabella 1 era già stato chiesto dalla Provincia con note del 11 marzo 2009 e del 21 settembre 2009: tali atti possedevano, ad avviso dell’eccepiente, autonoma capacità lesiva ed avrebbero dovuto essere tempestivamente impugnati; la Ditta Occelli, inoltre, avrebbe posto in essere un comportamento acquiescente, attraverso l’esecuzione delle certificazioni analitiche che erano state richieste dalla Provincia per accertare il rispetto dei limiti in parola.

L’eccezione non ha pregio, poiché le menzionate note provinciali costituivano semplici richieste di integrazione documentale, prive di carattere provvedimentale e di efficacia direttamente lesiva della posizione dell’odierna ricorrente; la semplice effettuazione dei controlli richiesti e la trasmissione delle relative risultanze alla Provincia, inoltre, non può in alcun modo costituire comportamento acquiescente, potendosi ritenere integrata quest’ultima condizione nel solo caso in cui la condotta dell’interessato riveli la chiara volontà di accettare gli effetti di un provvedimento già adottato.

3) Può procedersi, pertanto, al vaglio dei motivi di ricorso dedotti con l’atto introduttivo del giudizio, essenzialmente tesi a contestare l’applicabilità nella fattispecie dei parametri previsti dalla tabella 1, colonna B, dell’allegato 5, Parte IV del d.lgs. n. 152/2006.

La deducente sostiene, infatti, che i limiti ivi fissati non sarebbero conferenti al tipo di intervento che essa intende intraprendere, riguardando detti limiti la disciplina ambientale in materia di discariche e non il ricupero di rifiuti, attività a tutt’oggi integralmente disciplinata dal d.M. ambiente 5 febbraio 1998 che prevede parametri meno stringenti rispetto alla fonte legislativa.

La difesa provinciale ritiene, invece, che il proprio operato debba essenzialmente giustificarsi con riferimento al principio di precauzione, che governa l’intera materia ambientale, in forza del quale non potrebbe consentirsi la formazione di rilevati e sottofondi stradali mediante l’utilizzo di rifiuti che, per le loro caratteristiche, non potrebbero neppure trovare ingresso in discarica.

In termini ancor più schematici, la questione giuridica sottoposta al Collegio riguarda la legittima possibilità di fare applicazione analogica o estensiva delle norme ambientali che fissano limiti per determinate attività onde apprestare, in relazione ad altre attività considerate pericolose e in conformità al principio comunitario di precauzione, livelli di tutela ambientale più elevati di quelli previsti dalle norme direttamente riferibili alla fattispecie.

Tale quesito deve ricevere una risposta negativa, cui consegue la diagnosi di illegittimità del provvedimento impugnato, non potendo invocarsi il principio di precauzione a supporto di scelte che, pur animate dal lodevole intento di apprestare un più elevato livello di tutela ambientale, risultano svincolate dai parametri fissati, in modo puntuale e preciso, dalle vigenti disposizioni normative di grado legislativo o regolamentare.

Si richiede una precisazione.

Il principio di precauzione in materia ambientale è stato introdotto dall’art. 174 del Trattato dell’Unione europea e, nell’ordinamento interno, è sancito dall’art. 3 ter del l.lgs. n. 152/2006, introdotto dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4: “La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”.

In mancanza di una positiva definizione del principio di precauzione, si concorda nel ritenere che esso costituisca una politica di gestione del rischio la quale deve orientare l’adozione di scelte adeguate in materia ambientale, nei casi in cui le conoscenze scientifiche non escludono il carattere dannoso di una determinata attività.

L’applicazione del principio comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche.

E’ evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali.

Tale precisazione, del resto, si allinea al disposto dell’art. 3 bis, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, secondo il quale i principi previsti dalla Parte prima del decreto medesimo, tra i quali il principio di precauzione, “costituiscono regole generali della materia ambientale nell'adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente”.

Ne consegue che il principio di precauzione non può essere invocato, viceversa, laddove il livello di rischio connesso a determinate attività sia stato, come nel caso in esame, puntualmente definito dai decisori centrali sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, attraverso la puntuale indicazione di limiti e di prove (“test di cessione”) cui devono conformarsi le successive determinazioni delle autorità locali.

Su tali considerazioni si fonda la diagnosi di illegittimità del provvedimento impugnato con cui, come si è avuto modo di riferire, l’intimata amministrazione pretende di ricondurre l’attività della ricorrente all’osservanza di limiti che la vigente normativa riferisce a differenti tipologie di intervento.

4) Può darsi luogo all’assorbimento del secondo motivo di ricorso, posto che il suo eventuale accoglimento non sarebbe suscettibile di comportare utilità ulteriori per la parte ricorrente.

5) Quanto al ricorso per motivi aggiunti, esso soggiace a declaratoria di inammissibilità, poiché le censure ivi dedotte investono un atto endoprocedimentale (il parere A.R.P.A. del 29 luglio 2008) che non è stato richiamato dal provvedimento impugnato e non risulta neppure coinvolto formalmente nell’impugnazione.

6) Si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente le spese del grado di giudizio fra le parti costituite.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. I, definitivamente pronunciando:

- accoglie il ricorso principale e, per l’effetto, annulla in parte qua il provvedimento impugnato;

- dichiara inammissibile il ricorso per motivi aggiunti;

- compensa integralmente le spese di lite fra le parti costituite;

- ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2010 con l'intervento dei magistrati:

Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario, Estensore
Alfonso Graziano, Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/05/2010