Nuova pagina 1

Cass. Sez. III n. 15946 del 10 maggio 2006
Pres. Lupo Est. Petti Ric. Turco
Beni ambientali. Condono paesaggistico

Qualsiasi intervento realizzato entro il 30 settembre 2004 nelle zone vincolate è suscettibile di sanatoria alle condizioni previste dalla legge. La sanatoria è limitata alle violazioni dell'articolo 181 D.Lv. 42-2004 e e dell'arti. 734 c.p. Non è prevista la sospensione del procedimento.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 05/04/2006
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 542
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 27013/2005
ha pronunciato la seguente:

 

 

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di TURCO Norma Maria Teresa, nata al Cairo il 31 dicembre del 1945;
avverso la sentenza della Corte d'Appello di Lecce del 1 aprile del 2005;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott. Luigi Ciampoli, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. SOLDINI Patrizia che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
Osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 1 aprile del 2005, la corte d'appello di Lecce, in parziale riforma di quella pronunciata dal tribunale della medesima città, sezione di Casarano, assolveva Perego Attilio dai reati ascrittigli per non averli commessi e confermava la condanna ad anni uno di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa inflitta a Turco Norma Maria Teresa, quale responsabile di una duplice violazione della L. n. 47 del 1985, articolo 20, lettera c) nonché dei reati di cui all'articolo 349 c.p. e del D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163, per avere realizzato in zona agricola sottoposta a vincolo paesaggistico un manufatto di circa 146 mq costituito da un piano terra, un primo ed un secondo piano, senza la concessione edilizia, senza l'autorizzazione paesaggistica e per avere proseguito i lavori nonostante l'apposizione dei sigilli conseguenti all'adozione del provvedimento di sequestro. Fatti commessi fino al 9 aprile del 2001. La corte distrettuale respingeva l'istanza di sospensione del processo per la presentazione della domanda di condono trattandosi di opera non condonabile, sia in base alla L. n. 326 del 2003, sia in base alla L. n. 308 del 2004, articolo unico, comma 37. Ricorre per Cassazione l'imputata sulla base di un unico articolato motivo.
IN DIRITTO
Con l'unico articolato motivo la ricorrente, dopo avere premesso che aveva presentato, sia la domanda di condono in base alla L. n. 326 del 2003, sia quella diretta ad ottenere la compatibilità paesaggistica in base alla L. n. 308 del 2004, articolo unico, comma 37, chiede la sospensione del processo nell'attesa che l'autorità amministrativa si pronunci sulla compatibilità paesaggistica. Sostiene che il legislatore con il comma 37, dell'articolo unico della legge dianzi citata ha allargato l'area degli interventi condonabili alle condizioni previste dalla norma e cioè che trattasi di opera ultimata entro il 30 settembre del 2004; che siano pagate le sanzioni pecuniarie previste e che l'intervento non sia in contrasto con i piani paesaggistici.
Il ricorso è infondato anche se la motivazione della corte leccese va in parte modificata.
Giova premettere che al momento dell'accertamento del 21 luglio del 2001 i lavori non erano ancora ultimati e che l'immobile, della superficie di circa 146 mq, è costituito da un piano terra,da un primo e da un secondo piano. Si tratta quindi di abuso di rilevante entità non suscettibile di sanatoria a norma del D.L. n. 269 del 2003, articolo 32 convertito nella L. n. 326 del 2003 perché realizzato in zona soggetta a vincolo paesaggistico. Invero nelle aree sottoposte a vincoli imposti da leggi statali e regionali la norma anzidetta ammette la possibilità di ottenere la sanatoria soltanto per gli interventi edilizi di minore rilevanza ossia per quelli corrispondenti alle tipologie di abuso di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato n. 1: restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (art. 32, comma 27 legge dianzi citata).
Allo stato il reato non si è ancora prescritto avuto riguardo al periodo durante il quale il dibattimento è rimasto sospeso per impedimento dell'imputato o del suo difensore dal 30 settembre del 2003 fino al 5 maggio del 2004 per mesi sette e gg. 5 secondo l'orientamento espresso dalle Sezioni unite di questa corte con la sentenza 1021 del 2002, Cremonese.
Ciò premesso, si rileva che legittimamente la corte leccese ha rigettato l'istanza di sospensione del processo avanzata dal prevenuto per la presentazione della domanda di compatibilità paesaggistica anche se, come accennato all'inizio, la motivazione deve essere parzialmente rettificata.
Invero, il comma 37 dell'articolo unico della legge citata, avente efficacia immediata, introduce un'ipotesi di estinzione di qualsiasi illecito penale in materia paesaggistica e,quindi, in primo luogo di quello di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, articolo 181 per i lavori compiuti su beni vincolati entro e non oltre il 30 settembre del 2004, senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa; a condizione che intervenga ex post l'accertamento di compatibilità paesaggistica rispetto ai valori sottoposti a tutela. La norma parla genericamente di "lavori compiuti su beni paesaggistici" senza escludere espressamente alcuna tipologia edificatoria. Siffatta generica dizione ha indotto qualche commentatore della legge ad interpretare restrittivamente la norma ed a circoscrivere l'abuso sanabile a quelli di minore entità giacché un'interpretazione letterale estesa a qualsiasi abuso porrebbe problemi di incostituzionalità per la violazione dell'articolo 9 Cost. che tutela il paesaggio. A tale interpretazione si è adeguata la corte salentina. In realtà la mancata previsione di limiti all'intervento ha una sua coerenza ed una sua logica e si spiega con la natura eccezionale dell'intervento stesso. Invero il legislatore, dopo avere introdotto con la legge in esame per le zone vincolate una sanatoria a regime limitata agli abusi minori,ha voluto consentire in via eccezionale una sanatoria ad amplissimo raggio, posto che quella limitata era stata già prevista a regime e, d'altra parte, la stessa L. n. 326 del 2003 già in vigore consentiva nelle zone vincolate la sanatoria degli abusi minori commessi fino a tutto il mese di marzo del 2003. Pertanto una sanatoria limitata ad interventi minori non avrebbe avuto senso giacché tale sanatoria era già prevista in via generale con le modificazioni apportate all'articolo 181 del codice Urbani per mezzo della L. n. 308 del 2004, articolo unico, comma 36. Quindi qualsiasi intervento realizzato entro il 30 settembre del 2004 nelle zone vincolate è suscettibile di sanatoria alle condizioni previste dalla legge ossia: a)che le tipologie edilizie realizzate ed i materiali utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'autorizzazione, debbano rientrare tra quelli previsti ed assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico, b) che i trasgressori abbiano previamente pagato la sanzione pecuniaria di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, articolo 167 maggiorata da un terzo alla metà. Nel rispetto delle anzidette condizioni qualsiasi intervento si deve considerare sanabile. Tuttavia si deve rilevare che tale sanatoria per espressa disposizione della norma è limitata al reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, articolo 181 e comunque ai reati paesaggistici come ad esempio a quello previsto dall'articolo 734 del codice penale, ma non si estende al reato edilizio per la mancanza di norme di coordinamento. Invero, mentre la L. n. 326 del 2003, articolo 32, comma 43, n. 1 ha espressamente previsto che "il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo", quella sul condono paesaggistico non contiene alcuna previsione del genere. In mancanza di esplicita norma di coordinamento non è possibile estendere la sanatoria anche al reato edilizio, specialmente se commesso dopo il 31 marzo del 2003 e prima del 30 settembre del 2004, giacché il condono edilizio e quello paesaggistico si fondano su presupposti diversi quanto ai paramenti di valutazione della compatibilità dell'opera. Invero, per la condonabilità dell'abuso edilizio, è richiesta la conformità agli strumenti urbanistici vigenti; per quella dell'abuso paesaggistico la conformità agli strumenti di pianificazione paesaggistica ove vigenti,o,altrimenti al cosiddetto "contesto paesaggistico". Un'opera può essere conforme ai piani paesaggistici ma non agli strumenti urbanistici e viceversa, giacché l'interesse paesaggistico è diverso da quello urbanistico, anche se si sta imponendo la tendenza a fare coincidere i due interessi (cfr. ad esempio l'articolo 145 del codice Urbani)
La giurisprudenza analizzando il rapporto tra urbanistica e paesaggio, ha distinto le due materie tenuto conto del diverso interesse pubblico tutelato: l'urbanistica ha infatti come scopo il raggiungimento di un ordinato assetto del territorio, il paesaggio tende invece alla conservazione della funzione estetico culturale del bene-valore, tra, l'altro direttamente ed autonomamente tutelato dalla Costituzione (Cfr. Cons. Stato sez. 6^, 14 gennaio 1995 n. 29, Cass. Sez. 3^, 9 febbraio 1998 n 1492). Quindi, quand'anche la prevenuta dovesse ottenere la compatibilità paesaggistica per l'abuso paesaggistico commesso, non potrebbe evitare la condanna per l'abuso edilizio e la conseguente demolizione del manufatto illecitamente realizzato.
Allo stato però la prevenuta non ha chiesto la declaratoria di estinzione del reato non avendo ancora ottenuto l'attestazione di compatibilità paesaggistica, ma si è limitata ad avanzare istanza di sospensione del processo nell'attesa che l'autorità amministrativa si pronunci sulla compatibilità paesaggistica. Siffatta istanza non può essere accolta giacche nulla dispone in proposito la L. n. 308 del 2004. In una situazione del genere, mancando un'espressa previsione legislativa analoga a quella di cui alla L. n. 47 del 1985, articolo 38, richiamato dalla L. n. 326 del 2003, questa corte non può sospendere sine die il processo con il conseguente rischio di prescrizione giacché, non essendo prevista la sospensione del processo, non può considerarsi sospeso neppure il termine prescrizionale. Questa stessa sezione, nel silenzio della legge, si è già pronunciata per la non sospendibilità del processo (Cass 33297 del 2005). D'altra parte non si può fare ricorso all'articolo 479 c.p.p. perché tale norma presuppone l'esistenza di una controversia in atto da definire con sentenza mentre alla stato non esiste alcuna controversia, la quale potrebbe sorgere ove la parte dovesse impugnare un eventuale provvedimento di rigetto. La mancanza di coordinamento tra la L. n. 326 del 2003 e la L. n. 308 del 2004 può essere risolta solo dal legislatore con un intervento correttivo.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 616 c.p.p..
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2006