Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 367, del 27 gennaio 2015
Beni Ambientali.E’ possibile che il vincolo paesaggistico sia imposto per la prima volta in ambito regionale

E’ ben possibile che il vincolo paesaggistico sia imposto per la prima volta in ambito regionale, e che lo stesso, oltre che confermare e localizzare graficamente, nella pianificazione paesaggistica, il vincolo archeologico già scaturente dalla legge, finisca per ampliare l’area di tutela paesaggistica rispetto a quella “meramente” archeologica coincidente con la giacenza dei singoli rinvenimenti, esaminate ovviamente le risultanze istruttorie ed i pareri forniti dalla Sovrintendenza per i beni archeologici. Nel caso oggetto dell’odierno esame, il vincolo imposto è un vincolo di natura paesaggistica, come tale non necessitante di un previo e corrispondente provvedimento ministeriale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00367/2015REG.PROV.COLL.

N. 00180/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 180 del 2013, proposto da: 
Sagri S.r.l., in p.l.r.p.t. rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Ferrazza, Antonio Campagnola, con domicilio eletto presso Antonio Campagnola in Roma, Via Lutezia N. 8; 

contro

Comune di Fiumicino, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Alvise Vergerio Di Cesana, Giulia Adotti, con domicilio eletto presso Studio Legale Adotti in Roma, viale Bruno Buozzi N.68; 
Regione Lazio, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso per legge dall'avv. Stefania Ricci, domiciliata in Roma, Via Marcantonio Colonna N. 27; 
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, Soprintendenza Archeologica di Ostia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 04085/2012, resa tra le parti, concernente atti relativi all'adozione del nuovo P.R.G. del Comune di Fiumicino.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fiumicino, della Regione Lazio e del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2014 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Campagnola, Alessandro Dotti, in sostituzione dell'Avv. Giulia Adotti, Vergerio Di Cesana, Ricci e l'Avvocato dello Stato Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente, proprietaria di un compendio immobiliare nel comune di Fiumicino, ha impugnato tutti gli atti che hanno scandito l’approvazione del PRG di Fiumicino (del. GR n.162 del 31/03/2006, del. CC n. 67 del 28/11/2005 e tutti gli atti presupposti) ed in particolare le modifiche apportate d’ufficio dalla Regione nella parte in cui - diversamente da quanto previsto dal Piano adottato - le aree di proprietà sono state inserite in zona di interesse archeologico con edificabilità nulla o limitata.

Il TAR, dopo aver fatto istruttoria sugli aspetti archeologici dell’area ha respinto il ricorso.

Appella ora la Sagri srl: il TAR, nel richiamare, in funzione reiettiva, i contenuti della complessa istruttoria compiuta dalla Sovrintendenza, non avrebbe colto l’essenza delle censure, tese ad evidenziare l’imposizione di un vincolo archeologico per il tramite delle modifiche regionali al PRG senza l’osservanza del particolare procedimento previsto dal Codice dei beni culturali e paesaggistici. Secondo l’appellante, un conto sarebbe riportare nel PRG la delimitazione delle aree già dichiarate di interesse archeologico, altro ampliarle grazie ad un intervento ufficioso della Regione in sede di approvazione sulla base di un parere della Sovrintendenza.

In ogni caso, i contenuti dell’istruttoria non sarebbero tali da giustificare l’imposizione di un vincolo di immodificabilità totale esteso all’intera area.

Il giudice di prime cure avrebbe altresì errato nel ritenere sussistente l’assenso del Comune di Fiumicino alle modifiche apportate dalla Regione in sede di approvazione: l’assenso predetto, invece, sarebbe stato fornito solo nei limiti in cui il vincolo poteva ritenersi già legittimamente formato.

Non sarebbero stati affatto esaminati alcuni dei motivi di censura, ed in particolare: violazione dell’art. 10 della legge 1150/1942. Sulle modifiche d’ufficio il Comune avrebbe dovuto essere “sentito”. Nel caso di specie, invece, vi sarebbe stata, da parte della Regione, una mera comunicazione delle modifiche in via di introduzione.

L’originaria destinazione delle aree era “zona H3 – agricola di pregio”. Il Piano, per il tramite delle modifiche d’ufficio, avrebbe introdotto un vincolo ad effetto espropriativo, dal quale discenderebbe l’obbligo di indennizzo.

Il medesimo meccanismo di imposizione vincolistica non procedimentalizzata si sarebbe riproposto anche in relazione al profilo della tutela geologico vegetazionale.

Si sono costituiti il Comune di Fiumicino, la Regione ed il Ministero per i beni e le attività culturali. Il Comune di Fiumicino ha in particolare controdedotto su ciascuno dei motivi d’appello, evidenziandone argomentatamente l’infondatezza.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza dell’11 novembre 2014.

DIRITTO

L’appellante ribadisce, nelle sue memorie conclusive, che la questione centrale del giudizio concerne l’individuazione dei limiti di modifica del contenuto del PRG da parte della Regione in sede di approvazione della strumento urbanistico comunale, nonché la possibilità che il vincolo archeologico venga introdotto in sede di pianificazione attraverso il recepimento di un parere, anziché attraverso un autonomo procedimento a ciò dedicato. Ed è vero: quella indicata è questione che il giudice di prime cure non ha trattato compiutamente, limitandosi, pur con ampiezza di argomenti, a sottolineare la complessità ed esaustività dell’istruttoria in punto di valenza archeologica dell’area.

Il relativo motivo d’appello è tuttavia infondato per le considerazioni che seguono.

Occorre partire dalla seconda parte della questione. Il vincolo di cui si discute (zona di interesse archeologico) interessa, in via generale, una vasta area, in ragione dei diffusi rinvenimenti di natura archeologica. Le “zone di interesse archeologico” non coincidono, ovviamente, con la sommatoria dei singoli beni immobili rinvenuti e dichiarati di interesse archeologico, di cui all’art. 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio (come sembra intendere l’appellante), ma con la più ampia area individuata in funzione della conservazione del contesto di giacenza. Essa, in ragione della peculiare caratterizzazione, assume altresì, ex lege, valore paesaggistico (art. 142 comma 1 lett.m)

E’ noto il dibattito giurisprudenziale che ha contraddistinto i criteri di individuazione e perimetrazione di tali zone, anche a seguito dei mutamenti legislativi che hanno interessato l’art. 142 comma 1 lett. m) e l’art. 136 lett. c). In estrema sintesi può dirsi che in una prima fase si è ritenuto necessario un provvedimento amministrativo di carattere ricognitivo che desse certezza erga omnes della sussistenza della zona e del conseguente vincolo paesaggistico. Nella prassi tale provvedimento era emanato con decreto ministeriale.

Successivamente, anche sulla spinta delle modifiche legislative (art. 2 comma 1 lett o) del dlgs 63/2008) l’orientamento è mutato. Si è ritenuto, da un parte, che ove il vincolo archeologico sia stato previamente dichiarato e disposto - e quindi si sia dinanzi ad un bene culturale ex art. 10 d.lgs 142/2004 - l’area di giacenza diviene ex lege zona di interesse paesaggistico, senza bisogno di ulteriori provvedimenti ad effetto ricognitivo sul versante paesaggistico. Dall’altra si è riconosciuto che la “zona” possa essere perimetrata, e se del caso anche ampliata, in seno alla pianificazione paesaggistica o a quella urbanistica comunale, tutte le volte in cui, a seguito dell’acquisizione del pareri delle Sovrintendenze emergano aree di interesse archeologico più ampie di quelle coincidenti con quella di giacenza del bene culturale.

Ciò perché la legge disciplina, e quindi fa venire a giuridica esistenza, sia beni archeologici la cui tutela è imposta per finalità storico artistiche, sia beni paesaggistici di rilievo archeologico la cui tutela concerne la “bellezza” del territorio, ed in particolare ambiti di quest’ultimo che non si sovrappongono ai beni archeologici, per diversità dell’oggetto materiale oltre che delle dimensioni spaziali.

E’ dunque ben possibile che il vincolo paesaggistico sia imposto per la prima volta in ambito regionale, e che lo stesso, oltre che confermare e localizzare graficamente, nella pianificazione paesaggistica, il vincolo archeologico già scaturente dalla legge, finisca per ampliare l’area di tutela paesaggistica rispetto a quella “meramente” archeologica coincidente con la giacenza dei singoli rinvenimenti, esaminate ovviamente le risultanze istruttorie ed i pareri forniti dalla Sovrintendenza per i beni archeologici (sul punto cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 24 maggio 2013, n. 2851 secondo la quale è legittimo il provvedimento che dichiara una zona di interesse archeologico in base alla valutazione di questo duplice interesse, anche se non sia stata preceduta da un provvedimento di imposizione di uno specifico vincolo archeologico ai sensi della legge 1° giugno 1939 n. 1089”)

Anche nel caso oggetto dell’odierno esame, il vincolo imposto è un vincolo di natura paesaggistica, come tale non necessitante di un previo e corrispondente provvedimento ministeriale. Correttamente il Giudice di primo grado ha pertanto concentrato il suo esame sulla compiutezza dell’istruttoria.

Altra e diversa questione è se la Regione possa apportare modifiche, consistenti in ampliamenti “paesaggistici” del vincolo archeologico, in sede di approvazione del Piano regolatore.

Sul punto sovviene l’art. 10 della legge 1150/1942 il quale espressamente abilita la Regione ad apportare modifiche che siano riconosciute indispensabili per assicurare…………..c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici.

Del tutto correttamente quindi, la Regione, ricevuto il parere e la documentazione istruttoria dalla Sovrintendenza ha proceduto ad apportare le modiche di rilievo paesaggistico.

Quanto alle rimanenti censure si osserva che il Comune non ha proposto controdeduzioni alle modifiche apportate in proposito dalla Regione, né possono considerarsi tali le formule con le quali il Comune, nel recepire le modifiche regionale, ha dichiarato di voler ricondurre le previsioni del nuovo PRG “alla destinazione urbanistica compatibile con il grado di tutela imposto in forma compiuta in base a norme di legge”, poiché essa non esclude, ma anzi conferma, la volontà di accettare il contenuto vincolistico delle modifiche e gli effetti che per legge ne discendono.

Del pari infondata è la censura avente ad oggetto la mancata espressione da parte del Comune di un previo parere sulle proposte di modifiche. L’art. 10 comma 2 della legge 1150/1942, nella parte in cui prescrive che il Comune debba essere “sentito”, non può essere inteso quale obbligo del medesimo di esprimersi, quanto, piuttosto, come obbligo in capo alla Regione di provocarne la partecipazione. Cosa che, come riconosciuto dallo stesso appellante, è puntualmente avvenuta.

Per le rimanenti censure, ossia per quelle relative alla tutela geologico vegetazionale, è sufficiente richiamare quanto sin’ora detto.

In conclusione l’appello deve essere respinto.

Avuto riguardo alla peculiarità, complessità e novità delle questioni, le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/01/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)