Niente scorie a Scanzano Jonico...
Editoriale di Luca RAMACCI pubblicato sul Corriere della Sera - Corriere del Mezzogiorno il 29 dicembre 2003
La fermezza dei lucani alla fine ha portato al risultato sperato: niente scorie a Scanzano.
La vicenda lascia tuttavia l’amaro in bocca per come si è svolta. Rammentiamo le tappe.
Quando ancora il paese è sconvolto per la strage di Nassyria, il Consiglio dei ministri emana un decreto legge con il quale individua la città della Basilicata come sito ideale per lo stoccaggio delle scorie nucleari. La questione non era neppure all’ordine del giorno.
La decisione suscita non solo le legittime proteste degli abitanti, ma anche le perplessità di chi si chiede dove siano le ragioni di necessità ed urgenza che giustificano il ricorso al decreto legge.
Alla pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale, ci si accorge che queste ragioni vengono individuate nella situazione di “diffusa crisi internazionale” paventando, quindi, la possibilità di attacchi terroristici che potrebbero riguardare i siti dove attualmente sono collocate le scorie.
Ma la lettura del decreto legge nasconde altre sorprese, perché il suo contenuto sembra preludere ad una destinazione del sito individuato diversa da quella originariamente indicata.
Scanzano Jonico diventerebbe un deposito nazionale non solo delle scorie già esistenti, ma anche di quelle che verranno prodotte in futuro.
Non viene sprecata nemmeno una parola per spiegare, nero su bianco, per quali motivi la scelta è caduta sulla Basilicata, lasciando alle interviste ed alle dichiarazioni più o meno ufficiali l’ingrato compito di rispondere alle innumerevoli domande.
Si temporeggia e si cerca di calmare la cittadinanza che, fortunatamente, non si lascia infinocchiare, neppure da chi tenta di sfruttare la protesta per fini politici.
Dopo un breve braccio di ferro, si arriva alla notizia di oggi: abbiamo scherzato, se ne riparla tra diciotto mesi. Intanto cancelliamo il nome di Scanzano dal decreto. Poi si vedrà…
Forse il Governo è rimasto spiazzato dalla insolita coesione tra tutti gli esponenti politici locali nel partecipare alle manifestazioni di protesta, anche se sembra inverosimile che nessuno sapesse nulla di quanto stava per accadere. Forse, più semplicemente, abbiamo dato dimostrazione al mondo di come l’Italia sia veramente, per quanto riguarda l’ambiente (e non solo) la Terra dei Cachi.
Adesso si distribuirà qualche poltrona istituendo la solita commissione e si cercherà il modo per piazzare da qualche altra parte quello che la Basilicata ha rifiutato.
Ci riempiranno di chiacchiere, interviste, studi e tavole rotonde, ma come avverrà questo passaggio di mano in mano del classico cerino acceso non è dato sapere, né si capisce bene con quali criteri dovranno essere individuate le località candidate ad ospitare le prossime proteste.
Molto probabilmente le cose rimarranno come sono ora e, prima di trovare una collocazione ai rifiuti nucleari, passerà forse del tempo.
Anche questa soluzione, però, non soddisfa perché il lasciare disseminati sull’intero territorio i rifiuti nucleari esistenti non fornisce adeguate garanzie di sicurezza e lascia aperta la questione relativamente alle produzioni future.
Qualcuno dovrebbe finalmente rendersi conto che i cittadini, quando vogliono, sanno ragionare con la loro testa, che hanno diritto di essere informati e di partecipare alle decisioni, specie quando vengono fatte sulla loro pelle, che molti sono stufi delle leggi balneari, delle dichiarazioni a comando e dei tanti altri sotterfugi da bassa politica ai quali da decenni sono stati abituati.
Se il più delle volte lasciano fare, chiudendo un occhio, è per quieto vivere e non per stupidità.
Si dimostri che per l’eliminazione dei rifiuti nucleari si intende agire con serietà e disinteresse per le implicazioni politiche ed economiche, fornendo adeguate informazioni e garanzie di sicurezza e, forse, si eviteranno altre brutte figure.