TAR Campania (NA)Sez. I Ord. nn. 800 e 801 del 18.11.2010
Rifiuti Questioni di legittimità costituzionale

-dell’art. 135, co. 1, lett. e), dell’art. 16, co. 1, e dell’art. 15, co. 5, del codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, in materia di giurisdizione esclusiva con riferimento a “… le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti …”;
-dell'art. 16 del codice del processo amministrativo che prevede che “la competenza di cui agli articoli 13 e 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari” (co. 1) e “il difetto di competenza è rilevato, anche d'ufficio, con ordinanza che indica il giudice competente” (co. 2);
- dell'art. 15, co. 5, dello stesso codice che prevede che “quando è proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide su tale domanda e, se non ritiene di provvedere ai sensi dell'articolo 16, comma 2, richiede d'ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente”.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 5571 del 2010, proposto da:

 

Cesare Giulio Iemma, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Romano, domiciliato ex lege presso la Segreteria del T.A.R. Campania, sede di Napoli;

 

contro

Regione Campania, in persona del presidente della Giunta regionale p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Marzocchella, con quale elettivamente domicilia in Napoli, via S. Lucia,81; Provincia di Caserta, non costituita;

nei confronti di

Esogest Ambiente S.r.l., in persona dell’amministratore delegato sig. Luciano Sorbo, rappresentata e difesa dall'avv. prof. Lucio Iannotta, col quale elettivamente domicilia in Napoli, via Fedro 7;

per l'annullamento

a) del decreto dirigenziale della Regione Campania dell’Area Generale Coordinamento, A.G.C. 5 Ecologia, tutela dell’ambiente, disinquinamento protezione civile, Settore 2, Servizio 2, numero 781 del 09.07.2010; b) della nota prot. n. 21832 del 12.01.2010 del Settore T.A.P. di Caserta; c) del parere dell’A.G.C. Avvocatura espresso in data 28.04.2010, ptot. 368736; d) di tutti gli altri atti e provvedimenti connessi, preordinati e conseguenti.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e della Esogest Ambiente S.r.l.;

Data per letta nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2010 la relazione del dott. Francesco Guarracino e uditi i difensori delle parti come specificato nel verbale di udienza;

 

Premesso che:

- il ricorrente Iemma Cesare Giulio, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 781 del 9 luglio 2010 con cui la Regione Campania ha autorizzato la Esogest Ambiente s.r.l., con sede legale ed impianto in Pastorano (CE) alla strada Torre Lupara n. 1, all’esercizio dell’impianto di stoccaggio provvisorio (R13 – messa in riserva) di rifiuti speciali non pericolosi ivi allocato;

- a fondamento dell’impugnazione sono stati addotti profili di violazione di legge ed eccesso di potere, per l’asserita inesistenza della presupposta autorizzazione alla realizzazione dell’impianto (d.d. n. 211 del 28 giugno 2006), siccome in precedenza revocata e sostituita con altro provvedimento, poi annullato in sede giurisdizionale, nonché per inosservanza del procedimento di valutazione d’impatto ambientale e successiva conferenza di servizi;

- la controinteressata Esogest Ambiente s.r.l. ha preliminarmente eccepito la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, sul ricorso in questione;

Rilevato che:

- in base all’art. 135, co. 1, lett. e), in relazione all’art. 14, co. 1, del codice del processo amministrativo approvato con d. lgs. n. 104 del 2010, è devoluta alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie di cui all’art. 133, co. 1, lett. p), in materia di giurisdizione esclusiva con riferimento a “… le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti …”;

- l’art. 16 del codice del processo amministrativo prevede che “la competenza di cui agli articoli 13 e 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari” (co. 1) e “il difetto di competenza è rilevato, anche d'ufficio, con ordinanza che indica il giudice competente” (co. 2);

- l’art. 15, co. 5, dello stesso codice prevede che “quando è proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide su tale domanda e, se non ritiene di provvedere ai sensi dell'articolo 16, comma 2, richiede d'ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente”;

Ritenuto che:

- l’art. 132, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo risulta in contrasto con l’art. 76 cost. nella parte in cui sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai principî e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento; infatti l’art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l’introduzione di ulteriori ipotesi di competenza funzionale del Tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di “razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza funzionale” (co. 2, lett. e); né l’ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma può essere considerata come misura rispondente alla finalità di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo …” (co. 2, lett. a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, co. 1 e 2;

- l’art. 135, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo appare in conflitto con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della legge; infatti la deroga agli ordinari canoni di riparto tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondati sulla efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità emanante, non appare sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo e si risolve, perciò, in una manifesta violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite alla discrezionalità legislativa in materia di determinazione della competenza territoriale; infatti, il Giudice delle leggi, nel riconoscere al Legislatore ampia discrezionalità nell’operare il riparto di competenza fra gli organi giurisdizionali, ha nondimeno evidenziato l’esigenza di osservare il rispetto del principio di uguaglianza e, segnatamente, del canone di ragionevolezza (cfr. Corte cost., 22/4/1992, n. 189); tant’è che la disposizione in quella circostanza sottoposta allo scrutinio di costituzionalità venne dichiarata immune da vizi sotto questi profili in quanto era riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento giustificativo per la deroga agli ordinari criteri di determinazione della competenza; non costituisce giustificazione razionale della disciplina in esame una presunta esigenza di uniformità d’indirizzo giurisprudenziale in materia, in quanto nel sistema della giustizia amministrativa la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello; né peraltro sembra ipotizzabile una diversa qualità del T.a.r. del Lazio insediato nella Capitale, con la configurazione di una sorta di supremazia rispetto agli altri Tribunali amministrativi periferici portata da una proliferazione di materie che sono state progressivamente accentrate nel Tribunale romano, fino ad arrivare all’attuale art. 135 del codice del processo amministrativo; infatti un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra i Tribunali amministrativi che andrebbe ben oltre le questioni relative ai criteri di riparto delle competenze, finendo anche con l’incidere sull’assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, delineato nell’art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed ugualmente sottoposti al sindacato del Consiglio di Stato, come giudice di appello;

- l’assenza di un adeguato fondamento giustificativo della nuova competenza funzionale attribuita al T.a.r. del Lazio, slegata da un razionale criterio di collegamento col giudice designato, induce a dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 135, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo anche per contrasto con il principio del giudice naturale posto dall’art. 25, co. 1, Cost.; anche se i lavori preparatori della Costituzione non chiariscono il significato che si intese attribuire all’uso del termine “naturale” accanto a quello “precostituito” nell’art. 25, co. 1, Cost. nel definire la garanzia della certezza e dell’obiettività del giudice, sembra nondimeno che l’introduzione della formula attuale (“giudice naturale precostituito”), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell’Assemblea costituente avevano abbandonato il termine “naturale” in favore del termine “precostituito”, deponga a favore delle tesi che negano l’identificazione tra i due termini; pertanto la formula “giudice naturale precostituito” non rappresenterebbe un’endiadi, ma implicherebbe la necessità che la precostituzione del giudice ad opera del Legislatore avvenga nel rispetto di un principio di naturalità, nel senso di razionale maggior idoneità del giudice rispetto alla risoluzione di determinate controversie; nel caso della competenza territoriale, l’individuazione del giudice razionalmente più idoneo a decidere la controversia non sembra poter prescindere dalla considerazione (in positivo, come in negativo) dell’esistenza di un criterio di collegamento effettivo, ragionevole ed appropriato, tra la controversia stessa e l’organo giurisdizionale, che valga a tracciare i confini entro i quali possa poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalità del legislatore; ciò appare ancor più evidente allorché, come nella specie, si tratta di servizi aventi rilievo esclusivamente locale, con riferimento a interessi sostanziali pure di ambito strettamente locale, rientranti nella sfera giuridica di soggetti (parti ricorrenti e parti resistenti) che tutti normalmente gravitano nella stessa dimensione territoriale locale e che non hanno nessun aggancio con una circoscrizione territoriale extraregionale; l’allontanamento del giudice competente a conoscere della controversia, sradicando la causa dalla sua sede ordinaria e naturale, comporta un grave disagio per le parti processuali, non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall’efficacia ultraregionale dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del T.a.r. del Lazio; ciò incide, tra l’altro, anche sull’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore difficoltà ed i maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per esercitare l’azione o per resistere innanzi al T.a.r. del Lazio;

- l’art. 132, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo risulta infine in contrasto con l’art. 76 cost., nella parte in cui sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai principî e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento; sennonché l’art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l’introduzione di ulteriori ipotesi di competenza funzionale del Tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di “razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza funzionale” (co. 2, lett. e); né l’ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma può essere considerata come misura rispondente alla finalità di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo …” (co. 2, lett. a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, co. 1 e 2;

- l’art. 15, co. 5, e l’art. 16, co. 1, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull’istanza cautelare, sia pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia, risultano in contrasto con l’art. 24, co. 1, e con l’art. 111, co. 1, Cost.; infatti la tutela cautelare è garanzia essenziale e strumento necessario per l’effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l’oggetto del giudizio, evitando che il tempo necessario per la definizione della causa determini un pregiudizio grave e irreparabile per le pretese sostanziali della parte che ha ragione, per cui la tutela cautelare richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni; pertanto, la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale, risulta contrario ai principi costituzionali di effettività e di tempestività della tutela giurisdizionale e del giusto processo;

Considerato che le questioni di legittimità costituzionale, oltre che non manifestamente infondate, si palesano altresì rilevanti in quanto:

- la controversia in esame riguarda la materia dei rifiuti;

- le norme richiamate inibiscono la decisione dell’impugnativa e dell’istanza cautelare, imponendo la rilevazione d’ufficio dell’incompetenza territoriale;

Ritenuto pertanto di rimettere alla Corte costituzionale la soluzione dell’incidente di costituzionalità;

P.Q.M.

dichiara rilevanti per la decisione dell’impugnativa e dell’incidente cautelare proposti con il ricorso n. 5571/2010 e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, co. 1, lett. e), dell’art. 16, co. 1, e dell’art. 15, co. 5, del codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nei termini e per le ragioni esposti in motivazione, per contrasto con gli articoli 76, 3, 25, 24 e 111 della Costituzione; sospende il giudizio in corso; ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa Segreteria, alla Corte costituzionale.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Guida, Presidente

Fabio Donadono, Consigliere

Francesco Guarracino, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/11/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

N. 00800/2010 REG.ORD.COLL.

N. 05603/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 5603del 2010, proposto da:

 

Consorzio Unico delle Province di Napoli e Caserta, in persona del commissario liquidatore, rappresentato e difeso dall'avvocato Felice Laudadio, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via F. Caracciolo n. 15;

 

contro

Comune di Sparanise, in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dagli avvocato Francesco Miani, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via Toledo n. 116;

nei confronti di

Esogest Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Nacca, con domicilio eletto in Napoli, via Fedro n. 7, presso lo studio dell’avvocato Lucio Iannotta;

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio comunale n. 18 del 20 luglio 2010 con cui si provvede alla rescissione di ogni rapporto giuridico con il Consorzio ricorrente per asseriti gravi inadempimenti e scelta di indire nuova gara per la gestione del servizio; di ogni altro atto connesso.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sparanise;

Vista la domanda cautelare di sospensione degli effetti degli atti impugnati;

Visti tutti gli atti della causa;

Data per letta nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2010 la relazione del consigliere Paolo Corciulo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Premesso che:

- Il Consorzio Unico delle Province di Napoli e Caserta, titolare di convenzione avente ad oggetto tutto il ciclo integrato dei rifiuti, ha impugnato la deliberazione del Consiglio comunale di Sparanise n. 18 del 20 luglio 2010 con cui il predetto ente locale ha rescisso ogni rapporto giuridico con il Consorzio ricorrente per asseriti gravi inadempimenti nell’espletamento delle attività di raccolta e spazzamento, scegliendo di indire una gara per l’individuazione di un nuovo gestore e nelle more disponendo di procedere all’affidamento a terzi in via di urgenza;

- a fondamento dell’impugnazione sono stati dedotti profili di violazione di legge, stante la natura obbligatoria del Consorzio ricorrente ai sensi dell’art. 16 della legge Regione Campania n. 4 del 2007, oltre a profili di eccesso di potere per irrazionalità della scelta, in ragione dell’abbandono della dimensione consortile in favore di quella più limitata di ambito comunale; infine, è stata contestata la legittimità di un affidamento a terzi del servizio in assenza di un procedimento ad evidenza pubblica;

Rilevato che:

- in base all’art. 135, co. 1, lett. e), in relazione all’art. 14, co. 1, del codice del processo amministrativo approvato con d. lgs. n. 104 del 2010, è devoluta alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie di cui all’art. 133, co. 1, lett. p), in materia di giurisdizione esclusiva con riferimento a “… le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti …”;

- l’art. 16 del codice del processo amministrativo prevede che “la competenza di cui agli articoli 13 e 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari” (co. 1) e “il difetto di competenza è rilevato, anche d'ufficio, con ordinanza che indica il giudice competente” (co. 2);

- l’art. 15, co. 5, dello stesso codice prevede che “quando è proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide su tale domanda e, se non ritiene di provvedere ai sensi dell'articolo 16, comma 2, richiede d'ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente”;

Ritenuto che:

- l’art. 132, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo risulta in contrasto con l’art. 76 cost. nella parte in cui sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai principî e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento; infatti l’art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l’introduzione di ulteriori ipotesi di competenza funzionale del Tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di “razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza funzionale” (co. 2, lett. e); né l’ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma può essere considerata come misura rispondente alla finalità di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo …” (co. 2, lett. a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, co. 1 e 2;

- l’art. 135, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo appare in conflitto con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della legge; infatti la deroga agli ordinari canoni di riparto tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondati sulla efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità emanante, non appare sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo e si risolve, perciò, in una manifesta violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite alla discrezionalità legislativa in materia di determinazione della competenza territoriale; infatti, il Giudice delle leggi, nel riconoscere al Legislatore ampia discrezionalità nell’operare il riparto di competenza fra gli organi giurisdizionali, ha nondimeno evidenziato l’esigenza di osservare il rispetto del principio di uguaglianza e, segnatamente, del canone di ragionevolezza (cfr. Corte cost., 22/4/1992, n. 189); tant’è che la disposizione in quella circostanza sottoposta allo scrutinio di costituzionalità venne dichiarata immune da vizi sotto questi profili in quanto era riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento giustificativo per la deroga agli ordinari criteri di determinazione della competenza; non costituisce giustificazione razionale della disciplina in esame una presunta esigenza di uniformità d’indirizzo giurisprudenziale in materia, in quanto nel sistema della giustizia amministrativa la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello; né peraltro sembra ipotizzabile una diversa qualità del T.a.r. del Lazio insediato nella Capitale, con la configurazione di una sorta di supremazia rispetto agli altri Tribunali amministrativi periferici portata da una proliferazione di materie che sono state progressivamente accentrate nel Tribunale romano, fino ad arrivare all’attuale art. 135 del codice del processo amministrativo; infatti un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra i Tribunali amministrativi che andrebbe ben oltre le questioni relative ai criteri di riparto delle competenze, finendo anche con l’incidere sull’assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, delineato nell’art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed ugualmente sottoposti al sindacato del Consiglio di Stato, come giudice di appello;

- l’assenza di un adeguato fondamento giustificativo della nuova competenza funzionale attribuita al T.a.r. del Lazio, slegata da un razionale criterio di collegamento col giudice designato, induce a dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 135, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo anche per contrasto con il principio del giudice naturale posto dall’art. 25, co. 1, Cost.; anche se i lavori preparatori della Costituzione non chiariscono il significato che si intese attribuire all’uso del termine “naturale” accanto a quello “precostituito” nell’art. 25, co. 1, Cost. nel definire la garanzia della certezza e dell’obiettività del giudice, sembra nondimeno che l’introduzione della formula attuale (“giudice naturale precostituito”), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell’Assemblea costituente avevano abbandonato il termine “naturale” in favore del termine “precostituito”, deponga a favore delle tesi che negano l’identificazione tra i due termini; pertanto la formula “giudice naturale precostituito” non rappresenterebbe un’endiadi, ma implicherebbe la necessità che la precostituzione del giudice ad opera del Legislatore avvenga nel rispetto di un principio di naturalità, nel senso di razionale maggior idoneità del giudice rispetto alla risoluzione di determinate controversie; nel caso della competenza territoriale, l’individuazione del giudice razionalmente più idoneo a decidere la controversia non sembra poter prescindere dalla considerazione (in positivo, come in negativo) dell’esistenza di un criterio di collegamento effettivo, ragionevole ed appropriato, tra la controversia stessa e l’organo giurisdizionale, che valga a tracciare i confini entro i quali possa poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalità del legislatore; ciò appare ancor più evidente allorché, come nella specie, si tratta di servizi aventi rilievo esclusivamente locale, con riferimento a interessi sostanziali pure di ambito strettamente locale, rientranti nella sfera giuridica di soggetti (parti ricorrenti e parti resistenti) che tutti normalmente gravitano nella stessa dimensione territoriale locale e che non hanno nessun aggancio con una circoscrizione territoriale extraregionale; l’allontanamento del giudice competente a conoscere della controversia, sradicando la causa dalla sua sede ordinaria e naturale, comporta un grave disagio per le parti processuali, non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall’efficacia ultraregionale dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del T.a.r. del Lazio; ciò incide, tra l’altro, anche sull’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore difficoltà ed i maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per esercitare l’azione o per resistere innanzi al T.a.r. del Lazio;

- l’art. 132, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo risulta infine in contrasto con l’art. 76 cost., nella parte in cui sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai principî e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento; sennonché l’art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l’introduzione di ulteriori ipotesi di competenza funzionale del Tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di “razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza funzionale” (co. 2, lett. e); né l’ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma può essere considerata come misura rispondente alla finalità di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo …” (co. 2, lett. a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, co. 1 e 2;

- l’art. 15, co. 5, e l’art. 16, co. 1, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull’istanza cautelare, sia pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia, risultano in contrasto con l’art. 24, co. 1, e con l’art. 111, co. 1, Cost.; infatti la tutela cautelare è garanzia essenziale e strumento necessario per l’effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l’oggetto del giudizio, evitando che il tempo necessario per la definizione della causa determini un pregiudizio grave e irreparabile per le pretese sostanziali della parte che ha ragione, per cui la tutela cautelare richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni; pertanto, la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale, risulta contrario ai principi costituzionali di effettività e di tempestività della tutela giurisdizionale e del giusto processo;

Considerato che le questioni di legittimità costituzionale, oltre che non manifestamente infondate, si palesano altresì rilevanti in quanto:

- la controversia in esame riguarda la materia dei rifiuti;

- le norme richiamate inibiscono la decisione dell’impugnativa e dell’istanza cautelare, imponendo la rilevazione d’ufficio dell’incompetenza territoriale;

Riservata ogni altra decisione all’esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell’incidente di costituzionalità;

P.Q.M.

dichiara rilevanti per la decisione dell’impugnativa e dell’incidente cautelare proposti con il ricorso n. 5603/2010 e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, co. 1, lett. e), dell’art. 16, co. 1, e dell’art. 15, co. 5, del codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nei termini e per le ragioni esposti in motivazione, per contrasto con gli articoli 76, 3, 25, 24 e 111 della Costituzione; sospende il giudizio in corso; ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa Segreteria, alla Corte costituzionale.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Guida, Presidente

Fabio Donadono, Consigliere

Paolo Corciulo, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/11/2010