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SEZ. 1 SENT. 24018 DEL 21/06/2002 (UD.20/03/2002) RV. 221888
PRES. Teresi R REL. Campo S COD.PAR.325
IMP. Carloni e altri PM. (Conf.) Iacoviello FM
602005 REATI CONTRO L'ORDINE PUBBLICO - CONTRAVVENZIONI - CONCERNENTI LE MANIFESTAZIONI SEDIZIOSE E PERICOLOSE - Mestiere rumoroso e uso di mezzi rumorosi nell'esercizio di mestieri non rumorosi - Disciplina applicabile - Fattispecie.
COD.PEN ART. 659
In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'ipotesi del mestiere di per se stesso rumoroso va tenuta distinta da quella
dell'uso, nel corso di qualsiasi attivita', di mezzi rumorosi, giacche' in quest'ultimo caso trova applicazione non il secondo, bensi' il primo comma
dell'art. 659 cod. pen., sempre che vi sia stato concreto disturbo al riposo
e alle occupazioni delle persone. (Nel caso di specie si e' ritenuto che configurasse il reato di cui al primo comma dell'articolo in questione l'uso
continuato, per quindici ore al giorno, di "cannoncini spaventapasseri" nell'esercizio di attivita' agricola, di per se' non rumorosa). CON MOTIVAZIONE
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
PRIMA PENALE
Composta dagli
Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott.
TERESI RENATO Presidente
1. Dott. GEMELLI TORQUATO
Consigliere
2. Dott. FAZZIOLI EDOARDO Consigliere
3. Dott. CAMPO
STEFANO
Consigliere
4. Dott.
SIOTTO MARIA CRISTINA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso
proposto da
1) CARLONI
SECONDO N. IL 27/09/1946
2) BARTOLETTI
UGO N. IL
21/03/1946
3) VENTURI
ARMANDO N. IL 16/09/1938
avverso
SENTENZA del 04/06/2001 TRIBUNALE di CESENA
visti gli
atti, la sentenza ed il procedimento
udita
in PUBBLICA UDIENZA la
relazione fatta dal Consigliere Dott.
CAMPO STEFANO
udito
il Procuratore Generale in
persona del Dott. Francesco Mauro
IACOVIELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso,
Udito, per la
parte civile, l'Avv. Giorgio BRINI, che ha concluso per il rigetto del ricorso e la condanna degli imputati alle
spese del
grado in favore delle parti civili;
udito
il difensore Avv. Vieri
Enrico FABIANI, il quale insiste per
l'accoglimento del ricorso;
OSSERVA
1.
Con sentenza in data 4 giugno 2001 il Tribunale di Forli', sezione
distaccata di Cesena, condannava
CARLONI Secondo, BARTOLETTI Ugo
e VESTURI Armando alla pena
di lire settecentomila di ammenda ciascuno,
oltre al
risarcimento dei danni in
favore delle costituite
parti
civili, siccome responsabili del
reato di cui agli arti. 110, 81 e
659 c.p.
(mediante l'impiego
di "cannoni
spaventapasseri", non
rispettosi del
c.d. criterio differenziale
acustico indicato
dei
decreti 14.11.1997
della Presidenza del consiglio dei
ministri e
16.3.1999 del Ministero
dell'Ambiente per il
periodo diurno,
disturbavano il riposo e le occupazioni di Orfeo Silvagni e dei suoi
familiari).
Il
tribunale, respinte le eccezioni relative all'asserita
irrituale
costituzione delle parti civili, affermava che la colpevolezza
degli
imputati era
provata dalle dichiarazioni delle parti
offese, che
avevano trovato
conferma in quelle
dei testi
Parini Burioli
e Manfredini,
relativamente alla gestione da parte degli imputati
dei
rispettivi
fondi agricoli limitrofi alla casa occupata
dalle parti
offese e
agli spari provenienti dal
"cannoncini spaventapasseri",
siti in detti fondi, che si susseguivano per l'intera giornata, dalle
sei del mattino alle nove di sera, con un
intervallo tra di loro di
uno -
tre minuti ed erano di intensita' tale da impedire,
per chi
stava nel
porticato della suddetta
abitazione, la
conversazione;
nonche' dai
rilievi effettuati dall'ing.
Massan, dai
quali era
risultato il superamento costante dei limiti di rumorosita' indicati,
come massimi, dall'art. 4 del DPCM
del 14.11.1997, applicabile alla
specie in quanto il comune di
Longiano, nel cui territorio si erano
svolti i
fatti di
causa, non aveva all'epoca ancora
emanato un
proprio regolamento in materia di
rumori. Precisava che, trattandosi
di violazione del primo, e non del
secondo, comma dell'art. 659 cod.
pen. non
era necessario disporre
apposita perizia tecnica, mirata
all'accertamento dell'entita' specifica delle emissioni rumorose con
appositi rilievi fotometrici, in
quanto per la configurabilita' del
reato contestato,
di pericolo e non di danno, era
sufficiente la
prova che
le medesime
avevano ecceduto i limiti
della normale
tollerabilita'.
2.
Ricorrono per cassazione tutti i sunnominati imputati,
i quali,
con motivi personalmente redatti, deducono:
a) violazione di legge (art. 606
co. 1^ lett. c) c.p.p. in relazione
agli artt. 78, 100 e 122 stesso
codice), perche' la costituzione di
parte civile doveva essere
dichiarata inammissibile dal momento che
il
difensore era munito di semplice mandato ad litem e non
gia' di
una
vera procura speciale, non erano specificate le ragioni in forza
delle
quali si
pretende che dal reato siano scaturite
conseguenze
pregiudizievoli ed era stata
liquidata una provvisionale ritenendosi
provato
un danno
biologico sulla scorta delle sole dichiarazioni
della parte lesa;
b) erronea applicazione di legge e
vizio di motivazione (art. 606 co.
1^
lett. b)
ed e) c.p.p. in relazione all'art.
659 cod.
pen.),
asserendo
che la condotta addebitata
agli imputati andava sussunta
sotto
la fattispecie regolamentata
dal secondo, e non dal
primo,
comma
dell'art. 659
cod. pen.,
rientrando l'azionamento
dei
cannoncini
- spaventapasseri nell'attivita'
professionale connessa
all'esercizio
dell'agricoltura: punto sul
quale nella
sentenza
gravata
non Vera alcuna specifica
motivazione, pur in presenza di
precise argomentazioni prospettate
dalla difesa;
c)
vizio di motivazione (art.
606 co. 1^ lett. e) c.p.p.), sia
in
relazione
alla manifesta illogicita'
del ragionamento
secondo il
quale
ha produrre
i rumori sarebbero stati i
cannoncini degli
imputati,
sia in merito all'affermazione dell'entita' del rumore
in
questione,
atteso che l'Ing. Massari non rivestiva la
qualifica di
tecnico
competente in materia acustica ambientale e lo strumento
da
costui
usato per
gli accertamenti effettuati
non era
di prima
categoria
come richiesto dall'art. 2 del d.m. 16.3.1998
n. 351800,
che
in ordine
al diniego di effettuazione della richiesta
perizia
tecnica;
d)
violazione di legge (art. 606 co. 1^ lett. c) c.p.p. in relazione
all'art.
507 stesso
codice rilevando
che era
inammissibile
l'acquisizione,
ex art.
507 c.p.p.,
della testimonianza
della
Manfredini
effettuata prima della
conclusione dell'istruzione
dibattimentale e senza alcuna
giustificazione della necessita' della
sua
escussione, mentre
era stata revocata l'ammissione del
teste
Moretti
e non si era preso alcun
provvedimento in ordine ad altro
teste, Bagnoli, di gia' ammesso;
e)
mancata assunzione di prova
decisiva (art. 606 co. 1^ lett. d)
c.p.p.), non essendo stati escussi
i testi indicati dalla difesa, per
uno
dei quali veniva revocata
l'ammissione e per l'altro era stata
pretermessa ogni decisione;
f)
violazione di legge (art. 606 co. 1^ lett. c) c.p.p. in relazione
agli
artt. 125
co. 3^
e 546 co. 1^
lett. e)
stesso codice),
osservando
che la sentenza impugnata
era carente di motivazione in
relazione
alla deposizione del
consulente tecnico
degli imputati
laddove aveva confutato le
affermazioni dell'ing. Massari, al tempi e
alla
sostanza della taratura dello strumento usato dal
Massari per
compiere
l'accertamento sulla rumorosita',
al rilievo
inerente
all'impossibilita' di accertare la
provenienza dei rumori senza
una
sorveglianza di tipo visivo non
effettuata dal prefato ingegnere.
3.
Il ricorso non e' fondato.
3.a. Riguardo alla
regolarita' della costituzione di parte civile
la
Corte ribadisce (cfr., tra le
tante, Cass. Sez. 4^, 20.4.1993 (c.c.
12.3.1993),
Tomassutti, rv. n. 193.901) che la procura
speciale al
difensore
della parte
civile puo' anche essere apposta,
a norma
dell'art.
100 co. 2^ c.p.p. in calce o a margine della dichiarazione
di costituzione, di tal che la
esistenza in calce o a margine di tale
atto
della sottoscrizione
della parte
seguita da
quella del
procuratore
puo' valere, tenuto conto delle circostanze concrete,
a
rivelare la volonta' della parte
stessa do conferire a quel difensore
la
procura a
compiere l'atto,
mentre la
sottoscrizione del
procuratore
puo' avere
contemporaneamente la duplice finalita'
di
autenticare la firma del cliente
nonche' la sottoscrizione dell'atto
in se'.
Inoltre,
l'assoluta genericita' del
petitum e della causa
petendi
determinano, a norma dell'art. 78
lett. d) c.p.p., l'inammissibilita'
della
costituzione della parte civile, ma tale
evenienza non
si
verifica allorquando - come nella
specie che ci occupa - dall'atto di
costituzione
risulta l'indicazione del reato, degli imputati
e del
procedimento
in cui deve avvenire tale
costituzione, poiche'
tali
specificazioni
contengono il chiaro
riferimento all'oggetto
della
costituzione
e ai fatti ai quali questa
attiene in relazione
alla
contestazione rivolta agli
imputati.
Infine,
la prova inerente al danno
derivante dal reato puo' essere
costituita
da qualsivoglia elemento
acquisito agli
atti, purche'
attinente
al thema probandum, sicche' legittimamente il giudice
del
merito
ha utilizzato il contenuto
delle dichiarazioni della parte
lesa
per ritenere provato quella parte del danno, posta a fondamento
della provvisionale liquidata alle
parti civili, mentre una contraria
valutazione
di tale
elemento da
parte dell'odierno
ricorrente
costituisce un'inammissibile, in
questa sede di legittimita', censura
in fatto.
3.b.
Riguardo all'affermata
configurabilita' nella
condotta
realizzata
dagli imputati della
violazione del primo,
e non
del
secondo,
comma dell'art. 659 cod. pen.,
la Corte osserva
che sul
punto, contrariamente all'assunto del ricorrente,
il giudice
del
merito
ha congruamente motivato e che la soluzione prescelta risulta
giuridicamente corretta.
Infatti,
nell'applicazione del disposto dell'art.
659 cod.
pen.
occorre distinguere l'ipotesi del
mestiere rumoroso per se stesso da
quella dell'uso, nel corso
dell'esercizio di qualsiasi attivita', di
mezzi
rumorosi, e cio' perche' se
il mestiere non e',
di per se
stesso, rumoroso, ma comporta
soltanto l'uso di mezzi rumorosi, trova
applicazione
non il secondo, ma il primo comma del citato
articolo,
sempreche'
vi sia
stato concreto
disturbo al
riposo e
alle
occupazioni delle persone. Tale
situazione si e' verificata nel caso
in
esame, in
quanto l'esercizio dell'attivita'
agricola non
e'
ontologicamente esercizio di
attivita' rumorosa, dal momento che
il
suo
normale esercizio non
implica necessariamente la produzione di
suoni
forti, reiterati e
sgradevoli, di guisa che correttamente e'
stata
giuridicamente qualificata la condotta contestata agli odierni
ricorrenti.
3.c.
Le censure
motivazionali, di cui al motivo di ricorso
sopra
indicato
sub lett. c), rivolte alla sentenza impugnata si
risolvono
in
inammissibili critiche in
fatto, atteso
che dal
testo del
provvedimento
in esame emergono le ragioni
che hanno
indotto il
giudice
del merito
a privilegiare quanto affermato,
in ordine
all'intensita'
degli spani dei cannoncini
- spaventapasseri, dal
teste
Massari, alla
sua competenza e alla affidabilita'
dello
strumento utilizzato, di guisa che
le doglianze del ricorrente mirano
a
ottenere, inammissibilmente
in sede
di legittimita',
una
valutazione di detti elementi
diversa da quella fattasi in sentenza,
cosi'
chiedendo a questa Corte un giudizio sul fatto,
non previsto
dalla legge (art. 606 ult. co.
c.p.p.) come contenuto del ricorso per
cassazione.
3.d.
Relativamente alle doglianze inerenti alle prove testimoniali la
Corte
tiene a ribadire il proprio insegnamento (cfr., tra le
tante,
Sez.
1^, 11.9.1997 (ud. 14.4.1997), Nerla, rv. n. 208.327),
second cui
l'assunzione di una testimonianza ai sensi dell'art. 507
c.p.p.
in
un momento
diverso rispetto
a quello
indicato dalla
norma
("..terminata
l'acquisizione delle
prove..") costituisce
mera
irregolarita' e non e'
specificamente sanzionata ne' sotto il profilo
della
nullita' ne' sotto quello
della inutilizzabilita' e neppure
puo' essere configurata come
nullita' di ordine generale ex art. 178
lett.
c) c.p.p.,
in quanto l'escussione di un
teste, anticipata
rispetto
al termine dell'acquisizione delle prove, non puo' incidere
sull'assistenza,
sull'intervento o
sulla rappresentanza
dell'imputato.
Inoltre,
l'assoluta necessita' di assumere d'ufficio nuove prove puo'
ritenersi
esistente, a prescindere dalla giustificazione datane
dal
decidente,
allorquando le stesse
risultano utilizzate, come
nella
specie la testimonianza della
Manfredini (cfr., pag. 3 della sentenza
impugnata)
in maniera
decisiva nel giudizio
(sul punto
SS.UU.,
6.12.1992, Martiri, Cass. pen.
1993, 280).
Soluzione
simile a quella relativa all'ordine di escussione del teste
ammesso
ex art.
507 c.p.p. va data alla mancata escussione
di un
teste,
di gia'
ammesso, e
la cui acquisizione non
sia stata
formalmente revocata sia perche'
l'ordinamento non prevede per
tale
ipotesi alcuna sanzione
processuale, sia perche', in mancanza di tina
specifica
e tempestiva eccezione sul
punto da parte di chi ne
ha
ottenuto
l'ammissione, si presume che
vi sia
stata una
tacita
rinuncia all'acquisizione della
testimonianza ammessa.
3.e.
Per quanto
concerne la
lamentata pretermissione
di prove
decisive, e' appena il caso di
rilevare che la doglianza risulta del
tutto generica, in quanto il
ricorrente non specifica le ragioni per
le
quali le prove indicate come non ammesse erano decisive, cioe' di
natura
tale da
potere determinare
una diversa
conclusione del
processo
e non
gia' risolventisi soltanto
in una
delle diverse
prospettazioni valutative che
informano la fisiologica dialettica tra
le opposte parti processuali.
3.f.
Infine le doglianze inerenti
alla carenza motivazionale della
sentenza relativamente agli
argomenti indicati nell'ultimo motivo del
gravame risultano, da una parte,
infondate, atteso che il giudice del
merito ha dato una argomentata
spiegazione su tutte le circostanze in
questione,
e, dall'altra,
inammissibili siccome
risolventisi in
critiche
in fatto, richiedendosi una
rivalutazione degli
elementi
probatori
presi in considerazione dal giudice del merito e,
quindi,
un giudizio sul fatto non
proponibile in sede di legittimita'.
4.
Per le
suesposte ragioni il ricorso va respinto con conseguente
condanna
solidale degli imputati al pagamento delle ulteriori
spese
processuali e al rimborso delle
spese sostenute in questo grado dalle
parti civili, che si liquidano come
indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e
condanna i ricorrenti in solido al
pagamento
delle
spese del
procedimento, nonche' alla refusione
delle spese
sostenute
nel presente
grado dalle parti civili, che liquida in
complessivi millecento euro, dei
quali cento euro per spese.
Cosi'
deciso in Roma, il 20 marzo 2002.
Depositato
in Cancelleria il 21 giugno 2002