Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17066 del 04/04/2006 Cc. (dep. 18/05/2006 ) Rv. 234321
Presidente: Papadia U. Estensore: Franco A. Relatore: Franco A. Imputato: Spillantini. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, App. Firenze, 8 luglio 2005)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Costruzione abusiva - Ordine di demolizione - Impartito con la sentenza di condanna - Esecuzione - Presentazione di un piano di recupero dell'area - Idoneità a sospendere l'esecuzione - Esclusione.

In materia edilizia, la semplice presentazione di un piano di recupero dell'area non è idonea a sospendere, né tantomeno ad escludere, la esecuzione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva impartito con la sentenza di condanna per il reato edilizio, atteso che la demolizione può essere sospesa o revocata esclusivamente se risulta assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali che abbiano conferito all'immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 04/04/2006
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - N. 374
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giuseppe - Consigliere - N. 43854/2005
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Spillantini Annibale;
avverso l'ordinanza emessa l'8 luglio 2005 dalla corte d'appello di Firenze, quale giudice dell'esecuzione;
udita nella udienza in camera di consiglio del 4 aprile 2006 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Amedeo Franco;
lette le conclusioni del Procuratore Generale con le quali chiede il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Spillantini Annibale fu condannato con sentenza del 23 marzo 2003 della corte d'appello di Firenze, divenuta irrevocabile, per avere costruito un manufatto senza titolo abilitativo, alla pena di mesi quattro di arresto ed Euro 8.000,00 di ammenda con l'ordine di demolizione del manufatto abusivo.
Con provvedimento 15 marzo 2005, il Procuratore generale ingiunse allo Spillantini di demolire il manufatto in questione. Lo Spillantini ha proposto incidente di esecuzione, chiedendo la sospensione dell'ingiunzione di demolizione, per il motivo che sin dal 15 marzo 2003 aveva presentato al comune, ai sensi della L. n. 457 del 1978, artt. 27 segg. un piano di recupero dell'intera area produttiva, il quale prevedeva la demolizione di alcuni manufatti ed il mantenimento dell'opera in questione.
Con l'ordinanza in epigrafe la corte d'appello di Firenze, quale giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'incidente osservando: - che il progetto di riqualificazione concerneva solo l'insediamento industriale; - che i piani di recupero di cui alla L. n. 457 del 1978 costituiscono strumenti di pianificazione urbanistica di rilievo e interesse essenzialmente pubblicistico, rispetto ai quali l'iniziativa privata ha rilievo marginale e subordinato; - che comunque i piani di recupero non hanno funzione di legittimare abusi edilizi; - che inoltre nella specie il ed. progetto di riqualificazione presentato non garantiva in realtà nessuna riqualificazione, ma era mirato alla conservazione dello stato esistente, ivi compresa la struttura abusiva.
Lo Spillantini propone ricorso per cassazione deducendo:
a) violazione e falsa applicazione della L. 5 agosto 1978, n. 457, artt. 27 segg.; della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7 e del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31; carenza assoluta di motivazione su punto decisivo. Lamenta che la corte d'appello non si è pronunciata sulla istanza di sospensione della esecuzione dell'ordine di demolizione, che doveva invece essere disposta in attesa della decisione del comune circa la approvazione del piano di recupero da lui presentato. La immediata esecuzione del giudicato penale determinerebbe infatti un pregiudizio gravissimo per l'azienda ed i suoi dipendenti.
b) esercizio di una potestà riservata alla amministrazione comunale;
carenza assoluta di motivazione su un punto decisivo. Lamenta che la corte d'appello si è dilungata in valutazioni relative alla natura, alle caratteristiche ed alla legittimità del piano di recupero che sfuggono al sindacato giurisdizionale e rientrano nella discrezionalità amministrativa. La motivazione sul punto è comunque inadeguata nella parte in cui afferma che il piano non porterebbe alcun miglioramento ambientale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Infatti, come esattamente osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta, a prescindere dalle valutazioni di merito operate dal giudice dell'esecuzione, la mera presentazione da parte del privato di un piano di recupero dell'area non può essere idonea ad impedire o a sospendere la esecuzione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva contenuto nella sentenza di condanna passata in giudicato, dal momento che gli atti tipici della pubblica amministrazione idonei ad evitare o a sospendere l'esecuzione dell'ordine di demolizione sono la concessione in sanatoria e la delibera del consiglio comunale che abbia dichiarato la conformità del manufatto con gli interessi pubblici urbanistici ed ambientali ovvero la ragionevole certezza che uno di questi atti interverrà in tempi brevissimi, mentre nel caso in esame mancano e non sono stati addotti motivi fondati per ritenere che tali atti saranno adottati in tempi brevi.
Questa Corte ha infatti costantemente precisato che gli ordini di demolizione dell'opera abusivamente edificata e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, emessi con la sentenza penale di condanna passata in giudicato, possono essere sospesi o revocati esclusivamente se risultano assolutamente incompatibili con atti amministrativi o giurisdizionali resi dalla autorità competente, e che abbiano conferito all'immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria (Sez. 3^, 16 aprile 2002, Cassarino, m. 221.974). Pertanto, in via generale, deve ritenersi che gli atti tipici della pubblica amministrazione idonei ad evitare la esecuzione della sentenza di condanna nella parte in cui impone la demolizione della opera abusiva ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7 sono la già intervenuta demolizione dell'immobile ad opera della stessa pubblica amministrazione, la intervenuta concessione in sanatoria e la delibera del consiglio comunale che abbia dichiarato la conformità del manufatto con gli interessi pubblici urbanistici ed ambientali (Sez. 3^, 9 luglio 2001, Costa Angeli, m. 219.991). Inoltre, l'ordine di demolizione può essere sospeso solo eccezionalmente, quando sia concretamente prevedibile e probabile l'emissione entro breve tempo di detti atti amministrativi incompatibili. In altre parole, la sospensione di una statuizione di demolizione contenuta nella sentenza penale passata in giudicato può essere concessa dal giudice dell'esecuzione solo quando sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che, nel giro di brevissimo tempo, sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con il detto ordine di demolizione. Non è invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa, in difetto di ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente la valutazione prognostica (Sez. 3^, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071; Sez. 3^, 30 gennaio 2003, Ciavarella, m. 224.347; Sez. 3^, 16 aprile 2004, Cena, m. 228.691; Sez. 3^, 30 settembre 2004, Cacciatore, m. 230.308). Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Sede della Corte Suprema di Cassazione, il 4 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio