TAR Campania (NA) Sez. IV  n. 4313 del 24 giugno 2021
Urbanistica.Sanzioni ai proprietari di immobili non autori degli abusi edilizi

L’Amministrazione comunale è titolare del potere di sanzionare anche i proprietari o possessori ad altro titolo i quali, pur non essendo autori degli abusi, abbiano incautamente ricevuto il bene pur in presenza di irregolarità edilizie, non potendo, quindi, invocare a loro discolpa un affidamento incolpevole. Ciò in quanto l’art. 31 del DPR 380/2001 individua tra i destinatari dell’ingiunzione di rimozione o di demolizione di abusi edilizi, anche il proprietario; e questa previsione esprime una precisa scelta del legislatore, la cui ratio va individuata nel fatto che il proprietario è il solo soggetto legittimato ad intervenire sull'immobile e ad eliminare così un abuso anche in precedenza realizzato; per questo, il proprietario non può sottrarsi a siffatto obbligo ed addossare l'esclusiva responsabilità a terzi o al precedente proprietario; d'altro canto, spetta pur sempre al proprietario il diritto di rivalersi, sul piano civilistico, nei confronti dell'effettivo autore della trasformazione abusiva. In altri termini, l’acquirente di un immobile succede nel diritto reale e nelle posizioni soggettive attive e passive che facevano capo al precedente proprietario e che sono inerenti alla cosa, ivi compresa l’abusiva trasformazione, subendo gli effetti sia del diniego di sanatoria sia dell'ingiunzione di demolizione successivamente impartito, che precede nel tempo il contratto traslativo, in suo favore, della proprietà


Pubblicato il 24/06/2021

N. 04313/2021 REG.PROV.COLL.

N. 02106/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2106 del 2018, proposto da
Mariarca Auricchio, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Mottola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, corso Sirena 115;

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Antonio Andreottola, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Giacomo Pizza, Bruno Ricci, Eleonora Carpentieri, Anna Ivana Furnari, Gabriele Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Napoli, piazza Municipio;
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'annullamento

dell’ordinanza di demolizione adottata con disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n. 139/A, notificata in data 27.2.2018.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 21 giugno 2021 il dott. Angelo Fanizza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso ritualmente proposto la sig.ra Mariarca Auricchio ha impugnato e chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione adottata con disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n. 139/A, notificata in data 27.2.2018, con cui è stato ingiunto “al responsabile dei lavori e proprietario del suolo (…) la demolizione delle opere abusivamente eseguite e il ripristino dello stato dei luoghi, entro 90 (novanta) giorni dalla data di notifica del presente atto”, essendosi rilevata l’abusiva realizzazione, in Napoli al Corso Sirena n. 130, di un “manufatto in muratura di circa mq. 70, edificato sul lastrico solare, in sopraelevazione ad una unità abitativa posta al piano terra. La struttura, raggiungibile da una scala esterna in ferro, è autonomamente fruibile, completa, rifinita ed abitata”: il tutto in esito all’accertamento oggetto del sopralluogo effettuato in data 21.1.2015.

In estrema sintesi, si tratterebbe di una nuova costruzione edificata in un’area rientrante nella zona A, relativa agli insediamenti di interesse storico e come tale disciplinata dall’art. 26 delle norme di attuazione della variante per il centro storico, la zona orientale e la zona nord-occidentale, disciplinata dall’art. 64 unità pre – ottocentesca.

A fondamento del ricorso ha dedotto, con unico e articolato motivo, la violazione degli artt. 10, 22, 31 e 33, comma 3 del DPR 380/2001, del d.lgs. 42/2004; della legge regionale 19/2001, nonché l’eccesso di potere in cui sarebbe incorso il Comune per difetto dei presupposti e d’istruttoria.

La ricorrente ha lamentato che l’immobile oggetto del contendere “è pervenuto (…) nel giugno/luglio dell’anno 2009, a seguito di compravendita e, in detta data, lo stato dei luoghi era conforme a quello attuale, ovvero erano già presenti sul lastrico solare le opere di cui il Comune di Napoli, con l’impugnata disposizione dirigenziale, chiede la demolizione” (cfr. pag. 2); ha soggiunto che il venditore, al momento della stipula dell’atto di compravendita, avrebbe consegnato “la licenza (Prat. N.609/59) n.157 del 23.2.1960 con la quale il Comune di Napoli, VI Direzione Lavori e Servizi Tecnici – Divisione Edilizia ha concesso la licenza edilizia per la costruzione di due locali in ampliamento al pianterreno esistente al Corso Sirena n. 130 in Barra” (cfr. pag. 3);

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Napoli (28.5.2018) e il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo (11.6.2018).

L’Amministrazione comunale, in particolare, ha dato atto, nella memoria depositata l’11.7.2018, che in esito a specifici accertamenti, trasfusi in una relazione di servizio, è risultato che “a fronte delle fotocopie di grafici, che rappresentano lo stato dei luoghi strutturato su tre livelli: seminterrato, piano rialzato e primo, presentate da controparte, gli originali recuperati nella pratica edilizia n° 609/59 raffigurano il solo piano terra, senza seminterrato e nemmeno il piano primo”; e che “l’identificazione catastale della unità immobiliare, posta al piano primo, è stata definita come manufatto realizzato su “lastrico solare non censito” per cui mai accatastata. Inoltre dalle quote aero – fotogrammetriche del foglio STR n. 161, levata 30/06/1987, comparate con le misurazioni effettuate in loco, il corpo di fabbrica risulta, all'ultima data della levata, composto dal solo piano rialzato”: il che, in sostanza, proverebbe che fino al 30.6.1987 non sarebbe mai stata realizzata alcuna sopraelevazione.

Con ulteriore memoria del 13.7.2018 il Comune ha, peraltro, evidenziato che da un confronto tra la licenza edilizia n. 157/1960 (relativa alla costruzione di due piani in ampliamento al pianterreno esistente) e i grafici depositati in giudizio emergerebbero elementi suscettibili di aprocrifìa.

Con ordinanza del 19 luglio 2018, n. 1063 la Sezione ha respinto la domanda cautelare, con condanna alle spese, sulla base della seguente motivazione: “considerato che, ad un primo sommario esame, la decisione gravata appare supportata da idonei elementi motivazionali, derivanti in particolare dalla riscontrata epoca di realizzazione dell’opera abusiva, e dalla riscontrata carenza della sopraelevazione nei grafici allegati alla licenza edilizia del 1960, circostanza che rende allo stato poco persuasivi i motivi di ricorso”.

In vista dell’udienza di discussione del ricorso, fissata per il 21 giugno 2021, il Comune resistente ha depositato una memoria (21.5.2021) nella quale si è motivatamente opposto ai motivi di ricorso; a tale udienza, svoltasi con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

Occorre, preliminarmente, rilevare che a fronte delle prove, assai puntuali, allegate dall’Amministrazione comunale circa la reale identificazione dei lavori assentiti con la licenza edilizia n. 157/1960, i quali escludono il previo assenso all’intervento di sopraelevazione prefigurato dalla ricorrente, anzi apertamente depongono per una rappresentazione fittizia della situazione pregressa dell’immobile.

Il che, a fortiori, preclude di poter sostenere l’illegittimità dell’impugnato ordine demolitorio.

Sul punto va, inoltre, evidenziato che la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che l’Amministrazione comunale è titolare del potere di sanzionare anche i proprietari o possessori ad altro titolo i quali, pur non essendo autori degli abusi, abbiano incautamente ricevuto il bene pur in presenza di irregolarità edilizie, non potendo, quindi, invocare a loro discolpa un affidamento incolpevole. Ciò in quanto l’art. 31 del DPR 380/2001 individua tra i destinatari dell’ingiunzione di rimozione o di demolizione di abusi edilizi, anche il proprietario; e questa previsione esprime una precisa scelta del legislatore, “la cui ratio va individuata nel fatto che il proprietario è il solo soggetto legittimato ad intervenire sull'immobile e ad eliminare così un abuso anche in precedenza realizzato; per questo, il proprietario non può sottrarsi a siffatto obbligo ed addossare l'esclusiva responsabilità a terzi o al precedente proprietario; d'altro canto, spetta pur sempre al proprietario il diritto di rivalersi, sul piano civilistico, nei confronti dell'effettivo autore della trasformazione abusiva” (cfr. TAR Basilicata, 22 gennaio 2015, n. 57; TAR Abruzzo – Pescara, 23 luglio 2018, n. 248).

In altri termini, l’acquirente di un immobile succede nel diritto reale e nelle posizioni soggettive attive e passive che facevano capo al precedente proprietario e che sono inerenti alla cosa, ivi compresa l’abusiva trasformazione, subendo gli effetti sia del diniego di sanatoria sia dell'ingiunzione di demolizione successivamente impartito, che precede nel tempo il contratto traslativo, in suo favore, della proprietà (Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 11 maggio 2011, n. 2781).

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono quantificate, ai sensi del DM 55/2014, in €. 1.500,00, oltre accessori, che parte ricorrente dovrà corrispondere al Comune di Napoli.

Le puntuali rilevazioni dell’Amministrazione comunale circa il rischio di apocrifìa dei grafici allegati in giudizio dalla ricorrente rendono necessaria la trasmissione della presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in €. 1.500,00, oltre accessori, in favore del Comune di Napoli.

Manda alla Segreteria per la trasmissione della presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2021 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Angelo Fanizza, Consigliere, Estensore

Alfredo Giuseppe Allegretta, Primo Referendario