Cass. Sez. III n. 41578 del 12 novembre 2007 (Up. 20 sett. 2007)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. Brancato
Urbanistica. Totale difformità dal titolo abilitativo

La difformità totale, che può riguardare anche una parte dell\'edificio, può derivare o dall\'esecuzione di un corpo autonomo o dall\' effettuazione di modificazioni tali da comportare un intervento che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incidente sull\'assetto del territorio, o dalla modificazione della destinazione d\'uso di un immobile, allorché essa non sia puramente funzionale e si realizzi attraverso opere strutturali implicanti una modificazione totale rispetto al preesistente o al previsto. L\'esempio scolastico di difformità totale è costituito dalla modificazione di un sottotetto in vano abitabile perché in tale modo la parte dell\' edificio acquista una specifica rilevanza autonomamente utilizzabile. Invero, l\'autonoma utilizzabilità non vuol dire che il corpo eseguito debba essere fisicamente separato, ma soltanto che debba dare luogo ad una eccedenza, la quale non si stemperi nella globalità dell\'organismo, ma conduca alla creazione di una struttura precisamente individuabile e suscettibile di un uso indipendente, anche se l\'accesso allo stesso sia possibile esclusivamente attraverso lo stabile principale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 20/09/2007
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - N. 2145
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 17317/2007
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BRANCATO Ferraro Domenica, nata a Messina il 18 febbraio del 1931;
avverso la sentenza della corte d\'appello di Reggio Calabria del 24 gennaio del 2007;
udita la relazione svolta del Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il procuratore generale nella persona del Dott. Angelo Di Popolo, il quale ha concluso per l\'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. DIONESALVI Salvatore, il quale ha concluso per l\'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
Osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 24 gennaio del 2007, la Corte d\'appello di Reggio Calabria, in parziale riforma di quella pronunciata dal tribunale della medesima città, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Brancato Ferraro Domenica, in ordine alle contravvenzioni alla L. n. 64 del 1974, perché si erano estinte per prescrizione e determinava in mesi due di arresto ed Euro quattromila di ammenda la pena che le era stata inflitta, quale responsabile del reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), per avere, in difformità dalla concessione edilizia rilasciata per la realizzazione di un stenditoio, effettuato opere dirette ad ottenere un ulteriore piano fuori terra.
Fatto accertato in Villa San Giovanni il 24 maggio del 2003. Ricorre per cassazione l\'imputata deducendo:
la violazione della norma incriminatrice, per avere la corte territoriale omesso di considerare che al momento dell\'accertamento la costruzione non poteva configurare il reato contestato ossia la difformità totale rispetto al progetto perché questa presuppone necessariamente il completamento dell\'opera; la prescrizione del reato.
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché infondato. A norma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, che riproduce sostanzialmente il contenuto della L. n. 47 del 1985, art. 7, si considerano realizzate in totale difformità dal permesso di costruire le opere che comportino la creazione di un organismo edilizio integralmente diverso, per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione, da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l\'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.
La difformità parziale si riferisce invece ad ipotesi residuali tra le quali rientrano le variazioni relative a parti accessorie o gli aumenti di superficie o cubatura di scarsa rilevanza. Secondo la giurisprudenza di questa corte, la difformità totale, che come già accennato può riguardare anche una parte dell\'edificio, può derivare o dall\'esecuzione di un corpo autonomo o dall\'effettuazione di modificazioni tali da comportare un intervento che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incidente sull\'assetto del territorio, o dalla modificazione della destinazione d\'uso di un immobile, allorché essa non sia puramente funzionale e si realizzi attraverso opere strutturali implicanti una modificazione totale rispetto al preesistente o al previsto (Cass. 7 gennaio 1999, Fusco). L\'esempio scolastico di difformità totale è costituito dalla modificazione di un sottotetto in vano abitabile perché in tale modo la parte dell\'edificio acquista una specifica rilevanza autonomamente utilizzabile. Invero, l\'autonoma utilizzabilità non vuoi dire che il corpo eseguito debba essere fisicamente separato, ma soltanto che debba dare luogo ad una eccedenza, la quale non si stemperi nella globalità dell\'organismo, ma conduca alla creazione di una struttura precisamente individuabile e suscettibile di un uso indipendente, anche se l\'accesso allo stesso sia possibile esclusivamente attraverso lo stabile principale. (Cass. sez. 3, 26 febbraio 1990 n. 5891).
Il giudice del merito, per accertare se la difformità sia totale o parziale, deve confrontare l\'opera realizzata con quella eseguita e nella sentenza deve dare conto degli accertamenti compiuti. Siffatto confronto però non presuppone necessariamente il completamento dell\'opera perché la difformità può risultare palese anche durante l\'esecuzione dei lavori allorché dalle opere già compiute risulti evidente la realizzazione di un organismo diverso nel significato sopra precisato. Nella fattispecie la corte territoriale, con motivazione adeguata, ha dato conto della totale diversità perché la prevenuta, autorizzata a realizzare un semplice stenditoio sul piano di calpestio dove avrebbe dovuto essere sistemato lo stenditoio, per l\'intera superficie, aveva costruito pilastri dell\'altezza di metri 2,45, i quali erano strumentalmente finalizzati alla creazione di un nuovo vano. Invero, in base al progetto, i pilastri dovevano essere realizzati da un solo lato ed avere un altezza non superiore a m. 1,10, come risulta dalla sentenza di primo grado. La riprova della totale difformità, come sottolineato dalla corte distrettuale, era costituita dal fatto che sia il direttore dei lavori che l\'esecutore degli stessi avevano rinunciato a proseguire l\'attività prima dell\'intervento della polizia.
Il termine prescrizionale non è ancora maturato ne\' in base alla disciplina previgente, applicabile alla fattispecie ratione temporis, nè in base a quella introdotta con la L. n. 251 del 2005. Invero, il reato consumato il 24 maggio del 2003, si prescriverà in base alla disciplina previgente il 24 novembre del 2007 ed in base a quella attuale il 24 maggio del 2008.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l\'art. 616 c.p.p. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20 settembre del 2007.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2007