Cass. Sez. III n. 29742 del 6 settembre 2006 (ud. 6 giu. 2006)
Pres. Vitalone Est. Franco Ric. Arseni
Urbanistica – Condono edilizio – Limiti di applicabilità

Deve ammettersi la possibilità di condonare dell’opera sottoposta a sequestro penale limitatamente alle strutture realizzate fino a quella data ed ai lavori destinati a consentirne la funzionalità con esclusione di ogni altro intervento strutturale. Non sono comunque condonabili le opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITALONE Claudio - Presidente -

Dott. DE MAIO Guido - Consigliere -

Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere -

Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere -

Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.A., nata ad (OMISSIS);

avverso la sentenza emessa il 27 giugno 2005 dalla Corte d'appello di

Lecce;

udita nella pubblica udienza del 6 giugno 2006 la relazione fatta dal

Consigliere Dr. Amedeo Franco;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Salzano Francesco, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito il difensore avv. Vaccaro Oreste.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe la Corte d'appello di Lecce confermò la sentenza emessa il 20 gennaio 2004 dal giudice del Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Tricase, che aveva dichiarato A. A. colpevole dei reati di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. c), e D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, artt. 139 e 163, per avere costruito, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e panoramico, un manufatto senza concessione edilizia e senza nulla osta della autorità preposta al vincolo, e la aveva condannata alla pena ritenuta di giustizia con l'ordine di demolizione delle opere abusive e l'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi e con la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione ed alla remissione in pristino.

L'imputata propone ricorso per Cassazione deducendo:

1) violazione di legge ed errata valutazione dei diritti dell'imputata.

Lamenta che erroneamente il Tribunale ha respinto la domanda di sospensione del processo a seguito della domanda di condono edilizio sul presupposto del mancato completamento delle opere entro il (OMISSIS).

L'opera infatti era stata sequestrata in precedenza e quindi non poteva essere portata a completamento a causa della misura cautelare, con la conseguenza che era consentita la sua condonabilità.

2) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata ad organi amministrativi, perchè il giudice in presenza di una domanda di condono avrebbe dovuto sospendere il processo e non procedere ad una autonoma valutazione.

3) inosservanza della legge penale e dell'ordinamento giudiziario;

difetto di delega al giudice onorario per celebrare il processo già assegnato ad altro giudice; illogicità della motivazione sul punto.

Ricorda che in primo grado, l'udienza del 17.6.03 fu tenuta da un giudice onorario non delegato per questo processo, il quale rilevò l'impedimento del giudice competente e rinviò il processo. Il giudice onorario si sarebbe dovuto limitare a ciò, mentre prima del rinvio erroneamente aprì il dibattimento e dichiarò la contumacia dell'imputata. La contumacia fu quindi erroneamente dichiarata da giudice non competente, sicchè il rinvio avrebbe dovuto essere notificato all'imputata. La Corte d'appello ha rigettato questa eccezione con considerazioni relative alla incompatibilità del giudice mentre nella specie si tratta di carenza di competenza e di potere per mancata investitura del giudice onorario a trattare fisicamente il processo assegnato ad altro giudice.

4) erronea applicazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. c), e del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, artt. 139 e 163.

Osserva che la zona in questione è vincolata paesaggisticamente ma non costituisce bene ambientale ai sensi del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 139.

La Corte d'appello ha omesso di considerare questa circostanza.

5) difetto ed illogicità di motivazione. Lamenta che la Corte d'appello non ha nemmeno considerato che il teste aveva dichiarato che l'opera edilizia era unica nel suo insieme e che la parte inferiore era completa e quindi si trattava di un'opera ultimata.

6) intervenuta prescrizione del reato.

7) illogicità della motivazione nella parte in cui considera l'opera non condonabile perchè situata in zona soggetta a vincolo.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE Il primo motivo è fondato ma è irrilevante. La Corte d'appello ha infatti errato nel ritenere che l'opera abusiva non fosse condonabile perchè non ultimata entro il (OMISSIS), senza però tenere conto del fatto che l'opera stessa era stata sequestrata precedentemente.

Infatti, ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 43, u.c., possono ottenere la sanatoria anche le opere non ultimate per provvedimenti giurisdizionali o amministrativi, limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità.

E, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, per provvedimenti amministrativi o giurisdizionali che abbiano impedito l'ultimazione dell'opera entro la data ultima fissata per il condono edilizio, debbono intendersi, agli effetti della L. n. 47 del 1985, art. 43, non solo quelli provenienti dall'autorità amministrativa e dagli organi di giurisdizione amministrativa, ma anche quelli penali emessi per la diretta o specifica repressione dell'abuso. Si deve pertanto ammettere la possibilità di sanatoria dell'opera che sia stata sottoposta sequestro penale limitatamente alle strutture realizzate fino a quella data ed ai lavori destinati a consentirne la funzionalità, con esclusione di ogni altro intervento strutturale.

La ratio della norma deve infatti essere intesa nel senso che essa intende riservare un trattamento di favore per coloro che abbiano rispettato i provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, anche del giudice penale, non ultimando per tale ragione la costruzione nei modi e nei tempi prescritti per beneficiare della sanatoria.

Diversamente verrebbe ammesso alla sanatoria soltanto quel soggetto che ha violato i sigilli, ultimando il fabbricato (Sez. 3^, 26 ottobre 1999, Mancuso. m. 215.053; Sez. 3^, 27 maggio 1998, Todesco, m. 211.353; Sez. 3^, 12 giugno 1997, Sessa, m. 208.677; Sez. 3^, 10 aprile 1997, Trombetta, m. 208.032; Sez. 3^, 27 gennaio 2006, Fontana).

Nella specie, quindi, la mancata ultimazione dei lavori entro la data del 31.3.2005 non impediva di per sè la condonabilità dell'opera.

Il motivo è però irrilevante perchè il manufatto in questione non era comunque condonabile per la ragione che era stato realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e panoramico.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, invero, la sospensione del procedimento ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 38, in relazione alla domanda di condono edilizio presentata D.L. 30 settembre 2003, n. 269, ex art. 32, convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, n. 326, non può essere disposta nel caso in cui le opere abusive siano state realizzate su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico o ambientale e siano non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, trattandosi di opere per le quali non trovano applicazione del disposizioni dell'ultimo condono edilizio (Sez. 3^, 13 novembre 2003, Lasi, m. 227.217; Sez. 3^, 9 luglio 2004, Carni, m.

229.630; Sez. 4^, 12 gennaio 2005, Ricci, m. 231.315; Sez. 3^, 25 marzo 2004, Barreca, m. 229.652).

Da questa considerazione deriva anche l'infondatezza del secondo e del settimo motivo. Nella situazione dianzi descritta, invero, non era consentita la sospensione del procedimento, ex art. 38 della L. n. 47 del 1985, in relazione alla domanda di sanatoria (c.d. condono edilizio) presentata ai sensi della D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, che espressamente richiama (comma 25 e 28), per quanto in esso non previsto, i capi 4 e 5 della stessa L. n. 47 del 1985 e la L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39.

Il terzo motivo è infondato perchè nessuna nullità è ravvisabile nel fatto che il giudice che ha regolarmente tenuto l'udienza del 17.6.03 - quand'anche effettivamente non fosse stato delegato allo specifico processo in esame - abbia, prima di dare inizio al dibattimento, ai sensi dell'art. 420 quater c.p.p., richiamato dall'art. 484 c.p.p., rilevato e dichiarato, nel contraddittorio delle parti, la contumacia dell'imputato e quindi rinviato il processo ad altra udienza per assenza del giudice titolare del processo. Del resto nemmeno viene sostenuto dal ricorrente che il giudice onorario non fosse stato regolarmente investito della trattazione della udienza in sostituzione di altro giudice impedito, il che comportava anche l'investitura per la trattazione del processo in questione. In ogni modo, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato i principi secondo cui:

- "in tema di capacità e costituzione del giudice ... Il decreto di nomina dei magistrati destinati alle corti di assise non riveste natura costituiva della loro specifica capacità di esercizio della funzione giurisdizionale. Conseguentemente non integra una nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178 c.p.p., lett. a), l'inosservanza delle norme in tema di destinazione dei magistrati alle corti d'assise, per il profilo della partecipazione al collegio dì un giudice del Tribunale o della Corte d'appello non ricompreso tra quelli che ne fanno parte ... nonchè della sostituzione di un giudice con altri dello stesso ufficio giudiziario - anche fuori delle ipotesi previste - con modalità diverse da quelle consentite" (Sez. 1^, 26 febbraio 2004, Alampi, m. 228.640);

- " ... anche alle Corti di Assise si applica la disposizione di cui all'art. 33 c.p.p., comma 2, che stabilisce che i provvedimenti di destinazione dei giudici alle sezioni e di assegnazioni dei processi non sono attinenti alla capacità del giudice; tali decreti, non solo non devono essere allegati al processo, ma anche qualora fossero presi in violazione della normativa in materia non potrebbero determinare la nullità degli atti processuali" (Sez. 1^, 21 ottobre 2003, Amato, m. 228.521);

- "In tema di capacità del giudice, non da luogo alla nullità prevista dall'art. 178 c.p.p., lett. a), l'inosservanza delle norme riguardanti la procedura per la sostituzione del giudice astenuto, atteso che l'art. 33 c.p.p., comma 2, stabilisce che non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sull'assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici.

(Principio affermato con riguardo alla decisione di designazione del nuovo giudice adottata dal presidente di sezione anzichè dal presidente del Tribunale)", (Sez. 4^, 10 ottobre 2001, Ozdemir, m.

220.385);

- "... la violazione di disposizioni riguardanti l'assegnazione di giudici a determinate funzioni o uffici, ricade nella disciplina di cui all'art. 33 c.p.p., comma 2, per il quale non si considerano attinenti alla capacità le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari ed alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici, la cui inosservanza, da assimilare a quella delle disposizioni in materia tabellare, comporta mera irregolarità" (Sez. 6^, 23 maggio 2001, Cristalli, m. 220.709).

Il quarto motivo - a parte la sua infondatezza - è inammissibile perchè costituisce un motivo nuovo, che non era stato dedotto con l'atto di appello e che non può, quindi, essere proposto per la prima volta in questa sede di legittimità.

Il quinto motivo, in parte è generico e in parte si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato.

I giudici del merito, infatti, hanno con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, accertato che le opere abusive non potevano ancora ritenersi ultimate, in considerazione anche della documentazione fotografica e della stessa dichiarazione della prevenuta nell'istanza di condono. La questione comunque è irrilevante dato il fatto che le opere non erano comunque condonabili perchè realizzate in zona soggetta a vincolo.

Il sesto motivo è anch'esso manifestamente infondato perchè la prescrizione si maturerà solo il 7 settembre 2006.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 6 giugno 2006.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2006