Cass. Sez. III n. 31818 del 5 agosto 2024 (CC 10 lug 2024)
Pres. Ramacci Rel. Mengoni Ric. Aracri ed altri
Urbanistica.Confisca per lottizzazione abusiva e buona fede dell'acquirente

In tema di confisca di immobile oggetto di lottizzazione abusiva, non può ritenersi automaticamente sussistente la buona fede dell'acquirente per il solo fatto che si sia rivolto per il rogito della compravendita ad un notaio, il cui intervento - sia per la possibilità di incomplete o mendaci dichiarazioni o documentazioni a lui rese o prodotte al fine di non fare emergere l'intento lottizzatorio, sia per l'eventualità di un contributo, doloso o colposo, del pubblico ufficiale alla realizzazione dell'evento illecito - non fa venir meno l'originaria illegalità dell'immobile, né può consentire all'acquirente, in dolo o in colpa, di godere di un bene di provenienza illecita e al costruttore abusivo di conseguire il proprio illecito fine di lucro. Analogamente, non costituisce argomento a sostegno della buona fede l'emissione - da parte del Comune - di cartelle per il pagamento dell’IMU o della TARI: come la prima, infatti, ha per presupposto il mero possesso dell'immobile, così la seconda si fonda sul solo fatto oggettivo dell'occupazione o della detenzione del locale o dell'area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, prescindendo dal titolo, giuridico o di fatto, in base al quale l'area o il locale sono occupati o detenuti

RITENUTO IN FATTO

1. Con duplice ordinanza del 14/11/2023, il Tribunale del riesame di Crotone rigettava l’istanza presentata ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen. da Donatella Astorelli, Michele Aracri, Francesca Barberio, Deborah Bonaccio, Claudia Brunone, Roberto Brunone, Giuseppe Camposano, Natalina Sestito, Bruna Carlomagno, Giuseppe Castagnino, Luigi Cerviani, Saveria Cerviani, Vincenzo Maria Cizza, Giuseppina Colloridi, Nicola Cortese, Matilde Morello, Rosa Cortese, Umberto Antonio Clausi, Daniela Covelli, Pasqualina Cusato, Raffaele Cusato, Francesco Daniele, Giovanni Daniele, Nicolina Daniele, Francesco Devona, Assunta Figliuzzi, Silvana Foschini, Uliana Genovese, Alessandra Greco, Gaetano Greco, Norma Iona, Giuseppe Lagani, Valter Laterza, Albino Leone Russo, Francesco Madeo, Maria Patrizia Varano, Rosa Maiolo, Annamaria Marra, Doris Metzner, Marta Monea, Emanuela Muscò, Antonio Nacca, Francesco Nebbioso, Salvatore Nicoletta, Loredana Ninarello, Giulia Parvenza, Luigi Pettinato, Maria Antonia Pettinato, Sandra Pupa, Salvatore Ritorto Bruzzese, Mattia Scarriglia, Andrea Scerra, Alessandro Scida, Antonietta Zizza, Tetyana Kraynova, Salvatore Francesco Simbari, Giuseppe Talarico, Ornella Tesoriere, Alessandro Torromino, Teresa Trivieri, Carmela Vetere, Clemente Zuccalà, Emanuele Zuccalà e Matteo Zuccalà, così confermando il decreto di sequestro preventivo emesso il 10/7/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone in ordine ad una fattispecie di lottizzazione abusiva.
2. Propongono ricorso per cassazione gli stessi soggetti – come meglio e compiutamente elencati nell’intestazione di questa sentenza - deducendo i seguenti motivi.
Ricorsi Avv. Manes e Verri:
- erronea applicazione della legge penale con riguardo all’ampia normativa richiamata nella rubrica. Il Tribunale avrebbe confermato il sequestro preventivo degli immobili di proprietà dei ricorrenti nonostante la loro estraneità ai fatti oggetto del procedimento e la loro veste di terzi di buona fede. Al riguardo, l'ordinanza si fonderebbe su statuizioni non condivisibili e del tutto erronee, sia quanto alla tutela civilistica che questi soggetti potrebbero esclusivamente ottenere, sia quanto alla pretesa natura amministrativa della sanzione ablativa disposta dal giudice penale, ormai costantemente esclusa dalla giurisprudenza della Corte EDU con plurime sentenze (tra le quali le ben note Sud Fondi, Varvara e GIEM), che ne avrebbero riconosciuto il carattere penale; con l'effetto - peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza di questa Corte - che la stessa misura della confisca potrebbe essere applicata nei confronti di un terzo solo quando emerga a suo carico un elemento di responsabilità, quantomeno a titolo colposo, in ordine al carattere abusivo della lottizzazione. Ebbene, l'ordinanza impugnata non conterrebbe alcuna valutazione su tale essenziale requisito. Ancora, nessuna considerazione riguarderebbe i plurimi elementi a conferma della radicale assenza di un qualunque profilo di addebito, anche solo colposo; tra questi: a) l'intervento di ben quattro diversi notai che avrebbero provveduto al rogito dei relativi atti, con ogni evidente conseguenza in tema di garanzia e di legittimo affidamento, peraltro ribadita anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato; b) la previsione di cui all'art. 29, comma 1-bis, l. n. 52 del 1985, in forza della quale gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti devono contenere, a pena di nullità, tra l'altro, la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale; c) la circostanza che nei confronti dei suddetti notai non sarebbero stati ravvisati profili di responsabilità, neppure colposa, così da rendere ancor più evidente l'assoluta buona fede e il pieno affidamento che sul loro operato avrebbero fatto i ricorrenti; d) gli aggiornamenti catastali correttamente effettuati riguardo agli immobili; e) il comportamento del Comune di Crotone che, nel corso degli anni, non solo non avrebbe mai rilevato alcunché di illecito quanto all'intervento edificatorio, ma avrebbe anche rilasciato permessi ed autorizzazioni secondo la cadenza che la stessa ordinanza richiama; f) le cartelle IMU e TARI che lo stesso Comune avrebbe emesso negli anni in ordine agli stessi immobili, tali da generare nei ricorrenti ulteriore affidamento circa la regolarità urbanistica dei beni da loro acquistati; g) il completamento dell'iter edificatorio dopo un precedente sequestro, la sua revoca ed il rilascio, da parte del Comune competente, di permessi di costruire in variante all'originario permesso e progetto; h) il mancato esercizio del potere sostitutivo da parte della Regione Calabria, previsto in caso di inerzia degli enti preposti rispetto ad eventuali interventi edilizi del tutto abusivi o difformi dal permesso di costruire. L’insieme di tutti questi elementi di fatto, palesemente trascurati dall'ordinanza, evidenzierebbe – “in maniera macroscopica ed autoevidente – il legittimo affidamento e la assoluta buona fede dei ricorrenti. Infine sul punto, si contesta l’assenza nel provvedimento di ogni considerazione sul periculum, pur dovuta in forza della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte;
- violazione dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. L’ordinanza impugnata sarebbe censurabile anche con riguardo alla motivazione in punto di sequestro impeditivo. La giurisprudenza di questa Corte avrebbe affermato che la realizzazione di un immobile ad uso residenziale in contrasto con la destinazione alberghiera non determina un aggravamento del carico urbanistico idoneo a giustificare un sequestro preventivo, salvo che si tratti di unità immobiliari ancora in vendita. Lo stesso provvedimento, peraltro, avrebbe evidenziato un dato in palese contrasto con l'asserito aggravio del carico urbanistico, ossia il fatto che già dagli atti notarili emergerebbe l'espressa indicazione della destinazione degli immobili a dimora temporanea. L’ordinanza, pertanto, meriterebbe annullamento anche sotto questo profilo.
È stata depositata memoria, con documentazione allegata, relativa al prosieguo delle indagini e, in particolare, all’emissione dell’avviso di conclusione di queste di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.
Ricorsi Avv. Pirozzi:
violazione dell'art. 324, comma 6, cod. proc. pen.; motivazione inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito. Sono ribadite le medesime considerazioni di cui al precedente ricorso, lamentandosi che l'ordinanza non spiegherebbe quali avrebbero dovuto essere le doverose regole di cautela che i ricorrenti avrebbero omesso di seguire, e che, per contro, sarebbero state pienamente rispettate. In particolare, il ricorso lamenta che, in evidente contrasto con il principio di responsabilità individuale, sarebbe stata affermata una sorta di “colpa collettiva” di tutti i ricorrenti, senza distinzione alcuna, sul presupposto che questi, tra l’altro, non avrebbero ritenuto inaffidabili le autorizzazioni amministrative rilasciate, non avrebbero speso competenze tecniche evidentemente proprie solo di specialisti, non avrebbero avuto contezza dei titoli abilitativi necessari per un impianto turistico leggero, non avrebbero conosciuto la normativa regionale calabrese quanto agli insediamenti camping, limitandosi, per contro, ad affidarsi ai notai e alle pubbliche amministrazioni. In sintesi, e richiamata giurisprudenza anche costituzionale, si contesta l'oscurità dell'ordinanza su tale punto, invero decisivo, così da confermare una misura priva di adeguatezza e proporzionalità.


CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi risultano infondati; le relative censure, peraltro, possono essere trattate in modo congiunto, attesa l'assoluta sovrapponibilità degli argomenti.
4. Il tema che sostiene in prevalenza il primo motivo di impugnazione dei ricorsi degli Avv. Manes-Verbi, oltre che l’unico motivo steso dall’Avv. Pirozzi, è costituito dall'assoluta buona fede che tutti i ricorrenti avrebbero speso nell'acquisto delle unità immobiliari in oggetto, facendo legittimo affidamento sulle verifiche compiute dai notai roganti e sulle condotte del Comune di Crotone, dalle quali non solo non sarebbe emerso “alcunché in senso negativo in ordine all'intervento edificatorio”, ma anzi sarebbe risultata la piena legittimità dello stesso, come da rilascio di permessi ed autorizzazioni richiamati nella stessa ordinanza, così come dall'emissione delle cartelle IMU e TARI; ebbene, questa Corte ritiene che non possa essere accolta tale comune censura, non ravvisandosi il vizio di motivazione che viene dedotto.
4.1. Il Tribunale del riesame, infatti, dopo aver diffusamente individuato gli elementi a fondamento del fumus boni iuris, del tutto estranei ai ricorsi, ha correttamente tracciato i termini ermeneutici della figura del terzo acquirente di buona fede, in forza della giurisprudenza interna e della Corte EDU, per poi concludere che gli stessi canoni impedivano - quantomeno nella presente fase cautelare - di riconoscere i ricorrenti quali soggetti di buona fede, dovendosi in essi ravvisare evidenti profili di colpa. La motivazione sul punto, pertanto, sussiste, ed è pienamente adeguata, non potendosi allora ravvisare quelle ipotesi di radicale assenza o di mera apparenza della struttura argomentativa che sole giustificano il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali, ai sensi dell'art. 325 cod. proc. pen.
5. Con maggior precisione, l'ordinanza ha innanzitutto richiamato la giurisprudenza interna, che ha chiarito come la Corte di Strasburgo abbia ritenuto arbitraria la confisca (considerata sanzione penale secondo le previsioni della CEDU) applicata a soggetti che, a fronte di una base legale non accessibile e non prevedibile, non siano stati messi in grado di conoscere il senso e la portata della legge penale, a causa di un errore insormontabile che non può essere in alcun modo imputato a colui o colei che ne è vittima. La Corte di cassazione ha perciò fornito un'interpretazione adeguatrice dell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, alle decisioni della Corte Europea dei diritti dell'uomo, escludendo l'applicabilità della confisca nei confronti di chi risulti effettivamente in buona fede e ritenendo, per questa via, irrilevante la questione di costituzionalità, per asserito contrasto con gli artt. 27 e 42 Cost. e art. 117 Cost., comma 1 (in relazione all'art. 7 CEDU), del citato art. 44 nella parte in cui consente la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite a prescindere dal giudizio di responsabilità e nei confronti di persone estranee ai fatti, poiché la confisca non è prevista nei confronti di terzi tout court, bensì di soggetti che hanno partecipato materialmente con il proprio atto d'acquisto al reato (Sez. 3, n. 39078 del 13/07/2009, Apponi, Rv. 245348 e Corte Cost. n.239 del 2009); al riguardo, peraltro, sottolineando – con decisivo rilievo nella vicenda in esame - che la confisca è condizionata, sotto il profilo soggettivo, quantomeno all'accertamento di profili di colpa nella condotta dei soggetti sul cui patrimonio la misura viene ad incidere (tra le molte, Sez. 3, n. 32363 del 24/5/2017, Mantione, Rv. 270443; Sez. 3, n. 51429 del 15/9/2016, Brandi, Rv. 269289; tra le non massimate, Sez. 3, n. 47809 del 22/9/2022, Placidi; Sez. 3, n. 30602 dell’11/5/2022, Pellacini).
5.1. In tale contesto interpretativo è stato poi affermato (Sez. 3, n. 51387 del 24/10/2013, La Nuova Immobiliare s.r.l., in motiv.) che, quanto all'identificazione della condotta del terzo acquirente di buona fede, essa si risolve, in sostanza, nell'avere questi partecipato inconsapevolmente alla operazione illecita pur avendo adempiuto ai doveri di informazione e conoscenza richiesti dall'ordinaria diligenza, cosicché la sua responsabilità è configurabile quando egli non abbia acquisito elementi circa le previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona, in quanto con tale imprudente e negligente condotta si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che apporta un determinante contributo causale all'attività illecita del venditore (Sez. 3, n. 37472 del 26/06/2008, Belloi, Rv. 241098); in tal modo, dunque, pervenendosi alla conclusione che, pur se resta estraneo al procedimento penale per lottizzazione abusiva (come appare nel caso di specie), l'acquirente degli immobili in cui questa si è concretizzata non è automaticamente qualificabile come terzo in buona fede rispetto all'attività criminosa. Del resto, non si prescinde, sia nel processo di cognizione che in quello di esecuzione, da un giudizio lato sensu definibile di responsabilità, anche se questo non ha come contenuto la responsabilità dell'illecito penale, ma concerne l'esistenza di profili di colpa essenzialmente rappresentati, come indicato, dalla omissione dell'adeguata informazione attinente all'acquisto in rapporto ai titoli abilitativi, agli strumenti urbanistici e ad ogni altro aspetto di rilievo, tratto caso per caso dalle evidenze disponibili, che induca a ritenere o ad escludere la buona fede del terzo (Sez. 3, n. 36310 del 5/7/2019, Motisi, Rv. 277346).
5.2. Conclusivamente sul punto, occorre quindi ribadire – con Corte cost., sent. n. 49 del 26/3/2015 (e, in termini, con ord. n. 187 del 23/7/2015) - che “sia che la misura colpisca l'imputato, sia che essa raggiunga il terzo acquirente di mala fede estraneo al reato, si rende perciò necessario che il giudice penale accerti la responsabilità delle persone che la subiscono, attenendosi ad adeguati standard probatori e rifuggendo da clausole di stile che non siano capaci di dare conto dell'effettivo apprezzamento compiuto. Ora, tali considerazioni chiariscono che il terzo acquirente di buona fede, che ha a buon titolo confidato nella conformità del bene alla normativa urbanistica, non può in nessun caso subire la confisca. Va poi da sé che l'onere di dimostrare la mala fede del terzo grava, nel processo penale, sulla pubblica accusa, posto che una "pena", ai sensi dell'art. 7 della CEDU, può essere inflitta solo vincendo la presunzione di non colpevolezza formulata dall'art. 6, comma 2, della CEDU (ex plurimis, Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 1 ° marzo 2007, Geerings contro Paesi Bassi).”
6. Tanto richiamato in termini generali, e facendo corretta applicazione di questi principi, l'ordinanza impugnata ha quindi escluso ravvisarsi, allo stato, la buona fede degli acquirenti degli immobili. Con la preliminare precisazione, al riguardo, che il provvedimento non ha riconosciuto una “colpa collettiva” priva di individuazione soggettiva, come affermato nel ricorso a firma dell’Avv. Pirozzi, ma – diversamente - ha sottolineato che il profilo di responsabilità tale da escludere la buona fede, in questa fase cautelare, era risultato comune a tutti gli acquirenti, senza che, peraltro, nessuno di questi avesse allegato o documentato specifici elementi di segno contrario.
7. Quanto poi al merito, il Tribunale del riesame ha innanzitutto rilevato che i ricorrenti, qualora avessero speso l'ordinaria diligenza nell'acquisto delle unità, avrebbero avuto consapevolezza circa il titolo abilitativo rilasciato, volto alla realizzazione di un impianto turistico leggero, destinato all'uso ricettivo temporaneo e non già alla realizzazione di un complesso residenziale destinato alla parcellizzazione delle unità abitative e alla loro successiva e singola vendita, con annessi posti auto ad uso esclusivo e facoltà d'uso - con pagamento delle relative spese, secondo le tabelle millesimali - degli altri servizi presenti. Ancora, l'ordinanza ha sottolineato che nei vari atti pubblici di compravendita, nell'ambito dell'individuazione della “provenienza” dell'immobile di volta in volta interessato, era esplicitato come la stessa unità abitativa facesse parte di un “complesso turistico destinato a campeggio-bungalow”, le cui “qualità urbanistiche”, dunque, dovevano ritenersi opposte e incompatibili con la circolazione del diritto di proprietà e con l'acquisto di immobili, per come ampiamente riportato nella precedente parte della stessa ordinanza, con argomento che i ricorsi non menzionano, tantomeno contestano.
6.1. Ulteriore elemento impiegato nell'ordinanza per negare l'ignoranza incolpevole degli acquirenti, almeno in fase cautelare, è poi il fatto che nei medesimi atti – a chiara evidenza della finalità lottizzatoria dell'intero intervento edilizio - si faceva espresso riferimento alle spese e ai contributi condominiali, così chiarendosi che i bungalow oggetto di compravendita, anziché parte di un complesso turistico leggero a gestione unitaria (carattere più che adeguatamente escluso nella stessa ordinanza), costituivano parte di un intervento edilizio ad uso residenziale, con successivo trasferimento del diritto esclusivo di proprietà. A tale proposito, peraltro, il Giudice del riesame ha sottolineato anche l'irrilevanza dell'indicazione – contenuta nei vari atti notarili - secondo la quale il bene avrebbe dovuto essere adibito “a dimora temporanea” (non trattandosi, peraltro, nemmeno del trasferimento di multiproprietà); gli atti di compravendita in questione, infatti, avevano tutti ad oggetto il trasferimento di una porzione immobiliare facente parte del “Villaggio Campisi”, quali civili abitazioni, anche di lusso, e dunque la stessa indicazione appariva, invero, un ulteriore elemento di sospetto che gli acquirenti avrebbero dovuto riscontrare.
6.2. Ancora sul punto, e nuovamente con motivazione che non può qualificarsi assente o di mera apparenza, l'ordinanza ha evidenziato che non poteva rilevare in senso favorevole ai ricorrenti la circostanza che (ovviamente) gli atti di compravendita fossero stati rogati da notai, traducendosi tale intervento nell’ordinario strumento per la circolazione dei beni immobili; anche questi professionisti, sebbene non indagati (tali risultando soltanto Antonio e Luigi Campisi, come anche da documentazione prodotta), avrebbero dovuto riscontrare che il titolo edilizio richiamato negli stessi atti non si riferiva agli immobili per come venivano compravenduti.
6.2.1. D’altronde, questa Corte ha più volte affermato – con indirizzo da ribadire – che in tema di confisca di immobile oggetto di lottizzazione abusiva, non può ritenersi automaticamente sussistente la buona fede dell'acquirente per il solo fatto che si sia rivolto per il rogito della compravendita ad un notaio, il cui intervento - sia per la possibilità di incomplete o mendaci dichiarazioni o documentazioni a lui rese o prodotte al fine di non fare emergere l'intento lottizzatorio, sia per l'eventualità di un contributo, doloso o colposo, del pubblico ufficiale alla realizzazione dell'evento illecito - non fa venir meno l'originaria illegalità dell'immobile, né può consentire all'acquirente, in dolo o in colpa, di godere di un bene di provenienza illecita e al costruttore abusivo di conseguire il proprio illecito fine di lucro (tra le molte, Sez. 3, n. 51710 del 3/12/2013, Pm/Chiantera, Rv. 257348. Tra le non massimate, Sez. 3, n. 28104 del 22/1/2013, Santarelli).
6.2.2. Analogamente, non costituisce argomento a sostegno della buona fede dei ricorrenti l'emissione - da parte del Comune di Crotone - di cartelle per il pagamento dell’IMU o della TARI: come la prima, infatti, ha per presupposto il mero possesso dell'immobile, così la seconda si fonda sul solo fatto oggettivo dell'occupazione o della detenzione del locale o dell'area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, prescindendo dal titolo, giuridico o di fatto, in base al quale l'area o il locale sono occupati o detenuti (tra le altre, Sez. 5, n. 16105 del 10/6/2024, Rv. 671312).
6.3. La prima parte del motivo, pertanto, deve essere rigettata, non riscontrandosi quella carenza motivazionale che i ricorrenti denunciano.
7. Con riguardo, poi, all'ultima parte della stessa prima censura, che lamenta l'assenza di motivazione quanto al periculum in ordine al sequestro disposto (anche) ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., la denunciata omessa motivazione dev'essere, invece, riscontrata. L'ordinanza, infatti, si limita a richiamare il divieto di restituzione delle cose sequestrate destinate a confisca, di cui all’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., senza tuttavia motivare quanto alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo, proprio della confisca, rispetto alla definizione del giudizio, come richiesto dalla sentenza delle Sezioni Unite Ellade (n. 36959 del 24/6/2021, Rv. 281848). Questa carenza motivazionale, tuttavia, non comporta l'annullamento dell'ordinanza impugnata, in quanto la cautela reale permane in ragione dell'altro titolo che la sostiene, quale il sequestro preventivo impeditivo di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., oggetto del secondo motivo di comune ricorso, da ritenere parimenti infondato.
8. La motivazione resa sul punto dal Tribunale del riesame, infatti, risulta tutt'altro che assente o di mera apparenza, riscontrandosi un apparato argomentativo particolarmente ampio ed approfondito, con particolare riguardo al concetto di carico urbanistico ed al suo aggravio nella vicenda in questione.
8.1. L’ordinanza, in particolare, ha ravvisato il periculum in mora con caratteri di concretezza ed attualità, sottolineando che il bene giuridico protetto dalla normativa penale in materia urbanistica - la tutela sostanziale dell'assetto territoriale - può essere turbato non solo dalla statica realizzazione dell'opera abusiva, ma anche dall'uso di questa, tramite il suo godimento che implica una nuova e continua domanda di servizi e di infrastrutture destinate ad appesantire il carico urbanistico, in contrasto con la destinazione d'uso pianificata per la zona in cui l'immobile insiste. Ancora, il Tribunale ha sottolineato che l'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, invero necessaria a fronte della reale consistenza dell'intervento in questione, compromette le scelte di destinazione e di uso del territorio riservato alla competenza pubblica, con l'effetto che la situazione antigiuridica innescata dall'iniziale condotta lottizzatoria si protrae nel tempo, perdurando l'attentato al bene giuridico protetto, con l'effetto che anche solo il mantenimento della situazione contra legem è sufficiente a perpetuare e ad approfondire l'offesa.
8.2. L’ordinanza, ancora sul punto, ha anche affrontato il tema dell'applicabilità del sequestro preventivo all'immobile abusivo già ultimato, evidenziando che la questione è stata definitivamente superata dalla giurisprudenza di legittimità: le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 12878 del 29/1/2003 (PM/Innocenti, Rv. 223721), hanno infatti affermato che il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità, e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato.
8.2.1. Ebbene, tale pericolo è stato ampiamente sviluppato nell'ordinanza impugnata, evidenziando che le “ontologiche differenze strutturali intercorrenti tra una struttura turistica leggera (fatta di bungalow, tende e roulotte, ovvero frequentata anche da ospiti che provvedono autonomamente alla loro situazione) ed un insediamento residenziale potenzialmente abitabile da tutti i rispettivi proprietari delle unità abitative (potenzialmente 74 nuclei familiari), comporta un evidente aggravio delle opere secondarie (strade, fogne, spazi verdi e loro cura, servizi di trasporto, viabilità, manutenzione, sicurezza, ecc.) sconosciute al primo”, che rafforza sia la lesione al bene giuridico protetto che la necessità di opere strumentali e/o secondarie, tanto in relazione all'entità - anche volumetrica - dell'intervento, quanto alla presenza di abitanti significativamente più consistente. Ancora con motivazione del tutto adeguata, dunque, il Tribunale del riesame ha sottolineato che l'alienazione del diritto di proprietà della quasi totalità delle unità abitative comporta anche che l'uso di queste aggrava la necessità di urbanizzazione, figlia della diversa organizzazione dello spazio e del territorio, così da imporsi la conferma del provvedimento impugnato anche sotto questo profilo.
8.3. In senso contrario, peraltro, non possono essere ritenute efficaci le considerazioni di cui al secondo motivo di ricorso, che - peraltro con argomenti in fatto, non ammissibili in questa sede - rimarca che le unità abitative in oggetto dovrebbero essere “adibite a dimora temporanea”, così da non riscontrarsi l'aggravio di carico urbanistico ampiamente riportato in motivazione; come già sopra richiamato, infatti, l'ordinanza ha sottolineato, proprio in punto di pericolo, l'irrilevanza di tale indicazione a fronte del pacifico trasferimento della piena proprietà di una civile abitazione.
9. I ricorsi, pertanto, debbono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2024