Cass. Sez. III n. 16182 del 9 aprile 2013 (ud. 28 feb. 2013)
Pres. Teresi Est. Fiale Ric. Crisafulli ed altro
Urbanistica. Lavori in zona sismica ed elemento soggettivo del reato

In materia di costruzioni in zona sismica la colpa dei committenti si può sostanziare nella inosservanza di obblighi imposti dalla legge dei quali essi erano destinatari diretti, attraverso comportamenti negligenti ed imprudenti concretantesi nell'avere omesso di acquisire - assumendo le dovute informazioni presso le autorità amministrative competenti - doverosa cognizione di tutti gli adempimenti necessari per la legittima esecuzione dei lavori edilizi da realizzare.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 28/02/2013
Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - N. 608
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere - N. 31921/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CRISAFULLI VIRGINIA N. IL 11/08/1954;
DATO ACHILLE GIUSEPPE N. IL 18/04/1952;
avverso la sentenza n. 615/2012 TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO, del 20/09/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/02/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sante Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con sentenza del 20.9.2011, ha affermato la responsabilità penale di Crisafulli Virginia e Dato Achille Giuseppe in ordine ai reati di cui:
- al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95 (per avere realizzato sul terrazzo di un immobile di loro proprietà una veranda chiusa precaria rimovibile in legno, delle dimensioni di mt. 7,00 x 7,77, con solaio di copertura in perlinato e tegole, senza dare avviso al Genio Civile, senza la preventiva presentazione dei calcoli di stabilità e senza l'autorizzazione scritta richiesta in zona sismica - acc. in Fumari, loc. Portorosa, il 13.3.2009);
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., ha condannato ciascuno alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati ed atto di appello gli imputati medesimi e, con tali mezzi di gravame, hanno eccepito sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione:
- la erronea applicazione della disciplina antisismica posta dal T.U., D.P.R. n. 380 del 2001, non essendosi tenuto conto della divergente e derogatoria normativa posta dalla L.R. siciliana 16 aprile 2003, n. 4, art. 20 che, in forza della competenza legislativa esclusiva che appartiene alla Regione Siciliana secondo il suo Statuto speciale, deroga ad ogni altra disposizione di legge, sicché per le opere aventi struttura precaria previste dalla norma stessa non sarebbero richiesti alcun progetto esecutivo e alcuna denuncia o autorizzazione preventiva, ossia non sarebbe applicabile alcuna di quelle prescrizioni sancite dalla norme contestate di cui al cit. T.U..
A norma della L.R. n. 4 del 2003, art. 20, comma 2, l'opera precaria deve essere soltanto preceduta da una relazione di un professionista abilitato alla progettazione, che asseveri il rispetto delle norme di sicurezza e la mancanza di pregiudizio alla statica dell'immobile e tale relazione asseverativa sostituisce ed ingloba tutte le ulteriori prescrizioni previste dalla legge nazionale per le opere da realizzarsi in zona sismica;
- la mancata valutazione di una evidente situazione di buona fede per errore incolpevole, a fronte di un quadro normativo equivoco, tanto che lo stesso ufficio del Genio Civile di Messina, verosimilmente a causa dell'incertezza derivante dal contrasto tra la normativa regionale e quella statale in materia, solo a distanza di cinque anni dall'entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2001 aveva emanato la disposizione di servizio n. 235 del 26.8.2008, indirizzata ai Comuni, con cui aveva chiarito che per le strutture precarie superiori a 20 mq. era comunque necessario depositare i calcoli di stabilità;
- la compieta estraneità della Crisafulli alla vicenda, perché i lavori erano stati commissionati e seguiti soltanto dal Dato;
- la incongrua determinazione della pena, priva della specificazione della misura base e dell'aumento inflitto per la continuazione. La Corte di appello di Messina - con ordinanza del 4.6.2012 - ha convertito l'atto di appello sottoscritto personalmente dagli imputati in ricorso per cassazione, ex art. 568 c.p.p., u.c.. Il difensore ha depositato memoria aggiuntiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere rigettati, perché infondati. 1. L'art. 14, lett. f), dello Statuto speciale della Regione Siciliana, approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 prevede che il legislatore siciliano ha competenza esclusiva In materia urbanistica.
Il T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con il D.P.R. n. 380 del 2001, ha riconosciuto questa competenza primaria delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, sempre "nel rispetto e nei limiti" dei rispettivi statuti (art. 2, comma 2).
La L.R. siciliana 16 aprile 2003, n. 4, art. 20 assoggetta ad un particolare regime di asseveramento (ove la legislazione nazionale prescrive invece la necessità del permesso di costruire):
a) "la chiusura di terrazze di collegamento e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie";
b) la realizzazione di verande, definite come "chiusure o strutture precarie relative a qualunque superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra fabbricati";
c) la realizzazione di altre strutture, comunque denominate (a titolo esemplificativo si fa riferimento a tettoie, pensiline e gazebo), che vengono assimilate alle verande, a condizione che ricadano su aree private, siano realizzate con strutture precarie e siano aperte almeno da un lato.
La norma in esame dispone altresì che:
aa) gli interventi dianzi descritti non sono considerati aumento di superficie utile o di volume ne' modifica della sagoma della costruzione;
bb) "sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione". Prima di realizzare questi interventi minori, il proprietario deve soltanto presentare al Comune una relazione asseverata di un professionista abilitato, che assicuri il rispetto delle norme vigenti sotto il profilo urbanistico, igienico-sanitario e di sicurezza.
Le disposizioni regionali anzidette, procedendo alla identificazione in via di eccezione di determinate opere precarie non soggette a permesso di costruire, privilegiano il "criterio strutturale" (la circostanza che le parti di cui la costruzione si compone siano facilmente rimovibili) a discapito di quello "funzionale" (l'uso realmente precario e temporaneo cui la costruzione è destinata). Tali disposizioni, pertanto, non possono essere applicate al di fuori dei casi espressamente previsti vedi Cass., Sez. 3: 26.4.2007, Camarda; 15.6.2006, Moltlsanti.
Secondo una interpretazione costituzionalmente corretta della competenza primaria riconosciuta alla Regione Siciliana, inoltre, la deroga alla disciplina nazionale deve essere limitata alla materia dell'urbanistica e non può essere estesa alle materie della disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni in conglomerato cementizio armato. Infatti, la norma - di rango costituzionale - che in via di eccezione riconosce la competenza primaria della Regione Siciliana fa riferimento soltanto alla materia "urbanistica", che attiene all'assetto e al governo del territorio, mentre la legislazione antisismica e quella sulle costruzioni in cemento armato si riferisce a materie diverse, che attengono alla sicurezza statica degli edifici e - come tali - appartengono alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117 Cost., comma 2. Questa differenza di interessi tutelati si riflette anche nella differenza, almeno parziale, delle autorità competenti, essendo l'urbanistica riservata tradizionalmente all'autorità comunale e le altre materie predette assegnate invece agli uffici del Genio Civile ed attualmente agli uffici tecnici regionali (vedi Cass., Sez. 3, 9.7.2008, n. 38405, Di Benedetto).
Alla stregua di tali principi, appare evidente l'infondatezza del primo motivo dei ricorsi, giacché l'intervento edilizio in oggetto poteva considerarsi, secondo la normativa della Regione Siciliana, sottratto al permesso di costruire previsto a tutela degli interessi urbanistici, ma continuava ad essere soggetto ai controlli preventivi previsti a tutela della sicurezza delle costruzioni. 2. Per completezza espositiva - tenuto conto delle peculiarità costruttive del manufatto oggetto della vicenda in esame - appare opportuno evidenziare che le disposizioni di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 94 si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, stante l'esigenza di massimo rigore nelle zone dichiarate sismiche, che rende necessari i controlli e le cautele prescritte anche quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed al cemento armato (vedi Cass., Sez. 3: 17.2.2012, n. 6591; 25.1.2011, n. 15412; 3.9.2007, n. 33767; 24.10.2001, n. 38142). 3. In ordine alla eccepita estraneità di Crisafulli Virginia agli illeciti contestati, deve rilevarsi che, a norma del cit. T.U., art. 93 "chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni", in zona sismica, deve farne denuncia all'organo competente con comunicazione alla quale deve essere allegato il progetto firmato da un tecnico autorizzato e dal direttore dei lavori.
Le relative opere edilizie, poi, a norma del successivo art. 94, non possono essere iniziate senza preventiva autorizzazione. Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 95, TU infine, commina la sanzione penale della sola ammenda, da infliggersi a "chiunque" violi le prescrizioni già contenute nella legge antisismica ed ora nel CAPO 4^ del citato T.U. (Procedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) e nei decreti interministeriali di attuazione.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la responsabilità penale per 4 costruzione abusiva può essere affermata quando sussistano elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che l'agente abbia in qualche modo concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori abusivi. Occorre considerare, in sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta l'attività incriminata, tenendo conto non soltanto della piena disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest") bensì pure: dei rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il proprietario; dell'eventuale presenza "in loco" durante l'effettuazione dei lavori; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza sull'esecuzione dei lavori; della richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; del regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari e, in definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale della stessa vedi Cass., Sez. 3:
27.9.2000, n. 10284, Cutaia; 3.5.2001, n. 17752, Zorzi; 10.8.2001, n. 31130, Gagliardi; 18.4.2003, n. 18756, Capasso; 2.3.2004, n. 9536, Mancuso; 28.5.2004, n. 24319, Rizzuto; 12.1.2005, n. 216, Fucciolo;
15.7.2005, n. 26121, Rosato; 2.9.2005, n. 32856, Farzone. Grava sull'interessato, inoltre, l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.9.2003, n. 35537, Vitale).
Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame, il giudice del merito - con motivazione adeguata ed immune da vizi logico- giuridici - ha ricondotto anche all'imputata Crisafulli l'attività di edificazione in oggetto sui rilievi che essa: era comproprietaria dell'edificio sul cui terrazzo è stata realizzata la nuova struttura; ne aveva la disponibilità giuridica e di fatto; aveva sicuro interesse all'esecuzione delle opere.
Trattasi di elementi indiziari univoci e gravi - non smentiti da elementi di segno diverso - sulla base dei quali correttamente è stato ritenuto il concorso nei reati quanto meno sotto il profilo del rafforzamento morale del disegno criminoso del marito. 4. Con riferimento alle doglianze riferite alla pretesa carenza dell'elemento soggettivo delle contravvenzioni va rilevato che la colpa dei committenti si sostanzia, nella specie, nella inosservanza di obblighi imposti dalla legge dei quali essi erano destinatari diretti, attraverso comportamenti negligenti ed Imprudenti concretatisi nell'avere omesso di acquisire - assumendo le dovute informazioni presso le autorità amministrative competenti - doverosa cognizione di tutti gli adempimenti necessari per la legittima esecuzione dei lavori edilizi che avevano deciso di realizzare. Ai fini della configurabilità dell'ignoranza inevitabile e quindi scusabile della legge penale (ex art. 5 cod. pen., a seguito della sentenza n. 364/1988 della Corte Costituzionale), la scriminante della buona fede può trovare applicazione - invece - solo nell'ipotesi in cui l'agente abbia fatto tutto il possibile per adeguarsi al dettato della norma e questa sia stata violata per cause indipendenti dalla volontà dell'agente medesimo, al quale, quindi, non può essere mosso alcun rimprovero, neppure di semplice leggerezza.
5. La pena, infine, è stata determinata con corretto riferimento ai criteri direttivi di cui all'art. 133 cod. pen. e va ribadita, al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo la quale, in tema di applicazione della pena nel reato continuato, la distinta applicazione dei singoli aumenti di pena per i diversi reati satelliti, sebbene non sia vietata ed anzi sia utile perché rende meglio evidenti le ragioni che concorrono a formare l'aumento complessivo e rende più speditamente applicabili vari istituti penali, quali eventuali cause estintive dei reati o delle pene, tuttavia non è prevista ne' richiesta dalla legge; sicché l'indicazione, in materia unitaria e complessiva, dell'aumento di pena per i reati satellite non provoca nullità od irregolarità di alcun genere (vedi Cass., Sez. 3: 7.12.2004, n. 47420, Cutarelli;
30.11.1998, n. 12540, Riccio).
Questa Corte ha altresì affermato che la possibilità, per il giudice di merito, di calcolare gli aumenti di pena, per i reati ritenuti in continuazione di quello più grave, anziché in modo unitario, in quantità correlative a ciascuno di tal reati entro il limite massimo complessivamente previsto dalla legge, costituisce una semplice facoltà e non un obbligo, dato che la legge, coerentemente alla teoria del cumulo giuridico cui essa si ispira, si riferisce ad un aumento unitario, quale che sia il numero dei reati ritenuti in continuazione e senza pregiudicare l'autonoma loro individualità a tutti gli altri effetti (Cass., Sez. 6, 16.1.1991, n. 403, Marin). 6. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2013