Consiglio di Stato, Sez. V, n. 533, del 4 febbraio 2015
Rifiuti.Messa sicurezza dell'area circostante la discarica a salvaguardia delle acque sotterranee.

Le risposte fornite dal collegio dei verificatori hanno chiarito che dalla valutazione dei dati di qualità dell’acqua di falda disponibili si riscontrano, nei punti posti a valle della discarica parametri di inquinamento presenti nel percolato (Cloruri, Azoto Ammoniacale, Potenziale Redox, N‿butilbenzensulfonammide, Ossidabilità di Kubel), o parametri che appaiono derivare da fenomeni biologici anossici e processi di lisciviazione aventi origine nelle caratteristiche chimico-fisiche del percolato stesso. Non deve essere dimenticato che in materia ambientale assume un valore determinante il principio di precauzione (art. 191, TFUE, art. 1, comma 8, lett. f), l. 308/2004), in omaggio al quale l’amministrazione deve intervenire anche in presenza di una mera probabilità di incidenze significative sulla salute pubblica. La stessa Corte di Giustizia ha ritenuto legittima l’adozione di misure restrittive, qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse. Ciò avvalora l’insussistenza delle censure denunciate nel ricorso di prime cure in ordine all’irragionevolezza ed illogicità delle prescrizioni a corredo dell’ordinanza impugnata, considerato che, al contrario, le stesse si presentano come proporzionali rispetto alla protezione che intendono assicurare e coerenti rispetto agli interventi già indicati come necessari. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00533/2015REG.PROV.COLL.

N. 07675/2011 REG.RIC.

N. 08817/2011 REG.RIC.

N. 09062/2011 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7675 del 2011, proposto dalle Associazioni Codici-Centro Per i Diritti del Cittadino, Codici Lazio - Centro Per i Diritti del Cittadino, Codiciambiente, ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, tutte rappresentate e difese dall'avvocato Massimo Letizia, con domicilio eletto presso l’Associazione Codici in Roma, Via G. Marconi, n. 94;

contro

Società E. Giovi s..r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberta Milone, Avilio Presutti e Franco Gianpietro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Franco Sacchetti, n. 114;

nei confronti di

Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore,rappresentato e difeso dall'avvocato Angela Raimondo, domiciliato in Roma, Via del Tempio di Giove, n. 21;
Provincia di Roma, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanna De Maio, domiciliato in Roma, Via IV Novembre, n. 119/A;
Arpa Lazio, Asl 104 - Rm/D, Regione Lazio, non costituiti;

 

sul ricorso numero di registro generale 8817 del 2011, proposto da Arpa Lazio - Agenzia Regionale Protezione Ambientale del Lazio, in persona del Commissario straordinario, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Seri, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Ovidio, n. 20;

contro

Società E. Giovi s..r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberta Milone, Avilio Presutti e Franco Gianpietro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Franco Sacchetti, n. 114;

nei confronti di

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angela Raimondo, domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove, n. 21; Asl 104 Rm/D, Regione Lazio, Associazioni Codici-Centro Per i Diritti del Cittadino, Codici Lazio - Centro Per i Diritti del Cittadino, Codiciambiente, ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, tutte rappresentate e difese dall'avvocato Massimo Letizia, con domicilio eletto presso l’Associazione Codici in Roma, Via G. Marconi, n. 94;

 

sul ricorso numero di registro generale 9062 del 2011, proposto da Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Magnanelli, Angela Raimondo, domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove, n.21;

contro

Società E. Giovi s..r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberta Milone, Avilio Presutti e Franco Gianpietro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Franco Sacchetti, n. 114; Arpa Lazio, Asl 104 - Rm/D, Regione Lazio, non costituiti; Associazioni Codici-Centro Per i Diritti del Cittadino, Codici Lazio - Centro Per i Diritti del Cittadino, Codiciambiente, ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, tutte rappresentate e difese dall'avvocato Massimo Letizia, con domicilio eletto presso l’Associazione Codici in Roma, Via G. Marconi, n. 94;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata resa dal T.A.R. per il Lazio – Roma - Sezione II, n. 6617 del 22 luglio 2011.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società E. Giovi s.r.l., del Comune di Roma, della Provincia di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2014 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Letizia, Presutti, Gianpietro, Milone, Raimondo e Seri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. L’odierna vicenda trae origine dal ricorso proposto dalla Soc. E Giovi S.r.l. per l’annullamento: I) dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Roma n. 255 in data 12.11.2010; II) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale; III) nonché, con motivi aggiunti, del verbale di sopralluogo in data 16.12.2010.

2. Il TAR per il Lazio, con la pronuncia indicata in epigrafe accoglieva il suddetto ricorso, annullando l’ordinanza del Sindaco del Comune di Roma, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione. Il primo giudice giungeva a questa conclusione dopo aver svolto attività istruttoria, consistita nel disporre, ai sensi dell’art. 66 cod. proc. amm., verificazione volta a chiarire in particolare i seguenti profili: I) idoneità degli interventi di cui alla avversata ordinanza a soddisfare le esigenze di pubblico interesse nella stessa manifestate; II) le condizioni della loro realizzabilità e la relativa fattibilità; III) i margini di riconducibilità all’attività espletata dalla odierna ricorrente dei fenomeni che hanno determinato l’amministrazione ad adottare la citata ordinanza.

Il TAR per il Lazio faceva, quindi, proprie le conclusioni della disposta verificazione che era giunta a ritenere che: “le prescrizioni contenute nell’ordinanza del Sindaco di Roma, sia pur ispirate da una ragionevole e comprensibile esigenza di salvaguardia ambientale, non sono da ritenere idonee al caso in quanto prive di pratica fattibilità nei termini in cui queste vengono enunciate”… “pur non potendo escludere un effetto indotto dalla discarica sul carico ambientale complessivo, la mancanza di significativi dati fa ritenere che non è possibile allo stato attuale esprimere margini diritti e quantificabili di riconducibilità all’attività espletata dalla discarica di Malagrotta”.

La caducazione dell’ordinanza sindacale veniva pronunciata dal giudice di prime cure nella convinzione che l’azione amministrativa sarebbe dovuta essere rinnovata alla luce degli approfondimenti tecnici emersi in occasione delle complessive operazioni disposte in occasione della verificazione.

3. Con un primo gravame – rubricato al nrg. 7675 del 2011 – tre Associazioni di tutela ambientale e consumerisitica (meglio indicate in eprigrafe) hanno evidenziato l’erroneità della sentenza di prime cure in quanto:

a) la verificazione disposta sarebbe priva di riscontri fattuali e non fonderebbe su accessi o indagini in loco;

b) il verificatore non avrebbe, tenuto conto delle valutazioni delle c.t.p., né delle analisi prodotte, né avrebbe spiegato le ragioni della presenza in falda di inquinanti tipicamente derivati dall’inquinamento da discarica, non darebbe conto delle modalità di trattamento dei rifiuti per le quali sarebbe stata aperta una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea;

c) dalla verificazione emergerebbe, inoltre, che l’unico strumento utilizzato dalla E. Giovi s.r.l., per evitare l’inquinamento in falda risalirebbe al 1987, ma ciò nonostante non sarebbero state effettuate verifiche in zona per comprendere l’effettiva tenuta del polder;

d) le critiche del verificatore circa l’impossibilità di effettuare il pompaggio, disposto con l’ordinanza sindacale, sarebbero riconducibili ad un vizio originario del polder che dovrebbe essere sanato dalla E. Giovi s.r.l.;

e) la difficoltà di individuare il nesso causale tra inquinamento della falda e attività della discarica evidenzierebbe una mala gestio della stessa. Il TAR non spiegherebbe, perché sarebbero più affidabili i dati del verificatore in luogo di quelli dell’ISPRA e del Ministero dell’Ambiente; in ragione della responsabilità oggettiva in materia ambientale, in presenza di inquinamento della falda, spetterebbe al ricorrente di dimostrare di aver fatto tutto il necessario per evitare l’inquinamento.

3.1. Si è costituita in giudizio E.Giovi s.r.l. che ha messo in luce come nel corso degli anni, nella qualità di gestore della discarica di Malagrotta abbia costantemente monitorato e messo in opera anche di propria iniziativa interventi tesi ad escludere fenomeni di inquinamento e che gli stessi non le sarebbero addebitabili. Infatti, lo studio universitario del 16 ottobre 2009 commissionato dalla E.Giovi s.r.l. avrebbe appurato la tenuta del polder. Tutti i rapporti sulle indagini svolte dalla E.Giovi s.r.l. sarebbero stati messi a disposizioni della conferenza di servizi del 26 ottobre 2009, nella quale A.R.P.A. e A.S.L. avrebbero evidenziato l’estraneità dell’inquinamento della falda con esclusione dell’obbligo di messa in sicurezza. Nel successivo incontro tecnico si sarebbe lamentato un peggioramento della situazione, quindi l’A.R.P.A. avrebbe adottato una nota con la quale avrebbe chiesto alla E.Giovi s.r.l. la messa in sicurezza, nota che sarebbe stata impugnata, quindi sarebbe sopraggiunta l’ordinanza sindacale oggetto del ricorso di prime cure adottata in difetto dei presupposti oggettivi e soggettivi. Gli accertamenti svolti dai consulenti della Procura della repubblica di Roma in capo al legale rappresentante della E.Giovi s.r.l. avrebbero confermato la tenuta del polder, la riconducibilità dell’inquinamento anche a fattori ambientali, l’impossibilità di accertare un nesso causale. In ragione di tutto ciò l’appellata invoca la conferma della sentenza di prime cure.

In via subordinata ha riproposto sia i motivi del ricorso introduttivo non esaminati dal TAR: - a) mancato accertamento preventivo della situazione di pericolo; b) difetto del presupposto della contingibilità; c) difetto di motivazione; d) temporaneità del rimedio; e) mancanza di strumenti alternativi; f) violazione dell’art. 7, l. 241/90; g) violazione degli artt. 239, 242, 244 d.lgs. 152/2006, per incompetenza, assenza dei presupposti soggettivi, esclusione del peggioramento delle contaminazioni, insussistenza delle condizioni di emergenza; h) irragionevolezza e illogicità delle prescrizioni - che quelli posti a sostegno del ricorso per motivi aggiunti con i quali veniva impugnato il verbale di sopralluogo del 16 dicembre 2010 (violazione degli artt. 239, 242, 244 d.lgs. 152/2006, per assenza dei presupposti soggettivi, esclusione della cd. responsabilità da posizione, insussistenza delle condizioni di emergenza e di eventi di contaminazione di natura repentina, violazione dell’art. 3, l. 241/90 e difetto di presupposti e di istruttoria quanto all’imposizione dell’obbligo di eseguire prove con traccianti, ed alle altre prescrizioni imposte).

3.2. Nello stesso giudizio si sono costituite Roma Capitale e la Provincia di Roma;, quest’ultima, con memoria del 13 marzo 2012, ha evidenziato il proprio difetto di legittimazione passiva e ha chiesto di essere estromessa dal giudizio.

3.3. Con memoria della stessa data E.Giovi s.r.l., nel ribadire le proprie difese, ha posto in risalto che con determinazione n. 287 del 15 febbraio 2012, Roma capitale avrebbe sospeso il procedimento di bonifica a suo carico in ragione di quanto disposto dalla sentenza impugnata. L’impossibilità di individuare le cause dell’inquinamento sarebbero state riconosciute anche dal rapporto ISPRA del 2011. Pertanto, non potrebbe essere addossato all’appellata l’onere della bonifica. In questo senso sarebbero irrilevanti le determinazioni provinciali entrambe del 13 maggio 2010 aventi ad oggetto ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 12 d.lgs. 22/1997 (omessa tenuta di registri) e ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 11 d.lgs. 22/1997 (incompleta comunicazione annuale al catasto dei rifiuti) depositate da Roma Capitale, che sarebbero state opposte dinanzi al Tribunale di Roma.

4. Con autonomo appello la pronuncia indicata in epigrafe viene contestata anche dall’A.R.P.A., che pone in luce come dal 2003 al 2010 l’A.R.P.A. Lazio avrebbe rilevato la situazione di non conformità ampia e diffusa delle acque sotterranee esterne al sito della discarica. Vi sarebbe stata, nel corso del giudizio di prime cure, richiesta di sostituzione del verificatore Prof. Ing. Massimo Grisolia, non accolta dal primo giudice, essendosi lo stesso già occupato della discarica di Malagrotta sia per conto del’Università che per conto della stessa E. Giovi s.r.l.

Vi sarebbe stata violazione del contraddittorio in quanto il verificatore nominato in prime cure non avrebbe tenuto conto delle osservazioni del c.t.p. di A.R.P.A. Il primo, inoltre, non avrebbe effettuato in contraddittorio i sopralluoghi, avrebbe espresso considerazioni solo sui documenti, non avrebbe effettuato nuovi campionamenti sulla scorta delle eccezioni sollevate da ARPA, da ciò sarebbe evincibile: a) una carenza di motivazione della sentenza; b) un’erroneità della decisione perché erronee sarebbero le conclusioni alle quali giungerebbe la verificazione.

4.1. Nel giudizio si è costituita E. Giovi s.r.l. con memoria dell’11 novembre 2011.

4.2. In data 25 novembre 2011 si è costituita la Provincia di Roma, evidenziando il proprio difetto di legittimazione passiva.

4.3. Con memoria del 25 novembre 2011 E.Giovi s.r.l. ha sottolineato che il ricorso di ARPA sarebbe infondato, perché il verificatore avrebbe preso in esame l’indagine svolta dall’ISPRA e le considerazioni tecniche espresse dai consulenti dell’ARPA. Infatti, il verificatore avrebbe dato atto che dalle stesse emergeva l’esigenza di ulteriori indagini stante l’impossibilità di stabilire un nesso causale tra la gestione della discarica e l’inquinamento. La richiesta di indagini in loco sarebbe stata disattesa dal verificatore, stante la completezza della documentazione in suo possesso e l’impossibilità in ragione della grande estensione della discarica e della complessità costruttiva del diaframma di poter giungere ad ulteriori acquisizioni. Inoltre, il complessivo svuotamento dell’acqua sarebbe impedito dalla complessità del modello idraulico della discarica costituita da discariche non comunicanti tra di loro, sicché l‘intervento prescritto nell’ordinanza impugnata non sarebbe attuabile. Ancora la stessa indagine dell’ISPRA non chiarirebbe la presenza di un nesso causale tra l’attività della discarica e l’inquinamento. La relazione dell’ARPA esprimerebbe dei dubbi sul fatto che la contaminazione possa derivare dai valori di fondo dei terreni. Nello stesso senso sarebbe l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di dell’11 gennaio 2011 che avrebbe respinto la richiesta di incidente probatorio formulata dalla Procura della Repubblica di Roma sulla scorta delle stesse conclusioni alle quali giungevano i tecnici nominati dalla Procura. Gli stessi consulenti tecnici della Procura hanno escluso che potesse essersi registrato un peggioramento della contaminazione. Nello stesso senso militerebbero le verifiche effettuate dalla stessa ARPA che indicherebbe come anche i pozzi a monte della discarica evidenziano un superamento dei livelli di contaminazione da metalli. Con la stessa memoria E.Giovi s.r.l. ripropone i motivi non esaminati dal TAR.

4.4. Con memoria dell’1 dicembre 2011 si è costituita in giudizio Roma Capitale.

4.5. Con memoria del 13 marzo 2012 la Provincia di Roma ha ribadito il proprio difetto di legittimazione passiva.

4.6. Con memoria della stessa data E. Giovi s.r.l. nel ribadire le proprie difese, ha posto in evidenza che con determinazione n. 287 del 15 febbraio 2012, Roma capitale avrebbe sospeso il procedimento di bonifica a suo carico in ragione di quanto disposto dalla sentenza impugnata. L’impossibilità di individuare le cause dell’inquinamento sarebbero state riconosciute anche dal rapporto ISPRA del 2011. Pertanto, non potrebbe essere addossato alla E.Giovi s.r.l. l’onere della bonifica. In questo senso sarebbero irrilevanti le determinazioni provinciali entrambe del 13 maggio 2010 aventi ad oggetto ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 12 d.lgs. 22/1997 (omessa tenuta di registri) e ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 11 d.lgs. 22/1997 (incompleta comunicazione annuale al catasto dei rifiuti) depositate da Roma Capitale, che sarebbero state opposte dinanzi al Tribunale di Roma.

4.7. Con memoria di replica del 23 marzo 2012 E.Giovi s.r.l. ha affermato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’A.R.P.A. con la relazione tecnica dell’ing. Cintoli secondo la quale nei pozzi a monte della discarica si registrerebbero concentrazioni inferiori ai limiti di legge per la potabilità, da una simile affermazione non potrebbe ricavarsi l’ascrivibilità alla E.Giovi s.r.l. della contaminazione dell’area circostante la discarica. In ogni caso andrebbe rimarcato che l’indagine per stabilire la potabilità dell’acqua ex d.lgs. 32/2001 sarebbe differente da quella prevista ex d.lgs. 152/2006, per questo nei pozzi a monte quell’indagine non avrebbe rilevato la presenza di metalli. La situazione rilevata dal verificatore sarebbe stata confermata dalla consulenza disposta dalla Procura della Repubblica di Roma. Inoltre, non vi sarebbero prove circa la non tenuta del polder, che, al contrario, sarebbe invece comprovata dallo studio dell’Università di Roma del 16 ottobre 2009.

5. Altro appello autonomo viene proposto da Roma Capitale, che invoca la riforma della sentenza di prime cure per le seguenti ragioni: a) inammissibilità del ricorso di primo grado per acquiescenza, eccezione proposta e non esaminata dal TAR per il Lazio, e fondata sul fatto che il decreto commissariale n. 43 del 22 maggio 2007, avrebbe approvato con prescrizioni il piano di caratterizzazione della discarica richiedendo alla E.Giovi s.r.l. di adottare le misure di sicurezza. Terminata la gestione commissariale il comune di Roma in data 9 settembre 2009 avrebbe invitato la E.Giovi s.r.l. ad attuare le misure di sicurezza; b) violazione del principio del contraddittorio, per non avere il verificatore motivato sulle osservazioni dei tecnici di parte, in particolare quelle del geologo Bonfà, e per non aver effettuato sopralluoghi; c) inammissibilità del sindacato di merito svolto dal TAR, che avrebbe adottato la contestata pronuncia di accoglimento pur non avendo riscontrato profili di illogicità, irragionevolezza o travisamento. Né si comprenderebbe come i tempi lunghi di intervento per la messa in sicurezza stimati dal verificatore in 16 anni implicherebbero la non attuabilità degli stessi; d) violazione del principio di precauzione; e) erroneità della decisione derivante dall’erroneità delle conclusioni della verificazione, in quanto il verificatore non avrebbe espresso un giudizio sulle idoneità delle prescrizioni. Ancora il giudizio di fattibilità sarebbe stato raggiunto senza effettuare prove in loco. Quanto all’ascrivibilità dell’inquinamento all’attività della discarica il verificatore avrebbe omesso di fare riferimento ad una serie importante di documenti, che evidenzierebbero come a 800 mt. a monte della discarica l’acqua sarebbe potabile, e conforme ai limiti di legge. Inoltre, lo studio dei valori di fondo non sarebbe stato condotto utilizzando un numero adeguato di pozzi. Ancora tra le sostanze rilevate dall’A.R.P.A. sarebbe presente il composto NBBSA, che è un marker del percolato derivato dalla degradazione della plastica. Vi sarebbe la presenza di pozzi a valle della discarica inquinati, ed evidenze piezometriche del flusso idrico proveniente dalla discarica, la presenza di un gradiente interno alla discarica con direzione di flusso complessiva diretta come nella falda esterna; f) erroneità della motivazione della sentenza.

5.1. Con memoria del 18 novembre 2011 si è costituita in giudizio E.Giovi s.r.l.

5.2. Con memoria del 25 novembre 2011 si è costituita in giudizio la Provincia di Roma, evidenziando il proprio difetto di legittimazione passiva.

5.3. Con memoria del 25 novembre 2011 E.Giovi s.r.l. ha posto in luce che il ricorso di primo grado non sarebbe inammissibile, perché l’ordinanza sindacale impugnata sarebbe stata adottata sulla scorta di una nuova istruttoria e di una nuova valutazione. Non vi sarebbe violazione del contraddittorio, perché il verificatore avrebbe tenuto in considerazione i rilievi dei tecnici delle altre parti. Il sindacato del TAR non avrebbe riguardato il merito. Non vi sarebbe violazione del principio di precauzione e sarebbe stata data adeguata risposta dal verificatore ai quesiti posti dal TAR. La presenza del NBBSA non sarebbe qualificata a livello scientifico come marker del percolato e sarebbe comunque sostanza presente anche a monte della discarica. L’estraneità di un nesso causale tra l’inquinamento e la presenza della discarica sarebbe stata esclusa anche dalla consulenza della Procura della Repubblica di Roma. Con la stessa memoria, infine, E.Giovi s.r.l. ha riproposto i motivi assorbiti.

5.4. Con memoria del 12 marzo 2012 la Provincia di Roma ha ribadito il proprio difetto di legittimazione passiva.

5.5. Con memoria della stessa data E.Giovi s.r.l. nel reiterare le proprie difese, ha posto in evidenza che con determinazione n. 287 del 15 febbraio 2012, Roma capitale avrebbe sospeso il procedimento di bonifica a suo carico in ragione di quanto disposto dalla sentenza impugnata. L’impossibilità di individuare le cause dell’inquinamento sarebbero state riconosciute anche dal rapporto ISPRA del 2011. Pertanto, non potrebbe essere addossato alla Giovi l’onere della bonifica. In questo senso sarebbero irrilevanti le determinazioni provinciali entrambe del 13 maggio 2010 aventi ad oggetto ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 12 d.lgs. 22/1997 (omessa tenuta di registri) e ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 11 d.lgs. 22/1997 (incompleta comunicazione annuale al catasto dei rifiuti) depositate da Roma Capitale, che sarebbero state opposte dinanzi al Tribunale di Roma.

6. Con sentenza n. 2539 del 3 maggio 2012 questa Sezione:

a) ha riunito i tre appelli ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a.;

b) ricostruiti i fatti di causa ha disposto una nuova verificazione sulla scorta delle seguenti ragioni:

la decisione appellata ha recepito le risultanze della verificazione, svolta in prime cure dal prof. Grisolia, la cui nomina era stata contestate dalle odierne appellanti, documentandosi che il medesimo aveva svolto, in precedenza, attività di consulenza e studio nell’interesse dell’originaria ricorrente occupandosi proprio della discarica di Malagrotta, oltre che pubblicato lavori in sede scientifica sullo stesso tema. Il Tar per il Lazio aveva, però, ritenuto di non accogliere la richiesta di sostituzione del verificatore, in assenza di una posizione di formale incompatibilità, sia in ragione della sua specifica competenza e indiscussa professionalità,che della circostanza che per l’espletamento della verificazione era stato prescritto un canone di pieno contraddittorio. Ciò nonostante gli Enti appellanti hanno proposto censure con le quali lamentano proprio che né il verificatore né il primo Giudice abbiano tenuto effettivo conto delle loro deduzioni tecniche; che il verificatore non abbia condotto sopralluoghi in sito, l’esperimento dei quali in contraddittorio era stato, nondimeno, richiesto dai consulenti di parte; che, infine, pur avendo il Tribunale fatto “salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione capitolina”, in concreto le conclusioni del decisum adesivo alla verificazione, dove si afferma che non sarebbe possibile allo stato “esprimere margini diritti e quantificabili di riconducibilità all’attività espletata dalla discarica di Malagrotta”, limiterebbero non poco l’intrapresa di ulteriori azioni a carico della titolare della discarica.

Pertanto, la Sezione ha ritenuto che la problematica tecnica oggetto di controversia esigesse un rinnovato ed approfondito esame, indispensabile ai fini della decisione della causa, ed ha delegato il Rettore del Politecnico di Torino per l’individuazione di un collegio di tre verificatori, onerando quest’ultimi di prendere posizione, in contraddittorio con le parti, sugli stessi quesiti formulati a suo tempo dal primo Giudice, con obbligo di motivazione analitica e adeguata anche sulle deduzioni dei consulenti di parte. Nella stessa pronuncia è stata evidenziata la necessità che il collegio di verificazione dovesse però in ogni caso specificamente esprimersi anche sui seguenti punti, al fine di chiarire se le relative affermazioni di parte appellante fossero, o meno, fondate:

“- se è vero che a monte della discarica, dove quindi questa non può esplicare la propria influenza, la falda non sarebbe inquinata, e quindi l’acqua risulterebbe potabile, mentre a valle della discarica la stessa falda sarebbe invece contaminata (cfr. appello Arpa, pag. 16; appello ass. Codici, pag. 4; appello Comune Roma, pagg. 10 e 16);

- se è vero che molti degli agenti inquinanti rinvenuti sarebbero componenti suscettibili di essere ragionevolmente considerate come caratteristiche del percolato, e comunque dell’inquinamento da discarica (appello Comune, pagg. 16, 17 e 20; appello ass. Codici, pag. 4);

- se è vero, infine, che nell’area si registrerebbe una concentrazione particolarmente elevata ma disomogenea di metalli nei vari punti di indagine, anche molto vicini tra loro (appello Arpa, pag. 6)”.

6.1. In data 17 novembre 2012 il collegio dei verificatori, nel chiedere una proroga per l’espletamento degli incombenti loro affidati, ha evidenziato la possibilità di due distinti tipi di verificazione: a) con esami in loco; b) sui documenti, chiedendo chiarimenti al Collegio.

6.2. Con memoria dell’11 dicembre 201, l’appellata ritiene la ipotesi sub a) non praticabile perché comporterebbe una sostituzione all’amministrazione comunale e non riuscirebbe ad accertare lo stato di fatto esistente nel 2010.

6.3.. Con memoria dell’11 dicembre 2012 il comune Roma ha sottolineato la presenza di altra documentazione che comproverebbe la legittimità del provvedimento assunto, ma si è rimessa al Collegio, quanto ai chiarimenti richiesti dai verificatori.

6.3. La Sezione con ordinanza n. 6517 del 19 dicembre 2012, ha disposto l’invocata proroga e stabilito che la rilevanza della controversia e la delicatezza dei valori in giuoco, esigendo un’indagine adeguatamente approfondita, non avrebbe permettono di prescindere da indagini in sito, con la conseguenza che il collegio dei verificatori nell’espletamento dell’incarico avrebbe dovuto attenersi all’ipotesi di lavoro identificata nella sua nota al punto a). Nella stessa ordinanza il Collegio ha precisato non avere pregio l’apodittica obiezione dell’appellata per cui attraverso siffatto incombente il collegio di verificazione verrebbe inammissibilmente a sostituirsi all’Amministrazione comunale, dal momento che l’incombente ha una semplice funzione di ausilio alla decisione giurisdizionale della presente controversia e che la funzione di ausilio appena detta non viene meno per il mero fatto che l’opera dei verificatori si sarebbe svolta a distanza di tempo dall’epoca di adozione degli atti la cui legittimità deve formare oggetto di sindacato.

6.4. In data 2 febbraio 2013 i verificatori hanno depositato una nuova richiesta di chiarimenti in ordine alla: a) collocazione temporale della vicenda; b) concetto di potabilità.

6.5. Con memoria del 15 marzo 2013 l’appellata ha posto in evidenza che le indagini in loco sarebbero inutili, perché non potrebbero evidenziare la situazione del 2010 ma solo quella attuale. Quanto al secondo chiarimento dovrebbe ritenersi che l’indagine andrebbe espletata non sulla potabilità dell’acqua, ma sull’eventuale contaminazione della falda

6.6. Con memoria del 4 aprile 2013 il Comune di Roma ha sostenuto che quanto al primo accertamento della situazione a base del provvedimento impugnato, sarebbe errato ritenere che nel corso di due anni possa essere significativamente variata la situazione. Quanto al secondo non sarebbe necessario verificare la potabilità dell’acqua, ma l’inquinamento.

6.7. Il Consiglio con ordinanza n. 1963 del 10 aprile 2013 è intervenuto sulle due questioni, precisando che: a) il presente giudizio concerne la legittimità dell’ordinanza sindacale del 12 novembre 2010, da valutare in via di principio alla luce della situazione di fatto e di diritto del tempo, e non è quindi strumentale ad esigenze di intervento operativo strettamente attuali; b) per quanto appena detto, non vi è dubbio che ai fini della richiesta verificazione un’importanza centrale sia rivestita da tutte le acquisizioni analitiche e da ogni altra risultanza precedenti all’ordinanza sindacale (o immediatamente consecutive); c) nondimeno, da parte del collegio di verificazione dovranno svolgersi sul campo anche tutte le ulteriori indagini che si presenteranno utili ad arricchire ed approfondire il quadro degli elementi di valutazione disponibili per la risposta ai quesiti a suo tempo fissati, onde ridurre i margini di eventuale incertezza e pervenire ad un giudizio il più possibile fondato (pur dovendo tenersi nel debito conto, va da sé, anche il fatto che lo stato attuale dei luoghi non necessariamente coinciderà con quello antecedente); d) che il secondo quesito attiene al concetto di potabilità, domandando il collegio istante “se sia corretta l’interpretazione di individuare l’oggetto della verifica nell’accertamento della modificazione degli indici di inquinamento di tipo chimico dell’acqua di falda a conseguenza dell’impatto della discarica, a prescindere da valutazioni non supportate da riscontro analitico in merito alla potabilità”; e) in proposito, che l’interpretazione formulata dal collegio di verificazione é corretta, occorrendo avere riguardo ai parametri di inquinamento della risorsa idrica oggetto delle istruttorie che stanno a base dell’ordinanza sindacale impugnata dalla società in questa sede appellata.

6.8. All’esito di nuova richiesta di proroga da parte dei verificatori, concessa con ordinanza n. 4723 del 25 settembre 2013, quest’ultimi hanno depositato (in data 25 febbraio 2014), il documento di verificazione con gli allegati, nei quali sono offerte le considerazioni, le analisi, le indagini di campo e i calcoli effettuati dal collegio dei Verificatori, per la risposta ai quesiti posti.

La “sintesi non tecnica” delle risposte dettagliate fornite nel Cap.4. del documento di verificazione viene espressa nei seguenti termini:

- Sul primo quesito “idoneità degli interventi imposti dall’avversata ordinanza a soddisfare le esigenze di pubblico interesse espresse dallo stesso provvedimento” si può affermare, in base all’analisi della documentazione acquisita e dei calcoli effettuati, che gli interventi richiesti dall’ordinanza del Sindaco di Roma n°255/2010 sono efficaci ai fini della tutela della salute pubblica e della risorsa idrica sotterranea. In particolare, l’“inversione del livello piezometrico presente all’interno e all’esterno del polder” permette di ridurre in modo considerevole o annullare il flusso di acqua contaminata da percolato in uscita dal perimetro del polder. Si ritiene, inoltre, che tale misura rientri nelle norme di buona gestione di un sito isolato idraulicamente. Gli altri interventi imposti dall’ordinanza sono anch’essi idonei a soddisfare le esigenze di pubblico interesse. La richiesta di esecuzione di prove di tracciamento (richieste dal Decreto Commissariale

43/2007, sollecitate da due note del Comune emanate nel 2009 e quindi dall’ordinanza) è, invece,

già stata soddisfatta.

- Sul secondo quesito “condizioni della realizzabilità degli interventi e relativa fattibilità”, il collegio dei Verificatori ritiene che i contenuti dell’ordinanza ed i relativi interventi siano tecnicamente realizzabili. In particolare, circa l’“inversione del livello piezometrico presente all’interno e all’esterno del polder”, le informazioni disponibili, le prove di pompaggio e le altre indagini effettuate per la caratterizzazione della falda idrica interna al polder, unitamente allo studio

condotto permettono di concludere che l’acquifero presente all’interno del polder possa essere

drenato efficacemente, ad esempio con un sistema di pozzi perimetrali.

- Sul terzo quesito, “margini di riconducibilità all’attività espletata dalla ricorrente dei fenomeni che

avevano determinato l’Amministrazione ad adottare l’ordinanza”, il raffronto tra i parametri

chimici e chimico�?fisici (Cloruri, Azoto Ammoniacale, Potenziale Redox, N butilbenzensulfonammide, Ossidabilità di Kubel, Ferro e Manganese) dell’acqua di falda in

corrispondenza dei punti di monitoraggio ubicati immediatamente a monte ed a valle del polder,

porta a ricondurre all’attività di discarica gestita dalla E. Giovi SRL il fenomeno di contaminazione

che ha condotto all’emanazione dell’ordinanza sindacale n°255/2010.

- Sul quarto quesito, “se è vero che a monte della discarica, dove quindi questa non può esplicare la propria influenza, la falda non sarebbe inquinata, e quindi l’acqua risulterebbe potabile, mentre a valle della discarica la stessa falda sarebbe invece contaminata (cfr. appello Arpa, pag. 16; appello ass. Codici, pag. 4; appello Comune Roma, pagg. 10 e 16)” occorre innanzitutto precisare che, a seguito della risposta del Consiglio di Stato (comunicazione del 10 aprile 2013 riportata in

premessa) alla richiesta di chiarimento da parte dei Verificatori, sono stati presi in considerazione i

parametri chimici e chimico�?fisici di inquinamento, a prescindere da valutazioni non supportate da

riscontro analitico in merito alla potabilità. Dalla valutazione dei dati di qualità dell’acqua di falda

disponibili si riscontrano, nei punti posti a valle della discarica parametri di inquinamento presenti

nel percolato (Cloruri, Azoto Ammoniacale, Potenziale Redox, N�?butilbenzensulfonammide, Ossidabilità di Kubel), o parametri che appaiono derivare da fenomeni biologici anossici e processi

di lisciviazione aventi origine nelle caratteristiche chimico – fisiche del percolato stesso. Tali parametri risultano presenti in concentrazioni decisamente superiori alle Concentrazioni Soglia di

Contaminazione – CSC ex D. Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. ed ai Valori di Fondo Naturale. Da tale

constatazione emerge un quadro di contaminazione per i piezometri ubicati a valle piezometrica

della discarica. Dei quattro punti di monitoraggio rappresentativi del monte della discarica “ossia dove questa non può esplicare la propria influenza”, due risultano essere non contaminati, uno è caratterizzato da superamenti delle CSC per i parametri Ferro e Manganese ed il restante per i parametri Nichel e Solfati. Si può pertanto affermare che a monte della discarica, “ossia dove questa non può esplicare la propria influenza”, esistano aree dove la falda superficiale non è contaminata e zone dove risulta essere contaminata, anche se a livelli inferiori rispetto a quelli riscontrati in prossimità della discarica gestita dalle E. Giovi.

- Per ciò che riguarda il quinto quesito, “se è vero che molti degli agenti inquinanti rinvenuti

sarebbero componenti suscettibili di essere ragionevolmente considerate come caratteristiche del

percolato, e comunque dell’inquinamento da discarica (appello Comune, pagg. 16, 17 e 20; appello

ass. Codici, pag. 4)”, appare evidente che alcuni analiti riscontrati sono ragionevolmente

attribuibili a percolato (Cloruri, Azoto Ammoniacale, Potenziale Redox, Nbutilbenzensulfonammide e Ossidabilità di Kubel) mentre altri (Ferro e Manganese soprattutto)

sono riconducibili all'introduzione nella falda di materiale organico riducente contenuto nel

percolato (sostanza organica carboniosa, azoto ammoniacale), che induce un fenomeno

degradativo di tipo inevitabilmente anossico, con riduzione degli elementi ossidati presenti nel

terreno e la conseguente loro lisciviazione, data la differente solubilità tra forme ossidate e forme

ridotte. La presenza di molecole potenzialmente traccianti, come la N�?butilbenzensulfonammide,

conferma quanto osservato.

- Sul sesto quesito, “se è vero, infine, che nell’area si registrerebbe una concentrazione

particolarmente elevata ma disomogenea di metalli nei vari punti di indagine, anche molto vicini

tra loro (appello Arpa, pag. 6)”, sulla base delle risultanze analitiche di rilievi eseguiti su acque

sotterranee interne ed esterne al polder (ARPA Lazio [20]), vengono riscontrate concentrazioni di

metalli elevate e disomogenee nei vari punti di indagine anche molto vicini tra loro (un esempio è

costituito dalla presenza di Ferro nei piezometri NP5 ed NP7). Analoghi esempi si riscontrano per

altri parametri indicatori di inquinamento, quale il Manganese. Tali differenze possono essere

ricondotte ad un differente flusso advettivo e dispersivo in uscita dal perimetro del polder. È

inoltre da tenere in considerazione la disomogeneità dei parametri idrodinamici dell’acquifero, e

conseguentemente del campo di moto di falda e della propagazione dei contaminanti, della sua

composizione mineralogica, con differente intensità dei fenomeni di lisciviazione chimica

precedentemente descritti.

6.9. Nelle successive difese l’appellata ha invocato una nuova verificazione o in subordine riscontro motivato sui rilievi del ctp in ragione di: a) gravi carenze istruttorie in relazione alla fattibilità dell’inversione del livello piezometrico, all’attribuibilità dello stato di contaminazione alla discarica; b) difetto di contraddittorio per non avere i verificatori svolto specifiche considerazioni su quanto rilevato dal ctp.

7. Sulla scorta delle suddette premesse, occorre ribadire, come già in nuce nella pronuncia di questa Sezione che ha disposto la verificazione, che gli appelli in esame devono essere accolti, non potendo ritenersi convincente l’argomentazione adoperata dal primo giudice per ritenere illegittima l’ordinanza sindacale oggetto di gravame. Le stringate motivazioni utilizzate dal primo giudice, infatti, fondano su di una duplice argomentazione, tratta dalla verificazione disposta: a) le prescrizioni imposte con l’ordinanza sindacale non sono da ritenere idonee al caso in quanto prive di pratica fattibilità nei termini in cui queste vengono enunciate; b) in mancanza di dati significativi non può ritenersi che sul carico ambientale complessivo influisca l’attività espletata dalla discarica di Malagrotta.

Un rilevante profilo di perplessità, che prescinde dalle risultanze della verificazione disposta in secondo grado, deriva, infatti, dalla circostanza evincibile immediatamente che ad entrambe le conclusioni il verificatore sia giunto senza espletare alcuna indagine in loco, che pure sarebbe stata quanto mai opportuna in ragione degli interessi sensibili, che il provvedimento gravato intendeva tutelare, ossia quello ambientale e quello della salute pubblica, inerenti ad un numero elevato di cittadini.

8. Occorre a questo punto premettere alla soluzione dell’odierna controversia una precisa delimitazione del thema decidendi sulla scorta sia delle censure esaminate dal primo giudice che di quelle assorbite e riproposte in questa sede. In prime cure l’odierna appellata col ricorso introduttivo proponeva le seguenti doglianze: a) l’ordinanza sindacale sarebbe illegittima per insussistenza e, comunque, mancata prova dei presupposti soggettivi e oggettivi per l’imposizione degli obblighi di messa in sicurezza d’emergenza e di bonifica in relazione agli artt. 239, 242, 244, d.lgs. 152/2006 (pagg. 9 e 10 del ricorso introduttivo); b) l’ordinanza sindacale sarebbe illegittima, non essendo stato dimostrato il pericolo per l’incolumità pubblica in relazione all’art. 54, d.lgs. 267/2000, così palesandosi un difetto di istruttoria e motivazionale, e conseguente mancata dimostrazione dell’addebitabilità dei fenomeni di inquinamento all’originaria ricorrente e l’insussistenza dei presupposti per l’adozione di un simile provvedimento anche sotto il profilo della temporaneità e della mancata dimostrazione della assenza di strumenti alternativi (pagg. 11-24 del ricorso introduttivo); c) mancata comunicazione dell’avvio del procedimento (pag. 25 del ricorso introduttivo); d) incompetenza nel caso in cui si dovesse ritenere che l’ordinanza sia stata adottata ai sensi dell’art. 244, d.lgs. 152/2006, poiché competente sarebbe il dirigente della provincia (pagg. 25-27 del ricorso introduttivo); e) difetto di legittimazione passiva in capo all’appellata ai sensi dell’art. 242, d.lgs. 152/2006 (pagg. 27-30 del ricorso introduttivo); f) assenza dei presupposti indicati dall’art. 240, d.lgs. 152/2006, quanto agli eventi di contaminazione repentini ed alle condizioni di emergenza (pagg. 30-32 del ricorso introduttivo); g) assenza delle condizioni per adottare le misure di prevenzione ex art. 240, comma 1 lett. i), d.lgs. 152/2006 (pagg. 32-33 del ricorso introduttivo); f) irragionevolezza e illogicità manifesta delle prescrizioni imposte (pagg. 33-36 del ricorso introduttivo). Con ricorso per motivi aggiunti avverso il verbale di sopralluogo del 16 dicembre 2010 i motivi sopra descritti venivano riproposti arricchiti da ulteriori motivazioni.

9. Una puntuale risposta a tutte le censure riproposte in questa sede dall’originario ricorrente ed a quelle esternate con gli appelli riuniti deve poggiare sugli esiti dell’istruttoria disposta in seconde cure, sicché risulta essere preliminare l’esame dell’eccezione di nullità della compiuta verificazione avanzata dall’odierno appellante per lesione del diritto al contraddittorio ed inadeguatezza.

L’eccezione non può essere accolta non ravvisandosi alcuno dei vizi denunciati dall’appellata. Quanto alla paventata lesione del diritto al contraddittorio, occorre chiarire che la stessa non è rinvenibile né in astratto, né in concreto. Infatti, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio: “l'istituto della verificazione - nella disciplina ora dettata dall'art. 66 cod. proc. amm. – comporta l'intervento in funzione consultiva del giudice di un organismo qualificato, per la soluzioni di questioni che implichino l'apporto di competenze tecniche o il riscontro di circostanze in fatto, che si pongono come essenziali ai fini della definizione della controversia.

Poiché l'apporto collaborativo avviene in funzione pari ordinata nella fase di cognizione della causa, la disciplina di legge non prevede, diversamente da quanto argomentato dalla società ricorrente, un momento di contraddittorio nel corso della fase istruttoria, che si attesta in prosieguo sugli sviluppi della verificazione” (Cons. St., Sez. III, 18 marzo 2013, n. 1571). Pertanto, poiché le parti all’indomani del deposito del documento di verificazione hanno potuto contraddire sul contenuto dello stesso, come sui chiarimenti di volta in volta richiesti dal collegio dei verificatori, non si rileva la denunciata lesione. In concreto, inoltre, le parti del giudizio hanno potuto dialogare con il collegio dei verificatori con il quale si sono riuniti in data 25 gennaio 2013, 22 luglio 2013, 11 novembre 2013. Inoltre, una versione preliminare della relazione dei verificatori è stata trasmessa alle parti in data 20 gennaio 2014 e, solo dopo aver ricevuto i commenti dei consulenti di parte, il collegio ha provveduto a redigere il documento finale.

Non hanno pregio le lamentate carenze istruttorie e le censure di genericità dedotte dall’appellata, posto che la relazione si conclude, proprio sulla base di un' istruttoria che si configura congrua ed adeguata. In questo senso vanno pertanto respinte tutte le doglianze portate avverso la verificazione, che è stata denunciata di illogicità o di carenze istruttorie, dal momento che la metodologia prescelta, le indagini compiute appaiono tutte congrue in relazione ai quesiti proposti, la cui definizione, peraltro, è stata affinata anche sulla scorta dei ripetuti chiarimenti richiesti al giudicante, sicché le critiche dell’appellata avverso il documento di verificazione si risolvono in differenti valutazioni (opinabili) in ordine alle modalità preferibili per fornire risposte ai quesiti proposti ed in diverse conclusioni che parte appellata ritiene di poter trarre dalle indagini svolte. Pertanto, il Collegio ritiene non sussistente la presenza di errori logici o metodologi tali da inficiare la verificazione svolta.

10. Ancora preliminare all’esame del merito della causa è quello dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva avanzata dalla Provincia di Roma. La stessa è inaccoglibile in quanto la Provincia – che ha preso parte al giudizio di prime cure chiusosi con sentenza che non avendone affermato l’esclusione risulta essere stata pronunciata anche nei suoi confronti – non ha proprosto appello sul punto, limitandosi ad una inammissibile contestazione del proprio difetto di legittimazione mercè una semplice memoria non notificata.

11. Prima di scendere nel dettaglio delle doglianze contenute nei motivi riproposti dall’originario ricorrente è bene premettere alcune considerazioni sia in ordine al sindacato del g.a. sulle valutazioni tecniche operate dall’amministrazione, che in relazione alla disciplina delle ordinanze contingibili ed urgenti ex art. 54, comma 4, d.lgs. 267/2000.

11.1. Le valutazioni tecniche dell’amministrazione possono essere sottoposte al sindacato del g.a., sempre che non riguardino il merito dell’azione amministrativa (Cass., Sez. Un., 10 agosto 2011, n. 17143); un simile sindacato deve svolgersi attraverso il vaglio ab externo della presenza di un eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, erronea valutazione dei presupposti o contraddittorietà, la cui presenza deve essere avvalorata dal ricorrente attraverso l’introduzione in giudizio di elementi che, sul piano sintomatico, lo rendano evidente (Cass., Sez. Un., 16 luglio 2014, n. 16239; Cons. St., Ad. Plen., 3 febbraio 2014, n. 8). Pertanto, il vaglio che può operare il g.a. è solo quello che consiste nel controllare che l’amministrazione, nella valutazione contestata, abbia rispettato canoni di ragionevolezza tecnica, di congruità scientifica e di rispetto della situazione fattuale. Un simile limite deve essere rispettato onde evitare che il giudice si sostituisca, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a., alle valutazioni di merito (sia tecniche che discrezionali) riservate all’amministrazione, sulla scorta di un mero giudizio di opinabilità e conseguente lesione del principio di separazione dei poteri (Cons. St., Sez. IV, 13 giugno 2013, n. 3310; Id., 7 maggio 2013, n. 2458). Conseguentemente, come già chiarito da Cons. St., Sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640, il sindacato sulla motivazione delle valutazioni discrezionali:

I) deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti;

II) non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa;

III) deve tenere distinti i profili meramente accertativi da quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo amministrativo, potendo esercitare più penetranti controlli, anche mediante c.t.u. o verificazione, solo avuto riguardo ai primi.

La possibilità di accertare il fatto assicura un sindacato pieno dell’azione amministrativa, la necessità di non operare una mera sostituzione di giudizio viene garantita dall’impossibilità del g.a. di intervenire all’interno di una forchetta di valutazioni di opinabilità di soluzioni logiche e razionali a disposizione dell’amministrazione, tra le quali per mandato costituzionale è solo quest’ultima deputata a scegliere (Cons. St., Sez. IV, 23 aprile 2013, n. 2253). Per queste ragioni ed entro questi limiti il c.p.a. legittima l’utilizzo degli strumenti della verificazione e della consulenza tecnica a supporto degli elementi indiziari di eccesso di potere denunciati all’attenzione del g.a.

11.2. Altra tematica, i cui caratteri fondamentali meritano di essere chiariti, è quella della disciplina e dei presupposti per l’adozione delle ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi dell’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267/2000, il cui testo recita: “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”.

La giurisprudenza ha chiarito che:

a) la capacità delle ordinanza extra ordinem di derogare a norme legislative vigenti è consentita solo se temporalmente delimitata e comunque nei limiti della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare (Corte cost., 7 aprile 2011, n. 115).

b) l'assoluta imprevedibilità della situazione da affrontare non è un presupposto indefettibile per l'adozione delle ordinanze sindacali extra ordinem (Cons. St., Sez. V, 3 giugno 2013, n. 3024);

c) l’ordinanza può essere adottata solo ove non sia possibile fronteggiare la situazione con i provvedimenti tipici già previsti dall’ordinamento (Cons. St., Sez. VI, 31 maggio 2013, n. 3007; Id., Sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904; Id., Sez. Vi, 9 febbraio 2010, n. 642);

d) la circostanza che la situazione di pericolo sia protratta nel tempo non rende illegittima l’ordinanza dal momento che in determinate situazioni il trascorrere del tempo non elimina da se il pericolo, ma può, invece, aggravarlo (Cons. St., Sez. V, 25 maggio 2012, n. 3077; Id.,12 ottobre 2010, n. 7411);

e) la situazione di pericolo deve essere attuale rispetto al momento dell’adozione del provvedimento (Cons. St., Sez. V, 19 settembre 2012, n. 4968);

f) le ordinanze contingibili ed urgenti devono essere adeguatamente motivate ed istruite anche in ragione del carattere extra ordinem che le caratterizza (Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 2012, n. 3490); g) le misure di messa in sicurezza d'emergenza ed i relativi poteri della Pubblica amministrazione (da quelli ministeriali a quelli del Sindaco ai sensi dell'art. 54 T.U. 18 agosto 2000 n. 267) possono essere esercitati, anche prescindendo dall'accertamento della responsabilità dell'inquinamento) accertamento i cui tempi sarebbero in molti casi incompatibili con l'urgenza di garantire la sicurezza del sito (Cons. St., Sez. II, 30 aprile 2012, n. 566; Id., Sez. I, 22 dicembre 2011, n. 452; Id., Sez. V, 15 febbraio 2010, n. 820).

12. Nel merito, poi, occorre rilevare che le conclusioni alle quali è giunto il verificatore nominato dal TAR per il Lazio sono state del tutto smentite dal collegio di verificatori nominato in secondo grado, che ha proceduto non solo utilizzando i dati evincibili dalla documentazione già agli atti del fascicolo, ma anche attraverso indagini svolte autonomamente, in modo da poter traguardare con un maggior numero di elementi le conclusioni contenute nell’ordinanza impugnata con il ricorso di prime cure.

Sotto tale profilo deve rilevarsi che il documento finale di verificazione precisa, che gli interventi richiesti dall’ordinanza del Sindaco di Roma n°255/2010 sono efficaci ai fini della tutela della salute pubblica e della risorsa idrica sotterranea. Tra questi un accento particolare viene posto dai verificatori sull’“inversione del livello piezometrico presente all’interno e all’esterno del polder” permette di ridurre in modo considerevole o annullare il flusso di acqua contaminata da percolato in uscita dal perimetro del polder. Inoltre, lo stesso collegio ritiene che i contenuti dell’ordinanza ed i relativi interventi siano tecnicamente realizzabili. Sicché, il correlato motivo posto a fondamento della sentenza impugnata risulta essere battuto in breccia.

Inoltre, la risposta del collegio dei verificatori non lascia spazio a margini di dubbio in ordine al fatto che il raffronto tra i parametri chimici e chimico�?fisici (Cloruri, Azoto Ammoniacale, Potenziale Redox, Nbutilbenzensulfonammide,

Ossidabilità di Kubel, Ferro e Manganese) dell’acqua di falda in corrispondenza dei punti di monitoraggio ubicati immediatamente a monte ed a valle del polder, porta a ricondurre all’attività di discarica gestita dalla E. Giovi SRL il fenomeno di contaminazione che ha condotto all’emanazione dell’ordinanza sindacale n°255/2010.

13. All’esame dei motivi assorbiti dal giudice di prime cure va premesso, da un lato, che l’ordinanza sindacale deve essere qualificata come ordinanza contingibile ed urgente ex art. 54, comma 4, d.lgs. 267/2000 e non come ordinanza adottata ex art. 240 d.lgs. 152/2006. Dall’altro, che all’ordinanza in questione si giunge dopo che veniva adottato il piano di caratterizzazione della discarica con decreto commissariale n. 43 del 22 maggio 2007, la nota prot. n. QL62916 del 9 settembre 2009 del Comune di Roma con cui si intimava all’odierna appellata di attivare le azioni urgenti ed indifferibili di messa in sicurezza del sito, fornendo una serie puntuale di prescrizioni e la nota del Comune di Roma prot. n. QL 73734 del 26 ottobre 2009, avente oggetto ulteriori prescrizioni, atti tutti questi non impugnati dall’originaria ricorrente.

Pertanto, tutte le censure che utilizzano come parametro le norme contenute negli artt. 239, 240, 242, 244, d.lgs. 152/2006, sono destituite di fondamento per non essere le nome in questione parametri rilevanti ai fini della verifica di legittimità del’ordinanza impugnata.

14. Quanto, invece, alle residue doglianze, le stesse non meritano di essere accolte.

14.1. Infatti, non si registra alcun difetto motivazionale o istruttorio del provvedimento gravato, dal momento che l’ordinanza sindacale rinvia a procedimenti ed atti adottati precedentemente, sulla scorta dei quali veniva individuata la presenza di un pericolo per la pubblica incolumità cagionato dall’attività della discarica. Inoltre, l’impossibilità di utilizzare strumenti alternativi risulta dimostrata dall’assenza di risultati congrui rispetto alla situazione di pericolo in atto anche all’indomani dell’adozione del piano di caratterizzazione della discarica e degli inviti ad osservarlo rivolti all’odierna appellata. Quanto alla temporaneità degli interventi gli stessi devono essere parametrati alla natura del pericolo creato, che evidentemente non può essere superato da atti istantanei, in considerazione della gravità e pervasività dell’inquinamento prodotto.

14.2. Quanto alla mancata adozione di avviso di avvio del procedimento, la stessa appare irrilevante sia in ragione della presenza di un documentato contraddittorio tra l’amministrazione comunale e l’odierna appellata, sia in ragione del fatto che in presenza di gravissime situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica, quali quelle cagionate dall’inquinamento della falda provocato dalla più rande discarica d’Europa, il contraddittorio con l’amministrazione ben può essere differito all’indomani dell’adozione del provvedimento sindacale, trattandosi di una situazione che delinea la presenza di un’urgenza qualificata, che non esime l’amministrazione procedente dalla comunicazione di avviso di avvio del procedimento.

14.3. Quanto, infine, alla denuncia di irragionevolezza e illogicità manifesta delle prescrizioni imposte con l’ordinanza sindacale, la doglianza è smentita non solo da quanto già esposto retro sub §§ 6.8. e 7., ma anche dalle risposte fornite dal collegio dei verificatori agli altri quesiti. Quest’ultimi, infatti, hanno chiarito che “dalla valutazione dei dati di qualità dell’acqua di falda disponibili si riscontrano, nei punti posti a valle della discarica parametri di inquinamento presenti

nel percolato (Cloruri, Azoto Ammoniacale, Potenziale Redox, N�?butilbenzensulfonammide,

Ossidabilità di Kubel), o parametri che appaiono derivare da fenomeni biologici anossici e processi di lisciviazione aventi origine nelle caratteristiche chimico – fisiche del percolato stesso. Tali parametri risultano presenti in concentrazioni decisamente superiori alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione – CSC ex D. Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. ed ai Valori di Fondo Naturale. Da tale constatazione emerge un quadro di contaminazione per i piezometri ubicati a valle piezometrica della discarica… Si può pertanto affermare che a monte della discarica, “ossia dove questa non può esplicare la propria influenza”, esistano aree dove la falda superficiale non è contaminata e zone dove risulta essere contaminata, anche se a livelli inferiori rispetto a quelli riscontrati in prossimità della discarica gestita dalle E. Giovi.”. Inoltre, gli stessi hanno precisato che: “alcuni analiti riscontrati sono ragionevolmente attribuibili a percolato (Cloruri, Azoto Ammoniacale, Potenziale Redox, Nbutilbenzensulfonammide e Ossidabilità di Kubel) mentre altri (Ferro e Manganese soprattutto) sono riconducibili all'introduzione nella falda di materiale organico riducente contenuto nel percolato (sostanza organica carboniosa, azoto ammoniacale), che induce un fenomeno degradativo di tipo inevitabilmente anossico, con riduzione degli elementi ossidati presenti nel terreno e la conseguente loro lisciviazione, data la differente solubilità tra forme ossidate e forme ridotte. La presenza di molecole potenzialmente traccianti, come la N�?butilbenzensulfonammide, conferma quanto osservato”. Inoltre, “sulla base delle risultanze analitiche di rilievi eseguiti su acque sotterranee interne ed esterne al polder (ARPA Lazio [20]), vengono riscontrate concentrazioni di metalli elevate e disomogenee nei vari punti di indagine anche molto vicini tra loro (un esempio è costituito dalla presenza di Ferro nei piezometri NP5 ed NP7). Analoghi esempi si riscontrano per altri parametri indicatori di inquinamento, quale il Manganese. Tali differenze possono essere ricondotte ad un differente flusso advettivo e dispersivo in uscita dal perimetro del polder”.

Simili indicazioni confortano circa l’assenza dei denunciati vizi di irragionevolezza e manifesta illogicità delle prescrizioni imposte con l’ordinanza impugnata, giacché le stesse sono idonee a ridurre il fenomeno di inquinamento registrato.

Non deve poi essere dimenticato che in materia ambientale assume un valore determinante il principio di precauzione (art. 191, TFUE, art. 1, comma 8, lett. f), l. 308/2004), in omaggio al quale l’amministrazione deve intervenire anche in presenza di una mera probabilità di incidenze significative sulla salute pubblica. La stessa Corte di Giustizia ha ritenuto legittima l’adozione di misure restrittive, qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse (Corte Giust., 8 luglio 2010, C-343/09). Ciò avvalora l’insussistenza delle censure denunciate nel ricorso di prime cure in ordine all’irragionevolezza ed illogicità delle prescrizioni a corredo dell’ordinanza impugnata, considerato che, al contrario, le stesse si presentano come proporzionali rispetto alla protezione che intendono assicurare e coerenti rispetto agli interventi già indicati come necessari.

15. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza accogliere gli appelli e, in riforma dell’impugnata setnenza, respingere il ricorso di primo grado.

16. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55, e della circostanza che va intesa come unica parte quella costituita dalle Associazioni Codici-Centro Per i Diritti del Cittadino, Codici Lazio - Centro Per i Diritti del Cittadino, Codiciambiente, mentre possono essere compensate quelle inerenti al rapporto processuale tra la società E. Giovi e la Provincia di Roma.

17. Le spese della verificazione di primo e di secondo grado sono poste definitivamente a carico della società E. Giovi ai sensi dell’art. 66, co. 4, c.p.a.

La liquidazione delle spese della verificazione disposta da questa Sezione con la sentenza non definitiva n. 2539 del 2013, dato atto dell’assenza di contestazioni sulla nota spese prodotta dal collegio di verificatori in data 25 febbraio 2014, può essere disposta con la presente pronuncia. Militano a supporto di tale scelta le seguenti considerazioni; I) evidenti ragioni di economia processuale; II) il provvedimento collegiale assunto con la forma della sentenza assicura maggior garanzia rispetto al decreto presidenziale monocratico ed offre una più incisiva tutela dell’interesse dei verficatori e delle parti che possono fruire, da subito, della piena cognizione collegiale sul punto. Appare, pertanto, equo e conforme ai parametri di legge, in considerazione della complessità dell’attività svolta e della durata della medesima, e tenuto tenuto conto della nota spese sopra indicata, liquidare la somma complessiva di euro 60.000,00 oltre IVA e accessori di legge, apparendo necessario ridurre la voce “Ritenute di Ateneo” a 10.000,00 euro e la voce “Vacazioni per i verificatori” a 20.000,00 euro. Dalla somma così determinata va detratta l’anticipazione già disposta con ordinanza di questa Sezione, n. 6517/2012 pari a 24.000,00 euro..

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti:

a) li accoglie e, per l'effetto, in riforma dell’impugnata sentenza respinge il ricorso di primo grado;

b) condanna E. Giovi s.r.l. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che liquida in euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre accessori di legge, a favore di ciascuna delle parti costituite, secondo quanto indicato in motivazione;

c) compensa le spese del doppio grado di giudizio tra E. Giovi s.r.l. e la Provincia di Roma;

d) pone a carico di E. Giovi s.r.l. le spese della verificazione del primo grado di giudizio;

e) pone a carico di E. Giovi s.r.l. le spese della verificazione del secondo grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 60.000,00, oltre IVA e accessori di legge, secondo le modalità e i limiti indicati in motivazione;

f) manda alla segreteria di inviare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, per le eventuali determinazioni di sua competenza, copia della presente sentenza e della verificazione depositata in data 25 febbraio 2014.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

Vito Poli, Presidente FF

Francesco Caringella, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)