Cass. Sez. III n. 37601 del 25 settembre 2009 (Ud 9 lug 2009)
Pres. Lupo Est. Teresi Ric. Covre ed altro
Urbanistica. Valutazione dell’abuso

Il disvalore penale del costruito va valutato sul risultato finale perché, per la configurazione del reato d’abuso edilizio, è irrilevante che la costruzione sia stata completata in ogni sua parte essendo sufficiente il solo inizio delle opere e delle relative attività prodromiche

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 23/06/2009
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1361
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - N. 12490/2009
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COVRE PAOLO, nato a Sacile il 13.11.1947;
e da BLARASIN GIOVANNI, nato a Vito d'Asio il 9.05.1939;
avverso la sentenza del Tribunale di Pordenone in data 23.10.2008 che li ha condannati alla pena dell'ammenda per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a) e art. 95;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e l'atto d'impugnazione;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;
Sentito il P.M. nella persona del P.G., Dott. Passacantando Guglielmo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Bracco Enrico, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

OSSERVA
Con sentenza in data 23.10.2008 il Tribunale di Pordenone condannava Covre Paolo e Blarasin Giovanni alla pena dell'ammenda quali colpevoli, Covre, quale committente, e Blarasin, quale progettista e direttore dei lavori, di avere eseguito, in zona sismica e in difformità alla DIA presentata, un manufatto pertinenziale coperto (destinato a ricovero di animali da cortile, costituito da un basamento in calcestruzzo; da telai con montanti; da una chiusura perimetrale con rete metallica, esteso cm. 805 x 301) posto a cm. 45 dal confine del contiguo lotto, in violazione dell'art. 27/9 delle NTA del PR che prevede una distanza minima dal confine di cinque metri.
Proponevano appello gli imputati denunciando:
- violazione dell'art. 521 c.p.p. per essere stati condannati per un fatto diverso da quello contestato (esecuzione di un manufatto realizzato "con una chiusura sul lato adiacente al confine e sul tetto", mentre nel capo d'imputazione era stato menzionato un manufatto chiuso con la sola rete metallica), sicché il fatto non costituisce reato;
- violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 23 e 37 perché la presentazione di una DIA. in variazione prima del completamento dei lavori, non consente di ritenere la configurabilità del reato, donde l'irrilevanza della chiusura di uno dei lati del manufatto e dell'apposizione di un tetto in lamiera imbullonata, interventi di natura provvisoria. Inoltre, "qualora, come nel caso de quo, non sia stata depositata la comunicazione di fine lavori, l'opera non può dirsi completata, quindi non si può considerare perfezionata la violazione";
- violazione di legge sulla ritenuta configurabilità del reato urbanistico con riferimento all'esecuzione di una voliera, che, non producendo alcun negativo impatto sull'assetto territoriale, è sottratta al rispetto delle norme sulle distanze;
- violazione dei principi di ragionevolezza, legalità, determinatezza, parità di trattamento della disposizione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a) nella parte in cui prevede la medesima pena per una molteplicità indeterminata di possibili violazioni;
- violazione di legge e omessa motivazione sulla configurabilità della contravvenzione antisismica perché la modesta consistenza della gabbia, posta in zona isolata, non è idonea a porre in pericolo l'incolumità delle persone;
- omessa motivazione sulla determinazione della pena. Chiedevano l'annullamento della sentenza.
Gli atti venivano trasmessi a questa Corte ai sensi dell'art. 568 c.p.p., comma 5. L'impugnazione è infondata e deve essere rigettata con le conseguenze di legge.
Hanno affermato le S.U. di questa Corte Che, "con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenire a un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare le violazioni del principio suddetta non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutta insussistente quando l'imputata, attraverso l'iter del processo, sia pervenuta a trovarsi nella condizione concerta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione" (Cassazione S.U. n. 16/1996, Di Francesco, RV 205619).
Il suddetto principio può ritenersi violato solo in caso d'assoluta incompatibilità di dati, quando cioè la sentenza riguardi un fatto del tutto nuovo rispetto all'ipotesi d'accusa, mentre non ricorre violazione se i fatti siano omogenei e in rapporto di specificazione. Nella specie, nella contestazione, considerata nella sua interezza, anche con riferimento alla disposizione violata, sono contenuti gli elementi del fatto costitutivo (la costruzione di un manufatto su un basamento di calcestruzzo sul quale poggiava un telaio con montanti, coperto con lamiera, in difformità del progetto depositato e allegato alla DIA nella quale non era prevista la chiusura delle pareti ne' l'apposizione de) tetto) del reato urbanistico ritenuto in sentenza, che ha legittimamente utilizzato i dati, acquisiti in contraddittorio nel dibattimento, di specificazione del fatto (con riferimento alla chiusura di una parete con pannelli metallici sul lato confinante col fondo del vicino).
Avendo il fatto mantenuto la sua originaria fisionomia, va, quindi, escluso che abbia subito modifica negli elementi essenziali e fondamentali.
Il motivo concernente la configurabilità del reato urbanistico, con riferimento all'ipotesi prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. a), non è puntuale per avere gli imputati violato la
disposizione dell'art. 27/9 delle NT d'attuazione del PRG del Comune di Pordenone ponendo l'accessorio agricolo a una distanza inferiore a quella minima di cinque metri.
La Corte territoriale ha assolto l'obbligo della motivazione spiegando esaurientemente le ragioni del proprio convincimento e ritenendo infondati i rilievi degli appellanti secondo cui l'opera non era idonea a offendere l'assetto territoriale ed era sanabile con la presentazione di una DIA in corso d'opera.
Rilevava, infatti, che era stata obiettivamente accertata l'esecuzione di un manufatto in difformità del progetto allegato alla DIA, sicché la presentazione di altra DIA in sanatoria non valeva a legittimare una variazione essenziale qual è l'esecuzione di un'opera edilizia in violazione delle distanze legali stabilite nello strumento urbanistico.
Non è fondato, poi, l'altro rilievo secondo cui il disvalore penale del costruito va valutato sul risultato finale perché, per la configurazione del reato d'abuso edilizio, è irrilevante che la costruzione sia stata completata in ogni sua parte essendo sufficiente il solo inizio delle opere e delle relative attività prodromiche (Cassazione Sezione 3, n. 10505/1998, Caravello, RV. 211984: "Si configuro inizio di lavori di costruzione ogni volta che le opere intraprese, di qualsiasi tipo esse siano e quale che sia la loro entità, manifestino oggettivamente un'effettiva volontà di realizzare un manufatto").
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 389 del 2001, art. 44, lett. a), nella parte in cui prevede la medesima pena per una molteplicità indeterminata di possibili violazioni, per asserita violazione degli art. 2, 25 e 27 Cost.. La norma, infatti, punisce l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal Titolo 4^ del decreto, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire, a prescindere dalla gravità o meno delle conseguenze sul tessuto urbanistico, valutabili solo in sede di applicazione concreta della pena, ex art. 133 c.p.. È pure infondata la censura sulla configurabilità del reato antisismico per l'omissione di preavviso e di deposito degli elaborati progettuali sulle strutture presso la Direzione provinciale dei Lavori pubblici di Pordenone perché "in tema di violazioni edilizie, le disposizioni in materia antisismica di cui alla L. n. 64 del 1974 (oggi abrogata e sostituita dalle corrispondenti
disposizioni di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa "comunque" interessare la pubblica incolumità, a prescindere dalla natura dei materiali impiegati e delle relative strutture" (Cassazione Sezione 3, n. 33767 RV. 237375).
Generico è il motivo sull'applicazione della pena col richiamo del criterio equitativo perché quando la stessa è stabilita, come nel caso in esame, in prossimità dei minimi edittali, il giudice può, in motivazione, usare formule succinte come "pare equa", "stimasi equo" adottando, così, una congrua motivazione (Cassazione Sezione 3, n. 1571/1986 RV. 171948; conforme RV. 167155).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 23 giugno 2009. Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2009