Consiglio di Stato Sez. IV n. 5293 del 30 maggio 2023
Urbanistica.Permesso di costruire convenzionato
Il principio secondo cui nelle zone già urbanizzate è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo, può trovare applicazione solo nell’ipotesi, del tutto eccezionale, che si sia già realizzata una situazione di fatto che da quegli strumenti consenta con sicurezza di prescindere, in quanto risultano oggettivamente non più necessari, essendo stato pienamente raggiunto il risultato (come adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie previste dal piano regolatore) cui sono finalizzati. Per l’applicazione del principio, pertanto, è necessario che lo stato delle urbanizzazioni sia tale da rendere assolutamente superflui gli strumenti attuativi. Tale situazione, del tutto peculiare, deve riguardare l’intero contenuto previsto dal piano regolatore generale per tali strumenti attuativi e deve concernere le urbanizzazioni primarie e quelle secondarie in riferimento all’assetto definitivo dell’intero ambito territoriale di riferimento. Ogni altra soluzione implicherebbe l’inammissibile conseguenza di trasformare lo strumento attuativo in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogniqualvolta, come avvenuto nel caso in esame, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non soddisfa pienamente le indicazioni del piano regolatore.
Pubblicato il 30/05/2023
N. 05293/2023REG.PROV.COLL.
N. 09377/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9377 del 2016, proposto da Immobiliare Aprovitola Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciano Pennacchio, Domenico Pennacchio, con domicilio eletto presso lo studio Angela Fiorentino Studio Abv Legal & Partners in Roma, via E.Q. Visconti, n.11;
contro
Comune di Orta di Atella, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Migliozzi, domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 02283/2016, resa tra le parti, concernente l’annullamento in autotutela del permesso di costruire
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Orta di Atella;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Immobiliare Aprovitola s.p.a., con ricorso in primo grado, chiedeva l'annullamento dell'ordinanza n. 71 del 4 dicembre 2009 con la quale il Comune di Orta di Atella ha disposto l'annullamento del Permesso di Costruire n. 59 del 19 aprile 2005 (della successiva variante del 19 aprile 2005, nonché della DIA presentata dalla medesima società in data 5 agosto 2015) per la costruzione di un parco residenziale.
La ragione fondamentale del provvedimento di annullamento d’ufficio risiedeva nel fatto che i titoli abilitativi erano stati rilasciati in assenza di uno strumento urbanistico attuativo.
Il cuore delle censure articolate dalla Immobiliare Aprovitola s.p.a. faceva leva sulla considerazione per cui, venendo nel caso di specie in rilievo un intervento edilizio diretto in area totalmente urbanizzata, non sarebbe stata necessaria la previa approvazione di uno strumento attuativo.
Veniva inoltre contestato il mancato adeguato contemperamento, in sede di esercizio dei poteri di autotutela, tra le ragioni di interesse pubblico e il legittimo affidamento del privato, specie in considerazione del notevole lasso di tempo trascorso per l’adozione dell’atto di secondo grado.
Il TAR per la Campania respingeva il ricorso in conformità ai suoi numerosissimi precedenti, aventi per oggetto provvedimenti di annullamento d'ufficio di titoli abilitativi edilizi rilasciati nel Comune di Orta di Atella senza l'intermediazione degli strumenti urbanistici attuativi (cfr. sentenze n. 1980 del 15 aprile 2010, n. 2484, n. 2485, n. 2486, n. 2487 del 5- maggio 2011; n. 2165, n. 2166, n. 2167, n. 2168, n. 2171 del 26 aprile 2013; n. 3273 del 12 giugno 2014; n. 374 del 21 gennaio 2015; n. 3483 del 2 luglio 2015, n. 535 del 28 gennaio 2016).
In particolare la statuizione di rigetto del giudice di prime cure ha fatto perno sulle seguenti considerazioni:
-ha convalidato l'opzione ermeneutica privilegiata dall'Amministrazione resistente, che ha opposto al ricorrente l'efficacia preclusiva delle disposizioni del P.R.G., nella parte in cui subordinano l'espansione dello ius aedificandi alla previa approvazione del prescritto piano attuativo;
-in conformità alla sua precedente giurisprudenza, ha osservato che il principio giurisprudenziale, secondo il quale nelle zone già urbanizzate è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo, può trovare applicazione solo nell’ipotesi del tutto eccezionali, non ricorrente nel caso al suo esame, che si sia già realizzata una situazione di fatto che da quegli strumenti consenta con sicurezza di prescindere, ovvero quando lo stato delle urbanizzazioni sia tale da rendere assolutamente superflui gli strumenti attuativi;
-ha respinto l’argomento per cui sarebbe sufficiente, al fine di surrogare lo strumento urbanistico attuativo, l’ atto unilaterale d’obbligo con il quale la parte ricorrente si è impegnata, ai sensi del suddetto articolo 31, comma 5, della legge n. 1150 del 1942, a cedere gratuitamente al Comune delle aree al fine di soddisfare gli standard urbanistici e si obbligava altresì a realizzare direttamente alcune opere di urbanizzazione, ostandovi, in relazione alla zona C2, il chiaro tenore letterale dell’art. 25 delle N.T.A. del P.R.G. che preclude qualsivoglia possibilità di edificazione diretta, prevedendo che “l’edificazione è subordinata alla formazione di piani attuativi estesi all’intero ambito o, in subordine, estesi ad ambiti aventi superficie territoriale minima pari a mq 6.000”;
-ha respinto anche il secondo motivo di ricorso con il quale la parte ricorrente ha dedotto l’insussistenza di un pubblico interesse concreto e attuale idoneo a giustificare, a distanza di notevole lasso di tempo, l’annullamento del titolo edilizio per cui è causa, nè avrebbe tenuto in debito conto il sacrificio degli interessi dei privati che avevano fatto affidamento sulla legittimità del titolo stesso, ritenendo che nella specie la resistente amministrazione locale abbia fatto buon governo dei consolidati principi normativi e giurisprudenziali in punto di esercizio del potere di annullamento d’ufficio in materia edilizia.
Contro quest’ultima decisione immobiliare Aprovitola s.p.a. ha proposto appello con il quale ha reiterato i motivi respinti in primo grado.
Si è costituito nel presente giudizio il Comune di Orta di Atella per il tramite di una memoria con la quale ha chiesto di dichiarare l’appello infondato.
All’udienza del 16 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
Con il primo motivo l’appellante si duole dell’erroneo rigetto del corrispondente motivo di ricorso in primo grado, con cui aveva dedotto che la mancanza del piano attuativo non avrebbe potuto condizionare il rilascio del permesso di costruire, in ragione della pretesa urbanizzazione dell'area, che renderebbe superfluo ogni ulteriore adempimento nella definizione della disciplina urbanistica di dettaglio.
Nella prospettiva della parte appellante, in particolare, la completa urbanizzazione della zona renderebbe superflua l'adozione del piano di lottizzazione, non sussistendo alcuna esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione.
A supporto dell’assunto la parte appellante richiama l'atto unilaterale d'obbligo con il quale, sin dalla presentazione del progetto, si era obbligata:
“1) a cedere gratuitamente al Comune di Orta di Atella la striscia di terreno - larga costantemente ml 10,00 da distaccarsi dal suddetto mappale 66 del Foglio 8 di Orat di Atella lungo lato Nord per contribuire alla realizzazione della strada di progetto nei limiti imposti dal vigente PRG;
2) a realizzare la fognatura regolarmente collegata alla rete esistente dio Via Clanio; le condutture idriche; l'impianto di illuminazione stradale, i cavidotti Enel; Telecom, Gas-metano; la pavimentazione nonché tutte le altre opere necessarie per rendere collaudabile la nuova strada di progetto;
3) a cedere a titolo gratuito al comune di Orta di Atella una zonetta di terreno per la costruzione di una cabina di Trasformazione Elettrica da realizzare a cura dell'Ente fornitore;
4) a cedere a titolo gratuito al comune di Orta di Atella una ulteriore zonetta di terreno per il posizionamento dei contenitori per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani valido per circa 800 persone".
Dette opere, a giudizio dell’appellante, sarebbero state regolarmente eseguite e, a semplice richiesta dell'ente resistente, potrebbero essere cedute gratuitamente al Comune.
Ad ulteriore sostegno della propria impostazione, Aprovitola s.p.a. evidenzia l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure nel non rilevare l’evidente contraddittorietà dell'agire dell'ente comunale che, in assenza di mutamenti fattuali, ha considerato l'area in oggetto completamente priva di urbanizzazione allorquando, cinque anni addietro, a fronte della richiesta di permesso di costruire avanzata dalla parte appellante, aveva opinato in senso diametralmente opposto, ritendo la medesima area idonea ad ospitare insediamenti residenziali senza necessità di pianificazione di dettaglio.
Il motivo è infondato.
Non coglie nel segno la censura tesa ad evidenziare la violazione della asserita facoltà di poter ottenere, nel caso di che trattasi, un permesso convenzionato(c.d. edificazione diretta).
In generale va ricordato l’art. 12 D.P.R. n. 380/2001 rimarca espressamente la necessità che la concessione edilizia sia rilasciata in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi.
Come è noto, la possibilità di rilascio di un permesso di costruire convenzionato, non preceduto dall’approvazione di uno strumento urbanistico di dettaglio, è stata riconosciuta in via generale con l’introduzione dell’art. 28-bis del d.P.R. n. 380 del 2001 (ad opera dell’art. 17 del d.l. n. 133 del 2014), per tutte le situazioni nelle quali “le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata”.
Il principio secondo cui nelle zone già urbanizzate è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo, può trovare applicazione solo nell’ipotesi, del tutto eccezionale, che si sia già realizzata una situazione di fatto che da quegli strumenti consenta con sicurezza di prescindere, in quanto risultano oggettivamente non più necessari, essendo stato pienamente raggiunto il risultato (come adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie previste dal piano regolatore) cui sono finalizzati.
Per l’applicazione del principio, pertanto, è necessario che lo stato delle urbanizzazioni sia tale da rendere assolutamente superflui gli strumenti attuativi.
Tale situazione, del tutto peculiare, deve riguardare l’intero contenuto previsto dal piano regolatore generale per tali strumenti attuativi e deve concernere le urbanizzazioni primarie e quelle secondarie in riferimento all’assetto definitivo dell’intero ambito territoriale di riferimento. Ogni altra soluzione implicherebbe l’inammissibile conseguenza di trasformare lo strumento attuativo in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogniqualvolta, come avvenuto nel caso in esame, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non soddisfa pienamente le indicazioni del piano regolatore.
Il legislatore, recependo una prassi ampiamente diffusa, ed anche sulla scorta di talune previsioni della legislazione regionale, ha introdotto una nuova figura di titolo edilizio suscettibile di trovare spazio laddove, al di fuori della pianificazione attuativa, si renda comunque necessaria la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l’amministrazione pubblica relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire.
La norma fissa un limite di ordine generale, finalizzato a distinguere lo spazio riservato all’istituto di nuovo conio rispetto agli spazi tuttora necessariamente riservati alla pianificazione attuativa.
Come osservato in dottrina, ai molteplici piani attuativi previsti dall’ordinamento compete esprimere un ordine insediativo secondo una scala di maggior dettaglio, in funzione di integrazione e completamento delle linee programmatiche indicate dal piano urbanistico generale, mentre il permesso di costruire convenzionato ha la funzione di assicurare una disciplina accessoria del permesso di costruire, andando oltre la dimensione provvedimentale e consentendo di strutturare e regolare un rapporto di durata che rende più articolata la relazione giuridica tra il richiedente e l’amministrazione comunale, nonché risolvendo i problemi di disciplina che nella prassi erano inadeguatamente risolti mediante clausole unilaterali atipiche apposte al titolo edilizio.
Per i casi in cui, secondo la valutazione dell’amministrazione, le esigenze di urbanizzazione possono essere soddisfatte con una modalità semplificata, la pianificazione di secondo livello risulterebbe ridondante e non rispettosa del principio di proporzionalità tra gli interessi pubblici da perseguire e lo strumento amministrativo utilizzato, come del resto è stato costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa riferita alle fattispecie dei lotti interclusi ricadenti in aree già urbanizzate, nelle quali l’amministrazione comunale deve disapplicare la previsione dello strumento urbanistico generale che impone, senza sufficienti ragioni giustificative, una pianificazione attuativa che nulla potrebbe aggiungere a fronte di un sufficiente grado di urbanizzazione (cfr., per tutte: Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2014 n. 5488).
L’art.28-bis del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 rimette agli strumenti urbanistici la definizione delle aree soggette a permesso di costruire convenzionato.
In sostanza, si tratta di una disposizione che deve comunque essere declinata nello strumento urbanistico.
Il “convenzionamento” costituisce infatti una modalità semplificata introdotta dalla legge statale al posto del piano attuativo che, nel caso di specie, per l’intervento di cui trattasi, lo strumento urbanistico non richiede.
Nella fattispecie in esame, l’art. 25 delle N.T.A. del piano regolatore, in relazione alle zone C2, non menziona in alcun modo la possibilità di procedere ad interventi edilizi diretti in assenza di piani attuativi, facoltà viceversa prevista per le zone C1 qualora sussistano le condizioni di cui all’art. 31, quinto comma, della L. n. 1150/1942 (art. 24 N.T.A.). Sul punto, occorre evidenziare che, ai sensi di quest’ultima disposizione (il cui contenuto è stato trasfuso nel vigente art. 12, secondo comma, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), il rilascio del titolo edilizio è in ogni caso subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte dei Comuni dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio o all'impegno dei privati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento edilizio.
Né, per opinare diversamente, può essere valorizzata la circostanza che la parte appellante ha presentato al Comune un atto unilaterale d’obbligo con il quale si è obbligata, ai sensi del suddetto articolo 31, comma 5, della legge n. 1150 del 1942, a cedere gratuitamente al Comune delle aree al fine di soddisfare gli standard urbanistici e si obbligava altresì a realizzare direttamente alcune opere di urbanizzazione.
In senso contrario la Sezione ribadisce, conformemente a quanto evidenziato dal giudice di prime cure, che, in relazione alla zona C2, l’art. 25 delle N.T.A. del P.R.G. preclude qualsivoglia possibilità di edificazione diretta, prevedendo, senza eccezioni, che “l’edificazione è subordinata alla formazione di piani attuativi estesi all’intero ambito o, in subordine, estesi ad ambiti aventi superficie territoriale minima pari a mq 6.000”.
Inoltre, con riferimento alle zone C1, va rilevato che il presupposto della completa urbanizzazione del comparto è stato invocato dall’appellante in via puramente astratta, senza allegare e tanto meno provare in maniera specifica e circostanziata , ad esempio, che :
- tutte le strade e tutti i marciapiedi esistenti hanno ampiezza adeguata rispetto alle esigenze del traffico automobilistico e pedonale in un contesto abitativo divenuto ad elevata densità;
- tutte le strade sono costeggiate da marciapiedi e dotate di impianti di illuminazione;
- la rete stradale assicura l’ordinato andamento del traffico di zona ed è organicamente raccordata a quella dei comparti adiacenti; - la portata del sistema fognario è proporzionata all’incremento demografico ed edilizio del comparto;
- la rete di distribuzione dell’acqua, dell’energia elettrica e del gas sono completamente ramificate entro l’intero agglomerato formatosi in assenza di pianificazione esecutiva;
- l’agglomerato è sufficientemente dotato di verde pubblico e di parcheggi.
Contrariamente a quanto astrattamente declamato, la società appellante si è limitata a sostenere apoditticamente che le opere di cui al suddetto atto unilaterale d’obbligo erano state regolarmente eseguite e che l’area era da ritenersi già nel 2005 totalmente urbanizzata, senza fornire concreti elementi probatori in grado di smentire quanto rappresentato dal Comune di Orta di Atella nell’ordinanza n. 71 del 4 dicembre 2009, secondo cui “ il PRG del Comune di Orta di Atella per i comparti C1 e C2 evidenzia la necessarietà di una pianificazione di dettaglio ai fini dell'attuazione delle previsioni di piano e che solo in presenza di un lotto intercluso o nell'ipotesi in cui la zona risulti urbanizzata in toto lo strumento urbanistico attuativo può ritenersi superfluo; - che nel comprensorio interessato non sono presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standards urbanistici minimi prescritti, pertanto non è possibile prescindere dalla definizione del piano urbanistico attuativo, stante l'esigenza, almeno, di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione…dalla rappresentazione dello stato dei luoghi realizzata dal competente ufficio con nota prot. 1040 del 16.09.09 emerge la insussistenza della necessaria condizione di pieno ed effettivo inserimento dell'area de quo in un contesto che non è urbanizzato in maniera qualitativamente e quantitativamente conforme alle esigenze recepite nella previsione di piano; che non è idonea neanche a garantire la concreta fruibilità delle opere di urbanizzazione esistenti nel comparto;”.
Né migliore sorte può avere l’argomentazione dell’appellante finalizzata ad evidenziare la presunta contraddittorietà dell’agire del Comune di Orta di Atella per avere dapprima rilasciato il permesso di costruire ritenendo, evidentemente, l’area completamente urbanizzata e poi, a distanza di 5 anni, opinato in senso diametralmente opposto.
Contro questa prospettazione è agevole osservare che per definizione ogni provvedimento di annullamento d’ufficio è destinato a contraddire il provvedimento di primo grado su cui è destinato ad incidere.
Nel caso di specie, alcun vizio inficia il provvedimento di annullamento d’ufficio tramite il quale il comune di Orta di Atella è, contrariamente a quanto assume la parte appellante, tornato ad agire nell’alveo della legalità.
Semmai, contraddittori rispetto alle previsioni di cui agli artt. 24 e 25 della NTA del piano regolatore di Orta di Atella sono stati i titoli abilitativi originariamente rilasciati in favore della odierna ricorrente.
Le considerazioni che precedono inducono ad escludere che i titoli abilitativi edilizi annullati con il provvedimento impugnato in primo grado potessero essere legittimamente emessi senza la preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo e conducono, pertanto, alla reiezione del primo motivo di appello.
Con il secondo motivo la parte appellante censura l’erroneo rigetto del corrispondente motivo di ricorso in primo grado, con cui aveva dedotto la violazione dei principi che presiedono al corretto esercizio del potere di autotutela.
In particolare, secondo l’appellante, la sentenza di primo grado sarebbe erronea in quanto:
a) il giudice non avrebbe tenuto in debita considerazione tutte le circostanze che hanno portato ad ingenerare nell’appellante un legittimo affidamento in ordine alla stabilità del provvedimento di rilascio del permesso di costruire, rilevando a tal fine il lungo lasso temporale di quasi 5 anni per l’esercizio del provvedimento di annullamento d’ufficio;
b) l’adozione del provvedimento di annullamento d’ufficio avrebbe richiesto, oltre al riscontro dell’originaria illegittimità dell’atto, anche la valutazione concreta della rispondenza della sua rimozione a un interesse pubblico non solo attuale e concreto, ma anche prevalente rispetto ad altri interessi sussistenti in favore della sua conservazione e tra questi, in particolare, rispetto all’interesse del privato che ha riposto affidamento nella legittimità e stabilità dell’atto medesimo;
Il motivo è infondato.
Contrariamente a quanto assume la parte appellante, la sentenza del giudice di prime cure è pienamente conforme alle coordinate poste dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio nella decisione n. 8 del 2017 in relazione al tema, qui in esame, della motivazione del provvedimento di annullamento d’ufficio in materia edilizia.
Con maggiore dettaglio, l’Adunanza Plenaria n. 8 del 2017 ‒ pur stabilendo che, in generale, l’annullamento di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all'adozione dell’atto di ritiro, anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole ‒ ha condivisibilmente temperato tale onere motivazionale, in considerazione dell’«auto-evidenza degli interessi pubblici tutelati”, ricorrente nel caso di specie.
Nella fattispecie in esame, peraltro, l’atto di annullamento d’ufficio risulta adeguatamente motivato in relazione alle prevalenti ragioni dell’interesse pubblico concreto e attuale.
In relazione poi al ragionevole lasso di tempo, va ulteriormente osservato che non vengono qui in rilievo, ratione temporis, le recenti riforme che hanno inciso sui presupposti per l’esercizio del potere di autotutela decisoria (la legge n. 124 del 2015 − nel segno di una tendenziale riduzione dei poteri discrezionali dell’amministrazione, al fine di garantire maggiore certezza e stabilità ai rapporti giuridici dei soggetti la cui azione risulta condizionata dalle decisioni amministrative – ha, in particolare, introdotto la fissazione del termine massimo di diciotto mesi ( poi ridotto a 12 del decreto semplificazione 76/2020) per la valida adozione dell’annullamento d’ufficio di atti autorizzatori e attributivi di vantaggi economici);
Ciò posto, il lasso temporale di circa 5 anni tra il rilascio del titolo abilitativo e la successiva adozione del provvedimento di autotutela, appare contenuto entro un «termine ragionevole», in relazione alle difficoltà accertative del caso di specie dovute anche allo scioglimento del consiglio comunale a causa della commistione dell'attività di indirizzo politico con quella di gestione.
Sempre in riferimento al tempo trascorso, è necessario ricordare che, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale condiviso dalla Plenaria nella decisione prima riassunta, la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non può certamente radicare un affidamento di carattere ‘legittimo’ in capo al proprietario dell’abuso; deve quindi essere esclusa la necessità di motivare sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata (così la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2017).
Applicando le suesposte coordinate al caso di specie, la Sezione rileva che il Comune di Orta di Atella ha chiaramente indicato nel contrasto con gli artt. 24 e 25 delle N.T.A. del PRG l’illegittimità originaria dei titoli abilitativi e, nel contempo, ha adeguatamente motivato in merito all’interesse pubblico alla rimozione, pur in considerazione del tempo trascorso dall’emanazione del permesso di costruire n. 59 del 19 aprile 2005 e dalla successiva variante.
In particolare nel provvedimento di autotutela, il Comune di Orta di Atella ha evidenziato che il rilascio di singoli titoli abilitativi edilizi in area non urbanizzata ha consentito ai beneficiari di utilizzare l’intera proprietà a fini privati, scaricando interamente sulla collettività i costi conseguenti alla realizzazione di infrastrutture per i nuovi insediamenti, laddove solo attraverso una corretta attività programmatoria di attuazione del PRG sarebbe stato possibile assicurare alla collettività insediata in un determinato contesto urbano una qualità di vita di livello adeguato all’accresciuta domanda di servizi collettivi, i cui standard sono normativamente stabiliti.
Muovendo da questa condivisibile premessa, il Comune di Orta di Atella ha tratto la ragionevole conclusione che, nella comparazione tra le contrapposte posizioni giuridiche, occorresse annettere prevalenza all’interesse della comunità locale ad ottenere dotazioni minime di infrastrutture pubbliche che, a loro volta, garantiscono la normale qualità del vivere in un aggregato urbano.
A confutazione delle doglianze della parte appellante, va pertanto ribadito che il Comune di Orta di Atella ha ragionevolmente conferito prevalenza all’interesse pubblico sotteso al contestato annullamento d’ufficio, sulla base dei seguenti convergenti elementi fattuali e giuridici:
- l’assenza della previa pianificazione attuativa che, nel caso in esame, si connette al governo di una zona a vocazione “residenziale di nuova espansione” (C1) e “residenziale di nuova espansione estensiva” (C2);
- l’esplicitata esigenza di salvaguardare l’equilibrato sviluppo del territorio, attraverso una urbanizzazione attuata in maniera qualitativamente e quantitativamente conforme alle esigenze recepite dagli artt. 24 e 25 delle N T.A. del PRG, in modo da garantire alla collettività la concreta fruibilità delle infrastrutture esistenti nel comparto;- lo sconvolgimento degli indici edificatori per effetto dei provvedimenti annullati;- la sussistenza di un allarmante quadro amministrativo, in cui – come si evince dalla motivazione del provvedimento di annullamento d’ufficio – si è giunti allo scioglimento del consiglio comunale anche per la commistione dell'attività di indirizzo politico con quella di gestione.
Conclusivamente, il Comune di Oria di Atella, a fronte di un'attività edilizia palesemente illegittima, favorita da varianti che la stessa amministrazione non ha esitato a definire “di pura urbanistica creativa”, ha adottato un provvedimento di annullamento d’ufficio nel rispetto di tutte le condizioni normative, così come interpretate dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.
Le considerazioni che precedono conducono pertanto alla reiezione dell’appello.
Le spese del presente grado di giudizio seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la parte appellante alla rifusione, in favore del Comune di Orta di Atella, delle spese di lite, che liquida complessivamente in euro 6000,00 (seimila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere, Estensore