Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1314, del 12 marzo 2015
Urbanistica. Rigetto delle osservazioni presentate dal privato per l’approvazione del P.E.E.P. Necessità schema motivazionale valido

Se è vero che le localizzazioni dei piani di edilizia economica e popolare sono il frutto di valutazioni ampiamente discrezionali dell'organo amministrativo, censurabili solo sotto il profilo estrinseco o per macroscopici vizi di fatto, questo non esime l’amministrazione dal predisporre uno schema motivazionale delle sue decisioni che renda ricostruibile le ragioni pratiche e giuridiche che l’hanno condotta verso una determinata direzione, anche superando le opposizioni proposte dal privato. Nel caso si è in presenza di una motivazione apparente, in quanto l’amministrazione, lungi dall’esternare una valutazione effettiva svolta sui presupposti e sugli interessi procedimentali, rilevanti in quanto desumibili dalla disciplina normativa del piano in esame ha di fatto operato un’inversione argomentativa, del tipo della petitio principii. In concreto, come sempre accade dove si riscontra questo tipo di fallacia, quello che dovrebbe essere l’esito del giudizio, ossia l’impossibilità di procedere alla nuova progettazione del piano per inesistenza di valide ragioni di opposizione, è assunto come giustificazione della decisione stessa, con un corto circuito argomentativo che evidenzia l’inesistenza di una effettiva ragione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01314/2015REG.PROV.COLL.

N. 03439/2006 REG.RIC.

N. 03440/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 3439 del 2006, proposto da
Franco Mario Cuonzo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Caputi Jambrenghi e Giuseppe Violante, ed elettivamente domiciliato presso i difensori in Roma, via Vincenzo Picardi n. 4/b, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Bitonto, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giacomo Valla, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso Luigi Gardin in Roma, via L. Mantegazza n. 24, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;


sul ricorso in appello n. 3440 del 2006, proposto da
Franco Mario Cuonzo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Caputi Jambrenghi e Giuseppe Violante, ed elettivamente domiciliato presso i difensori in Roma, via Vincenzo Picardi n. 4/b, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Bitonto, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giacomo Valla, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso Luigi Gardin in Roma, via L. Mantegazza n. 24, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per la riforma

quanto al ricorso n. 3439 del 2006:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 669 del 3 marzo 2006, resa tra le parti, concernente un piano per edilizia economica e popolare

quanto al ricorso n. 3440 del 2006:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 670 del 3 marzo 2006, resa tra le parti, concernente un nuovo piano delle zone per edilizia economica e popolare

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2015 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Caputi Iambrenghi e Valla;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3439 del 2006, Franco Mario Cuonzo propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 669 del 3 marzo 2006 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Bitonto per l'annullamento della delibera di C.C. n. 28 del 4.4.03 di rigetto delle osservazioni presentate dal ricorrente e di approvazione del P.E.E.P. di Palombaio e degli atti presupposti, in particolare i pareri della Commissione Edilizia di cui ai verbali 26.2.03 e 12.3.03 ed il parere del Dirigente del Settore Territorio.

Dinanzi al giudice di prime cure, con ricorso notificato il 17.7.03 al Comune di Bitonto e depositato il 28.7.03, l’originario ricorrente domandava l'annullamento: della delibera di C.C. n. 28 del 4.4.03 di rigetto delle osservazioni presentate dal ricorrente e di approvazione del P.E.E.P. di Palombaio; degli atti presupposti, in particolare i pareri della Commissione Edilizia di cui ai verbali 26.2.03 e 12.3.03 ed il parere del Dirigente del Settore Territorio.

A fondamento del ricorso, premesso che il Piano localizzava ad edilizia residenziale pubblica un'area di proprietà adiacente alla propria azienda agricola e che la opposizione fatta alla sua approvazione (nella quale veniva indicato altro sito, suscettibile di cessione al Comune, dotato di analoghe caratteristiche urbanistiche) era stata respinta chiamando in causa la discrezionalità delle scelte amministrative in materia, deduceva plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Resisteva in giudizio il Comune di Bitonto contestando la fondatezza del ricorso.

La causa veniva discussa alla pubblica udienza del 9 febbraio 2006 e decisa con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla corretta motivazione della scelte adottate.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure.

Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Bitonto, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Con altro e connesso ricorso iscritto al n. 3440 del 2006, Franco Mario Cuonzo propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 670 del 3 marzo 2006 con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto contro il Comune di Bitonto per l'annullamento della delibera di C.C. n. 42 del 17.4.02 avente ad oggetto "nuovo piano delle zone per l'edilizia economica e popolare ex lege 167/1962 dimensionamento e localizzazione degli ambiti territoriali" P.E.E.P. di Palombaio e di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale, in particolare la relazione del Dirigente del Settore Territorio, i pareri della II e III Commissione Consiliare del 15 e 17 aprile 2002, la delibera 41/02 del C.C.

Dinanzi al giudice di prime cure, con ricorso notificato il 20.06.02 al Comune di Bitonto e depositato il 3.7.02, il ricorrente, sempre Franco Mario Cuonzo, domandava l'annullamento: della delibera di C.C. n. 42 del 17.4.02 avente ad oggetto "nuovo piano delle zone per l'edilizia economica e popolare ex lege 167/1962 dimensionamento e localizzazione degli ambiti territoriali" P.E.E.P. di Palombaio; di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale, in particolare la relazione del Dirigente del Settore Territorio, i pareri della II e III Commissione Consiliare del 15 e 17 aprile 2002, la delibera 41/02 del C.C.

A fondamento del ricorso, premesso di essere proprietario di un suolo ricadente nell'impugnata decisione di localizzazione, deduceva plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Resisteva in giudizio il Comune di Bitonto, eccependo l'inammissibilità del ricorso.

La causa veniva discussa alla pubblica udienza del 9 febbraio 2006 e decisa con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando il venir meno dell’interesse alla decisione per lo sviluppo procedimentale della stessa pianificazione.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, rimarcando come nel caso in esame l’interesse fosse ancora sussistente e valevole per fondare una pronuncia di accoglimento.

Anche in questo secondo giudizio di appello, si è costituito il Comune di Bitonto, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2015, i ricorsi sono stati congiuntamente discussi e assunti in decisione.

DIRITTO

1. - In via preliminare e a norma dell’art. 70 del codice del processo amministrativo, va disposta la riunione dei diversi appelli, in quanto attinenti a vicende connesse in quanto fasi dello stesso procedimento pianificatorio.

Trattandosi tuttavia di una connessione data dall’unicità procedimentale ma articolata in senso cronologico, le diverse censure dei due ricorsi verranno trattate seguendo l’iter della procedura a monte, che è solo in parte rispecchiato dalla cronologia delle decisioni ed impugnazioni in sede di giudizio.

2. - Gli appelli riuniti sono parzialmente fondati e meritano accoglimento entro i termini di seguito precisati.

3. - Va preliminarmente vagliato l’appello n. 3440 del 2006 che, benché iscritto con numero successivo, riguarda gli atti della prima fase procedimentale, quella concernente l’approvazione della delibera di C.C. n. 42 del 17 aprile 2002 avente ad oggetto “nuovo piano delle zone per l'edilizia economica e popolare ex lege 167/1962 dimensionamento e localizzazione degli ambiti territoriali P.E.E.P. di Palombaio” e di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.

Avverso la sentenza del T.A.R., ossia la n. 670 del 2006, l’appello lamenta l’errata considerazione sul venir meno dell’interesse al ricorso, che il primo giudice ha motivato sulla carenza di “efficacia lesiva sulla sfera giuridica del ricorrente”, mettendo in ombra la circostanza dell’avvenuta successiva impugnazione del provvedimento di impugnazione del piano.

3.1. - La censura è corretta, ma inconferente.

Occorre evidenziare come la questione sulla permanenza o meno dell’efficacia lesiva della delibera gravata possa al massimo apparire rilevante da un punto di vista sostanziale, ma assolutamente inconferente da quello processuale, atteso che, anche con il suo eventuale accoglimento la parte non conseguirebbe alcun risultato utile, visto che la pianificazione è oramai confluita nella delibera di consiglio comunale n. 28 del 4 aprile 2003 di rigetto delle osservazioni presentate dal ricorrente e di approvazione del P.E.E.P. di Palombaio e degli atti presupposti, gravata con l’altro ricorso qui in esame.

In concreto, il T.A.R. ha correttamente considerato che la delibera n. 42 del 17 aprile 2002 avesse natura endoprocedimentale, in quanto non era di adozione del piano ma unicamente tecnica, contenente le prescrizioni di dimensionamento (punto 4 del dispositivo) e di localizzazione (punto 5 del dispositivo) dello strumento, la cui redazione sarebbe poi spettata al dirigente del settore territorio e poi oggetto di esame e di adozione dagli organi competenti (punto 6 del dispositivo).

Pertanto, sebbene con motivazione differente, deve confermarsi la dichiarazione di inammisibilità del ricorso n. 974 del 2002, dato con la sentenza n. 670 del 2006, qui impugnata con ricorso n. 3440 del 2006.

4. - Può quindi procedersi allo scrutinio del secondo ricorso, iscritto al n. 3439 del 2006 e che, benché cronologicamente precedente, riguarda la fase successiva dello sviluppo procedimentale, valutata dal primo giudice con sentenza n. 669 del 2006, e concernente la delibera di approvazione del piano in esame, ossia la n. 28 del 4 marzo 2003.

Con il primo motivo di doglianza, articolato su più profili, l’appello lamenta la mancata considerazione delle censure sul difetto di motivazione della delibera de qua, che il T.A.R. ha superato facendo riferimento ad una generale carenza di qualsiasi pregio, nonostante che la parte avesse evidenziato la proposta di una soluzione alternativa alla evocata localizzazione.

4.1. - La censura è fondata e va accolta.

Rileva la Sezione come l’iter di approvazione della delibera gravata, a fronte di una puntuale indicazione di una soluzione alternativa, proposta dall’attuale appellante con indicazione di un’altra soluzione progettuale, è stata respinta dall’amministrazione con un singolare e tautologico procedimento motivazionale.

Il T.A.R. ha esattamente rilevato questo svolgimento, ma non ne è riuscito a cogliere le carenze, in quanto effettivamente la motivazione del rigetto delle osservazioni è mancante e, comunque, lacunosa ed incongrua.

Infatti, se è pure vero che le localizzazioni dei piani di edilizia economica e popolare sono il frutto di valutazioni ampiamente discrezionali dell'organo amministrativo, censurabili solo sotto il profilo estrinseco o per macroscopici vizi di fatto, d’altra parte questo non esime l’amministrazione dal predisporre uno schema motivazionale delle sue decisioni che renda ricostruibile le ragioni pratiche e giuridiche che l’hanno condotta verso una determinata direzione, anche superando le opposizioni proposte dal privato.

Come si evince dagli atti e come emerge dalla documentazione prodotta, il Comune ha esaminato le osservazioni presentate dal ricorrente, dapprima tramite una valutazione degli organi tecnici (e quindi del dirigente del settore territorio e della commissione edilizia), poi in una successiva discussione dell'organo deliberante (ossia nella seduta del consiglio comunale del 4 marzo 2003, dove poi è stata adottata la delibera).

Le ragioni addotte dagli organi tecnici del Comune hanno riguardato da un lato elementi di inopportunità amministrativa nella proposta del ricorrente (perchè ciò avrebbe determinato l'onere di riprogettazione del Piano), dall'altro la natura della scelta, di competenza dell'organo politico.

Tuttavia, tali argomenti rappresentano una falsa motivazione, atteso che, in questo modo, si sono semplicemente evidenziati alcuni profili connaturati ad ogni procedimento di pianificazione urbanistica, dove sempre le scelte hanno natura discrezionale e dove ogni accoglimento delle osservazioni proposte comporta la rimodulazione del piano stesso, ma non si è detto nulla in merito alle ragioni sostanziali che escludevano l’accoglimento della proposta alternativa fatta dall’attuale appellante.

Si è quindi in presenza di una motivazione apparente, in quanto l’amministrazione, lungi dall’esternare una valutazione effettiva svolta sui presupposti e sugli interessi procedimentali, rilevanti in quanto desumibili dalla disciplina normativa del piano in esame (sul legame tra motivazione e concreta valutazione dei dati di fatto in relazione ai parametri normativi, si veda da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 18 gennaio 2012 n. 175) ha di fatto operato un’inversione argomentativa, del tipo della petitio principii. In concreto, come sempre accade dove si riscontra questo tipo di fallacia, quello che dovrebbe essere l’esito del giudizio, ossia l’impossibilità di procedere alla nuova progettazione del piano per inesistenza di valide ragioni di opposizione, è assunto come giustificazione della decisione stessa, con un corto circuito argomentativo che evidenzia l’inesistenza di una effettiva ragione.

Conclusivamente, il motivo di appello deve essere accolto, con assorbimento delle altre ragioni, essendo mancata ogni motivazione sul rigetto delle osservazioni proposte dalla parte oggi appellante.

5. - Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

6. –L’appello n. 3440 del 2006 va quindi respinto, mentre va accolto quello proposto nel ricorso n. 3439 del 2006. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla soccombenza reciproca.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Dispone la riunione degli appelli n. 3439 del 2006 e n. 3440 del 2006;

2. Respinge l’appello n. 3440 del 2006 e accoglie l’appello n. 3439 del 2006 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, n. 669 del 3 marzo 2006, accoglie il ricorso di primo grado;

3. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 febbraio 2015, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/03/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)