Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 415, del 23 gennaio 2013
Urbanistica.Legittimità diniego di concessione edilizia per edificio rurale e vincolo di inedificabilità

La circostanza che il vincolo non sia stato trascritto e che non sia stato istituito il registro fondiario con i dati catastali dei terreni vincolati, non può essere utilmente allegata, in termini d’ignoranza della situazione giuridico-fattuale, dall’interessata, che ha partecipato ad un rogito notarile dal quale risultava con chiarezza l’unicità dell’originario compendio immobiliare e la preesistenza dell’edificio, a nulla rilevando l’assunto che esso fosse più o meno abitabile, e che è stato oggetto di successiva ristrutturazione in base a titolo edilizio che l’interessata non ha impugnato, pur non potendo né dovendo ignorare che la conservazione del manufatto, ancorché ristrutturato, assumeva valenza ostativa, per l’effetto d’asservimento dell’intera superficie fondiaria, ivi compreso il suolo da essa acquistato, al medesimo edificio, all’edificazione sul proprio suolo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00415/2013REG.PROV.COLL.

N. 08252/2009 REG.RIC.

N. 08251/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8252 del 2009, proposto da: 
Anna Viviani, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucio Motta, Nicola Lonardi e Gianroberto Caldara, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla via Verona n. 9, per mandato a margine dell’appello;

contro

Comune di Bussolengo, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Sanino ed Eugenio Lequaglie, e presso lo studio del primo elettivamente domiciliato in Roma, al viale Parioli n. 180, per mandato a margine dell’atto di costituzione nel giudizio d’appello;

 

sul ricorso numero di registro generale 8251 del 2009, proposto da: 
Anna Viviani, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucio Motta, Nicola Lonardi e Gianroberto Caldara, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla via Verona n. 9, per mandato a margine dell’appello;

contro

Comune di Bussolengo, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Sanino ed Eugenio Lequaglie, e presso lo studio del primo elettivamente domiciliato in Roma, al viale Parioli n. 180, per mandato a margine dell’atto di costituzione nel giudizio d’appello;

per la riforma

quanto al ricorso n. 8252 del 2009:

della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sezione II, n. 1863 del 25 giugno 2008, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso in primo grado n. 656/2000, diretto all’annullamento della determinazione dirigenziale n. 27428 del 21 dicembre 2009 recante diniego di concessione edilizia per la costruzione di edificio rurale, in relazione al rilievo del vincolo di inedificabilità riveniente dall’asservimento dell’intera superficie fondiaria dell’unico originario compendio immobiliare ad un edificio preesistente, come derivante dall’art.8 della l.r. 24/1985;

quanto al ricorso n. 8251 del 2009:

della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sezione II, n. 1864 del 25 giugno 2008, che ha dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado n. 491/2002, diretto all’annullamento della determinazione provvedimentale n. 32343 del 12 dicembre 2001, recante conferma, a seguito di richiesta di riesame avanzata dall’interessata, del diniego di concessione edilizia impugnato con il ricorso n. 656/2000

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bussolengo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2012 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Lucio Motta per l’appellante Anna Viviano e gli avv.ti Mario Sanino e Eugenio Lequaglie per il Comune di Bussolengo appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con distinti appelli notificati il 30 settembre 2009 e depositati il 19 ottobre 2009, iscritti ai nn. 8251/2009 e 8252/2009 r.g., Anna Viviano ha impugnato le sentenze del T.A.R. per il Veneto, in epigrafe meglio indicate, concernenti la medesima vicenda amministrativa.

Senza far luogo alla riunione dei ricorsi, pur chiamati alla stessa udienza di discussione del 12 giugno 2008, il giudice amministrativo veneto:

- con la sentenza n. 1863 del 25 giugno 2008 ha rigettato il ricorso in primo grado n. 656/2000, diretto all’annullamento della determinazione dirigenziale n. 27428 del 21 dicembre 2009 recante diniego di concessione edilizia per la costruzione di edificio rurale, in relazione al rilievo del vincolo di inedificabilità riveniente dall’asservimento dell’intera superficie fondiaria dell’unico originario compendio immobiliare ad un edificio preesistente, come derivante dall’art.8 della l.r. 24/1985;

- con la sentenza n. 1864 del 25 giugno 2008 ha dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado n. 491/2002, diretto all’annullamento della determinazione provvedimentale n. 32343 del 12 dicembre 2001, recante conferma, a seguito di richiesta di riesame avanzata dall’interessata, del diniego di concessione edilizia impugnato con il ricorso n. 656/2000.

I due appelli sono fondati su identici motivi, di seguito sintetizzati:

1) Violazione di legge ed eccesso di potere

a) Il vincolo d’inedificabilità è inapplicabile perché il suolo dell’appellante non è quello più prossimo al fabbricato preesistente, essendo interposti tra i due i suoli di cui alle particelle n. 366 e 364.

b) L’edificio preesistente, almeno all’epoca dell’acquisto del suolo su cui l’appellante intende realizzare un edificio rurale, non era né abitato né abitabile e comunque destinato alle esigenze di coltivatore conduttore dell’azienda agricola, come peraltro indicato nel rogito notarile di frazionamento e vendita ai diversi acquirenti del compendio immobiliare agricolo.

c) Non è stato mai trascritto il vincolo d’inedificabilità nei registri immobiliari, a cura dell’Amministrazione comunale, onde esso è inopponibile all’appellante, acquirente di buona fede;

d) Il Comune di Bussolengo non ha mai istituito il registro fondiario con i dati catastali dei suoli vincolati ex lege regionale n. 24/1985.

e) Si insiste sull’impossibilità di considerare sussistente il vincolo in relazione alle caratteristiche dell’edificio preesistente, di vecchia costruzione e inabitabile perché parzialmente incendiato, evidenziando che il terzo acquirente Impresa De Carli S.a.s. ha ottenuto concessione per ristrutturazione per la realizzazione di unità abitative distinte, con ciò incidendo sul vincolo di asservimento.

f) Si insiste sulla non contiguità tra il suolo acquistato dall’appellante e quello su cui ricade l’edificio preesistente.

2) Disparità di trattamento

In altri casi il Comune di Bussolengo non avrebbe opposto l’esistenza di vincoli ex lege regionale n. 24/1985, né operato alcuna verifica, rilasciando senz’altro concessioni edilizie.

L’istanza di riesame è stata esaminata dopo oltre undici mesi, mentre altre analoghe istanze sarebbero state evase in trenta o quaranta giorni.

Il provvedimento di riesame non ha considerato le circostanze dedotte in ordine alla fatiscenza e inabitabilità dell’edificio preesistente, e quindi alla sua insuscettività di implicare l’asservimento dei fondi limitrofi, tra i quali il suolo acquistato dalla Viviano.

Con ordinanze n. 5618 e n. 5619 dell’11 novembre 2009 sono state accolte le istanze incidentali di sospensione dell’efficacia esecutiva delle sentenze impugnate.

Nel giudizio si è costituito l’appellato Comune di Bussolengo, deducendo l’infondatezza degli appelli e con memoria depositata il 2 marzo 2012, in vista dell’udienza di discussione, anche la loro improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse poiché con determinazione dirigenziale n. 3188 del 25 gennaio 2010, a seguito delle due ordinanze di sospensiva è stato emanato provvedimento di riesame, con rinnovata e ampia motivazione, e quindi non meramente confermativo, rimasto inoppugnato.

All’udienza pubblica del 3 aprile 2012, entrambi gli appelli sono stati discussi e riservati per la decisione.

DIRITTO

1.) Il Collegio ritiene opportuno disporre, in limine, la riunione degli appelli di cui in epigrafe, stante la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva, non avendo a tanto provveduto il giudice di primo grado benché i ricorsi in primo grado n. 656/2000 e n. 491/2002, rispettivamente respinto con la sentenza n. 1863 e dichiarato inammissibile con la sentenza n. 1864, pubblicate entrambe il 25 giugno 2008, fossero stati chiamati alla stessa udienza di discussione.

2.) Ancora in via preliminare deve esaminarsi l’eccezione pregiudiziale di improcedibilità degli appelli come spiegata dai difensori dell’Amministrazione comunale nella memoria depositata il 2 marzo 2012, in relazione all’emanazione della determinazione dirigenziale n. 3188 del 25 gennaio 2010, versata agli atti del giudizio il 23 febbraio 2012.

Tale determinazione è stata emanata in relazione all’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 5619 dell’11 novembre 2009, con la quale si è disposto che il Comune “…debba riesaminare la domanda di permesso di costruire con adeguata istruttoria e congrua motivazione, previa valutazione dei motivi di ricorso e attenta e approfondita lettura della motivazione della sentenza della quinta sezione di questo Consiglio n. 749/2000”.

Orbene, la semplice lettura della suddetta determinazione dirigenziale consente di rilevare che il diniego del rilascio del permesso di costruire si fonda su una rinnovata valutazione che non soltanto richiama i rilievi già svolti nel diniego originario (l’essere il suolo della Viviano parte del più vasto compendio immobiliare originario sul quale insisteva, sui mappali n. 359, 360, 361 del foglio 2, preesistente fabbricato che esprimeva l’intera volumetria assentibile in relazione alla superficie del compendio, col conseguente asservimento della medesima all’edificio e il connesso vincolo di non edificabilità di cui all’art. 8 della legge regionale 5 marzo 1985, n. 24), sebbene anche sulla considerazione dell’art. 95 comma 2 del Regolamento edilizio comunale (che ricomprende nella superficie fondiaria asservita ai fabbricati esistenti alla data di entrata in vigore del P.R.G. approvato con deliberazione della Giunta Regionale n. 4864 del 21 settembre 1982 tutte le aree scoperte di proprietà della stessa ditta contigua e quella su cui insiste il fabbricato), nonché sulla considerazione dei principi espressi appunto dalla sentenza della V Sezione n. 749 del 10 febbraio 2000 (che sulla scorta di precedenti pronunce ha ribadito che “…un’area edificabile, già interamente considerata in occasione del rilascio di una concessione edilizia, agli effetti della volumetria realizzabile, non può essere più tenuta in considerazione come area libera, neppure parzialmente, ai fini del rilascio di una seconda concessione nella perdurante esistenza del primo edificio, irrilevanti appalesandosi le vicende inerenti alla proprietà dei terreni…(ossia che)… quando la volumetria edificabile per la intera area originaria sia stata utilizzata, a nulla vale perciò il suo successivo frazionamento”).

In altri termini l’Amministrazione comunale ha emanato nuovo diniego, non meramente confermativo di quello espresso con la determinazione dirigenziale n. 27428 del 21 dicembre 2009 (impugnato col ricorso in primo grado n. 656/2000, respinto con la sentenza n. 1863 del 25 giugno 2008) e di quello successivo n. 32343 del 12 dicembre 2001 (impugnato col ricorso in primo grado n. 491/2001, dichiarato inammissibile con la sentenza n. 1864 del 25 giugno 2008 in quanto considerato invece atto di mera conferma del precedente).

Ne consegue che dall’eventuale accoglimento degli appelli l’interessata non potrebbe conseguire alcuna utilità, poiché rimarrebbe comunque fermo il nuovo diniego che non risulta essere stato impugnato.

Ad abundantiam, deve osservarsi che, ancorché con motivazione assai più che sintetica, il giudice amministrativo veneto, nelle due sentenze impugnate ha dato conto, rispettivamente, della legittimità dell’originario diniego e della natura meramente confermativa, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione, della successiva nota dirigenziale.

La sig.ra Anna Viviano è intervenuta alla stipula di un unico rogito notarile (n. 66086 di repertorio, n. 7776 di raccolta) in data 24 luglio 1995, nel quale i proprietari originari dell’unico compendio immobiliare signori Angelo Menegotti e Silvana Righetti hanno proceduto al frazionamento e alla contestuale vendita del compendio in vari “lotti”, uno dei quali, corrispondente ai mappali n. 359, 360 e 361 del foglio 2) all’Impresa De Carli Aleandro di De Carli Gabriella S.a.s., sul quale insisteva, appunto, un fabbricato con terreno circostante, avendo l’interessata acquistato il terreno agricolo corrispondente al mappale n. 362 di foglio 2, e i signori Paolo Pietropaolo, Giovanni Scaramellini e Gianluigi Bottura, pro quota, un capannone con porzione di fabbricato rurale e area di pertinenza, corrispondente ai mappali 355, 356, 357, 358, 363, 364, 365. 366 e 367 di foglio 2.

Con specifico riferimento ai fabbricati rurali, poi, le parti venditrici hanno dichiarato e attestato che le relative opere di costruzione “…sono state iniziate in epoca anteriore al 1° settembre 1967”.

Orbene, l’art. 8 comma 2 della legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 dispone, in modo testuale, che:

“Le abitazioni esistenti in zona agricola alla data di entrata in vigore della presente legge estendono sul terreno dello stesso proprietario un vincolo di «non edificazione» fino a concorrenza della superficie fondiaria necessaria alla loro edificazione, ai sensi dell’art. 3, fatte salve le facoltà previste dall’art. 5”

L’asservimento così imposto ex lege dell’intera superficie fondiaria al fabbricato esistente preclude l’ulteriore edificazione, ossia esclude che la suddetta superficie sia suscettibile di esprimere ulteriore volumetria.

La circostanza che il vincolo non sia stato trascritto, ai sensi del successivo comma 3, e che non sia stato istituito il registro fondiario con i dati catastali dei terreni vincolati, previsto dal comma 4, non può essere utilmente allegata, in termini d’ignoranza della situazione giuridico-fattuale, dall’interessata, che ha partecipato ad un rogito notarile dal quale risultava con chiarezza l’unicità dell’originario compendio immobiliare e la preesistenza dell’edificio, a nulla rilevando l’assunto che esso fosse più o meno abitabile, e che è stato oggetto di successiva ristrutturazione in base a titolo edilizio che l’interessata non ha impugnato, pur non potendo né dovendo ignorare che la conservazione del manufatto, ancorché ristrutturato, assumeva valenza ostativa, per l’effetto d’asservimento dell’intera superficie fondiaria, ivi compreso il suolo da essa acquistato, al medesimo edificio, all’edificazione sul proprio suolo.

3.) In conclusione gli appelli di cui in epigrafe sono improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento degli atti impugnati in primo grado, in relazione all’emanazione di nuovo diniego, non meramente conservativo, rimasto inoppugnato.

4.) Sussistono giusti motivi per dichiarare compensate per intero, tra le parti, le spese ed onorari del giudizio d’appello, ferma la compensazione di quelle del giudizio di primo grado già disposta con le sentenze gravate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse gli appelli di cui ai ricorsi n. 8251/2009 e n. 8252/2009, previa loro riunione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)