SUI RECENTI APPRODI DELLA CASSAZIONE IN TEMA DI "LOTTIZZAZIONE ABUSIVA"

di Gianluca D\'ORIA
Dottore di ricerca Univeristà degli Studi del Salento

Nota a :
Cassazione penale , 07 Marzo 2008, n. 24096 sez. III (visibile qui)
Pubblicata in Cass. pen. 2009, 2, 674

Sommario: 1. Le nuove frontiere della speculazione edilizia. - 2. Residenze turistico-alberghiere (c.d. r.t.a.) e mutamenti di destinazione d\'uso: l\'approccio ermeneutico della giurisprudenza di legittimità. - 3. I nuovi confini del reato di lottizzazione abusiva tra principi garantistici e istanze di tutela. - 4. Fisionomia delle r.t.a. e parametri valutativi in sede applicativa. - 5. Rilievi conclusivi.
1. LE NUOVE FRONTIERE DELLA SPECULAZIONE EDILIZIA
Nel corso degli ultimi decenni i fenomeni speculativi nel settore urbanistico-edilizio hanno raggiunto dimensioni preoccupanti, assumendo in tempi più recenti forme particolarmente "subdole", capaci di produrre non solo effetti trasformativi del territorio, ma altresì forti ripercussioni sul piano socio-economico e occupazionale (1).
Vi è, tuttavia, che all\'emersione di tali nuove fenomenologie di notevole impatto ambientale ha fatto sinora da contraltare una prassi applicativa tutt\'altro che indulgenzialista, volta a contrastare il ricorso ad un utilizzo surrettizio dei regimi derogatori previsti dalla legislazione urbanistica per realizzare unità immobiliari residenziali in zone ove le stesse non sono consentite.
È quanto sembra emergere dal tenore di alcune recenti pronunce della suprema Corte (2) nelle quali si è ritenuto di ravvisare, sia pure - in taluni casi - con i limiti propri dei giudizi in tema di misure cautelari(3), gli elementi costitutivi del reato di "lottizzazione abusiva" (4) in condotte di frazionamento di complessi edilizi autorizzati come residenze turistico alberghiere (c.d. RTA), (5) e di successiva vendita di siffatte strutture in singole unità immobiliari destinate ad uso abitativo (6).La fattispecie criminosa in esame, oggi tipizzata dall\'art. 30, comma 1, e sanzionata dall\'art. 44, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo unico dell\'edilizia), è stata col tempo oggetto di una copiosa e non sempre concorde interpretazione giurisprudenziale, quest\'ultima contraddistinta da una crescente "sensibilità" alle esigenze di tutela del bene giuridico che con la penalizzazione dell\'attività lottizzatoria abusiva si intende tutelare (7).
In particolare, le soluzioni interpretative fornite in questi anni dalla Cassazione, con il non trascurabile apporto della dottrina, hanno permesso di definire l\'esatta portata del bene oggetto di protezione, secondo un paradigma ricostruttivo teso a focalizzare la tutela sul bene strumentale (o intermedio) della riserva di programmazione e pianificazione dell\'uso del territorio in mano alla pubblica autorità, funzionale a preservare quest\'ultima da possibili e non preventivati costi per opere di urbanizzazione primaria e/o secondaria necessarie in ogni insediamento urbano, e, in definitiva, a garantire il bene finale (o scopo della tutela) (8), di rango costituzionale, rappresentato dal "territorio" ovvero dall\'habitat in cui l\'uomo vive ed opera e che incide direttamente sulla qualità individuale e sociale di vita (artt. 9, 32 e 3 Cost.)(9).
Una siffatta ricostruzione del bene giuridico, polarizzata sulla tutela dell\'interesse sostanziale ad un "ordinato assetto e sviluppo del territorio", ha permesso di attrarre nell\'orbita del penalmente rilevante, sub specie di lottizzazione abusiva, qualunque condotta che risulti offensiva (anche solo in via potenziale) (10) del bene-territorio - nel senso che sia tale da determinarne (o da poterne determinare) una trasformazione qualitativa dal punto di vista urbanistico-edilizio, e segnatamente da conferire un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale combinando insieme, nel momento ideativo e/o in quello attuativo, impianti di solo interesse privato con impianti di interesse collettivo, non necessariamente pubblico, in modo da creare una nuova maglia di tessuto urbano (11) - ancorché essa trovi in atti o provvedimenti amministrativi una legittimazione formale che celi tuttavia una violazione della normativa sostanziale (es. prescrizioni di zonizzazione del P.R.G.) attraverso la quale si realizza la tutela effettiva del bene giuridico protetto (12).
Nell\'ambito di tale impostazione si colloca, agli inizi del secolo, la scelta delle Sezioni unite di definire la lottizzazione abusiva quale fattispecie a consumazione alternativa, suscettibile di essere integrata dalla condotta di chi, pur in presenza di un provvedimento autorizzativo, effettui opere che comportino la trasformazione urbanistica od edilizia del territorio (ovvero la predisponga con atti giuridici) in violazione delle prescrizioni stabilite dagli strumenti urbanistici o dalle leggi: tale fattispecie criminosa può invero realizzarsi non solo in caso di ontologica assenza di un\'autorizzazione, ma altresì per contrasto con le prescrizioni di legge o di piano dell\'attività materiale o giuridica realizzata, restando in tale ultimo caso "irrilevante" l\'eventuale avvenuto rilascio di un provvedimento autorizzativo (13).

In altri termini, la prassi applicativa è incline a ritenere oggi configurabile la fattispecie in parola, non soltanto in presenza di un intervento non autorizzato sul territorio capace di incidere sulla definizione dell\'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo (ad es. piano di lottizzazione) e la stipula di una "convenzione lottizzatoria"; ma anche quando tale intervento non potrebbe in ogni caso essere effettuato (neppure, dunque, previa approvazione di un piano di lottizzazione convenzionata che, in tal caso, dovrebbe ritenersi illegittimo) in quanto, per le sue caratteristiche obiettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o localizzazione dello strumento generale di pianificazione e/o della normativa statale e regionale di settore, che non possono essere mutate da piani urbanistici attuativi (14).

2. RESIDENZE TURISTICO-ALBERGHIERE (C.D. R.T.A.) E MUTAMENTI DI DESTINAZIONE D\'USO: L\'APPROCCIO ERMENEUTICO DELLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

Nel solco di tale indirizzo ermeneutico s\'innesta la tendenza, emersa negli ultimi anni soprattutto in seno alla giurisprudenza di legittimità, a ricondurre nell\'alveo della fattispecie incriminatrice in esame (anche) le ipotesi di mutamento di destinazione d\'uso (s\'intende tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico) di complessi immobiliari, già esistenti o in corso di realizzazione, assentiti come strutture turistico-alberghiere ma di fatto destinati, per effetto del loro preventivo frazionamento (e contestuale o successiva vendita) in singole unità immobiliari, ad uso di civile abitazione (15).
Con la sentenza Repino del 2004 (16) si inaugura, invero, un nuovo orientamento che segna il definitivo superamento del principio fatto proprio dalla sentenzaLigresti(17) secondo cui «il reato non è configurabile neppure nell\'ipotesi in cui [l\']autorizzazione contrasti con norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale e produca una considerevole modificazione della destinazione d\'uso degli edifici in contrasto con le indicazioni di zona»; una corretta interpretazione della norma, infatti, «non consente di intravedere il reato di lottizzazione se non quando siano modificati i terreni e non gli edifici».
In perfetta linea di continuità, la recente decisione della terza Sezione, che qui si commenta, offre, attraverso pregevoli argomentazioni, un quadro motivazionale certamente apprezzabile per la sua coerenza di fondo, ma che, come si avrà modo di chiarire, lascia ancora residuare qualche margine di dubbio sulla possibilità stessa di ritenere configurata la fattispecie astratta della lottizzazione abusiva a seguito di non consentiti mutamenti di destinazione d\'uso (anche meramente funzionali).

Da un esame dei passaggi argomentativi più significativi della pronuncia emerge con chiarezza come il dato qualificante della scelta interpretativa della Corte di ricondurre in un perimetro di illiceità penale, subspecie di lottizzazione abusiva, (anche) un\'attività di mutamento (non consentito) di destinazione d\'uso di un esistente complesso immobiliare alberghiero (18) - attuato, nel caso di specie, mediante il suo frazionamento (anche catastale) con l\'avvio di opere destinate alla creazione di unità abitative e commerciali indipendenti (al posto delle camere di albergo esistenti) - sia costituito dalla presa d\'atto della significativa alterazione che condotte di questo tipo producono (rectius: possono produrre) sull\'assetto urbanistico del territorio pianificato attraverso gli strumenti urbanistici generali; e ciò, si ha cura di precisare, anche quando tali strumenti consentano una utilizzabilità alternativa di tipo residenziale e tuttavia «il complesso alberghiero sia stato edificato alla stregua di previsioni derogatorie (ad esempio a divieti di edificabilità, a limitazioni plano-volumetriche, a distanze etc.) non estensibili ad immobili residenziali» ovvero, ancora, «la destinazione d\'uso residenziale comporti un incremento degli standards richiesti per l\'edificazione alberghiera (con riferimento anche ai parcheggi privati di cui all\'art. 14-sexies della legge n. 1150/1942) e tali standards aggiuntivi non risultino reperibili ovvero reperiti in concreto» (19).
La discriminante, dunque, rispetto alla precedente negativa valutazione prognostica di "ragionevole probabilità" della configurazione del reato di lottizzazione abusiva materiale (20) operata dal Tribunale di Savona, in sede di riesame, sembrerebbe correre sui binari della esistenza/inesistenza di una (potenziale e non consentita) significativa trasformazione (o alterazione) urbanistica del territorio interessato dall\'edificio di cui si è inteso mutare la destinazione d\'uso.

La Corte ha ritenuto di poter far confluire nella fattispecie criminosa in esame, e in particolare nella figura della lottizzazione c.d. materiale, riconducendoli alla locuzione di «opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni», (anche) interventi che incidono (non in via diretta ed immediata su terreni ma) su complessi edilizi già esistenti, determinandone una modifica di destinazione d\'uso in zone urbanistiche in cui tale modifica non risulti inclusa tra quelle astrattamente possibili. Ciò, chiariscono i giudici di legittimità, in quanto «anche un abusivo mutamento di destinazione d\'uso di edifici già esistenti può influire sull\'assetto urbanistico dei terreni sui quali essi insistono e può altresì comportare la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione» (21).
Tale opzione interpretativa, ad avviso dei Giudici di legittimità, non sembrerebbe peraltro incontrare ostacoli neppure in ipotesi, come quella che ci occupa, di interventi concernenti una sola (anche se di non modeste dimensioni) struttura immobiliare(22), inserita in un\'area già fortemente urbanizzata(23), in cui la nuova destinazione (residenziale) non risulti neppure preclusa ex lege (zona B1) (24).

In ordine al profilo relativo a quella che il Tribunale del riesame definisce un\'area già "fortemente" urbanizzata, deve ritenersi che solo una successiva e più approfondita indagine di merito potrebbe consentire di stabilire se le opere di urbanizzazione già esistenti fossero di per sé sufficienti in un rapporto di proporzionalità fra i bisogni degli abitanti già insediati e da insediare e la qualità e quantità degli impianti urbanizzanti già disponibili e destinati a soddisfarli (25).

Tuttavia, chiarisce la suprema Corte nella sentenza in epigrafe «la modifica di destinazione d\'uso di un fabbricato, qualora non rientri nell\'ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una determinata zona urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto difforme da quelle ammesse, si pone in insanabile contrasto con lo strumento urbanistico, posto che, in tal caso, si tratta non di una mera modificazione formale destinata a muoversi tra i possibili usi del territorio consentiti dal piano, bensì di un\'alterazione idonea ad incidere significativamente sulla destinazione funzionale ammessa dal piano regolatore e tale, quindi, da alterare gli equilibri prefigurati in quella sede» (26).
Ne deriva che, in casi come questi in cui «si agisca sul territorio con modalità non consentibili neppure attraverso la predisposizione di un piano attuativo, ponendo in essere un\'attività finalizzata ed idonea a snaturare la programmazione dell\'uso del territorio stesso delineata nello strumento urbanistico generale, inconferente deve ritenersi ogni riferimento all\'incidenza del nuovo insediamento sullo stato di urbanizzazione esistente» (27).
In tal modo la rilevanza penale del fatto è giustificata, sul versante dell\'offensività, pur a prescindere da ogni valutazione in ordine alla possibile configurazione di un pericolo di rilevante trasformazione del territorio sotto il profilo della incidenza dell\'insediamento sul contesto urbanizzativo già esistente.
In proposito, e al di là del caso di specie, si fa tuttavia rilevare come, ai fini dell\'individuazione di un fenomeno lottizzatorio, il dato valutativo testé menzionato non possa essere del tutto pretermesso.

Potrebbero invero ricorrere casi in cui un non consentito mutamento di destinazione d\'uso di un complesso edilizio, se attuato in particolari tipologie di zone, ampiamente e fortemente urbanizzate, possa non avere l\'attitudine a produrre un impatto urbanistico, in termini di incidenza sulla condizione urbanizzativa di quelle aree e sulle relative infrastrutture, così sensibilmente differente da quello che avrebbe indotto il medesimo edificio con l\'originaria destinazione, da poter confluire alle areede quibus un nuovo assetto urbanistico (28).

Per altro verso, l\'ulteriore circostanza dedotta dal giudice del riesame circa l\'assenza di una prescrizione preclusiva, al livello di normativa statale, dell\'alternativa destinazione d\'uso residenziale in zona di tipo B1, non vale ad infirmare quanto poc\'anzi sostenuto circa l\'inammissibilità della modifica d\'uso attuata, avendo la Corte precisato come, diversamente da quanto evidentemente opinato dal tribunale, ai fini di una corretta valutazione del reato di lottizzazione abusiva si debba tener conto anche della legislazione urbanistica regionale in materia di categorie funzionali di destinazione d\'uso nonché delle previsioni della pianificazione comunale, rispetto alle quali va (pure) valutata la "compatibilità" dell\'intervenuta trasformazione dell\'area(29).
Ai fini del riconoscimento dell\'esistenza di una "significativa trasformazione" del complessivo assetto del territorio messo a punto attraverso gli strumenti urbanistici, non è dunque possibile prescindere, a parere della Corte, da un dato di assoluto rilievo quale quello relativo al «coordinamento delle varie destinazioni d\'uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l\'assegnazione ad ogni singola destinazione d\'uso di determinate qualità e quantità di servizi. L\'assetto territoriale, pertanto, può essere alterato anche allorché significativamente si incida sulle dotazioni degli standards di zona» (30).

3. I NUOVI CONFINI DEL REATO DI LOTTIZZAZIONE ABUSIVA TRA PRINCIPI GARANTISTICI E ISTANZE DI TUTELA

Come già anticipato, nonostante le pregevoli motivazioni addotte dalla suprema Corte a sostegno della decisione in commento, la scelta di ricondurre al novero delle condotte lottizzatorie abusive anche le ipotesi di (non consentita) modifica di destinazione d\'uso di edifici, desta qualche perplessità, tanto sul piano della coerenza sistematica quanto su quello del rispetto di alcuni principi fondamentali di matrice penalistica.

Quanto al primo profilo di ordine sistematico, potrebbero invero venire in gioco ipotesi in cui la modifica di destinazione d\'uso di una struttura ricettiva esistente, e magari già operativa come impresa alberghiera (31), sia di tipo funzionale (senza opere), nel senso che consegua ad una attività meramente negoziale di frazionamento e successiva vendita a privati delle singole unità immobiliari che compongono la struttura, per uso abitativo (32).
Alla possibilità di ritenere integrata la fattispecie della lottizzazione abusiva in simili casi sembrerebbero frapporsi ragioni ostative di carattere sistematico (33), desumibili segnatamente dalle disposizioni normative riguardanti proprio le variazioni d\'uso (art. 10 comma 2, già art. 25, comma 4 della l. n. 47 del 1985, nonché artt. 31 e 32, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 380/2001) (34).
Da una lettura combinata di tali norme può invero farsi discendere che i mutamenti di destinazione posti in essere senza l\'esecuzione di opere edilizie ed in zone non vincolate in mancanza di una disciplina regionale attuativa (35), costituiscono di per sé attività libera non sanzionabile (36), o, al più, che gli stessi debbano essere sanzionati ma ai sensi dell\'art. 44, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 380/01 nel caso in cui risultino comunque violate, per effetto dell\'eseguito mutamento, prescrizioni di zona del piano o gli standards previsti dal d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 recepiti dagli strumenti urbanistici o dai regolamenti edilizi (37).

Un\'estensione dell\'ambito applicativo della norma sulla lottizzazione abusiva a siffatte ipotesi dovrebbe, pertanto, ritenersi "incongrua" rispetto al "sistema"; una evidente "aporia", difficilmente conciliabile con il perimetro sistematico che dovrebbe ospitarla.

D\'altra parte, può osservarsi come in occasione del varo del Testo unico dell\'edilizia del 2001 - che ha sostanzialmente riproposto con l\'art. 30, comma 1, il vecchio testo dell\'art. 18 della l. n. 47/85 - il legislatore avrebbe potuto, volendolo, estendere la fattispecie in esame alle ipotesi di modifica di destinazione d\'uso di edifici, e in particolare ai casi di mutamenti meramente funzionali (senza opere) degli stessi, potendosi ragionevolmente ritenere che la problematica delle variazioni d\'uso e dei loro prevedibili effetti sul territorio fosse in quel momento ben presente ai compilatori, considerata peraltro la esistenza di precedenti specifici della giurisprudenza sia amministrativa che penale (38).

In secondo luogo, e venendo all\'ulteriore elemento di perplessità sopra evidenziato, una palese forzatura del dato normativo (art. 30, comma 1, d.P.R. n. 380/2001) parrebbe profilarsi rispetto a quei casi in cui l\'accertamento dell\'autorità giudiziaria avesse ad oggetto attività negoziali di frazionamento e vendita (anche con atti preliminari) (39) per uso abitativo di r.t.a. - il cui progetto di realizzazione risultasse per ipotesi già autorizzato solo "sulla carta", prima ancora cioè dell\'avvio delle relative opere di costruzione esistenti.
Occorre invero domandarsi se casi del genere, che dovrebbero, a questo punto, ritenersi riconducibili al paradigma della lottizzazione abusiva c.d. negoziale (o cartolare), possano considerarsi pacificamente compatibili col tenore letterale della norma, segnatamente nella parte in cui la stessa disciplina l\'anzidetta specifica fattispecie lottizzatoria (art. 30, comma 1, ult. parte del t.u. dell\'edilizia).

Il dubbio si insinua ove si consideri la circostanza secondo cui, se è vero che lo scopo di tutela è duplice ed è rivolto ad impedire sia che venga compromessa la potestà, attribuita ai Comuni, di effettuare razionali ed armoniche scelte urbanistiche mediante gli specifici strumenti di pianificazione previsti dalla legge, sia che un processo di urbanizzazione incontrollata comporti la nascita di agglomerati edilizi privi delle infrastrutture primarie e secondarie necessarie per la loro integrazione urbanistica, con conseguente imposizione agli stessi Comuni di ingenti spese per dotazioni infrastrutturali (40); e se è altresì vero che, come sostiene la Corte, «anche un abusivo mutamento di destinazione d\'uso di edifici già esistenti può influire sull\'assetto urbanistico dei terreni sui quali essi insistono e può altresì comportare la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione»; è nondimeno vero che, nell\'ipotesi peculiare della lottizzazione abusiva c.d. negoziale, il legislatore, nell\'anticipare ulteriormente la soglia di tutela, ha ritenuto di dover tipizzare le note modali della condotta tipica, all\'uopo disponendo che la abusiva trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni venga «predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l\'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ... denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio».

La locuzione «... tale [abusiva] trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento (41) e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti ...» - accompagnata dall\'ulteriore circostanza secondo cui gli elementi indiziari richiesti dalla norma (seppur in modo non tassativo e, comunque, in via alternativa) afferiscono propriamente alle caratteristiche di "lotti" di terreni, non certo a quelle di porzioni di fabbricati - sembrerebbe difficilmente conciliabile, pur interpretata nella sua massima portata semantica, con un\'attività negoziale di frazionamento e vendita di edifici, per effetto della quale si verifichi una variazione d\'uso pur destinata ad incidere significativamente sul territorio.

In ipotesi di questo genere, l\'aggiramento per via interpretativa del dato letterale sembrerebbe esporre ad un rischio di elusione del limite imposto dal divieto di analogia in materia penale, seppure l\'opzione interpretativa appaia coerente con lo scopo di tutela della fattispecie incriminatrice.
Ed invero, la circostanza che le esigenze di tutela (l\'eadem ratio) che sono alla base della norma penale avrebbero potuto indurre il legislatore ad includere nella stessa casi simili non considerati (42), non può in alcun modo legittimarne un\'estensione da parte del giudice oltre i casi in essa espressamente previsti, in quanto le ragioni di giustizia sostanziale non possono spingersi sino al punto di eludere i vincoli della legalità formale e di prevaricare le altrettanto irrinunciabili esigenze di garanzia della libertà del cittadino e di certezza del diritto (43).

Una valorizzazione dell\'idea del diritto penale come extremaratio, operata anche alla luce dei criteri di sussidiarietà, meritevolezza di pena e frammentarietà, non può non avere importanti riflessi sull\'attività ermeneutica, imponendo all\'interprete, da un lato di astenersi dall\'estendere, in violazione del principio di frammentarietà, la tutela nei confronti di forme di aggressione al bene protetto non espressamente tipizzate nella fattispecie incriminatrice; dall\'altro di scegliere, tra le diverse opzioni possibili, le interpretazioni più rispettose della concezione del diritto penale come extrema ratio (44).
Un tale approccio metodologico, pur potendo apparire velato da "eccessivo" garantismo, sarebbe auspicabile, tanto più nei casi in cui gli effetti dell\'attività ermeneutica ricadano su fattispecie caratterizzate da un\'anticipazione della soglia di tutela e da una tecnica di normazione segnatamente specialistica.
Il problema, allora, resta quello di dover stabilire fino a che punto un\'interpretazione "dinamico-evolutiva" della fattispecie incriminatrice, per usare un\'espressione cara ad un insigne giurista (45), possa ritenersi ammissibile. Fino a che punto essa possa considerarsi contenuta entro l\'orizzonte testuale della norma ovvero travalichi i limiti imposti dal divieto di analogia.
È ragionevole ritenere che la intrinseca dimensione ermeneutica del fatto tipico - (ri)descritto, pur con un denunziato deficit di tassatività (46), dall\'art. 30, comma 1, del d.P.R. n. 380/01 - modulata sul profilo del bene giuridico che si assume tutelato (47), possa indurre la giurisprudenza a considerare pacificamente sussumibili nella fattispecie della lottizzazione cartolare le condotte de quibus, ritenendo evidentemente di attribuire alla norma penale un ambito applicativo più ampio, ma pur sempre compatibile col linguaggio legislativo (48).

Se è così, tuttavia, sembra difficile negare che spicce preoccupazioni di politica criminale fungano da fattore pregiudiziale(496), offrendo le basi da cui prendere le mosse per interpretare dinamicamente la fattispecie incriminatrice, aggiornandola per via ermeneutica, fino al punto da dilatarne oltremodo i requisiti costitutivi (50).

In altri termini, se per un verso è vero che l\'interpretazione presenta inevitabili componenti di valutatività e creatività, per altro verso ineludibile e parimenti incontestabile è l\'esigenza di circoscriverne l\'ambito di operatività entro limiti corrispondenti al significato letterale, sia pure teso all\'estremo, del testo di legge (51).

Difficilmente potrebbe allora ritenersi condivisibile una tale opzione ermeneutica, che, lungi dal costituire un\'ipotesi di ammissibile interpretazione estensiva, rappresenterebbe piuttosto un chiaro esempio di applicazione analogica (52), giustificata dalla esistenza di una medesima ratio punitiva, ma pur sempre preclusa in campo penale.

In definitiva, è auspicabile che il complesso delle ragioni sin qui esposte possa indurre la giurisprudenza di legittimità ad un ripensamento, in senso restrittivo, e nelle more di un auspicabile intervento del legislatore, del perimetro applicativo della fattispecie in esame. E ciò, riteniamo, pur senza voler considerare che l\'accertamento del reato di lottizzazione abusiva comporta - salvo sopravvenute scelte dell\'autorità amministrativa, purché anteriori al passaggio in giudicato della sentenza di accertamento, volte al recupero delle aree abusivamente lottizzate in virtù di prevalenti e dichiarati interessi pubblici(53) - un enorme sacrificio per beni comunque di significativo rilievo (diritto di proprietà, diritto ad una abitazione ecc.) persino nei casi di formule assolutorie limitate al segmento della colpevolezza ("perché il fatto non costituisce reato"), atteso che la sanzione della confisca (che com\'è noto colpisce non solo le costruzioni ma anche i terreni) (54) andrebbe comunque inesorabilmente ad abbattersi - salvo un consolidamento del recentissimo revirement della Cassazione - anche su chi, per ipotesi, abbia agito in buona fede, nella ragionevole convinzione di aver acquistato una "casa" piuttosto che una "porzione di albergo" (55).

4. FISIONOMIA DELLE R.T.A. E PARAMETRI VALUTATIVI IN SEDE APPLICATIVA
Sotto altro profilo, è bene fugare l\'equivoco, per la verità già dissolto dalla suprema Corte nella decisione in commento(56), insito nel ritenere inammissibile un\'attività di frazionamento tout court della r.t.a., tale da non compromettere in alcun modo la specifica destinazione d\'uso della struttura ricettiva.
L\'equivoco potrebbe sorgere nel momento in cui si pretendesse di associare, sic et simpliciter, alle attività di frazionamento e vendita di r.t.a. il rischio di elusione del vincolo conformativo di destinazione d\'uso imposto dagli strumenti urbanistici (57).

In realtà non vi sarebbe alcuna incompatibilità tra la destinazione turistico-alberghiera di un complesso immobiliare e la parcellizzazione del suo assetto proprietario (58), trattandosi di due situazioni giuridiche affatto differenti ed autonome nonché soggette ad ambiti di disciplina diversi (pubblicistica la prima, privatistica la seconda).

In altri termini, il mutato assetto proprietario scaturente dal frazionamento non incide di per sé sulla disciplina urbanistica, nel senso che non altera necessariamente la destinazione d\'uso delle strutture ricettivo-turistiche frazionate, potendo al più costituire un dato di partenza suscettivo di ulteriore approfondimento in sede investigativa.

D\'altra parte, in questa come in altre precedenti pronunce, le censure della Corte sono tutt\'altro che orientate a stigmatizzare, sull\'erroneo presupposto della loro contrarietà alla legge, pratiche negoziali di frazionamento di complessi edilizi turistico-alberghieri che, in quanto limitate negli effetti ad un mero mutamento dell\'assetto proprietario, alcun vulnus arrecherebbero al bene giuridico protetto (59).

La giurisprudenza tende invece a sottolineare come il frazionamento e la vendita di r.t.a. vengano ad assumere rilievo penale solo in quanto risultino affiancate da ulteriori elementi indiziari (ad es. accatastamento delle singole unità immobiliari come "abitazioni di tipo civile", solitamente in cat. A2, tempi e modalità delle singole vendite, clausole contrattuali incompatibili con la volontà di conferire alla struttura una destinazione di tipo ricettivo ecc.) (60) che, valutati complessivamente, facciano emergere uno stato di fatto per nulla compatibile con l\'esistenza di una struttura alberghiera e dunque, in ultima analisi, con le scelte pianificatorie dell\'ente locale (61).

Ciò che si verifica quando, al mutamento dell\'assetto proprietario (per effetto del frazionamento e della vendita) della r.t.a., si accompagni il venir meno del requisito della "ricettività", quest\'ultimo inteso nella sua duplice veste della «unitarietà della gestione con finalità turistico-ricettiva e dell\'offerta indifferenziata di ospitalità al pubblico per periodi di tempo predeterminati» (62).
Un dato di assoluto rilievo da considerare in chiave indiziaria, in simili contesti, sarà in particolar modo costituito dalla specifica attività negoziale posta in essere dai soggetti interessati (venditori, società di gestione, acquirenti), la quale, per poter fugare ogni sospetto in ordine ad inammissibili modifiche di destinazione d\'uso, idonee a generare il pericolo di una radicale trasformazione dell\'assetto urbanistico del territorio, dovrà assicurare la presenza di clausole contrattuali che, coerentemente con quanto previsto nei comuni "contratti di albergo", contemplino anzitutto la facoltà in capo alla società di gestione di poter disporre liberamente del godimento delle singole unità immobiliari alienate, ai fini di una gestione unitaria del complesso residenziale (pur in presenza di un regime di proprietà frazionata).

5. RILIEVI CONCLUSIVI

Alla luce di tali considerazioni, appare certamente indifferibile l\'esigenza di un intervento riformatore da parte del legislatore che operi essenzialmente in due direzioni.
Per un verso garantendo, attraverso una rimodulazione della norma definitoria di cui all\'art. 30, comma 1, un più elevato tasso di precisione (63), che tenga altresì conto della «presenza di fenomeni criminosi di nuova emersione che (per dir così) bussano alla porta stretta di modelli di incriminazione preesistenti» (64).

Per altro verso, congedando l\'attuale modello contravvenzionale di incriminazione ed orientandosi per un modello delittuoso, anche in ragione delle dimensioni e delle forme, sempre più subdole ed aggressive, che vanno assumendo col passar degli anni i fenomeni speculativi, rispetto ai quali la eventuale introduzione di una fattispecie "delittuosa", per lo meno relativamente a casi connotati da maggior disvalore, potrebbe non solo consentire l\'utilizzo, oggi precluso, di particolari strumenti d\'indagine, ma anche l\'allungamento dei termini di prescrizione finora piuttosto brevi.
Tali interventi, unitamente alla già prevista applicazione della speciale sanzione della confisca con conseguente acquisizione delle aree lottizzate al patrimonio disponibile dei comuni, potrebbero garantire una maggiore e più efficace strategia di contrasto del fenomeno in funzione di una effettiva tutela del territorio, e al contempo soddisfare quell\'ineludibile esigenza di "certezza del diritto", autentico baluardo del nostro sistema penale.
(1) Si allude al deprecabile, e più che mai attuale, fenomeno dei c.d. "falsi alberghi" ovvero di grandi complessi immobiliari autorizzati e realizzati - servendosi surrettiziamente dei regimi derogatori previsti esclusivamente per la edificazione di strutture ricettive e beneficiando di agevolazioni fiscali (da qui, in alcuni casi, l\'ulteriore incriminazione per truffa) - come strutture turistico-ricettive ma di fatto "trasformati" in insieme di unità immobiliari autonome destinate ad alloggi per famiglie (prime o seconde case). Tale fenomeno, oltre ad avere un forte impatto sul territorio da un punto di vista prettamente urbanistico-edilizio, produce inevitabili riflessi negativi sia in termini socio-occupazionali (ad es., mancata assunzione del personale dipendente destinato ad operare nella struttura alberghiera, rischio di confisca delle unità abitative che compongono la struttura in caso di accertamento giudiziale di ipotesi di lottizzazione abusiva, ecc.) che in termini economici (pregiudizio all\'economia turistica del territorio).
(2) In giurisprudenza si vedano, in particolare, Sez. III, 28 febbraio 2007, Signori, in Giur. it., 2007, c. 2831 con nota di GATTIBONI; Sez. III, 21 gennaio 2005, Garbari, in www.ambientediritto.it; Sez. III, 29 novembre 2005, Ambrosioni, in Riv. pen., 2007, p. 94; Sez. III, 2 marzo 2004, Repino, in questa rivista, 2005, p. 2048. Ma già in passato, Sez. III, 6 maggio 1996, in C.E.D. Cass., n. 205450.
(3) Si tratta per lo più di procedimenti inerenti a provvedimenti di sequestro, nell\'ambito dei quali il perimetro di giudizio è, com\'è noto, circoscritto all\'esistenza di un fumus ovvero alla verifica dell\'astratta riconducibilità delle condotte contestate ad una tipica fattispecie legale.
(4) Sul tema della lottizzazione abusiva, tra i contributi più recenti, si segnalano in particolare quelli di D\'ANGELO, Vigilanza, sanzioni e sanatorie nell\'edilizia, Maggioli, 2006; TRIMBOLI, Brevi considerazioni sull\'elemento soggettivo e la corresponsabilità dell\'acquirente nel reato di lottizzazione abusiva, in questa rivista, 2006, p. 3745; MELCHIONDA, La repressione degli abusi: le sanzioni penali, in Testo Unico dell\'Edilizia, a cura di Mastragostino, Maggioli, 2005; VINCIGUERRA, Appunti su lottizzazione abusiva e confisca, in Giur. it., 2005, p. 1911; ALESIO, Lottizzazione abusiva e onere della prova, in Dir. e giust., 2004, n. 26, p. 38; LONGARI, Le fattispecie penali nel testo unico dell\'edilizia, in Commentario al testo unico dell\'edilizia, a cura di De Paolis-Pallottino, Maggioli, 2004; MELCHIONDA, La disciplina penale degli abusi edilizi. Profili generali, in Riv. giur. urb., 2004, p. 100; TRAPANILa lottizzazione abusiva quale violazione delle regole giuridiche di circolazione e fruizione dei terreni, in Vita not., 2004, p. 791; FIORINO, Sulla lottizzazione abusiva come reato a consumazione alternativa, in Giur. it., 2003, c. 1908; PARENTE, Trasformazione del territorio e tipologie lottizzatorie abusive, in Riv. not., 2003, p. 1145; RUGGIERO, Lottizzazione abusiva: pubblica amministrazione e rigore giurisprudenziale, in Ambiente, 2003, p. 671; BUCCI DE SANTIS, Lottizzazione abusiva: la concessione è del tutto inutile se illegittima, in Dir. e giust., 2002, n. 18, p. 40; GAMBARDELLA, Lottizzazione abusiva e disapplicazione dell\'autorizzazione amministrativa, in questa rivista, 2002, p. 2027; PATARNELLO, Il reato di lottizzazione abusiva negoziale con particolare riferimento alla figura del notaio rogante, in Riv. giur. edil., 2002, II, p. 189; SANASI, L\'ipotesi contravvenzionale della lottizzazione abusiva c.d. materiale: fattispecie di reato a consumazione alternativa, in Rass. Avv. Stato, 2002, fasc. 3, p. 306; FIORE, Lottizzazione abusiva in ipotesi di autorizzazione illegittima, in Urban. e appal., 2002, p. 729; VIPIANA, La lottizzazione può essere abusiva anche se autorizzata: l\'ultima parola alle Sezioni unite, in Dir. pen. proc., 2002, p. 975; TANDA, Lottizzazione abusiva e contratto preliminare, in questa rivista, 2001, p. 1004; BRESCIANO-PADALINO MORICHINI, I reati urbanistici, Giuffrè, 2000; PIGNATONE-TAORMINA, Il reato di lottizzazione abusiva. Inquadramento sistematico e profili sanzionatori, in Nuova auton., n. 1, 2000, p. 31.
(5) La l. 17 maggio 1983, n. 217 (abrogata dall\'art. 11, comma 6, l. 29 marzo 2001, n. 135), che qualificava come strutture ricettive sia gli alberghi che le residenze turistico alberghiere, prevedeva all\'art. 6 che: «Le residenze turistico-alberghiere sono esercizi ricettivi aperti al pubblico, a gestione unitaria, che forniscono alloggio e servizi accessori in unità abitative arredate costituite da uno o più locali, dotate di servizio autonomo di cucina». Oggi la materia è devoluta alla potestà normativa delle singole Regioni secondo quanto previsto dall\'art. 117 Cost.
(6) Tali fenomeni speculativi, che hanno finora interessato soprattutto le regioni della Toscana, della Sardegna, dell\'Emilia Romagna e della Liguria, risulterebbero in continua espansione su gran parte del territorio nazionale. Di recente anche in Puglia, nel brindisino, è stato avviato un procedimento penale per una ritenuta ipotesi di lottizzazione abusiva relativa alla realizzazione di un complesso residenziale turistico-ricettivo denominato "Acque chiare". In dottrina, tra i primi contributi sul tema si segnalano, in particolare, quelli di MECACCI, Riflessioni problematiche sulla compravendita frazionata di immobili posti in strutture ricettive "c.a.v.", in www.altalex.com e in www.urbanisticaitaliana.it; MECACCI, L\'elemento soggettivo nella lottizzazione abusiva cartolare di c.a.v. e r.t.a., in www.altalex.com e in www.urbanisticaitaliana.it; BARCHIELLI, Il frazionamento delle residenze turistico alberghiere e delle case albergo vacanze. La giurisprudenza penale cerca di rimediare alle "distrazioni" dei comuni, ravvisando la sussistenza del reato di "lottizzazione abusiva" e scardinando alcuni principi di diritto urbanistico oramai dati per assodati dal giudice amministrativo, in www.urbanisticaitaliana.it; BARCHIELLI, Il residence ed il suo inquadramento come struttura ricettivo alberghiera o come struttura extralberghiera anche ai fini della rilevanza urbanistica o meno dell\'eventuale mutamento di destinazione d\'uso con opere, in www.urbanisticaitaliana.it.
(7) Sulla funzione del bene giuridico e la sua individuazione nelle contravvenzioni edilizie cfr. PIGHI, "Permesso" e "norme" nella disciplina penale dell\'abuso edilizio, Giuffrè, 2003, p. 108 s. Per una originale rivisitazione, in chiave costituzionale, del bene giuridico nei reati urbanistico-edilizi, secondo una prospettiva tesa a valorizzare un ancoraggio immediato del bene intermedio della "riserva amministrativa di intervento sul territorio" al costituzionale "principio di autonomia dell\'ente locale", cfr. BAJNO, Contributo allo studio del bene giuridico nel diritto penale "accessorio": l\'ipotesi urbanistico-ambientale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1979, p. 139 ss.
(8) Sulla teorica dei beni giuridici strumentali, radicalizzata nella c.d. tutela penale di funzioni, si vedano le lucide considerazioni di MANES, Il principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica criminale, criterio ermeneutico, parametro di ragionevolezza, Giappichelli, 2005, p. 86 ss.
(9) In questi termini v. ALBAMONTE, Pubblici ufficiali e reati urbanistici: prospettive di prevenzione del reato di lottizzazione abusiva, in Cass. pen., Mass., 1979, p. 457. Più in generale si afferma in giurisprudenza - Sez. III, 26 aprile 2007, Bartolomei, in lexambiente.com - che «Nei reati urbanistici, come affermato dalle Sezioni unite con la sentenza 12 novembre 1993, Borgia, è lo stesso territorio che costituisce il bene oggetto della relativa tutela, e tale bene è "esposto a pregiudizio da ogni condotta che produca alterazioni in danno del benessere complessivo della collettività e delle sue attività ed il cui parametro di legalità è dato dalla disciplina degli strumenti urbanistici e dalla normativa vigente". Ha altresì rilevanza penale l\'elusione del controllo che l\'autorità amministrativa è chiamata ad esercitare, in via preventiva e generale, sull\'attività edilizia assoggettata al regime concessorio e, quando un\'attività siffatta venga iniziata senza il preventivo assenso dell\'amministrazione comunale, si ha inesistenza di un danno urbanistico soltanto nell\'ipotesi di cui all\'art. 36 del t.u. n. 380/2001 (già art. 13 della legge n. 47 del 1985: conformità delle opere agli strumenti urbanistici fin dal momento della loro realizzazione)».
Si vedano altresì, sebbene in una prospettiva più generale incentrata sulla problematica relativa alla tutela penale di beni c.d. funzionali, le lucidissime osservazioni di DONINI, Il volto attuale dell\'illecito penale, Giuffrè, 2004, p. 130, il quale, nell\'auspicare un nuovo modello di illecito contravvenzionale (o di delitto minore), ritiene che «una visione sostanzialistica e non formale, del piano degli interessi, esige che si guardi contemporaneamente ai beni-mezzo e ai beni-scopo come realmente presenti entrambi nell\'oggetto giuridico, perché solo una selezione più pregnante dei reati "minori" in vista dei beni-scopo consente di uscire dalla dialettica fra Stato-individuo nel rapporto contravvenzioni-delitti e dal formalismo della tutela che ne discende: anche i reati minori andranno perciò inseriti in una dimensione lesiva non esclusivamente pubblicistica, ma attenta ai beni personali o collettivi in gioco».
(10) Si sostiene in dottrina la natura di "reato di pericolo" della lottizzazione abusiva atteso che "la lesività della fattispecie non può essere ristretta [...] alla trasformazione urbanistica effettiva del territorio, dovendo essa correlarsi - invece - alla potenzialità di tale trasformazione, ossia al pericolo che il territorio subisca un\'urbanizzazione non prevista o di tipo diverso da quella prevista": così A. FIALE-E. FIALE, Diritto urbanistico, Simone, 2006, p. 1114. Nello stesso senso, in giurisprudenza, si veda tra le altre, Sez. III, 18 maggio 2001, Paparo, inRiv. pen., 2003, p. 1006.
(11) Così A. FIALE-E. FIALE, Diritto urbanistico, cit., p. 1105.
(12) In questi termini ancora ALBAMONTE, Pubblici ufficiali e reati urbanistici: prospettive di prevenzione del reato di lottizzazione abusiva, cit., p. 457.
(13) Sez. un., 28 novembre 2001, Salvini, in questa rivista, 2002, p. 2017, n. 622 con nota di GAMBARDELLA, Lottizzazione abusiva e disapplicazione dell\'autorizzazione amministrativa, cit.
(14) In questi termini Sez. III, 19 settembre 1996, Urtis, in Riv. pen., 1997, p. 177.
(15) Cfr. Sez. III, 2 marzo 2004, Repino, cit., che rappresenta il leadingcase dell\'elaborazione giudiziale sul tema. Nello stesso senso, cfr. Sez. III, 29 novembre 2005, Ambrosioni, cit.; Sez. III, 7 dicembre 2006, Meraviglia, in www.lexambiente.com; Sez. III, 7 novembre 2006, Cieri, in www.lexambiente.com; Sez. III, 28 febbraio 2007 , n. 13687, Signori, cit. Per la giurisprudenza di merito cfr., per tutti, G.i.p. c/o Trib. Grosseto, 6 luglio 2007, in Il merito, 2007, p. 1072; Trib. Latina, 31 marzo 2006, in Corr. merito, 2006, 8-9, p. 1030. V., altresì, la recentissima App. Firenze, 19 settembre 2008, Santinami, inedita.
(16) La pronuncia, peraltro richiamata nella sentenza in commento, sia pure con motivazione succinta ha ritenuto sussistere il fumus della fattispecie di lottizzazione materiale nel caso di una modificazione di destinazione d\'uso, senza concessione, di unità immobiliari facenti parte di un «complesso alberghiero residenziale» (con vendita parcellizzata di alcune di esse) a seguito di lavori edilizi riguardanti tre corpi di fabbrica, affermando il principio che «il reato di lottizzazione abusiva è ravvisabile non solo nel compimento di atti giuridici, come la suddivisione del terreno e l\'alienazione dei lotti fabbricabili, ma anche nell\'esplicazione di attività materiali, come la costruzione di edifici ovvero la realizzazione di opere di urbanizzazione, allorquando gli anzidetti atti ed attività risultano diretti ad utilizzare e pianificare il territorio a scopi edilizi, in mancanza di un piano di lottizzazione convenzionale e di altro strumento equipollente attuativo del piano regolatore generale».
(17) Cfr. Sez. III, 8 maggio 1991, Ligresti, in Riv. giur. edil., 1992, I, p. 1004.
(18) Si tratta di un complesso immobiliare denominato "Hotel Ideale" sito nel Comune di Alassio.
(19) Così a § 7.2 della motivazione della sentenza.
(20) La fattispecie in questione sarebbe riconducibile alla figura della lottizzazione abusiva c.d. materiale essendo state realizzate opere edilizie «destinate alla creazione di n. 23 appartamenti indipendenti, n. 3 attività commerciali indipendenti al piano terra, n. 1 locale a uso magazzino e n. 1 tettoia nel cortile, al posto delle n. 62 camere di albergo esistenti, con modificazione dell\'originaria destinazione d\'uso alberghiera in quella residenziale».
(21) In tal modo la terza Sezione supera una ricorrente tesi difensiva sostenuta in analoghi procedimenti penali sulla base di un precedente, della stessa Sezione della suprema Corte (sentenza "Ligresti" dell\'8 maggio 1991, sopra citata), secondo cui «una corretta interpretazione dell\'art. 18 della legge n. 47 del 1985 non consente di intravedere il reato di lottizzazione se non quando siano modificati i terreni e non gli edifici». In quest\'ultimo senso, in dottrina, v. PARENTE, Trasformazione del territorio e tipologie lottizzatorie abusive, cit., 2003, p. 1145 ss.; TRAPANI La circolazione giuridica dei terreni, Giuffrè, 2007, p. 346 ss.; TRAPANI, La lottizzazione abusiva quale violazione delle regole giuridiche di circolazione e fruizione dei terreni, cit., p. 791 ss. e, in particolare p. 815, secondo cui «non è, in ogni caso, sufficiente ad integrare una condotta di lottizzazione materiale il mero mutamento di destinazione di un fabbricato già esistente: è necessario infatti che il comportamento, affinché possa essere definito lottizzatorio, abbia ad oggetto specificamente la modifica materiale della destinazione dei terreni e non degli edifici».
(22) Secondo la suprema Corte (§ 3 della motivazione della sentenza), ed in linea con quanto sostenuto dalla giustizia amministrativa, «la lottizzazione è configurabile anche in relazione ad un solo edificio allorquando si configuri un\'esigenza di raccordo con il preesistente aggregato urbano e di potenziamento delle opere di urbanizzazione (vedi Cons. Stato, Sez. V, 15 febbraio 2001, n. 790 e 25 ottobre 1997, n. 1189)».
(23) Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità il reato di "lottizzazione abusiva" si configura non solo in zone assolutamente inedificate ma anche in quelle parzialmente urbanizzate nelle quali insorga, per effetto della lottizzazione non supportata da un idoneo piano attuativo, l\'esigenza di un raccordo con il preesistente aggregato abitativo o di un potenziamento delle già esistenti opere e servizi necessari a soddisfare bisogni della collettività (strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell\'acqua, dell\'energia elettrica, scuole, etc.). Deve trattarsi di interventi di abusiva "trasformazione" dei terreni che assumano un rilievo che supera la singola attività edificatoria e comportino modificazioni territoriali che avrebbero richiesto un piano attuativo di urbanizzazione: così, tra le più recenti, Sez. III, 17 dicembre 2007, Spaccialbelli, in lexambiente.com.
La Corte, tuttavia, nella decisione in commento, precisa che «nei casi, però, in cui si agisca sul territorio con modalità non consentibili neppure attraverso la predisposizione di un piano attuativo, ponendo in essere un\'attività finalizzata ed idonea a snaturare la programmazione dell\'uso del territorio stesso delineata nello strumento urbanistico generale, inconferente deve ritenersi ogni riferimento all\'incidenza del nuovo insediamento sullo stato di urbanizzazione esistente. Il problema, allora, è quello di verificare se l\'attività complessiva posta in essere costituisca mera edificazione illecita, punibile ai sensi della lett. b) dell\'art. 44 del t.u. n. 380/2001, ovvero lottizzazione abusiva, penalmente sanzionata dalla lett. c) dello stesso art. 44 ed il parametro di riferimento è dato appunto dall\'art. 30, comma 1, e si incentra sul concetto di «opere o atti giuridici che comportino trasformazione edilizia od urbanistica dei terreni». In tale nozione la trasformazione dei terreni va interpretata nel senso del conferimento di un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale» (§ 3 della motivazione della sentenza).
Quando la nuova costruzione realizzata dal privato non presuppone la realizzazione (o il potenziamento se già esistenti) di opere di urbanizzazione primaria e/o secondaria e quindi non implica una pianificazione urbanistica, essa richiederà certamente il previo permesso di costruire (a tutela dell\'interesse pubblico al preventivo controllo di tutti gli interventi trasformativi dell\'assetto territoriale), ma non necessiterà anche di un\'autorizzazione lottizzatoria, giacché in tal caso, mancando appunto una lottizzazione, non sarebbe pregiudicata la riserva pubblica di pianificazione urbanistica: in tal senso Sez. III, 3 marzo 2005, n. 17663, D.M., in questa rivista, 2006, p. 2254.
In definitiva, per dirla con C. cost., 21 aprile 1994, n. 148, in questa rivista, 1994, p. 2379, le attività riconducibili alla fattispecie di lottizzazione abusiva costituiscono «una forma di intervento sul territorio ben più incisiva, per ampiezza e vastità, di quanto non sia la costruzione realizzata in difformità o in assenza di concessione, con compromissione molto più grave, nel primo caso, della programmazione edificatoria del territorio stesso». Nonostante la analoga formulazione letterale (trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni nell\'art. 30 co. 1 d.P.R. n. 380/01 e interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio nell\'art. 10 del medesimo d.P.R.), è dunque individuabile un discrimen tra interventi soggetti solo a permesso di costruire e interventi che necessitano altresì di un piano di lottizzazione, collegato alla funzione intrinseca della lottizzazione, che assolve al compito di dare attuazione allo strumento generale di pianificazione urbanistica. Sul punto, critica l\'assenza nel nostro ordinamento di una specifica e puntuale disposizione normativa che fissi i caratteri distintivi tra opere soggette a solo permesso di costruire ed opere che necessitano (anche) della preventiva approvazione di un piano di lottizzazione BERRA, Brevi osservazioni in merito al reato di lottizzazione abusiva, in Riv. giur. ediliz., 1988, I, p. 187.
(24) Il Tribunale del riesame di Savona così statuisce: «... anche volendo intendere che il mero mutamento di destinazione d\'uso quale quello in esame possa in astratto costituire lottizzazione, occorrerebbe comunque che tale intervento venisse realizzato su un immobile ricompreso in zona dove la nuova destinazione fosse assolutamente vietata ovvero che il mutamento di destinazione avesse comportato una modifica importante tale da stravolgere l\'assetto territoriale, ambientale ed urbanistico».
(25) È ben possibile che, pur trattandosi di un\'area già "fortemente" urbanizzata, la (non consentita) modifica della destinazione d\'uso di una esistente struttura alberghiera sia destinata ad incidere non poco sul carico che devono sopportare le infrastrutture già esistenti o a comportare la necessità del loro adeguamento. In proposito la Cassazione - Sez. III, 20 marzo 2008 (c.c. 7 febbraio 2008), Bardini, in lexambiente.com - ha altresì precisato che «La valutazione del concreto stato urbanizzativo di fatto non si può limitare, inoltre, alle sole aree di contorno dell\'edificio progettato, ma deve coincidere con l\'intero perimetro del comprensorio che dovrebbe essere pianificato dallo strumento attuativo».
(26) Sulla scia di tale impostazione il Cons. di Stato, Sez. V, 3 gennaio 1998, Com. Ostuni c. Soc. Ponticelli, in Foro Amm., 1998, 42 (s.m.), ha ritenuto che legittimamente un comune aveva respinto l\'istanza per il cambio di destinazione d\'uso di un complesso immobiliare, relativamente ad uso esclusivamente residenziale, del tutto incompatibile con la destinazione di zona. Sotto altro profilo, si è affermato in passato che «Il mutamento di destinazione di una zona previsto da un piano di lottizzazione approvato dall\'organo di controllo alla condizione che tale modifica sia introdotta nello strumento urbanistico generale non acquista rilevanza urbanistica fino all\'approvazione della relativa variante di piano regolatore generale»: così Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 1987, Corinaldesi c. Mariani, in Riv. giur. ediliz., 1987, I, p. 431.
(27) Così a par. 3 mot. sent. In dottrina v. A. FIALE-E. FIALE, Diritto urbanistico, cit., p. 1105.
(28) Sulla necessità di considerare i riflessi dell\'intervento sulla condizione di urbanizzazione della zona e sulle relative infrastrutture, in quanto valutazione indispensabile per la compiuta verifica della sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva, si veda Sez. III, 27 marzo 1996, Rosiello, in questa rivista, 1997, p. 1487. Si segnala, altresì, una recentissima decisione del TAR Puglia, 9 luglio 2008, Rubino c. Comune di Bari,inedita, che ha posto in discussione la configurabilità di un\'ipotesi lottizzatoria in un caso di modifica di destinazione d\'uso di un residence per studenti in complesso destinato a residenza privata.
(29) Nel caso di specie la legislazione della Regione Liguria in materia di destinazione d\'uso e le prescrizioni del piano urbanistico del Comune di Alassio non consentivano in alcun modo modifiche di destinazione d\'uso da turistico-alberghiera a residenziale nelle zone di cui trattasi.
(30) Ciò, naturalmente, secondo una prospettiva che voglia tener conto della complessiva organizzazione del territorio comunale, valutabile anche attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d\'uso. Tale assunto si pone in linea con quanto già in passato affermato della Corte costituzionale secondo cui «le destinazioni d\'uso degli immobili sono in diretto rapporto con l\'assetto del territorio dei Comuni e costituiscono attuazione delle funzioni e degli usi delle zone in cui viene articolato il territorio medesimo, secondo le previsioni della pianificazione comunale»: C. cost., 11 febbraio 1991, n. 73, Rossi, inRiv. not., 1991, p. 728.
(31) Secondo CASU, Il vincolo alberghiero nella commercializzazione degli immobili, in Studio n. 518-2007/C approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 2 ottobre 2007 e dal Consiglio Nazionale del Notariato il 25 ottobre 2007, «va rilevata la forte differenza che esiste tra una frammentazione della residenza turistica alberghiera iniziale (vale a dire prima che la struttura abbia iniziato a funzionare) e una frammentazione successiva all\'effettivo inizio dell\'esercizio imprenditoriale. In altre parole, allorquando in zona destinata a struttura alberghiera si realizza un complesso alberghiero che non si concretizza immediatamente in utilizzazione alberghiera, ma che fin dal suo nascere viene suddiviso in unità abitative di tipo familiare, si profila un\'utilizzazione del territorio così in contrasto con la normativa di piano che la concerne, da far ritenere la fattispecie di tipo lottizzatorio. Ma certamente lo stesso discorso non potrebbe essere sostenuto se una residenza turistico alberghiera inizia la sua utilizzazione come impresa alberghiera e soltanto in tempo successivo perde qualche unità abitativa trasformata in comune appartamento residenziale».
(32) In proposito - come ricorda BARCHIELLI, Il frazionamento delle residenze turistico alberghiere e delle case albergo vacanze. La giurisprudenza penale cerca di rimediare alle "distrazioni" dei comuni, ravvisando la sussistenza del reato di "lottizzazione abusiva" e scardinando alcuni principi di diritto urbanistico oramai dati per assodati dal giudice amministrativo, cit. - va tenuto conto del fatto che le caratteristiche intrinseche della residenza turistico alberghiera sono di per sé tali da consentire un cambio di destinazione d\'uso dell\'immobile anche di tipo meramente funzionale, ovvero in assenza di opere. Va peraltro rilevato come il contenuto degli atti negoziali posti in essere possa rivelarsi determinante ai fini della prova dell\'eseguito mutamento di destinazione d\'uso della r.t.a. Così come di significativo rilievo sarebbero ulteriori elementi indiziari quali, ad esempio, quelli scaturenti da ispezioni effettuate dagli organi di p.g. nelle singole unità immobiliari e dalla conseguente presa d\'atto di situazioni che ne denotino un utilizzo più o meno stabile, di tipo abitativo, da parte di nuclei familiari, senza alcun riscontro in ordine all\'esistenza di una indefettibile offerta indifferenziata di ospitalità al pubblico, tipica delle strutture ricettive turistico-alberghiere.
(33) Sulle ragioni per le quali andrebbe riconosciuta una posizione speciale e privilegiata all\'elemento "sistematico" nell\'ambito dell\'attività interpretativa del giudice cfr. CONTENTO, Interpretazione estensiva e analogia, in Scritti 1964-2000 (a cura di G. Spagnolo), Laterza, 2002, p. 267 ss.
(34) In particolare, l\'art. 10, comma 2, del d.P.R. n. 380/01 prevede che «Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell\'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività»; l\'art. 32, comma 1, lett. a) prevede che «Fermo restando quanto disposto dal comma 1 dell\'art. 31, le regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l\'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni: a) mutamento della destinazione d\'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 97 del 16 aprile 1968 ...».
(35) In Toscana, ad es., le modifiche di destinazione d\'uso meramente funzionali costituiscono attività libera se non espressamente regolamentate dal "piano di distribuzione e localizzazione delle funzioni" approvato dal Comune ai sensi dell\'art. 58 della legge reg. n. 1 del 3 gennaio 2005.
(36) In questo senso è orientata la giurisprudenza amministrativa per la quale vedi, tra le altre, T.A.R. Molise, Sede di Campobasso, 11 novembre 2005, Montechiari c. Com. Campomarino, in Foro amm., TAR 2005, 11, p. 3672, secondo cui «La questione della sanzionabilità del comportamento del ricorrente è, peraltro, resa più complessa, per ammissione della stessa Amministrazione resistente, dalla mancanza, nel Molise, di una legge regionale attuativa della norma di cui all\'art. 25 della legge n. 47 del 1985 - nella parte in cui la stessa demanda alle Regioni il compito di disciplinare i casi in cui la modifica della destinazione degli immobili assuma rilevanza ai fini urbanistici, ovvero risulti liberalizzata o assoggettata a formali provvedimenti, o preclusa (cfr.: Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2000, n. 5051; Cons. Stato, Sez. V, 27 ottobre 2000 n. 5747) - di talché la destinazione d\'uso sostanziale dell\'immobile, che possa derivare dal frazionamento, ovvero dall\'alienazione commerciale di immobili - in mancanza di opere edilizie difformi, ovvero di una formalizzazione della destinazione d\'uso, che, essendo affidata ad attività certificativa, compete alla stessa Amministrazione comunale - non può essere rilevante ai fini della sanzionabilità di legge. Nulla poena sine lege. È, invero, orientamento di una consolidata giurisprudenza ritenere che la variazione d\'uso di un immobile, senza opere edilizie, sia soggetta ad autorizzazione esclusivamente nei casi indicati dalla normativa regionale, di guisa che, in mancanza della norma regionale, tale genere di variazione non è soggetta ad autorizzazione, né è sanzionabile, in difetto del prescritto titolo abilitativo (cfr.: Cons. Stato, Sez. V, 21 luglio 1999, n. 868)». Si veda altresì Cons. Stato, Sez. II, 5 novembre 2003, n. 2199, in Cons. Stato, 2004, I, p. 444.
(37) In tal senso v. A. FIALE-E. FIALE, Diritto urbanistico, cit., p. 1140 ss. e giurisprudenza ivi richiamata.
(38) Si veda, ad es., per la giurisprudenza penale la già citata sentenza Ligresti del \'91.
(39) In passato sono state manifestate perplessità in ordine alla potenzialità offensiva di una "lottizzazione abusiva negoziale" integrata dalla stipula di contratti preliminari di vendita (cui potrebbe anche non seguire la stipula di contratti definitivi). Si è sostenuto come, in questo caso, si configurerebbe al più una inammissibile ipotesi di tentativo di lottizzazione abusiva. La Cassazione ha escluso in un primo momento la configurabilità del reato in siffatte ipotesi; successivamente l\'ha ritenuta ammissibile richiamandosi al concetto di "atti equivalenti" (alla vendita) espressamente previsto dall\'art. 30, comma 1, t.u. dell\'edilizia. In quest\'ultimo senso cfr. Sez. III, 29 febbraio 2000, n. 3668 con nota di TANDA, Lottizzazione abusiva e contratto preliminare, cit., p. 1009. In dottrina, dello stesso avviso è NOVARESE, La lottizzazione abusiva: forme e modalità di accertamento, in Riv. giur. ediliz., 1994, p. 151 ss. Per un\'opinione contraria v. invece, in giurisprudenza, Sez. III, 28 novembre 1996, Azzolini, in C.E.D. Cass., n. 206478; per la dottrina, si veda LOSAPPIO, La lottizzazione abusiva negoziale, in Ind. Pen., 1996, p. 135 ss.; MAZZAROLLI, La lottizzazione e la repressione delle lottizzazioni abusive, in Riv. giur. urb., 1986, p. 466. Più in generale, sulla tematica dell\'offensività e, in particolare, sulla sua dimensione ermeneutica, si veda la penetrante indagine di MANES, Il principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica criminale, criterio ermeneutico, parametro di ragionevolezza, cit., in particolare p. 245 ss.
(40) Così Sez. III, 7 novembre 2006, Cieri, cit.
(41) Solo per ragioni di completezza si rammenta come la suprema Corte abbia chiarito la portata del termine "frazionamento" di cui è parola nell\'art. 30, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, sostenendo che «il frazionamento di un terreno non deve necessariamente avvenire mediante apposita operazione catastale che preceda le vendite o comunque gli atti di disposizione, ma può realizzarsi con ogni altra forma di suddivisione fattuale dello stesso, dovendosi ritenere che il termine "frazionamento" - già nell\'art. 18, comma 1, della legge n. 47/1985 ed attualmente nell\'art. 30, comma 1, del t.u. del 2001 - sia stato utilizzato dal legislatore in modo atecnico, con riferimento a qualsiasi attività giuridica che abbia per effetto la suddivisione in lotti di una più ampia estensione territoriale, comunque predisposta od attuata ed anche se avvenuta in forma non catastale, attribuendone la disponibilità ad altri al fine di realizzare una non consentita trasformazione urbanistica o edilizia del territorio»: così, tra le più recenti, Sez. III, 26 ottobre 2007, Casile, in lexambiente.com.
(42) Come rilevano MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, 3ª ed., Giuffrè, 2001, p. 168, «può darsi che le scelte politico-criminali del legislatore si siano tradotte in discipline che presentano delle lacune, nel senso che l\'interprete può avvertire il bisogno di reprimere comportamenti simili a quelli espressamente previsti dalla legge: e ciò sia in quanto il legislatore abbia ignorato tipi di comportamento già presenti al momento della redazione della norma (c.d. lacune primarie), sia in quanto fenomeni nuovi siano emersi in tempi successivi all\'emanazione della legge (c.d. lacune secondarie)».
(43) Sul tema si vedano le sempre attualissime riflessioni di CONTENTO, Principio di legalità e diritto penale giurisprudenziale, in Scritti 1964-2000, a cura di G. Spagnolo, cit., p. 225 ss.
(44) In questi termini cfr. FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, parte generale, 2007, Zanichelli, p. 125. Esclude tuttavia che il criterio dell\'extrema ratio possa svolgere un ruolo nel procedimento ermeneutico, se non strettamente residuale, PALAZZO, Legge penale, in Dig. pen., VII, 1993, p. 361.
(45) FIANDACA, Ermeneutica e applicazione giudiziale del diritto penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2001, p. 367.
(46) Esprimono perplessità sulla definizione normativa di "lottizzazione abusiva" contenuta nell\'art. 18 l. n. 47 del 1985 (oggi pressoché integralmente riprodotta nell\'art. 30, comma 1, d.P.R. n. 380/2001), ASSINI-MARINARI, Concessione edilizia ed abusi, Cedam, 1994, p. 103, che tuttavia riconoscono come la nuova formulazione abbia comunque costituito un passo avanti rispetto alla precedente disciplina. Sottolineano altresì la inadeguatezza della definizione legislativa in parola, foriera dei principali problemi interpretativi relativi alla fattispecie criminosa in esame, BRESCIANO-PADALINOMORCHINI, I reati urbanistici, Giuffrè, 2000, p. 228. Ritengono al contrario adeguata la predetta definizione legislativa BERNASCONI, sub art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, inCodice commentato dei reati e degli illeciti ambientali, a cura di GIUNTA, Cedam, 2005, p. 1454 secondo cui «la fattispecie risulta delineata esaustivamente dal legislatore nei suoi elementi di fatto, tanto che la problematica interpretativa verterà esclusivamente sulla valutazione del fatto storico accertato in rapporto alla previsione di legge, ma non presenta particolari problematiche interpretative»; NOVARESE, La lottizzazione abusiva: forme e modalità di accertamento, cit., p. 129.
(47) Sul tema cfr. DONINI, Illecito e colpevolezza nell\'imputazione del reato, Giuffrè, 1991, p. 111 ss.; DONINI, voce Teoria del reato, in Dig. d. pen., vol. XIV, Utet, 1999, p. 260 ss.
(48) Sul punto, sebbene in una prospettiva più generale, cfr. PULITANÒ, Diritto penale, Giappichelli, 2007, p. 160.
(49) Tale fattore preconcetto sarebbe riconducibile alla categoria della "precomprensione", sui cui possibili significati, anche nel contesto dell\'interpretazione giuridica, si veda l\'imprescindibile contributo di GADAMER, Verità e metodo, trad. it. di Vattimo, Bompiani, 2001. Sul punto cfr., altresì, ZACCARIA, Ermeneutica e giurisprudenza. I fondamenti filosofici nella teoria di Hans Georg Gadamer, Giuffrè, 1984; ZACCARIA, Ermeneutica e giurisprudenza. Saggio sulla metodologia di Josef Esser, Giuffrè, 1984, p. 156 ss.
(50) Sulla tendenza della prassi applicativa a ricostruire il bene protetto in misura tale da giustificare un\'estensione del perimetro applicativo delle fattispecie penali, si veda FIANDACA, Ermeneutica e applicazione giudiziale del diritto penale, cit., p. 368.
(51) In questi termini ancora FIANDACA, Diritto penale, parte generale, cit., p. 123.
(52) Potrebbe anche parlarsi di un classico caso di c.d. "interpretazione additiva", com\'è noto vietata in ambito penale.
(53) Prima del passaggio in giudicato della sentenza, le determinazioni del giudice penale vanno coordinate con il potere generale di gestione del territorio affidato al Comune; il giudice non potrà disporre la confisca se essa risulti incompatibile con un provvedimento già adottato dal Comune, il quale manifesti la volontà di riconoscere ex post la conformità degli interventi realizzati con le nuove previsioni urbanistiche e di rinunciare all\'acquisizione dei beni oggetto di confisca: in tal senso, tra le più recenti, cfr. Sez. III, 26 ottobre 2007, Casile, in www.lexambiente.com. Sul potere dell\'amministrazione comunale di adottare scelte differenti in ordine alla pianificazione urbanistica, purchè le ragioni di pubblico interesse sottese a tale mutamento siano congruamente esplicitate e adeguatamente motivate cfr. GAMBARDELLA, Lottizzazione abusiva e disapplicazione dell\'autorizzazione amministrativa, cit., p. 2034.
(54) In giurisprudenza è stata finora costante l\'opinione secondo cui la confisca può essere disposta indipendentemente da una sentenza di condanna, sul solo presupposto dell\'accertamento di una lottizzazione abusiva (in tal senso, per tutte, v. Sez. III, 21 novembre 2007, Q., in C.E.D. Cass., n. 238984) ed i terzi acquirenti in buona fede ed estranei al reato possono eventualmente far valere i loro diritti in sede civile, attesa la natura della confisca quale sanzione amministrativa a natura reale e non personale (così Sez. III, 3 marzo 2005, V., in C.E.D. Cass., n. 230984). Sul punto, si veda, tuttavia, la recente decisione della Corte europea dei diritti dell\'uomo che, con sentenza del 20 gennaio 2009, ha accolto un ricorso presentato dalla Sud Fondi srl e altri contro l\'Italia (si tratta della nota questione di "Punta Perotti", nel Comune di Bari) riconoscendo espressamente alla confisca la natura di "sanzione penale" (non amministrativa) ai sensi dell\'art. 7 della Convenzione. Si segnala altresì, sul punto, una recentissima ordinanza della Corte App. Bari, Sez. I pen., inedita con la quale è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell\'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 «nella parte in cui impone al giudice penale, in presenza di accertata lottizzazione abusiva, di disporre la confisca dei terreni e delle opere abusivamente costruite anche a prescindere dal giudizio di responsabilità e nei confronti di persone estranee ai fatti, per asserito contrasto con gli artt. 3, 25, comma 2, e 27, comma 1, Cost.». Si veda, infine, Sez. III, 24 ottobre 2008, Silvioli, in lexambiente.com, la quale, pur confermando la natura di sanzione amministrativa della confisca, ne ha escluso dall\'ambito di applicazione i beni appartenenti a soggetti estranei alla commissione del reato e dei quali sia stata accertata la buona fede.
(55) In proposito pare opportuno rilevare che le unità immobiliari appartenenti ad una R.T.A. presentano, in linea di massima, una struttura identica ad un appartamento per civile abitazione essendo fornite, come è anche agevole desumere dalle molteplici normative regionali in tema di r.t.a e c.a.v., di autonomo servizio di cucina, di almeno un locale bagno riservato e di quant\'altro potrebbe consentire il rilascio del certificato di agibilità per fini residenziali.
(56) V. § 7.1 della motivazione della sentenza.
(57) V. § 7.1 della motivazione della sentenza
(58) Così Cass. civ., 5 febbraio 2007, in Corr. giur., 2007, p. 1100 ss. con nota di IZZO, La disciplina dettata per il condominio è compatibile con la destinazione alberghiera dell\'intero edificio o complesso immobiliare.
(59) In proposito si segnala l\'opinione di chi in passato, e sia pure nell\'ambito di un contesto normativo differente da quello attuale, ha sostenuto la mancanza di una idoneità lesiva delle iniziative lottizzatorie dei privati limitate ad attività negoziali di alienazione e suddivisione dei terreni rispetto al bene giuridico consistente nella discrezionalità programmatoria del Comune: CONTENTO, Lottizzazione abusiva e responsabilità penali, in Scritti 1964-2000, a cura di G. Spagnolo, cit., p. 195.
(60) A tali dati indiziari potrebbero aggiungersi, ad esempio, le circostanze che i nuovi proprietari abbiano fissato la propria "residenza" presso le unità abitative acquistate, che sia stata accertata l\'assenza di personale alberghiero dipendente, la mancanza di una reception, ecc.
(61) Secondo G.i.p. Trib. di Grosseto, 6 luglio 2007, cit., «in tema di residenza turistico alberghiera, se da un lato è ben possibile che la proprietà dell\'immobile nel quale sono offerti i servizi dell\'albergo possa essere di un soggetto diverso da chi gestisce l\'attività alberghiera, dall\'altro è evidentemente incompatibile con tale attività l\'ipotesi che il proprietario occupi e utilizzi detto immobile in via continuativa per finalità e con modalità incompatibili con la locazione delle stanze ai clienti. Infatti, il carattere distintivo di un complesso ricettivo va individuato nell\'unitarietà e/o uniformità della gestione di tutti i locali del complesso medesimo e - dunque - ciò che rileva ai fini del riscontro della destinazione alberghiera di un immobile non è il regime della proprietà, ma il fatto che l\'attività alberghiera è caratterizzata dall\'offerta al pubblico dei servizi relativi e tipici del servizio alberghiero. Ne consegue che il frazionamento del complesso immobiliare in singoli appartamenti (dotati persino di soffitta nonché di cantina e garage, ovvero di accessori del tutto anomali rispetto all\'esperienza comune delle strutture alberghiere) e la successiva alienazione di tali unità immobiliari (anche in presenza di soli contratti preliminari di vendita) e, quindi, il cambio di destinazione d\'uso dell\'intero complesso in uso abitativo destinato a residenza privata, integra il reato di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio e giustifica pienamente l\'adozione della misura cautelare del sequestro preventivo dei suddetti beni immobili».
(62) Generalmente, nella prassi contrattuale, il costruttore-venditore della r.t.a. nel procedere al suo frazionamento, riserva a sé o ad una società (costituita o costituenda) la gestione unitaria dell\'attività turistico-alberghiera e la proprietà di quasi tutte le parti comuni dell\'edificio. Va fatto comunque rilevare come alcune regioni, anche al fine di prevenire o per lo meno disincentivare il crescente fenomeno del "camuffamento" di unità abitative come r.t.a., si stiano dotando di una regolamentazione normativa, organica ed esaustiva, riguardante le strutture ricettive, introducendo vincoli e divieti principalmente destinati a garantire la permanenza in tali strutture del requisito della "unitarietà della gestione". Espressione di questa tendenza è, ad esempio, il recentissimo "Testo unico in materia di strutture turistico-ricettive e balneari" approvato dal Consiglio Regionale della Liguria con l. reg. 7 febbraio 2008, n. 2 (B.U. 13 febbraio 2008, n. 1) che individua, tra l\'altro, all\'art. 3 quali caratteristiche generali delle strutture ricettive: a) la gestione unitaria dei servizi di pernottamento, secondo quanto previsto dai regolamenti; b) l\'offerta libera e indifferenziata al pubblico, salvo quanto diversamente disposto dalla presente legge; mentre, al successivo art. 5, definisce "strutture ricettive alberghiere" gli esercizi pubblici a gestione unitaria, aventi le caratteristiche previste dalla presente legge, che offrono ospitalità al pubblico in uno o più stabili o parti di stabili, riconducendo a tale categoria a) gli alberghi; b) le residenze turistico-alberghiere; c) le residenze d\'epoca; d) le locande; e) gli alberghi diffusi.
(63) Rilevava CONTENTO, Lottizzazione abusiva e responsabilità penali, cit., p. 193 ss., come «... il Parlamento, nel momento in cui, pur consapevole delle esigenze e delle necessità della "prevenzione", avverte i pericoli che un indiscriminato intervento penale, in via anticipata, può determinare per la libertà dei cittadini, riacquista coscienza - senza esitazione, né perplessità - della sua funzione garantista, e dimostra di essere fedele, al di là di ogni valutazione di contingenza e di "emergenza", ai valori di civiltà sui quali - secondo la nostra Costituzione - deve essere modellato il nostro sistema penale. Formule "vaghe", dunque, o eccessivamente indeterminate, quando è in gioco la libertà e la dignità dei cittadini (e tutte le volte che il diritto penale è chiamato in causa di questo si tratta!), non possono essere consentite: costi quel che costi, perché il c.d. "problema" della tassatività è, sicuramente, nello stesso tempo, per i cittadini, l\'unico ed insostituibile punto di riferimento certo di garanzia di libertà nel diritto penale».

(64) Così, testualmente, FIANDACA, Ermeneutica e applicazione giudiziale del diritto penale, cit., p