TAR Toscana Sez. III n. 835 del 20 giugno 2022
Urbanistica.Rapporto tra fiscalizzazione ex art. 38 TUED e violazione sismica

Il TAR ha stabilito che per potere fare ricorso all'art. 38 del d.P.R. 380/2001 è necessario che le opere da fiscalizzarsi siano conformi alla normativa antisismica. Si afferma che la demolizione degli ampliamenti si impone in virtù delle esigenze di sicurezza delle costruzioni che presiedono alla normativa tecnica in materia antisismica e che necessariamente prevalgono sull'affidamento tutelato dall'art 38 TUED. Per cui, di fronte alla violazione della normativa tecnica né il legislatore statale, né quello regionale, ammettono la commutazione o conversione della sanzione demolitoria  in pecuniaria, come da articoli 96 e seguenti d.P.R. 380/2001. Pertanto alcuna "sanatoria"  ex art 38 TUED è conseguibile per gli abusi consistenti (anche) nell'inosservanza della normativa antisismica, e come tali, inevitabilmente destinati alla demolizione. Si ritiene quindi che, se sussistono i presupposti edilizi di cui art 38 TUED , il Comune sia tenuto a rinviare ogni sua deliberazione, all'esito del giudizio del locale genio civile (segnalazione e masisma Ing. Mauro Federici)


Pubblicato il 20/06/2022

N. 00835/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00615/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 615 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Paolo Suriano, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Lupi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Sensi in Firenze, viale G. Matteotti 25;

contro

Comune di Monte Argentario, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Leonardo Piochi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento,

con il ricorso introduttivo:

della determinazione dirigenziale del 25.03.2019 con cui è stato opposto diniego alla richiesta, avanzata ai sensi dell'art. 38 del T.U.E., di irrogazione di una sanzione pecuniaria in luogo della ingiunzione a demolire, già adottata e conseguente all'annullamento del permesso di costruire n. 67 del 24.09.2013, con cui era stato autorizzato l'ampliamento, ai sensi del c.d. Piano Casa Regionale, di una unità immobiliare sita in Comune di Monte Argentario, località Porto d'Ercole;

e, con i motivi aggiunti presentati il 10/5/2021:

della determina del Comune di Monte Argentario pervenuta via pec in data 22. 2.2021 con cui il dirigente dell'Ufficio Edilizia Privata ha inteso opporre definitivo diniego alla richiesta di applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione o rimozione già comminata per la realizzazione di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire ai sensi dell'art. 34 D.P.R. 380/2001 su un immobile di proprietà del Sig. Paolo Suriano in Via dell'Aiaccia n. 20, Porto Ercole, nonché del provvedimento di diniego definitivo pervenuto via pec il giorno 20.4.2021 con cui lo stesso dirigente ha inteso concludere il procedimento confermando il precedente diniego cui si discosta in parte nella motivazione;

nonché, per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 28/6/2021:

del provvedimento di diniego definitivo pervenuto via pec il giorno 20.4.2021, asseritamente "confermativo" del precedente diniego.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Monte Argentario;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2022 il dott. Pierpaolo Grauso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor Paolo Suriano è proprietario di un’unità immobiliare sita in Porto Ercole alla via dell’Aiaccia 20, nel Comune di Monte Argentario.

L’immobile è stato ampliato in forza di permesso di costruire del 2013 che, a lavori ultimati, venne annullato in autotutela con provvedimento del 4 settembre 2015, seguito dalla notifica dell’ingiunzione a demolire le opere realizzate.

Con istanza del 21 febbraio 2017, il signor Suriano ha chiesto all’amministrazione comunale di commutare la sanzione demolitoria in pecuniaria, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, stante l’impossibilità di procedere alla riduzione in pristino documentata attraverso apposita relazione tecnica.

Il procedimento è stato istruito dal Comune di Monte Argentario mediante l’acquisizione di un’autonoma perizia a forma dell’ing. Liciano Lotti. Non avendo tuttavia il Comune assunto alcuna determinazione nei termini di legge, l’odierno ricorrente ha ottenuto da questo stesso T.A.R. l’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia e l’ordine all’amministrazione di pronunciarsi espressamente (sentenza n. 475/2018).

In ossequio all’ordine giudiziale, e previa richiesta all’interessato di un supplemento di perizia, il Comune ha infine respinto l’istanza di “fiscalizzazione” degli abusi con la determinazione dirigenziale del 25 marzo 2019, in epigrafe, nella quale da un lato si evidenzia la mancanza di un “giunto” sismico previsto nel progetto a suo tempo assentito con il permesso di costruire annullato in autotutela, e, dall’altro, si attesta l’assenza di impedimenti tecnici a eseguire la demolizione senza pregiudizio della porzione legittima del fabbricato.

Il provvedimento è impugnato con l’atto introduttivo del giudizio dal signor Suriano, il quale chiede pronunciarsene l’annullamento sulla scorta di un unico motivo in diritto.

1.1. Costituitosi il Comune di Monte Argentario, per resistere al gravame, nella camera di consiglio del 5 giugno 2019 il collegio ha sospeso l’esecuzione dell’atto impugnato, accogliendo la domanda cautelare contenuta nel ricorso.

1.2. In corso di causa, con provvedimento dirigenziale del 22 febbraio 2021 il Comune resistente ha nuovamente negato la fiscalizzazione chiesta dall’interessato sul presupposto, ribadito, dell’assenza di ostacoli tecnici alla demolizione. Il diniego è stato ulteriormente confermato con provvedimento del 20 aprile 2021, che, a differenza del precedente, dà conto delle osservazioni presentate dal signor Suriano il 18 febbraio 2021.

L’uno e l’altro provvedimento formano oggetto dei motivi aggiunti impugnatori depositati dal ricorrente il 10 maggio 2021, arricchiti da motivi aggiunti integrativi depositati il 28 giugno 2021 a carico del solo provvedimento comunale del 20 aprile.

1.3. In esito all’udienza pubblica del 19 ottobre 2021, il collegio ha disposto procedersi a verificazione tesa ad accertare: 1) se la demolizione delle strutture che il ricorrente ha eseguito in ampliamento e in assenza di giunto sismico sia possibile senza recare pregiudizio alla parte preesistente; 2) se la permanenza di dette strutture possa pregiudicare l’immobile adiacente rendendolo vulnerabile a eventi sismici; 3) se la permanenza delle strutture in ampliamento in questione costituisca un pericolo per la sicurezza a causa della loro difformità dalla normativa antisismica.

Esperito l’incombente istruttorio, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione nell’udienza del 27 aprile 2022, preceduta dallo scambio fra le parti di memorie difensive e repliche.

2. Come riferito in narrativa, il ricorrente signor Paolo Suriano si è visto annullare in autotutela dal Comune di Monte Argentario il permesso di costruire rilasciatogli nel 2013 per l’ampliamento della sua abitazione di Porto Ercole, via dell’Aiaccia 20.

Con istanza del 21 febbraio 2017, egli ha chiesto l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva del ripristino frattanto ingiunto dal Comune, che, con un primo provvedimento del 25 marzo 2019, ha negato la sussistenza dei presupposti allegati dall’interessato, e, segnatamente, della impossibilità di procedere alla demolizione senza arrecare pregiudizio alle porzioni legittime del fabbricato, oltre a rilevare la non conformità sismica degli ampliamenti realizzati dal ricorrente a causa della mancanza del giunto previsto nel progetto assentito.

Nelle more del giudizio, il Comune ha adottato un secondo provvedimento di diniego della fiscalizzazione degli abusi, corredato di ampia e riformulata motivazione confermativa, nelle conclusioni, delle medesime ragioni ostative già evidenziate con il diniego originario (pericolosità sismica delle porzioni realizzate in ampliamento; possibilità tecnica di eseguire la demolizione degli ampliamenti).

Il nuovo diniego, datato 22 febbraio 2021, mostra di raccogliere le indicazioni impartite dal collegio in sede cautelare relativamente all’inidonea motivazione del provvedimento impugnato con il ricorso. Esso è stato peraltro seguito, il 20 aprile 2021, da un ulteriore provvedimento recante la conferma del diniego e la cui motivazione differisce dal precedente nella parte in cui esamina le osservazioni endoprocedimentali presentate dal signor Suriano il 18 febbraio 2021 (il provvedimento del 22 febbraio attesta, erroneamente, la mancata presentazione di osservazioni).

2.1. Alla luce della sequenza di atti adottati dal Comune, e del loro contenuto, è di tutta evidenza il carattere non meramente confermativo delle determinazioni del 22 febbraio e del 20 aprile 2021 rispetto all’iniziale diniego del marzo 2019, da intendersi sostituito e superato dai provvedimenti più recenti. Di questi, il secondo è a sua volta non meramente confermativo del primo, atteso che, lo si è appena visto, estende la motivazione del diniego alle osservazioni trasmesse dall’interessato in risposta alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Sul piano processuale, l’interesse del ricorrente deve dunque ritenersi trasferito dall’annullamento del diniego originario a quello pronunciato dal Comune con la conferma del 20 aprile 2021, che costituisce allo stato il solo atto regolativo dell’assetto di interessi in gioco: in questo senso, lo stesso signor Suriano parla di “provvedimento nuovo frutto di altrettanto nuovo esame globale”, sostitutivo e implicante annullamento d’ufficio del precedente (primi motivi aggiunti, pag. 12).

Ne discende l’improcedibilità delle impugnative proposte con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti indirizzati nei confronti del diniego del 22 febbraio 2021. La trattazione sarà circoscritta ai motivi aggiunti che investono, appunto, il diniego del 20 aprile 2021.

2.2. Con il primo motivo aggiunto, il ricorrente sostiene che il provvedimento avrebbe dovuto essere preceduto da un nuovo preavviso ex art. 10-bis della legge n. 241/1990, onde consentire all’interessato di esprimere le proprie osservazioni riguardanti la parte modificativa dell’atto originario.

Il motivo è infondato.

Il diniego (non meramente) confermativo del 20 aprile 2021 differisce da quello del 22 febbraio nella sola parte in cui dà conto delle osservazioni presentate dal signor Suriano, a seguito del preavviso di diniego dell’8 febbraio 2021, e ne confuta l’idoneità a superare i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di fiscalizzazione.

Un altro elemento di novità sembrerebbe rappresentato dall’aggiunta, nel dispositivo dell’atto, del paragrafo ove si afferma la pericolosità delle strutture realizzate in ampliamento perché soggette a martellamento in fase di sollecitazione sismica. Si tratta, tuttavia, di una novità solo apparente, giacché il tema della pericolosità legata al fenomeno del martellamento era già chiaramente evidenziato nel corpo della motivazione dal precedente provvedimento del 22 febbraio (si veda in particolare il paragrafo “D) conclusioni”) in maniera identica a quanto già illustrato nel preavviso di diniego dell’8 febbraio.

Il provvedimento del 20 aprile, in sostanza, non si fonda su motivi ostativi nuovi e diversi da quelli già resi noti all’interessato, ma dimostra, pur per implicito, la volontà dell’amministrazione di sanare il vizio del precedente diniego del 22 febbraio, che aveva omesso di pronunciarsi sulle osservazioni dell’istante, ripristinando in tal modo la fisiologia del meccanismo disciplinato dall’art. 10-bis l. n. 241/1990.

2.3. Con il secondo motivo contenuto nel primo atto di motivi aggiunti e diretto avverso il diniego del 20 aprile, il signor Suriano – riproponendo censure già dedotte nei confronti del diniego del 22 febbraio – ricorda che il consulente tecnico a suo tempo nominato dal Comune aveva escluso la possibilità di eseguire la demolizione degli ampliamenti senza pregiudizio delle parti conformi, e questo avuto riguardo alla circostanza che l’edificio si presenterebbe sotto il profilo strutturale come un unico organismo, non essendovi soluzione di continuità fra gli ampliamenti e il corpo di fabbrica originario. Anche i sopralluoghi e le verifiche eseguite sull’immobile avrebbero confermato, in mancanza del giunto sismico, l’intima connessione delle porzioni in ampliamento con quelle originarie, mentre le opposte conclusioni del Comune circa l’assenza di una siffatta connessione sarebbero sostenute da semplici congetture.

Con il terzo motivo aggiunto, anch’esso ripetitivo di censure già svolte avverso il diniego del 22 febbraio, il ricorrente lamenta che l’amministrazione procedente avrebbe errato nell’interpretare le affermazioni del consulente tecnico da essa nominato, il quale non avrebbe mai inteso affermare che gli ampliamenti sono costruiti “in aderenza o in appoggio” alle strutture esistenti. Il Comune, oltretutto, non avrebbe mai effettuato alcun sopralluogo sull’immobile, e perciò non si comprenderebbe in che modo abbia potuto trarre dalla documentazione fotografica disponibile l’esistenza di una situazione di aderenza o appoggio compatibile con la possibilità di demolire gli ampliamenti.

Con il secondo atto di motivi aggiunti, del 28 giugno 2021, il ricorrente critica ancora le valutazioni operate dal Comune, che avrebbe disconosciuto la stretta connessione fra gli ampliamenti e le strutture preesistenti, i quali darebbero vita a una sola unità strutturale avente un unico comportamento deformativo. Proprio le connessioni realizzate a livello strutturale sarebbero in grado di evitare il temuto fenomeno del martellamento, e, del resto, lo stesso Comune avrebbe riconosciuto che, in presenza di una connessione strutturale, non sarebbe possibile demolire le porzioni abusive senza pregiudizio di quelle connesse.

2.3.1. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati.

L’impugnato diniego del 20 aprile 2021 compendia nel dispositivo le ragioni illustrate nella parte motiva dell’atto e contrarie all’accoglimento dell’istanza di fiscalizzazione presentata dal ricorrente: l’assenza del giunto sismico fra le strutture oggetto del provvedimento e quelle preesistenti, vale a dire di un elemento essenziale di sicurezza e conformità normativa imprescindibile e insuperabile se non attraverso la demolizione delle parti in ampliamento; la pericolosità statica delle opere in ampliamento, che, essendo state realizzate “a contatto” con le opere preesistenti, comporterebbe l’inadeguatezza delle due strutture, soggette al fenomeno del martellamento in caso di eventi sismici; la possibilità di eseguire la demolizione degli ampliamenti senza alcun pregiudizio per la parte preesistente.

Il collegio ha incaricato gli uffici del Genio civile territorialmente competenti di eseguire una verificazione, onde accertare l’attendibilità delle valutazioni comunali con riferimento sia alla effettiva possibilità di eseguire la demolizione degli ampliamenti, sia alla vulnerabilità sismica dell’immobile nell’assetto attuale ed alla pericolosità dell’immobile medesimo a causa della difformità degli ampliamenti dalla normativa antisismica.

Dalla verificazione è emerso che:

- l’intervento realizzato dal ricorrente in forza del permesso di costruire del 2013, poi annullato d’ufficio, consiste in due modesti ampliamenti dell’unità immobiliare, il primo identificato dal verificatore come “Volume 1” con superficie totale pari a 25,30 mq, di cui circa 11,50 mq utili abitabili e 13,80 mq accessori costituente una loggia esterna, e il secondo identificato come “Volume 2” con una superficie utile abitabile pari a circa 4,75 mq;

- il “Volume 1” strutturalmente è stato realizzato con il solaio del sottotetto in calcestruzzo armato, in aderenza al fabbricato esistente e senza giunto sismico, per quest’ultimo aspetto in difformità sia dal progetto, sia dalle prescrizioni contenute nella normativa tecnica per le costruzioni in zona sismica;

- il “Volume 2” strutturalmente è stato realizzato con il solaio in calcestruzzo armato, in aderenza al fabbricato esistente e senza giunto sismico, con barre di ancoraggio in corrispondenza delle travi di bordo ed a quota sfalsata rispetto al solaio esistente. Le connessioni fra le due strutture sono state eseguite in corso d’opera senza verifica di resistenza preventiva per determinare correttamente il numero, il diametro e la profondità degli ancoraggi, necessaria affinché il collegamento possa essere considerato efficace e resistere alle sollecitazioni indotte dalle azioni sia statiche e sia sismiche;

- i due pilastri al piano terra appartenenti al “Volume 2” sono stati realizzati in aderenza a quelli del fabbricato esistente.

In risposta ai quesiti posti dal tribunale, il verificatore ha quindi chiarito che per il “Volume 1” le operazioni di demolizione, “se eseguite correttamente e con mezzi idonei, non dovrebbero recare pregiudizio alle parti conformi” dell’edificio originario.

Quanto al “Volume 2”, l’esistenza di un collegamento al fabbricato mediante barre in acciaio ancorate alle travi esistenti, comporta che “un eventuale intervento di demolizione potrebbe indurre ulteriori sollecitazioni sugli elementi delle parti legittime del fabbricato dove risiedono i collegamenti (travi di bordo) che sarebbe opportuno evitare”.

Il ricorrente sostiene che le conclusioni della verificazione smentirebbero l’assunto del Comune, secondo cui la demolizione sarebbe certamente eseguibile per ambedue gli ampliamenti: il verificatore, infatti, soltanto in forma dubitativa – e per uno solo dei due ampliamenti – avrebbe ammesso la praticabilità dell’intervento, mentre per l’altro non vi sarebbero dubbi circa l’impossibilità di procedere al ripristino senza danni per le porzioni legittime dell’edificio.

Sul punto, occorre preliminarmente osservare che la fattispecie è sussumibile nel già citato art. 38 d.P.R. n. 380/2001, secondo cui in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, e il pagamento della sanzione pecuniaria produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria. Il Comune non ha mai posto a fondamento del diniego di fiscalizzazione degli abusi le ragioni che hanno condotto all’annullamento d’ufficio del permesso di costruire, il che non permette di dare ingresso alla tesi difensiva dello stesso Comune secondo cui, in assenza di un affidamento tutelabile del ricorrente, l’art. 38 sarebbe per definizione inapplicabile (il provvedimento impugnato non contiene argomenti implicanti l’inapplicabilità tout court della sanzione pecuniaria a causa della condotta asseritamente decettiva tenuta dall’interessato in occasione della richiesta del permesso di costruire, e introdurre in giudizio tali argomenti equivale a un’inammissibile integrazione postuma della motivazione).

Benché menzionati nell’istanza di fiscalizzazione del ricorrente e nel provvedimento impugnato, non trovano invece applicazione gli art. 34 d.P.R. n. 380/2001 e 206 l.r. toscana n. 65/2014, che si riferiscono alla diversa ipotesi degli interventi realizzati in parziale difformità dal titolo edilizio.

2.3.2. Tanto premesso, sulla prima delle condizioni cui l’art. 38 cit. subordina l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva dell’ordinaria sanzione demolitoria, vale a dire la possibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative, è recentemente intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 7 settembre 2020, n. 17), la quale, dirimendo il contrasto interpretativo insorto in giurisprudenza, ha precisato che i vizi suscettibili di rimozione sono esclusivamente quelli di stampo procedimentale, e non anche i vizi sostanziali del titolo edilizio annullato: diversamente, si finirebbe per “consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell'amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica” (così l’Adunanza Plenaria), contro ogni ragionevolezza e contro i principi che presiedono all’attività di governo del territorio.

Coerentemente con tale impostazione, anche la seconda condizione contemplata dall’art. 38 ai fini dell’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva, l’impossibilità della riduzione in pristino, deve essere letta in un’accezione rigorosa quale impossibilità materiale di eseguire la demolizione dell’immobile o delle porzioni di immobile divenute abusive. Un’impossibilità valutabile sulla base di regole tecniche (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 aprile 2020, n. 2419, e id., 19 luglio 2019, n. 5089, che parlano di “problematica tecnico ingegneristica”, ma anche id., 24 aprile 2017, n. 1909) e non frutto di considerazioni involgenti una componente valutativa di opportunità/equità, come pure talora si è affermato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 novembre 2019, n. 7508), posto che così facendo si finirebbe per rimettere la sanatoria degli abusi a una valutazione discrezionale dell’amministrazione disancorata da qualsivoglia parametro normativo e oggettivo. E che questa sia la lettura necessitata della norma trova conferma nella stessa pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 17/2020, la quale rimette a un “accertamento in fatto” – come tale suscettibile di apprezzamento tecnico e non discrezionale – la verifica circa la sussistenza della condizione de qua.

È appena il caso di precisare che l’interpretazione qui accolta dell’art. 38 non è messa in dubbio dal ricorrente, le cui difese si sostanziano unicamente nel tentativo di dimostrare l’impossibilità tecnica di eseguire la demolizione degli ampliamenti senza pregiudicare la stabilità del fabbricato preesistente, mentre la causa petendi del ricorso non contiene alcun riferimento a un possibile cattivo uso di discrezionalità amministrativa “pura”.

Se così è, al pari delle altre ipotesi legislativamente previste di conversione della sanzione ripristinatoria in pecuniaria (artt. 33 co. 2 e 34 co. 2 dello stesso d.P.R. n. 380/2001), anche nel caso dell’art. 38 la conversione ha natura eccezionale e derogatoria alla regola del ripristino, ed è sulla parte privata che incombe l’onere di dimostrare in maniera rigorosa l’obiettiva impossibilità di ottemperare all’ordine di demolizione senza pregiudizio delle porzioni di fabbricato conformi (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2021, n. 3666), tanto più che il pagamento della sanzione pecuniaria comporta la regolarizzazione degli abusi.

Il tentativo del ricorrente di fornire una tale dimostrazione si scontra con le conclusioni raggiunte dal verificatore, che per l’ampliamento denominato “Volume 1” ha accertato la possibilità del ripristino, sia pure all’ovvia condizione della corretta esecuzione delle opere. La difesa del signor Suriano, lo si è visto, neppure confuta sul piano tecnico i rilievi del verificatore inerenti l’assenza di collegamenti tali da rendere solidali fra loro l’ampliamento e la struttura preesistente, limitandosi a enfatizzare la connotazione apparentemente dubitativa delle espressioni da lui adoperate (il ripristino “non dovrebbe recare pregiudizio alla parte preesistente”): espressioni che, tuttavia, si spiegano facilmente con l’intenzione dell’ausiliario del giudice di manifestare l’esistenza di un margine di incertezza connaturato alla previsione di perfetta riuscita di qualsivoglia intervento e legato, evidentemente, al rischio esecutivo (al rischio, cioè, che la realizzazione dell’intervento possa non avvenire secondo le regole dell’arte).

Allo stesso modo, per il “Volume 2” il verificatore non ha affatto escluso la possibilità tecnica di eseguire la demolizione, salvo rimarcare l’opportunità di evitare il rischio di possibili sollecitazioni sugli elementi del fabbricato ove risiedono i collegamenti con il nuovo ampliamento. Di nuovo deve ritenersi che il verificatore abbia inteso riferirsi al rischio esecutivo, a tacere del fatto che la rilevata “opportunità” di evitare un rischio non equivale a rigorosa dimostrazione della certa pericolosità dell’intervento di ripristino, che andrà se del caso verificata in fase esecutiva.

2.3.3. D’altro canto, la verificazione ha confermato quel che è pacifico, ovvero che gli ampliamenti sono stati realizzati in assenza del “giunto strutturale” previsto dal progetto depositato presso il Genio civile per garantire il rispetto della normativa tecnica in materia di costruzioni in zona sismica (art. 52 d.P.R. n. 380/2001; d.m. 14 gennaio 2008; d.m. 17 gennaio 2018). Né risultano essere stati effettuati interventi di adeguamento strutturale idonei ad assicurare la sicurezza sismica dell’immobile.

Da questo il verificatore fa discendere che, pur non potendosi esprimere in valori numerici il livello di vulnerabilità sismica dell’edificio legittimo, sia ragionevole presumere che la presenza degli ampliamenti privi del giunto ne riduca il livello prestazionale. Inoltre, in mancanza di una corretta modellazione e di calcoli strutturali, non si può escludere che il mantenimento degli ampliamenti determini un pericolo attuale per la sicurezza.

La conclamata violazione della disciplina tecnica antisismica costituisce motivazione concorrente del diniego di fiscalizzazione degli abusi, e si tratta di un profilo insuperabile nella misura in cui non può consentirsi, attraverso il meccanismo di cui all’art. 38 d.P.R. n. 380/2001, la sanatoria di un fabbricato che, per come realizzato, non risponde a quella disciplina inderogabile.

In altri termini, la demolizione degli ampliamenti si impone in virtù delle esigenze di sicurezza delle costruzioni che presiedono alla normativa tecnica in materia antisismica e che necessariamente prevalgono sull’affidamento tutelato dall’art. 38, come si ricava, sul piano sistematico, dal fatto che a fronte della violazione di quella normativa tecnica né il legislatore, statale, né quello regionale, ammettono la commutazione o conversione della sanzione demolitoria in pecuniaria (si vedano gli artt. 96 e seguenti del d.P.R. n. 380/2001, come pure gli artt. 176 e seguenti della l.r. toscana n. 65/2014).

Si aggiunga che, in materia di violazione delle norme tecniche antisismiche, le disposizioni di legge appena richiamate attribuiscono ai Comuni poteri di vigilanza, accertamento e segnalazione, ma non di regolarizzazione (ai fini dell’accertamento di conformità di fabbricati abusivi è alla Regione che compete il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria, o dell’attestazione di avvenuto deposito in sanatoria del progetto: art. 182 l.r. n. 65/2014). Pertanto il rifiuto della fiscalizzazione chiesta dal ricorrente risponde altresì al corretto riparto di attribuzioni fra enti, fermo restando che, a monte, nessuna sanatoria è surrettiziamente conseguibile ex art. 38 d.P.R. n. 380/2001 per gli abusi consistenti nell’inosservanza della normativa antisismica e, come tali, inevitabilmente destinati alla demolizione.

2.4. In forza delle considerazioni che precedono, l’impugnativa proposta dal ricorrente nei confronti del diniego di fiscalizzazione assunto nei suoi confronti per atto del 20 aprile 2021 non può trovare accoglimento.

2.5. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, ivi comprese le spese di verificazione, che vanno quantificate in euro 1.500,00, oltre agli accessori di legge se dovuti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, dichiara improcedibili l’impugnazione proposta con l’atto introduttivo del giudizio avverso la determinazione del 25 marzo 2019, in epigrafe, nonché quella proposta con il primo atto di motivi aggiunti avverso il diniego comunale del 22 febbraio 2021.

Respinge l’impugnazione proposta, con il primo e il secondo atto di motivi aggiunti, avverso il diniego del 20 aprile 2021.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenute dal comune di Monte Argentario, che liquida in euro 3.000,00, oltre agli accessori di legge, nonché al pagamento delle spese di verificazione, che liquida in euro 1.500,00, oltre agli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2022 con l'intervento dei magistrati:

Eleonora Di Santo, Presidente

Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore

Silvia De Felice, Primo Referendario