TAR Campania (NA) Sez. III n. 5013 del 31 ottobre 2016
Urbanistica.Ristrutturazione edilizia manutenzione straordinaria e risanamento conservativo

Si ha ristrutturazione edilizia se, con il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, si realizza un'alterazione dell'originaria fisionomia e della consistenza fisica dell'immobile, alterazione incompatibile con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, i quali presuppongono invece la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie

Pubblicato il 31/10/2016

N. 05013/2016 REG.PROV.COLL.

N. 06633/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6633 del 2015, proposto da:
Antonio Amato, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Montefusco, con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla via Cervantes, 63, presso lo studio dell'avv. Enrico Angelone;

contro

Comune di Torre del Greco, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Erik Furno, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Cesario Console n. 3;

per l'annullamento:

del provvedimento prot. 18192 del 1° aprile 2014, con cui il Dirigente del III Settore Assetto del Territorio e Decoro Ambientale - Servizio Edilizia Privata - del Comune di Torre del Greco, ha determinato le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti al rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 93 del 2014, rilasciato a seguito di istanza di accertamento di conformità edilizia e paesaggistica (prat. n. 129 del 2013), presentata dal ricorrente in data 15 marzo 2013, ai sensi degli artt. 36 d.p.r. 380/2001 e 167 d. lgs. n. 42/2004;

- della relazione istruttoria del Responsabile del Procedimento del 5 febbraio 2014, relativa al calcolo delle suddette sanzioni;

- della nota Dirigente del III Settore Assetto del Territorio e Decoro Ambientale prot. 23100 del 28 aprile 2014 di riscontro negativo della nota del ricorrente prot. n. 21695 del 17 aprile 2014;

- della perizia di stima (non conosciuta negli estremi e nel contenuto) redatta ai fine del computo della sanzione di cui all’art. 167, comma 5, del d. lgs. 42/2004;

- se e per quanto occorra, della delibera di Consiglio Comunale n. 55 del 25 maggio 2011, recante i criteri per la determinazione forfettaria delle sanzioni pecuniarie di cui all'art. 167 del d. lgs. 42/2004.

Per l'accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente a non corrispondere al Comune di Torre del Greco le suindicate sanzioni pecuniarie.

per la condanna,

del Comune di Torre del Greco alla restituzione al ricorrente delle somme indebitamente incassate, unitamente ai relativi interessi a computarsi al tasso legale, fino al soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Torre del Greco;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2016 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Il ricorrente, Antonio Amato, è proprietario di un fabbricato sito in Torre del Greco, alla via E. De Nicola n. 13 (ex 7), identificato nel N.C.E.U. al foglio n.7, part. 639, sub 2, 5 e 6.

Il suddetto fabbricato a destinazione residenziale - realizzato in virtù di licenza edilizia n.1934 del 1964, rilasciata dal Sindaco di Torre del Greco - è stato altresì oggetto di istanza di condono edilizio ai sensi della legge n. 47 del 1985, favorevolmente definita con provvedimento n. 416 del 2008.

In difformità dalla menzionata licenza edilizia n. 1934 del 1964 ed in assenza dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146, parte 3, d. lgs. n. 42 del 2004, il ricorrente edificava una “diversa sagoma planimetrica, tramezzature interne e bucature varie; … superfici esterne, non residenziali – logge e balconi; … una rampa di accesso carrabile al piano seminterrato”.

Per i lavori in argomento, Antonio Amato ha presentato al comune di Torre del Greco, ai sensi dell’art. 36 d.p.r. 380 del 2001, istanza di accertamento di conformità prot. n. 18253 del 15 marzo 2013.

Con nota prot. n. 3992 del 25 giugno 2013, l’amministrazione comunale, nel comunicare i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ha invitato il ricorrente a presentare le proprie osservazioni, le quali erano fornite con nota prot. n. 42334 del 4 luglio 2013.

Nella seduta del 23 luglio 2013 (verbale n.479), la Commissione edilizia integrata ha espresso il proprio parere favorevole per l'intervento in parola ai fini della compatibilità paesaggistica, perché ne aveva ravvisato la conformità alle previsioni di cui all'art.167, comma 4, del d. lgs. 42 del 2004 non avendo determinato incrementi di volume né di superficie utile.

La locale Soprintendenza B.A.C., nel confermare quanto sopra, in data 18 ottobre 2013, ha reso il proprio parere favorevole sulla compatibilità paesaggistica.

Con provvedimento prot. n. 93 del 13 agosto 2014, l’amministrazione comunale ha quindi rilasciato il permesso di costruire in sanatoria, ai sensi del menzionato art. 36 d.p.r. 380 del 2001.

In data 5 febbraio 2014, il Responsabile del procedimento, sulla base della relazione istruttoria, ha effettuato il calcolo della relativa oblazione, secondo il seguente prospetto:

- € 27.198,00 a titolo di sanzione determinata ai sensi dell'art. 167, comma 5, d. lgs. 42 del 2004, applicando il 10% sull'importo di € 271.979,57 (costo complessivo di costruzione);

- € 2.603,00 per oneri di urbanizzazione (in rapporto ad una cubatura totale di mc. 1.872,00);

- € 23.798,00 per oneri relativi al costo di costruzione, calcolati applicando l'aliquota dell’8,75% al costo complessivo di costruzione dell'edificio stimato, come sopra indicato, in € 271.979,57.

Il totale del contributo richiesto è stato quindi pari a € 53.599,00.

Il ricorrente ha reputato il calcolo iniquo e sproporzionato, sicché - con note del 10 gennaio 2014 - ha chiesto al Dirigente di settore di rivedere la propria determinazione e di applicare le sanzioni in misura minima.

Con nota prot. n. 18192 del 1° aprile 2014, l’amministrazione comunale ha ingiunto al ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria nei termini sopra indicati.

Con istanza prot. n. 21695 del 17 aprile 2014, il ricorrente ha reiterato la richiesta di applicazione della sanzione nella misura minima.

Con provvedimento prot. n. 23100 del 28 aprile 2014, il Dirigente del III Settore “Assetto del Territorio e Decoro Ambientale” ha comunicato il mancato accoglimento della richiesta di revisione.

2.- Avverso le note comunali del 1° e del 28 aprile 2014, Amato Antonio ha presentato l’odierno ricorso, notificato il 30 dicembre 2015 e depositato il successivo 31.

Ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati, l’accertamento del diritto a non corrispondere al Comune di Torre del Greco le suindicate somme e la condanna di quest’ultimo alla restituzione di quelle indebitamente incassate.

Resiste in giudizio il Comune di Torre del Greco che, con memoria depositata il 22 giugno 2016, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Parte ricorrente ha depositato, in data 30 giugno 2016, note di replica.

Nel corso della discussione alla pubblica udienza del 19 luglio 2016, il Collegio - ai sensi dell'art.73, comma 3, cod. proc. amm. - ha rilevato la possibile tardività del ricorso per la mancata tempestiva impugnazione dei provvedimenti del 1° e del 28 aprile 2014. Su richiesta dell'avv. Montefusco, il Collegio ha assegnato dieci giorni per la presentazione di note al riguardo, le quali sono state depositate in data 30 luglio 2016.

La causa è stata quindi trattenuta per la decisione

DIRITTO

1.- Va in via preliminare esaminato il profilo della ricevibilità del ricorso per tardiva impugnazione delle note del 1° e del 28 aprile 2014, quest’ultima contenente la conferma della determinazione dei contributi, già contenuta nella prima, con le quali l’amministrazione comunale ha stabilito l’importo delle sanzioni pecuniarie amministrative a carico del ricorrente.

Al riguardo, risultano condivisibili le osservazioni formulate dal ricorrente con le note depositate in data 30 luglio 2016 che sostiene la ricevibilità del ricorso.

Ed invero, l’azione avverso i provvedimenti di determinazione della sanzione pecuniaria, sebbene sia in epigrafe formalmente qualificata come domanda di annullamento, risulta essere nella sostanza sia di accertamento dell’assenza dell’obbligo in capo al ricorrente di corrispondere, a titolo di sanzione, i contributi edilizi nella misura quantificata dall'amministrazione comunale sia di condanna alla restituzione di quelli medio tempore già pagati e non dovuti.

La causa riguarda dunque una situazione giuridica di diritto soggettivo, concernente la sussistenza o meno dell'obbligazione pecuniaria derivante dal compiuto abuso.

La qualificazione di diritto soggettivo resta tale e non arretra nemmeno per effetto dell’avvenuta impugnazione degli atti con i quali l’amministrazione ha determinato gli importi dovuti.

Tali atti sono infatti meramente ricognitivi dell’obbligo pecuniario che vincola, nei confronti dell’amministrazione comunale, il soggetto autore dell’abuso.

La materia, pur discutendosi di diritti soggettivi, appartiene comunque alla giurisdizione esclusiva di questo giudice, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm..

Al riguardo, il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 7 maggio 2015, n. 2294 ha chiarito che la controversia riguardante la spettanza e la liquidazione del contributo per gli oneri di urbanizzazione - riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell'art. 16 l. 29 gennaio 1977, n. 10 (attualmente, art. 133, lett. f), cod. proc. amm.) - ha ad oggetto l'accertamento di un rapporto di credito a prescindere dall'esistenza di atti della pubblica amministrazione e non è soggetta alle regole delle azioni impugnatorie-annullatorie degli atti amministrativi ed ai rispettivi termini di decadenza, con conseguente inconfigurabilità dell'istituto dell'acquiescenza rispetto alla liquidazione del contributo ed alla sua corresponsione (pro quota o per intero) in funzione del rilascio del titolo edilizio. In quella controversia, il Consiglio di Stato aveva appunto respinto l'eccezione di acquiescenza formulata dall'amministrazione in relazione agli atti determinativi del contributo di concessione e delle correlate convenzioni (cfr., ex plurimis, anche Cons. St, Sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4208; Idem, 10 marzo 2011, n. 1565; così anche T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 16 ottobre 2013, n. 1888; idem, 3 settembre 2013, n. 1633).

2.- Ciò chiarito in rito, nel merito, il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

- violazione dell’art. 167 d. lgs. n. 42/2004; degli artt. 16 e 36 d.p.r. 380/2001; violazione di legge per difetto di presupposto ed istruttoria, erronea qualificazione della natura e dell’entità dell’intervento, sviamento, incongruità della motivazione, violazione del principio di proporzionalità con riferimento sia alla sanzione paesaggistica sia alla sanzione pecuniaria edilizia.

3.- Il Collegio in via preliminare è dell’avviso che, se il ricorso nel suo complesso si sottrae all’eccezione di irricevibilità, tuttavia un problema di tardività colpisce la parte della censura con la quale il ricorrente, con specifico riferimento al profilo attinente la lesione dell’interesse paesaggistico, si duole dei criteri di calcolo della sanzione, adottati con la nota impugnata 18192 del 2014, nella parte in cui gli stessi sono mutuati dalla delibera del consiglio comunale n. 55 del 2001.

3.1.- Il profilo non è peraltro sfuggito alla difesa dell’amministrazione comunale la quale, con la memoria depositata il 22 giugno 2016, ha rilevato che la delibera non rientri tra gli atti impugnati. Il rilievo, sebbene non del tutto preciso, perché, al contrario, la delibera è indicata espressamente tra gli atti oggetto d’impugnazione, è comunque di supporto per considerare che il ricorrente, ove avesse voluto lamentarsi dei criteri di calcolo adottati con la nota impugnata n. 18192 del 2014, in quanto attuati in coerenza alla menzionata delibera n. 55 del 2001, avrebbe dovuto impugnare tempestivamente quest’ultima, ossia nel momento in cui la sua applicazione ha reso concreta ed attuale la lesione alle sua sfera giuridica.

3.2.- Ciò precisato in via preliminare, rammenta il ricorrente che la suddetta sanzione è stata comminata in esito all’accoglimento dell’istanza di accertamento di conformità. Richiama a proprio sostegno l’art. 167 che, ai commi 4 e 5, d. lgs. n. 42 del 2004, delinea, per gli abusi cd “minori”, un procedimento specifico e ne fissa anche un criterio di commisurazione della sanzione pecuniaria.

Il menzionato comma 5 chiarisce, infatti, che: “Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima”.

3.3.- Ad avviso del ricorrente, l’amministrazione comunale avrebbe omesso di applicare la sopra indicata disposizione, perché da un lato non avrebbe acquisito all’istruttoria la predetta perizia di stima e dall’altro non avrebbe computato con parametri e criteri ricavabili aliunde il cd. “danno arrecato” ovvero il “profitto” eventualmente conseguito.

L’amministrazione comunale, in definitiva, avrebbe omesso di considerare che l’intervento oggetto di sanatoria, come peraltro riconosciuto dalla stessa Soprintendenza col suo parere, non avrebbe arrecato alcun danno effettivo al paesaggio ma anzi, nel produrre una diminuzione complessiva delle volumetrie originariamente assentite, si sarebbe risolto in una contrazione del valore patrimoniale complessivo; di conseguenza si sarebbe dovuta applicare una sanzione pecuniaria nella misura minima.

3.4.- La doglianza è però per le ragioni sopra anticipate irricevibile.

L’amministrazione comunale si è determinata alla quantificazione della sanzione pecuniaria in applicazione di quanto disposto dalla delibera del consiglio n. 55 del 2011 la quale, per la fattispecie in esame prevede che “…la misura sanzionatoria equivalente alla percentuale del 10% derivante dalla redazione di un computo metrico dei lavori effettuati redatto da tecnico qualificato incaricato dalla ditta interessata (comunque non inferiore a euro 516,00).”.

In proposito, beninteso, non si discute, perché pacifica, sulla natura di obbligo di diritto privato dell’interessato al pagamento della sanzione e del correlato diritto dell’amministrazione a riceverlo, quanto sui presupposti del potere sanzionatorio dell’amministrazione e della preventiva delimitazione discrezionale dello stesso, tramite atti generali.

Per questo, la delibera consiliare, per le parti in cui è lesiva della posizione del ricorrente, avrebbe richiesto di essere tempestivamente impugnata, con la conseguenza che, una volta decorso il termine per proporre avverso di essa ricorso, è preclusa ogni contestazione successiva.

3.5.- Nel caso di specie, il termine per impugnare la delibera consigliare decorre dal 15 aprile 2014, giorno successivo a quello in cui l’impugnato provvedimento di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, prot. n. 18192 del 1° aprile 2014, è stato materialmente notificato al ricorrente.

A tutto concedere, il momento della conoscenza potrebbe farsi risalire alla nota prot. 23100 del 28 aprile 2014, con la quale l’amministrazione comunale ha dato riscontro alla nota prot. n. 21695 del 17 aprile 2014, inoltrata dal ricorrente per illustrare le ragioni perché venisse ridotta la sanzione.

Proprio con quella nota prot. n. 23100 del 2014, l’amministrazione chiariva esplicitamente che, nel calcolo della sanzione per il danno paesaggistico, si era ricondotta alla delibera del consiglio 55 del 2011.

Tuttavia, anche in questo caso, il rilievo di irricevibilità della censura non è superabile perché, sebbene non si conosca direttamente l’esatto momento in cui la nota prot. 23100/2014 è stata comunicata o notificata al ricorrente, siffatto momento può farsi risalire, in maniera del tutto plausibile, al 21 maggio 2014, data in cui il ricorrente ha chiesto all’amministrazione comunale, con la nota prot. n. 27622, “la massima dilazione possibile per il pagamento della sanzione amministrativa.”, con ciò dimostrando di avere la piena conoscenza della delibera e, quindi, di percepirne quegli aspetti lesivi.

In conclusione, la censura che si dirige nei confronti della delibera è irricevibile perché tardiva, posto che il ricorso è stato notificato solo il 30 dicembre 2015.

4.- Può passarsi quindi alla specifica censura che si rivolge alla sanzione pecuniaria attinente al contributo di costruzione.

4.1.- Sul punto, il dirigente di settore ha ritenuto di computarla in misura pari al “contributo per il rilascio del permesso di costruire” dovuto per la realizzazione di una nuova costruzione.

Secondo quanto chiarito infatti nella nota prot. n. 23100 del 28 aprile 2014, di riscontro alla nota prot. n. 21695 del 17 aprile 2014, inoltrata dal ricorrente per chiedere una rettifica della sanzione, “si versa in ipotesi di ristrutturazione globale di immobile” comportante “un organismo edilizio diverso dal precedente”. Il dirigente aggiunge altresì che all’epoca della realizzazione non è stata determinata “alcuna contribuzione in termini di opere di urbanizzazione”.

4.2.- Contrariamente alle argomentazioni di parte ricorrente, ad avviso del Collegio appare non contestabile che l’abuso oggetto di accertamento di conformità consista in un intervento di ristrutturazione edilizia di un edificio preesistente.

Non sembrano dunque convincenti gli assunti contenuti nel ricorso volti a dimostrare il contrario, tanto più che il ricorrente, si osserva, non ne suggerisce una diversa qualificazione da imputare espressamente ad una delle categorie contemplate dall’art. 3 d.p.r. 380/2001, ma si limita a mettere in rilievo che trattasi soltanto “di alcune difformità del tutto parziali in variante dalla licenza n. 1934 del 25.02.1964.”.

Il rilievo è tuttavia smentito dalle evidenze documentali, essendo sufficiente richiamare le opere compiute, descritte nel provvedimento impugnato e non smentite dal ricorrente, consistenti in una “diversa sagoma planimetrica, tramezzature interne e bucature varie” nonché nella realizzazione “di superfici esterne non residenziali, logge e balconi” e “di una rampa di accesso carrabile al piano seminterrato”.

Come chiarito d’altronde da ampia giurisprudenza amministrativa, si ha ristrutturazione edilizia se, con il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, si realizza un'alterazione dell'originaria fisionomia e della consistenza fisica dell'immobile, alterazione incompatibile con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, i quali presuppongono invece la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie (Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2016, n. 1510).

5.- Infine, parte ricorrente, nelle note di replica depositata il 30 giugno 2016, contesta le affermazioni contenute nella memoria difensiva dell’amministrazione comunale depositata il 22 giugno 2016, secondo cui – relativamente alle deduzioni inerenti la sanzione urbanistica – “si è verificato indubitabilmente un aumento del carico urbanistico, essendo stato ‘l’immobile de quo (…) frazionato da una sola unità, prevista dalla citata L. E. 1934/64, in due unità a carattere residenziale’ ”.

La doglianza non ha fondamento ed è frutto di un evidente equivoco, posto che la circostanza del frazionamento in due unità residenziali non costituisce affatto uno degli elementi alla base del provvedimento impugnato.

Quest’ultimo, infatti, riporta sicuramente questa circostanza nella sua parte motiva, ma semplicemente per ricostruire l’intero procedimento che ha condotto, dapprima, al rilascio del permesso in sanatoria n. 93 del 2014 ed, in seguito, al provvedimento di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria n. 18192 del 2014.

In origine, infatti, il responsabile del procedimento, dall’analisi della documentazione presentata, aveva per l’appunto rilevato che l’immobile in parola era stato frazionato in due unità a carattere residenziale; più precisamente, quella indicata dal sub 6, relativo al piano rialzato e primo piano; quella indicata col sub 5, relativa al piano seminterrato.

Per questo, a suo avviso, non sussistevano le condizioni per la “doppia conformità”, richiesta dall’art. 36, comma 1, d.p.r. 380/2001, in quanto l’intervento effettuato si sarebbe posto in contrasto con la legge regionale n. 21 del 2003.

A fronte di ciò aveva proposto il rigetto dell’istanza di sanatoria.

Le perplessità espresse dal responsabile del procedimento sono state tuttavia superate nel momento in cui il ricorrente, con la nota acquisita al prot. n. 42334 del 4 luglio 2013, ha risposto alla nota prot. n. 3992 del 25 giugno 2013, contenente la comunicazione, ai sensi dell’art. 10-bis L. n. 241 del 1990, dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda.

Non a caso, nella motivazione del provvedimento impugnato, si precisa che il ricorrente aveva “prodotto osservazioni corredate da documenti ritenuti, a parere del sottoscritto, pertinenziali, atti a rimuovere i motivi ostativi;”.

Ciò ha quindi consentito di superare le perplessità espresse in una prima fase dal responsabile del procedimento e di rilasciare il permesso in sanatoria.

Questo elemento, pertanto, contrariamente a quanto adombrato nella memoria difensiva dell’amministrazione comunale, non ha condizionato i criteri di determinazione della sanzione edilizia, la quale si fonda esclusivamente sull’applicazione della delibera consiliare n. 55 del 2001 e sulla natura dell’intervento edilizio, classificato correttamente come ristrutturazione edilizia.

6.- L’irricevibilità e l’infondatezza delle censure produce, per logica conseguenza, la reiezione anche della richiesta di accertamento del diritto a non corrispondere al Comune di Torre del Greco le somme da quest’ultimo richieste e della condanna di quest’ultimo alla restituzione di quelle indebitamente incassate.

Per quanto sopra il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono determinate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Torre del Greco, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio del 19 luglio e del 25 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Fabio Donadono, Presidente

Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore

Alfonso Graziano, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Gianmario Palliggiano        Fabio Donadono