di Luca RAMACCI
Pubblicato sulla rubrica Ecolex sul La Nuova Ecologia Luglio agosto 2006
Trovare il mare pulito è veramente un’impresa. Le leggi sulle acque di balneazione sono quasi comiche e, ogni volta che si entra in acqua, in certi litorali, ci si sorprende quando si riesce a guardarsi i piedi immersi in un incrocio tra il Gange ed un minestrone di verdure.
Raramente viene però imposto il divieto di balneazione, per la gioia dell’industria delle vacanze. La refrattarietà all’applicazione della legge di certi comuni, anche i questo caso, dimostra una scarsissima lungimiranza.
Si considera il turismo una risorsa ma, anziché conservare l’ambiente, si preferisce favorire la speculazione edilizia con costruzioni oscene preferendo il turismo “mordi e fuggi” a quello di qualità.
Tutto questo, ovviamente, accompagnato da un sistema di pubbliche fognature che, spesso, esiste solo sulla carta.
Dovendomi occupare per mestiere di inquinamento, alla depressione da mare marrone che tutti provano aggiungo ogni estate quella, personalissima, da depuratore comunale.
Il depuratore viene, quasi sempre costruito senza problemi, altrettanto celermente la gestione viene affidata ad una ditta specializzata che ne ricava un lauto guadagno.
Il problema è che, dopo, il funzionamento regolare diventa un optional perché si scarica allegramente scavalcando il depuratore o comunque senza tenerlo in efficienza.
In caso di controllo, si procede con la solita litania delle scuse “ufficiali”: guasto, mancanza di energia elettrica, piogge abbondanti, etc.
Dopo, l’allegro rito della sanzione amministrativa che nessuno pagherà. Poi si ricomincia di nuovo.
I depuratori di pubblica fognatura, infatti, difficilmente consentono l’applicazione di sanzioni penali, grazie a sapienti interventi legislativi e, ancor più difficilmente, possono essere sequestrati non potendosi bloccare, per motivi evidenti, il funzionamento della fognatura.
Forse, però, c’e’ ancora qualche speranza. Recentemente il Tribunale del riesame di Roma ha confermato il sequestro di un impianto per violazione dell’articolo 674 c.p. (il “getto pericoloso di cose” che si usa anche con l’elettrosmog) ma applicato consentendo al gestore dell’impianto di prelevare i liquami a proprie spese con autobotte (i prezzi sono altissimi) e conferirli in un impianto efficiente sotto controllo della polizia giudiziaria.
Il problema del depuratore è stato così risolto a tempo di record (trovando più conveniente la riparazione rispetto alla spesa per l’autobotte) con qualche porcheria in meno nelle acque già asfittiche.
Luca RAMACCI