Presidente P. Vittoria , Relatore E. Bucciante
Qualora un consorzio di bonifica abbia di fatto provveduto, pur non essendo gravato del relativo obbligo, alla manutenzione di un canale, assumendo cosi' la custodia e la gestione del corso d'acqua, sullo stesso grava anche la relativa responsabilita' e quindi l'obbligo di risarcire i danni derivanti da un difetto di manutenzione. Udienza pubblica del 18/01/2007
SENTENZA
N. 1614
REG. GENERALE N. 25010/2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Paolo VITTORIA - Primo Presidente f.f. -
Dott. Roberto PREDEN - Presidente di sezione -
"
Giulio GRAZIADEI
-
Consigliere -
" Guido
VIDIRI
"
" Pasquale PICONE "
" Mario FINOCCHIARO "
" Aldo DE MATTEIS "
" Ettore BUCCIANTE Rel. "
"
Saverio
Toffoli
"
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONSORZIO DI BONIFICA SUD PONTINO (già CONSORZIO DI BONIFICA
N. 6), in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA LEONARDO PISANO 16, presso lo studio degli avvocati
ARCANGELO GUZZO e
CLAUDIO MARTINO, che lo rappresentano e difendono, giusta delega a
margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
nonché contro
FALLIMENTO SOCIETA' FONDITTICA S.P.A.;
- intimato -
e sul 2° ricorso n° 28692/03 proposto da:
FALLIMENTO FONDITTICA S.P.A., in persona del Curatore pro-tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 4, presso lo studio
dell'avvocato GIUSEPPE GIGLI, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato GIUSEPPE MERCANTI, giusta delega a margine del
controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
CONSORZIO DI BONIFICA SUD PONTINO (già CONSORZIO DI BONIFICA
N. 6), in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA LEONARDO PISANO 16, presso lo studio degli avvocati
ARCANGELO GUZZO CLAUDIO MARTINO, che lo rappresentano e difendono,
giusta delega a margine del controricorso al ricorso incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
nonchè contro
REGIONE LAZIO;
- intimata -
avverso la sentenza n. 53/03 del Tribunale Superiore delle acque
pubbliche di ROMA, depositata il 15/04/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/01/07 dal Consigliere Dott. Ettore BOCCIANTE;
uditi gli avvocati Claudio MARTINO, Giuseppe GIGLI, Wally FERRANTE
dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Raffaele PALMIERI che ha concluso, previa riunione dei ricorsi, per il
rigetto di entrambi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.p.a. Fondittica, esercente un allevamento di anguille in
località Pantanello nel comune di Fondi, ha convenuto in
giudizio davanti al Tribunale regionale delle acque pubbliche di Roma
il consorzio di bonifica della piana di Fondi e Monte San Biagio e la
Regione Lazio, chiedendo che fossero condannati al risarcimento dei
danni che aveva subito in seguito all'allagamento del suo impianto,
avvenuto il 19 ottobre 1990 per la tracimazione del canale pedemontano
e il successivo cedimento di un suo argine. Il consorzio ha contrastato
la domanda, sostenendo che la difettosa manutenzione del corso d'acqua,
causa secondo l'attrice dell'evento, era addebitabile semmai all'altra
convenuta; ha inoltre affermato che in realtà l'inondazione
era stata provocata da un eccezionale nubifragio verificatosi quel
giorno nella zona. La Regione Lazio è rimasta contumace. Nel
corso del giudizio si è costituito, in luogo della s.p.a.
Fondittica, il curatore del suo fallimento, che intanto era stato
dichiarato dal Tribunale di Latina.
All'esito dell'istruzione della causa, con sentenza pubblicata il 15
luglio 1997 il Tribunale ha respinto la domanda relativamente alla
Regione e l'ha parzialmente accolta nei riguardi del consorzio, che ha
condannato al risarcimento del 20 per cento del danno subito
dall'attrice.
Impugnata in via principale dal consorzio di bonifica n. 6
(già consorzio di bonifica della piana di Fondi e Monte San
Biagio) e incidentalmente dal curatore del fallimento della s.p.a.
Fondittica, la decisione è stata confermata dal Tribunale
superiore delle acque pubbliche, che con sentenza pubblicata il 15
aprile 2003 ha rigettato entrambi gli appelli, ritenendo: - la
questione di nullità della sentenza di primo grado, per
illegittima costituzione del giudice, è preclusa, in quanto
non ha formato oggetto di impugnazione ed è stata sollevata
dal consorzio di bonifica n. 6 soltanto nella sua memoria
conclusionale; il vizio di costruzione del canale, peraltro escluso
dalla consulenza tecnica di ufficio svolta in appello, non era stato
fatto valere a fondamento della domanda e quindi non può
essere preso in considerazione; - la responsabilità del
consorzio discende non dalle norme che disciplinano la materia, ma
dall'attività di manutenzione che di fatto esso ha
esercitato;
- tale attività è stata carente, come risulta
dalla prova testimoniale, dalle fotografie in atti, dalle deduzioni
dello stesso appellante principale; - il nubifragio non è
stato evento eccezionale, secondo quanto emerge dalle consulenze
tecniche di ufficio; la localizzazione dell'allevamento in una conca
prossima al canale non comporta concorso di colpa della
società Fondittica, poiché la portata del corso
d'acqua era del tutto adeguata e non faceva temere allagamenti;
nonostante l'esclusione di altre concause imputabili a comportamenti
umani, non può essere accordato al fallimento della s.p.a.
Fondittica un risarcimento superiore al 20 per cento dell'ammontare
totale del danno, poiché il terzo motivo dell'appello
incidentale è condizionato all'accoglimento del primo, che
invece viene respinto;
- la quantificazione del danno operata dal consulente tecnico di ufficio è condivisibile.
Il consorzio di bonifica Sud Pontino (già consorzio di
bonifica n. 6) ha proposto ricorso per cassazione, in base a sette
motivi. Si sono costituiti con distinti controricorsi la Regione Lazio
e il curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica, quest'ultimo
formulando anche due motivi di impugnazione in via incidentale, cui il
consorzio di bonifica Sud Fontino ha opposto un proprio controricorso.
Sono state presentate memorie dal consorzio di bonifica Sud Pontino e
dal curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni
vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell'art. 335
c.p.c.
Con il primo motivo del ricorso principale il consorzio di bonifica Sud
Pontino si duole del mancato accoglimento, da parte del Tribunale
superiore delle acque pubbliche, dell'eccezione di nullità
della sentenza di primo grado, per illegittimità della
composizione del giudice che l'aveva pronunciata: vizio che avrebbe
dovuto, secondo il ricorrente, essere riconosciuto sussistente anche di
ufficio, in quanto dava luogo a una ipotesi di difetto di
giurisdizione, derivante dalla incostituzionalità,
dichiarata dalla Corte costituzionale con la sentenza 17 luglio 2002 n.
353, dell'art. 138 del testo unico sulle acque e gli impianti
elettrici, approvato con il regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
nella parte in cui disponeva che ai Tribunali regionali delle acque
pubbliche fossero aggregati tre funzionari del genio civile, dei quali
uno doveva essere membro del collegio giudicante.
La censura è infondata.
La dichiarazione dell'illegittimità costituzionale di una
disposizione processuale comporta bensì che la
validità degli atti che ne erano disciplinati debba essere
vagliata alla stregua della nuova situazione normativa,
purché però la questione sia ancora sub
judice (v., per tutte, tra le più recenti, Cass.
16 marzo 2006 n. 5853). Anche nel caso della sopravvenuta dichiarazione
di incostituzionalità delle norme che regolano la
composizione del giudice, pertanto, per il principio di conversione in
mezzo di gravame sancito dall'art. 161 c.p.c., la nullità
della sentenza può venire in questione soltanto se
è stata fatta valere a suo tempo come ragione di
impugnazione (v., tra le altre, Cass. 6 febbraio 2003 n. 1733, 3 marzo
2003 n. 3074, 24 dicembre 2005 n. 20472, con le quali, proprio con
riferimento alla dichiarazione di incostituzionalità del
citato art. 138 t.u. acque, si è esclusa la
rilevabilità del vizio di costituzione del Tribunale
regionale delle acque pubbliche, ove non sia stato dedotto nell'atto
introduttivo del giudizio di gravame).
Correttamente, quindi, il Tribunale superiore ha ritenuto preclusa la
questione relativa alla nullità, della sentenza di primo
grado, in quanto era stata prospettata dal consorzio di bonifica n. 6
non con il ricorso in appello, ma soltanto con la memoria conclusionale.
Con il secondo motivo del ricorso principale si sostiene che anche la
sentenza di secondo grado è affetta da nullità,
poiché gli effetti della pronuncia di
incostituzionalità dell'art. 138 t.u. acque debbono essere
estesi anche all'art. 139, che disciplina la composizione del Tribunale
superiore in maniera analoga a quella dei Tribunali regionali, in
quanto dispone che del collegio giudicante faccia parte un membro
effettivo del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
L'assunto va disatteso.
Come già questa Corte ha avuto occasione di avvertire (v.
Cass. 16 marzo 2004 n. 5322, 27 luglio 2004 n. 14082, 24 ottobre 2005
n. 20472), si deve escludere che la menzionata sentenza della Corte
costituzionale abbia determinato la caducazione anche dell'art. 139
t.u. acque, oltre che dell'art. 138 al quale esclusivamente si
riferisce, senza ulteriori pronunce ai sensi dell'art. 27 della legge
11 marzo 1953, n. 87. La prima di quelle norme stabiliva (fino alle
modificazioni introdotte, con effetto dal 1 gennaio 2004, dal decreto
legge 24 dicembre 2003, n. 354, convertito con legge 26 febbraio 2004,
n. 45) che del collegio giudicante del Tribunale superiore dovesse far
parte uno dei membri effettivi del Consiglio superiore dei lavori
pubblici «non aventi funzioni di amministrazione
attiva»; nei Tribunali regionali, invece, il collegio veniva
integrato con un funzionario del genio civile. Proprio la persistenza,
per quest'ultimo magistrato "laico", del rapporto di servizio con
un'amministrazione dotata di un ruolo "attivo" nel campo delle acque
pubbliche, ha portato alla dichiarazione di
incostituzionalità dell'art. 138, essendosi ritenuto che
potessero derivarne condizionamenti, con conseguente compromissione
della indipendenza che deve essere assicurata, per il disposto
dell'art. 108 Cost., agli estranei che partecipano alla amministrazione
della giustizia. Una tale eventualità non è
invece prospettabile per i componenti, privi di funzioni di
amministrazione attiva, del Consiglio superiore dei lavori pubblici,
che è un organo consultivo, avente il compito di dare pareri
facoltativi o obbligatori, ma mai vincolanti, nelle materie di sua
competenza, sicché è da escludere ogni pericolo
di immedesimazione dei suoi membri (funzionari pubblici, magistrati
amministrativi ed esperti esterni) con le amministrazioni parti in
causa davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche.
Ne consegue altresì che è manifestamente
infondata (come del resto già è stata ritenuta
con Cass. 27 luglio 2004 n. 14082) la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 139 t.u. acque, che il
consorzio di bonifica Sud Pontino ha formulato nel contesto del secondo
motivo del ricorso principale, nell'erroneo presupposto che la
questione sia «pressoché identica a quella
già decisa - nel senso della incostituzionalità -
con la menzionata decisione n. 353/2002».
Con il terzo motivo di ricorso si sostiene, innanzi tutto, che la
manutenzione del canale pedemontano, non competeva al consorzio della
piana di Fondi e Monte san Biagio, ma alla Regione Lazio.
L'assunto è inconferente, poiché anche nella
sentenza impugnata si è escluso che il consorzio fosse
tenuto a provvedere alla manutenzione, secondo la legislazione statale
e regionale in materia di bonifica: in applicazione del principio
enunciato da Cass. 12 giugno 1992 n. 7232, il Tribunale superiore ha
confermato la condanna del consorzio al risarcimento dei danni, in
quanto di fatto, pur senza esservi obbligato, aveva svolto (in maniera
inadeguata) tale compito, così assumendo la custodia e
gestione del corso d'acqua e facendosi carico della relativa
responsabilità.
Le ulteriori doglianze formulate nello stesso terzo motivo del ricorso
principale e nei successivi possono essere prese in esame
contestualmente, poiché sono accomunate dalla loro attinenza
ad accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito compiuti dal giudice
a quo: l'effettività della manutenzione
del canale da parte del consorzio; le carenze di tale
attività; il carattere non eccezionale del nubifragio
avvenuto nella zona il giorno dell'allagamento; l'assenza di un
concorso della società Fondittica nella causazione
dell'evento, per la scelta dell'ubicazione del suo impianto; 1a
quantificazione del danno.
Anche queste censure vanno disattese.
Le sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche, a norma
degli art. 200 e 201 del citato t.u. acque, sono soggette a ricorso per
cassazione, oltre che per ragioni attinenti alla giurisdizione,
soltanto per violazione di legge e dunque, relativamente alla
motivazione, esclusivamente nel caso di sua assenza, mera apparenza o
irragionevolezza (v., tra le più recenti, Cass. 24 dicembre
2005 n. 20472).
Da tali vizi la sentenza impugnata, sui punti in questione,
è del tutto immune, poiché per ognuno
è stato dato conto, in maniera esauriente e logicamente
coerente, delle ragioni della decisione, attraverso l'esposizione,
l'esame e la valutazione delle pertinenti risultanze istruttorie
testimoniali, documentali e tecniche.
Con la sua memoria il ricorrente principale, per il caso che i motivi
di impugnazione in esame vengano ritenuti riconducibili,
anziché alla carenza assoluta di motivazione, al paradigma
dell'omissione, insufficienza o contraddittorietà, osserva
che l'ultimo comma dell'art. 360 c.p.c., introdotto dall'art. 2 del
decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, consente di denunciare
anche questi ultimi tali vizi, con il ricorso per cassazione avverso le
sentenze e gli altri provvedimenti che in precedenza erano impugnabili
soltanto per violazione dì legge; eccepisce quindi
l'illegittimità costituzionale, per violazione degli art. 3
e 24 Cost., dell'art. 27 dello stesso decreto legislativo, che limita
la suddetta facoltà alle sentenze e agli altri provvedimenti
pubblicati dopo la sua entrata in vigore.
La questione è manifestamente infondata.
Il giudice delle leggi ha più volte riconosciuto (v., da
ultimo, Corte cost. 13 gennaio 2006 n. 9) che «in materia di
successione di leggi, il legislatore ha ampia
discrezionalità di modulare nel tempo la disciplina
introdotta, con l'unico limite della ragionevolezza»: limite
che non è superato come neppure è violato il
diritto di difesa - se una facoltà processuale viene
attribuita, in coerenza con il principio tempus regit actum,
soltanto per il futuro, sicché non diventano
retroattivamente efficaci atti che la disciplina precedente non
consentiva.
Con il primo motivo del ricorso incidentale il curatore della s.p.a.
Fondittica lamenta che il Tribunale superiore delle acque pubbliche non
ha provveduto sul terzo motivo del suo appello incidentale,
erroneamente ritenendolo condizionato all'accoglimento del primo
motivo; era invece subordinato al suo rigetto, come doveva apparire
logico nonostante un refuso dattilografico, consistito nello scrivere
"accoglimento" invece di "non accoglimento".
La doglianza deve essere accolta.
Sebbene rubricata come «violazione dell'art. 112 c.p.c. per
omissione di pronuncia», la censura attiene in
realtà all'interpretazione data al motivo di gravame in
questione dal giudice di secondo grado, il quale in effetti non ha
mancato di prenderlo in considerazione, anche se non lo ha esaminato
nel merito, reputando che la parte avesse inteso proporlo solo per il
caso di accoglimento del primo motivo del suo appello. Non si verte
quindi in tema di errores in procedendo, che questa
Corte possa accertare mediante l'esame diretto degli atti di causa,
bensì di vizi della motivazione, in ordine a una valutazione
che è riservata al giudice del merito (V., tra le altre,
Cass. 21 febbraio 2006 n. 3702). D'altra parte, come si è
prima segnalato in occasione dell'esame del ricorso principale, la
motivazione deve essere stata totalmente omessa o risultare soltanto
apparente o irragionevole, per costituire valida ragione di cassazione
della sentenza impugnata.
Questa, in effetti, è inficiata da tali vizi.
Il contenuto dei due motivi di appello di cui si tratta è
esposto compiutamente nel ricorso incidentale (che risulta quindi
rispettoso della regola dell'"autosufficienza") e negli stessi termini
nel controricorso del consorzio di bonifica Sud Pontino: con il primo
di tali motivi si era chiesto che i due convenuti fossero condannati in
solido al risarcimento integrale dei danni, nel presupposto che al
consorzio di bonifica della piana di Fondi e Monte San Biagio fossero
addebitabili le carenze di manutenzione, alla Regione Lazio i difetti
di costruzione del canale pedemontano; con il terzo motivo,
«in via subordinata ove si ritenesse di accogliere il primo
motivo», si era chiesto che comunque il consorzio fosse
condannato al risarcimento della metà dei danni, ove delle
due concause fosse stata ritenuta «riconoscibile»
solo la prima.
Il Tribunale superiore ha disatteso il primo motivo, osservando che i
difetti di costruzione non erano stati fatti valere ab initio
dalla società attrice come causa petendi
ed erano inoltre risultati insussistenti. Ha poi rilevato che
«il terzo motivo dell'appello incidentale, siccome
condizionato all'accoglimento del primo motivo incidentale - volto ad
affermare la responsabilità della Regione Lazio - che viene
invece rigettato, non può essere, per assorbimento, preso in
esame». Anziché limitarsi alla constatazione del
tenore testuale della premessa del terzo motivo dell'appello
incidentale, si sarebbe dovuto verificare - e spiegare adeguatamente le
ragioni della soluzione adottata - se quella formulazione potesse
essere conseguenza di un semplice lapsus, in ipotesi evidenziato dal
rapporto tra le due domande, delle quali la minore sarebbe stata
illogicamente condizionata all'accoglimento della maggiore, invece di
esserne assorbita.
Appunto assorbito resta il secondo motivo del ricorso incidentale, con
il quale il curatore del fallimento della s.p.a. Fondittica, per il
caso di accoglimento del terzo motivo del ricorso principale, sostiene
che il consorzio di bonifica della piana di Fondi e di Monte San Biagio
era obbligato alla manutenzione del canale pedemontano non solo
perché vi provvedeva di fatto, ma anche perché vi
era tenuto di diritto, in base alle norme che disciplinano la materia,
contrariamente a quanto in proposito ha ritenuto il Tribunale superiore
delle acque pubbliche.
Rigettato dunque il ricorso principale, accolto il primo motivo
dell'incidentale e dichiarato assorbito il secondo, la sentenza
impugnata è cassata in relazione alla censura accolta, con
rinvio al Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui viene anche
rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
DISPOSITIVO
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; accoglie il
primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia la
causa al Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui rimette anche
la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Roma, 18 gennaio 2007
Il Presidente
Il Consigliere estensore