Cass. Sez. III n.37279 del 1 ottobre 2008 (Ud. 12 giu. 2008)
Pres. De Maio Rel. Onorato Ric. Serafini
Acque. Reato di superamento dei limiti tabellari
L’art. 137, comma 5 D.Lv. 152/06, con formulazione ancora più chiara rispetto al passato, evidenzia che il legislatore ha voluto punire lo scarico di acque reflue industriali che recapita in acque superficiali o in fognatura quando supera i valori limiti fissati nella tabella 3, nonché lo scarico sul suolo di acque reflue industriali quando supera i valori limite fissati nella tabella 4, anche se il superamento tabellare non riguarda le diciotto sostanze più pericolose elencate nella tabella 5. Ha punito inoltre con la stessa pena qualsiasi scarico di acque reflue industriali (in acque superficiali, in fognatura, sul suolo) che superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni, dalle province autonome o dalle autorità di gestione del servizio idrico integrato, in relazione alle diciotto sostanze elencate nella tabella 5, per le quali - in ragione della loro maggior pericolosità - le autorità suddette non possono adottare limiti meno restrittivi.
2 - Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo come unico motivo erronea applicazione della norma incriminatrice e manifesta illogicità di motivazione sul punto. Sostiene che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto la rilevanza penale del superamento dei limiti tabellari per BOD e COD nonostante che tali sostanze non siano comprese tra quelle della tabella 5 dell’allegato 5 del menzionato D.Lgs. 152/1999.
3 - Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
L’art 59, comma 5, del D.Lgs. 11.5.1999 n. 152 puniva con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni “chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, ovvero di una immissione occasionale, supera(va) i valori limite fissati nella tabella 3 dell’allegato 5 in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome”.
In seguito però l’art. 23, comma I, lett. a) del D.Lgs. 18.8.2000 n. 258 ha significativamente modificato la disposizione, punendo con la stessa pena “chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5, ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma dell’articolo 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5”.
La innovazione normativa è stata confermata dal recente testo unico sull’ambiente, approvato con D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, il cui art. 137, comma 5, con formulazione ancora più chiara. punisce con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila a trentamila euro “chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma dell’art. 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto”.
Orbene, non v’è dubbio che con la novella legislativa del 2000, applicabile ratione temporis alla fattispecie di causa, il legislatore:
- ha voluto punire lo scarico di acque reflue industriali che recapita in acque superficiali o in fognatura quando supera i valori limite fissati nella tabella 3, nonché lo scarico sul suolo di acque reflue industriali quando supera i valori limite fissati nella tabella 4, anche se il superamento tabellare non riguarda le diciotto sostanze più pericolose elencate nella tabella 5;
- ha punito inoltre con la stessa pena qualsiasi scarico di acque reflue industriali (in acque superficiali, in fognatura, sul suolo) che superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni, dalle province autonome o dalle autorità di gestione del servizio idrico integrato, in relazione alle diciotto sostanze elencate nella tabella 5, per le quali — in ragione della loro maggior pericolosità — le autorità suddette non possono adottare limiti meno restrittivi.
Questa interpretazione si impone in base ai consueti canoni letterali e storici, nonché in base ai criteri teleologici illustrati in Cass. Sez. III, sent. n. 4806 del 29.10.2003, dep. 17.12.2003, P.G. in proc. Bonassi e Bonfiglio (alla cui articolata motivazione si rinvia), ed è stata seguita dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte (v. Sez. III, n. 14801 del 20.2.2004, dep. 26.3.2004, Lo Piano; Sez. III, n 19254 del 13.4.2005, dep. 20.5.2005, Granata, rv. 231991). Non possono quindi condividersi né la contraria esegesi di Cass. Sez. III, n. 25752 del 28.4.2004, dep. 9.6.2004, Anselmi, rv. 228680 (che non prospetta specifiche argomentazioni a sostegno), né le conclusioni di annullamento formulate dal sostituto procuratore generale in sede.
Nel caso di specie, pertanto, sussiste il contestato reato di cui all’art. 59, comma 5, D.Lgs. 152/1999. giacchè l’imputato, nella sua qualità di rappresentante legale della Desco s.p.a., aveva effettuato scarichi di acque reflue industriali nel canale Mortacino, che superavano i valori limite stabiliti nella tabella 3 relativamente alle sostanze COD e BOD, anche se queste sostanze non sono contenute nella tabella 5 dell’allegato 5.
Occorre precisare che la norma suddetta è stata abrogata dall’art. 175 lett. bb) del D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, ma è stata sostituita dal succitato art. 137, comma 5, dello stesso decreto, che è in evidente continuità normativa con la disposizione abrogata. Poiché però la nuova norma prevede un trattamento sanzionatorio leggermente superiore in ordine alla pena pecuniaria (ammenda da 3.000 a 30.000 euro, rispetto alla precedente ammenda da lire 5.000.000 — corrispondenti a euro 2.582 — a lire 50.000.000 — corrispondenti a euro 25.822), ai sensi dell’art. 2, comma 4, c.p., va applicata la norma abrogata in quanto più favorevole all’imputato.
4 - Va infine rilevato d’ufficio che la prescrizione del reato non è ancora maturata.
Infatti la contravvenzione è stata commessa sino al 30.8.2003, sicché il periodo prescrizionale massimo scade il 29.2.2008. Ma va anche computato il periodo di sospensione della prescrizione, conformemente al principio statuito dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui in tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore; ovvero su loro richiesta e sempre che l’una o l’altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa (sent. n. 1021 dell’11.1.2002, Cremonese, rv. 220509)
Nel caso di specie va calcolata a questo titolo la sospensione processuale di tre mesi e quindici giorni, per il rinvio del dibattimento in primo grado dal 14.1.2005 al 29.4.2005, sicché la prescrizione sarebbe maturata solo il 15.6.2008.
5 - Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente alle spese processuali. Considerato il contenuto dell’impugnazione, non si ritiene di irrogare anche la sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.