La desertificazione naturale dei suoli: gli indicatori bioclimatici

di Luigi FANIZZI

  • PREMESSA

L’obiettivo principale del seguente lavoro è l’individuazione di indicatori idonei a segnalare le aree a rischio di desertificazione naturale ( siccità, aridità ed erosività pluviometrica). Lo studio è strettamente collegato alla Delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica del 21 dicembre 1999 riguardante il Programma Nazionale per la lotta alla desertificazione (Deliberazione N. 299). Da questa necessità è partita la costruzione di indicatori, rilevatori delle zone maggiormente sensibili a tale fenomeno. Questo lavoro vuole, quindi, essere di supporto per l’adozione di standard e metodologie sintetiche, idonee alla prevenzione ed alla mitigazione dei fenomeni di siccità ed aridità, in aree soggette ad erosività pluviometrica ossia in aree cosiddette sensibili. In ambito internazionale, l’IPCC ( Intergovernmental Panel on Climate Change), definisce la sensibilità come: “grado al quale un sistema è affetto da processi legati alla desertificazione, causati sia da eventi naturali sia antropici, inclusi i cambiamenti climatici, erosione del suolo, deforestazione, salinizzazione, eccetera”. Il concetto di sensibilità, in accordo con questa definizione, è legato, quindi, all’evoluzione dei processi di desertificazione in atto che colpiscono un’area mentre il concetto di vulnerabilità, che spesso si associa come sinonimo, è riferito, invece, alla possibilità di valutare la futura evoluzione potenziale del problema ( perdita di reddito imputabile alla desertificazione, riduzione delle possibilità di produzione alimentare ed impoverimento della biodiversità ).

  • LE CAUSE DI DESERTIFICAZIONE DEI SUOLI

Il processo di degrado di un territorio è generalmente innescato ed alimentato dalla combinazione di un insieme di fenomeni riconducibili all’erosione, agli squilibri nella gestione del territorio e delle risorse idriche, alla perdita di copertura vegetale, agli incendi e ad altri fattori sia naturali sia antropici (Fig. 1). Alle cause di origine naturale ed antropica si sommano poi fattori naturali predisponenti che contribuiscono all’innesco dei processi di degrado del territorio. Tra questi, i principali sono la morfologia, l’orografia, la litologia, la pedologia e più in generale la presenza di ecosistemi fragili caratterizzati da delicati equilibri bio-fisici. La desertificazione e la risultante di questo complesso sistema d’interazioni, quando il degrado arriva a pregiudicare in modo irreversibile la capacita produttiva sostenibile degli ecosistemi agricoli e forestali. Ad aggravare questi processi si sovrappongono ovviamente eventi naturali, tipicamente climatici quali l’aridità, la siccità e l’erosività della pioggia, che sono sempre più catastrofici a causa degli interventi dell’uomo sui delicati equilibri dell’ambiente. Il degrado del territorio può, in generale, interessare aree a tutte le latitudini con diversi tipi di clima. La desertificazione e la forma di degrado che, per definizione, interessa le zone aride semi-aride e subumide secche. Tali zone sono caratterizzate dalla presenza di ecosistemi fragili dal punto di vista ecologico, molto sensibili ad incontrollati sfruttamenti delle risorse idriche ed hanno bisogno d’interventi specifici per la conservazione dei suoli. Dal punto di vista naturale i fenomeni di tipo climatico che caratterizzano maggiormente il processo di degrado di un territorio sono l’aridità, la siccità e l’erosività della pioggia (L. Perini et Al., 2008).

  • L’aridità e una caratteristica climatica determinata dalla contemporanea scarsità delle piogge (aree con precipitazioni annue dell’ordine dei 200 mm 400 mm) e dalla forte evaporazione che sottrae umidità ai terreni ( aree con rapporto fra precipitazioni annue ed evapotraspirazione potenziale che può raggiungere anche valori inferiori a 0,65; Huang Y. et Al., 2017 ). Si definiscono aride, semi-aride e sub-umide secche le zone in cui le piogge apportano al bilancio idrico un contributo inferiore al 65 % di quanto potenzialmente sottratto al terreno dall’evaporazione.

  • La siccità e invece un fenomeno che colpisce anche aree non aride quando le precipitazioni sono sensibilmente inferiori ai livelli normalmente registrati. La siccità può influire sul degrado del territorio principalmente apportando danni alle attività produttive agrarie e zootecniche.

Gli ecosistemi naturali hanno infatti, generalmente, la necessaria resilienza per superare periodi di siccità mentre i settori produttivi che dipendono da un costante apporto di acqua possono essere danneggiati. La siccità nelle zone aride può rompere il delicato equilibrio fra risorse ambientali ed attività produttive portando crisi alimentari, abbandono di territori e perfino migrazioni e conflitti.

  • L’erosività della pioggia è dovuta all’intensità delle precipitazioni. Quando precipitazioni brevi ed intense colpiscono terreni privi di copertura vegetale il ruscellamento rimuove dal terreno lo strato superficiale più ricco di materia organica. Le zone aride, semi aride e sub umide sono esposte al rischio di piogge brevi ma intense che, invece di mitigare gli effetti della scarsezza delle precipitazioni, provocano fenomeni erosivi e quindi desertificazione.

Altri fattori naturali che contribuiscono all’innesco dei processi di degrado del territorio sono: la morfologia, l’ orografia e la geologia dei suoli nonché la loro copertura vegetale.

Fig. 1 – Cause determinanti dei fenomeni di desertificazione dei suoli.

  • GLI INDICATORI BIOCLIMATICI

Al fine della caratterizzazione del contesto di riferimento gli indicatori possono costituire degli strumenti sintetici e validi per la rappresentazione della situazione locale e per la sua evoluzione. Essi forniscono una visione di sintesi dello stato di degradazione del sistema a partire da misure ed osservazioni, in particolare se inquadrati all’interno di uno schema logico concettuale di riferimento, in grado di evidenziare le connessioni di causa-effetto del fenomeno. In questo contesto, sono richiamati i concetti che caratterizzano un buon indicatore ed i criteri maggiormente condivisi per la loro organizzazione. La definizione di indicatore oggi maggiormente condivisa è quella adottata dall’ Organisation for Economic Cooperation Development - OECD che definisce l’indicatore come un “parametro, o un valore derivato da parametri, che indica/fornisce informazioni su/descrive lo stato di un fenomeno/ambito/area con un significato che va oltre ciò che è direttamente associato al valore del parametro” (OECD, 1993). Per costruire gli indicatori ambientali si usano diversi parametri, poiché spesso il singolo parametro non è sufficiente per rappresentare un fenomeno. Gli indicatori possiedono un significato sintetico e sono sviluppati per finalità specifiche relativamente ad un fenomeno che si vuole caratterizzare, misurare o monitorare.

Tali caratteristiche pongono in risalto le due principali funzioni: – ridurre il numero di misure e di parametri richiesti per fornire una prestazione “esatta” di una situazione; – semplificare il processo comunicativo attraverso il quale l’informazione viene fornita all’utilizzatore. Gli indicatori possono essere considerati come il risultato di un processo che, a partire da misure ed osservazioni, permette di ottenere informazioni consistenti e coerenti su un fenomeno, utilizzabili da diversi fruitori. Essi devono essere, in sintesi, facilmente identificabili, fornire una visione sintetica dello stato della degradazione del sistema, essere utili nel processo decisionale (Enne e Zucca, 2000). Questi criteri permettono di selezionare i dati di partenza più utili per costruire indicatori significativi, in grado di fornire un’informazione ambientale sufficientemente articolata ma anche agevolmente comprensibile. Gli indicatori di desertificazione sono rappresentati da serie integrate d’indicatori con la finalità di consentire l’osservazione sistematica della degradazione del territorio nelle zone affette e di comprendere meglio e valutare i fenomeni e gli effetti della siccità e della desertificazione. Essi possono essere organizzati in set strutturati secondo differenti criteri e modelli, la cui scelta è funzionale alla finalità applicativa della proposta da realizzare.

  • L’INDICE DI ARIDITA’

L'aridità è un fenomeno climatico caratterizzato, principalmente, dalla carenza di acqua per cui essa si verifica anche nei climi freddi dove le precipitazioni nette, che riceve il terreno ogni anno, sono poche. L'acqua è, ovviamente, la chiave per comprendere l'aridità, ma allo stesso tempo ha un significato fisico sul terreno, determinato dal clima, dalla vegetazione e dai processi tra questi ed il suolo. L'aridità, quindi, è comunemente quantificata confrontando la media, a lungo termine, dell'approvvigionamento idrico ossia delle precipitazioni (P), con la media, a lungo termine, della domanda climatica di acqua, nota come potenziale evapotraspirazione (ETP). La potenziale evapotraspirazione, infatti, è una misura del "potere essiccante" dell'atmosfera per rimuovere l'acqua dalla superficie terrestre per evaporazione e tramite la traspirazione delle piante. Di conseguenza, se ETP è maggiore di P, il clima è considerato arido. Il problema dell’interpretazione sintetica dei lunghi periodi di assenza di precipitazione, tipico dei climiaridi e semiaridi, è stato affrontato da TroyoDieguez (mod. 1990), che hanno definito un indice (IAi; Tab. 1) che, accoppiato alle piogge medie rapportate alle evapotraspirazioni mensili, osservate per più anni, risponde a questa esigenza:

I Ai = 4 (1 F i )

dove:

IAi = Indice di aridità dell’i-esimo anno;

Fi = j= 1,12 Pnij/j= 1,12 ETP ij con i = 1, N e dove j = 1,12;

Pnij = Piogge nette mensili dell’j-esimo mese dell’ i-esimo anno[mm];

ETPij = Evapotraspirazione potenziale media mensile dell’j-esimo mese dell’ i-esimo anno [mm].

I Ai

CLASSE DI CLIMATICITA’

3,5 4,0

Estremamente arido (desertica)

3,0 3,5

Arido

2,0 3,0

Semiarido

1,0 2,0

Secco-subumido

0,0 1,0

Umido-subumido

< 0

Umido (assenza di aridità)

Tab. 1 – Magnitudo dell’indice di aridità IAi in funzione della Classe climatica.

Le Pij devono essere considerate nette (Pnij) delle perdite idrologiche (pi), dovute all’acqua di pioggia che, per ritenzione, dipendente dal tipo di copertura del bacino e dal suo stato (Tab. 2), non raggiunge il suolo (P. G. Megale, 2010):

Pn ij = P ij – (n ij pi) [mm]

dove:

Pnij = Piogge medie mensili dell’j-esimo mese dell’ i-esimo anno[mm];

nij = numero dei giorni piovosi dell’ j-esimo mese dell’i-esimo anno;

pi = perdite idrologiche mensili [mm].

CODICI CORINE LAND COVER

AREE PEDOLOGICHE

PERDITA IDROLOGICA MENSILE

(Mod. Wright-MacLaughlin Engineers, 1969)

pi [mm]

1.1.1

Aree urbane ad alta densità abitativa

0,2 0,3

1.1.2

Aree urbane con bassa densità abitativa

0,3 0,6

1.4.1

Aree verdi antropizzate (urbane ed agricole)

0,6 1,2

3.2.4

Aree verdi naturali (macchie e boschi)

1,2 2,4

Tab. 2 – Magnitudo delle perdite idrologiche pi, in funzione delle aree pedologiche, codificate CLC.

Nel caso specifico il rapporto Pj/ETPj è ottenuto fra la il totale mensile delle precipitazioni piovose medie totali mensili e l’ETPj media mensile, con quest’ultima stimata secondo il metodo di Hargreaves-Samani (1985):

ETP ij = n C R a (T media + 17) [(T max – T min ) 0,0123 P ij ] 0,76 [mm/mese]

dove:

n = Numero effettivo di giorni del mese considerato;

Tmedia = 0,5  (Tmax + Tmin) Temperatura media mensile [°C];

Tmax = Temperatura massima mensile [°C];

Tmin = temperatura minima mensile [°C];

Pj = precipitazione piovosa totale media mensile [mm];

C = Costante correttiva adimensionale, di valore generale pari a 0,0013 (Tab. 3).

COEFFICIENTE C

REGIONE

0,00107391

Abruzzo

0,00107391

Basilicata

0,00118696

Calabria

0,00107391

Campania

0,00141304

Molise

0,00118696

Puglia

0,00130000

Sardegna

0,00163913

Sicilia

Tab. 3 – Magnitudo del coefficiente costante correttivo C regionale.

Ra [mm/d] = radiazione extraterrestre (cd astronomica) al 15° giorno dei dodici mesi annui e per le diverse latitudini dell’emisfero Nord terrestre (68°; G. Antolini et Al., 2016).

R a = (24 60)/(2,456 ) 0,082 Dr [O MS sen(F L ) sen(d d ) + cos(F L ) cos(d d ) sen(O MS )] [mm/d]

dove:

FL = Latitudine [rad];

g = giorno dell’anno [d];

dd = 0,409  sen (0,0712  g  1,39);

Dr = 1 + 0,033  cos(0,0712  g);

NN =  tan(FL)  tan(dd);

OMS = arctan[ NN/(1 – NN2) 0,5] + 1,5708

  • L’INDICE DI SICCITA’ RICOGNIZZATO NORMALIZZATO

L’indice di siccità, quantifica il surplus (umidità) ovvero il deficit di precipitazioni ( siccità) rispetto alla climatologia naturale dell'area in esame (variazione climatica). A differenza dell’aridità, che indica una condizione climatica naturale permanente, in cui la scarsa quantità di precipitazioni nette annue, associata a elevate temperature, non fornisce al terreno il necessario grado di umidità da promuovere lo sviluppo vegetativo, la siccità è unacondizione meteorologica naturale e temporanea in cui si manifesta una sensibile riduzione delle precipitazioni, rispetto alle condizioni medie climatiche del luogo in esame (Mariani et Al., 2018). Il calcolo dell’indice di siccità RDI (cd Reconnaissance Drought Index), è basato, pertanto, sul rapporto tra precipitazione totale netta (P) ed evapotraspirazione potenziale (EPT), accumulata nel tempo selezionato, su scala annua, utilizzando l’indice di siccità ricognizzato normalizzato (RDIN ), secondo la seguente espressione (Tigkas et Al., 2015):

RDI N = (F i /F imedia ) 1

dove:

Fimedia è la media dei rapporti Fi negli N anni d’osservazione.

RDI N

CLASSE DI SICCITA’

2,0

Umidità estrema

1,50 1,99

Umidità severa

1,0 1,49

Umidità moderata

0,0 0,99

Umidità media (Normale)

1,0 1,49

Siccità moderata

1,50 1,99

Siccità severa

  2,0

Siccità estrema

Tab. 4 – Magnitudo dell’indice RDIn in funzione della Classe di siccità.

  • L’INDICE DI EROSIVITA’ PLUVIOMETRICA

L’indice di erosività del suolo, da parte delle precipitazioni piovose, tende a dare un’idea della distribuzione delle piogge all’interno di ciascun anno ed assume valori tanto più bassi quanto più è uniforme la distribuzione delle precipitazioni stesse nell’arco dell’anno e viceversa, assume valori più elevati laddove le precipitazioni tendono ad essere concentrate solo in alcuni mesi. Il suolo, come noto, riveste un ruolo fondamentale nei processi di desertificazione degli ecosistemi delle aree semi-aride e sub-umide, soprattutto nei casi in cui la sua profondità, necessaria per il minimo sostentamento fisico degli apparati radicali delle piante e per il contenimento dell’acqua e degli elementi nutritivi è troppo ridotta ed esposta ad erosività idrica. Rispetto a quanto indicato nella metodica originale (Fournier, 1960), si è utilizzata una sua formula modificata (Arnoldus, 1980), con calcolo dell’indice, anno per anno e determinazione successiva della media pluriennale.

L’indice modificato di Fournier (cd IMF) è stato calcolato, pertanto, con la seguente formula:

IMF = 1/N i = 1,N j=1,12 (P j 2 /P T )

dove:

Pj = piovosità totale media di ogni i-esimo mese di ognuno degli N anni presi in considerazione;

PT = Piovosità totale di ogni singolo anno considerato;

N = numero degli anni presi in considerazione.

Nella successiva tabella si riporta la classificazione dell’IMF, secondo quanto previsto dalla metodologia Corine (1992).

IMF

CLASSE DI EROSIVITA’ PLUVIOMETRICA

< 60

Molto bassa

60 90

Bassa

90 120

Moderata

120 160

Alta

> 160

Molto alta

Tab. 4 – Magnitudo dell’indice IMG in funzione della Classe di erosività pluviometrica.

  • L’INDICE SINOTTICO DI SENSIBILITA’ ALLA DESERTIFICAZIONE

Il risultato finale dell'applicazione della metodologia proposta è l'ottenimento di un indice sinottico, dato dalla combinazione degli indici di desertificazione naturale (aridità e siccità) e dell'indice di erosività pluviometrica (Carnemolla S. et Al., 2001). Tali indici sono stati normalizzati, definendoli all’interno di una scala comune, con estremi [0,10], in modo tale da poter essere confrontati e mediati tra loro (Tab. 5). Detta operazione ha implicato la trasformazione delle singole magnitudo degli indicatori in nuovi valori, utilizzando stretch lineari. Le formule utilizzate per le trasformazioni, tendendo conto del verso degli indicatori ( polarità negativa ovvero positiva dell’indice i ), sono state le seguenti:

x i ´ = 10 (x i – x min )/(x max – x min ) e xi´ = 10 (xmax – xi)/(xmax – x min)

I Ai

MAGNITUDO N

RDI N

MAGNITUDO N

IMF

MAGNITUDO N

< 0

0

2,0

0

< 60

0

0 1,0

2,5

1,50 1,99

1,25

60 90

3

1 2

5

1,0 1,49

2,5

90 120

6

2 3

7,5

0,0 0,99

5

120 160

9

3 3,5

8,75

1,0 1,49

7,5

> 160

10

3,5 4

10

1,50 1,99

8,75

  2

10

Tab. 5 – Magnitudo degli indicatori normalizzate nell’intervallo di scala comune [0,10].

Poiché queste trasformazioni sono sensibili ai valori estremi, per non distorcere l’informazione complessiva (cd strato o piano tematico informativo), si è scelta, quale loro appropriata media, quella geometrica:

I SD = (I Ai RDI N IMF) 1/3

Tale indice finale ISD, individua le aree a crescente sensibilità alla desertificazione, secondo lo schema individuato nella Tab. 6 (C. Kosmas et Al. , 1999), in cui sono riportati i differenti valori che esso può assumere.

MAGNITUDO I SD

CLASSE DI DESERTIFICAZIONE

CARATTERISTICHE

0

NON SOGGETTA

Aree non soggette e non sensibili

0 1,25

POTENZIALE

Are a sensibilità potenziale qualora si verificassero condizioni climatiche estreme o drastici cambiamenti nell’uso del suolo

1,25 2,5

2,5 3

FRAGILE

Aree limite in cui qualsiasi alterazione degli equilibri tra risorse ambientali ed attività umane può portare alla progressiva desertificazione del territorio.

3 5

5 7,5

CRITICA

Aree altamente degradate, caratterizzate da ingenti perdite di suolo ed in cui i fenomeni di erosione sono evidenti.

7,5 10

Tab. 6 – Magnitudo dell’indice sinottico ISD in funzione della Classe di desertificazione.

  • NOTE BIBLIOGRAFICHE

[1] L. Perini. L. Salvati, T. Ceccarelli, S. Sorrenti e M. Zitti [2008]: “ La desertificazione in Italia – Processi, indicatori, vulnerabilità del territorio )”, Bonanno Editore, Acireale.

[2] Arnoldus H.M.J. (1980): “ An approfondiction of the rainfall factor in the universal soil loss equation ”. In: Assessment of erosion (a cura di M. De Boodt and D. Gabriels). Wiley & Sons, England, 127-132.

[3] Mariani, S., G. Braca, E. Romano, B. Lastoria, e M. Bussettini (2018): “ Linee Guida sugli indicatori di siccità e scarsità idrica da utilizzare nelle attività degli Osservatori permanenti per gli utilizzi idrici ”. Pubblicazione nell'ambito del progetto CReIAMO PA ,

[4] Tigkas, D.; Vangelis, H.; Tsakiris, G. (2015): “DrinC a software for drought analysis based on drought indices”. Earth. Sci. Inform., 697–709.

[5] Tsakiris, G.; Loukas, A.; Pangalou, D.; Vangelis, H.; Tigkas, D.; Rossi, G.; Cancelliere, A. (2007): “ Drought characterization [Part 1.Components of drought planning. 1. 3. Methodological component] ”. In Drought Management Guidelines Technical Nnex; Iglesias,A., Moneo, M., López-Francos, A., Eds.; CIHEAM/EC MED A Water: Zaragoza, Spain.

[6] OECD/GD(93)179 (1993): “ Environment Monographs”, N. 83, Paris.

[7] CORINE (1992): “ Soil Erosion Risk and Important Land Resources in the Southern Regions of the European Community ”, EUR 13233, Luxembourg.

[8] Fournier F. (1960): “ Debit solide des cours d’eau. Essai d’estimation de la perte en terre subie par l’ensamble du globe terrestre ”, Inter. Assoc. Sci. Hydrol., 53, pp. 19-22

[9] Wright-McLaughlin Engineer [1969]: “ Urban storm drainage criteria manual”, Denver Regional Council of Governments, Denver, Colorado.

[10] G. Antolini, F. Tomei, F. Dottori, V. Marletto, M.Van Soetendael e M. Bittelli [2016]: “Criteria Technical manual”, Ed. ARPAE, Emilia Romagna.

[11] P.G. Megale [2010]: “ Richiami di idrologia dell’irrigazione”, Quaderni di idraulica agraria, Dispense Facoltà di Agraria, II Edizione Aggiornata, Università di Pisa.

[12] Kosmas C., Kirkby M., Geeson N. (1999): “ Manual on key indicators of desertification and mapping environmentally sensitive areas to desertification ”. In: the MEDALUS project – Mediterranean desertification and land use. European Commission, Brussels.

[13] Carnemolla S., Drago A., Perciabosco M., Spinnato F. (2001): “ Metodologia per la redazione di una carta in scala 1:250.000 sulle aree vulnerabili al rischio di desertificazione in Sicilia ”. Regione Siciliana, Assessorato Territorio e Ambiente, Palermo.

[14] Chen, Y., Li, J., Ju, W., Ruan, H., Qin, Z., Huang, Y., Jeelani, N., Padarian, J. e Propastin, P. (2017): “ Quantitative assessments of wateruse efficiency in Temperate Eurasian Steppe along an aridity gradient ”. PLOS One, Vol. 12, N. 7. e0179875. doi.org/10.1371/journal.

[15] Enne G., Zucca C. (2000): “ Desertification indicators for the European Mediterranean region. State of the art and possible methodological approaches ”. ANPA, Roma. pp. 261.