Corte di Giustizia (Grande Sezione) 28 febbraio 2012
«Tutela dell’ambiente – Direttiva 2001/42/CE – Articoli 2 e 3 – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole – Piano o programma – Omessa valutazione ambientale preventiva – Annullamento di un piano o programma – Possibilità di mantenere gli effetti del piano o programma – Presupposti»
«Tutela dell’ambiente – Direttiva 2001/42/CE – Articoli 2 e 3 – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole – Piano o programma – Omessa valutazione ambientale preventiva – Annullamento di un piano o programma – Possibilità di mantenere gli effetti del piano o programma – Presupposti» Nella causa C‑41/11, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Belgio), con decisione del 18 gennaio 2011, pervenuta in cancelleria il 26 gennaio 2011, nel procedimento Inter‑Environnement Wallonie ASBL, Terre wallonne ASBL contro Région wallonne, LA CORTE (Grande Sezione), composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, E. Levits, A. Ó Caoimh, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, dalla sig.ra C. Toader (relatore) e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici, avvocato generale: sig.ra J. Kokott cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 novembre 2011, considerate le osservazioni presentate: – per la Inter‑Environnement Wallonie ASBL, da J. Sambon, avocat; – per la Terre wallonne ASBL, da A. Lebrun, avocat; – per il governo belga, da T. Materne, in qualità di agente, assistito da A. Gillain, avocat; – per il governo francese, da G. de Bergues, A. Adam e S. Menez, in qualità di agenti; – per la Commissione europea, da P. Oliver, A. Marghelis e B. D. Simon, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 dicembre 2011, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulle circostanze in cui un «piano» o «programma» ai sensi della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197, pag. 30), che non sia stato oggetto di una valutazione ambientale quale, tuttavia, prevista da detta direttiva, può essere mantenuto provvisoriamente in vigore. 2 Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di controversie che vedono contrapposte la Inter‑Environnement Wallonie ASBL (in prosieguo: la «Inter‑Environnement Wallonie») e la Terre wallonne ASBL (in prosieguo: la «Terre wallonne») alla Région wallonne (Regione vallona) in merito all’annullamento del decreto del governo vallone, del 15 febbraio 2007, che modifica il libro II del codice dell’ambiente, costituente il codice dell’acqua, nella parte relativa alla gestione sostenibile dell’azoto in agricoltura (Moniteur belge del 7 marzo 2007, pag. 11118; in prosieguo: il «decreto impugnato»). Il contesto normativo Il diritto dell’Unione La direttiva 91/676/CEE 3 L’articolo 1 della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque d[a]ll’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375, pag. 1), enuncia che essa mira a ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola e a prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo. 4 L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva dispone quanto segue: «1. Le acque inquinate e quelle che potrebbero essere inquinate se non si interviene ai sensi dell’articolo 5 sono individuate dagli Stati membri conformemente ai criteri di cui all’allegato I. 2. Entro un periodo di due anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, gli Stati membri designano come zone vulnerabili tutte le zone note del loro territorio che scaricano nelle acque individuate in conformità del paragrafo 1 e che concorrono all’inquinamento. Essi notificano tale prima designazione alla Commissione entro sei mesi». 5 Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della citata direttiva, «[a]l fine di stabilire un livello generale di protezione dall’inquinamento per tutti i tipi di acque, gli Stati membri provvedono, entro due anni dalla notifica della presente direttiva, (...) a fissare un codice o più codici di buona pratica agricola applicabili a discrezione degli agricoltori, il quale includa disposizioni pertinenti per lo meno agli elementi contemplati nell’allegato II [sezione A]». 6 A termini dell’articolo 5 della medesima direttiva: «1. (...) gli Stati membri, per il conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 1, fissano programmi d’azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate. 2. Un programma d’azione può riguardare tutte le zone vulnerabili nel territorio di uno Stato membro oppure, se lo Stato membro lo giudica opportuno, si possono fissare programmi diversi per diverse zone vulnerabili o parti di zone. 3. I programmi d’azione tengono conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine; b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi. 4. I programmi d’azione sono attuati entro quattro anni dalla loro fissazione e comprendono le misure vincolanti seguenti: a) le misure di cui all’allegato III; b) le misure che gli Stati membri hanno prescritto nel codice o nei codici di buona pratica agricola fissati ai sensi dell’articolo 4, a meno che non siano state sostituite da quelle di cui all’allegato III. 5. Nel quadro dei programmi d’azione gli Stati membri prendono inoltre le misure aggiuntive o azioni rafforzate che essi ritengono necessarie se, dall’inizio o alla luce dell’esperienza tratta dall’attuazione dei programmi d’azione, risulta evidente che le misure di cui al paragrafo 4 non sono sufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 1. Ai fini della scelta di dette misure o azioni, gli Stati membri tengono conto della loro efficacia e dei loro costi in relazione ad altre misure possibili di prevenzione. (…)». 7 L’allegato III della direttiva 91/676, relativo alle «[m]isure da inserire nei programmi d’azione conformemente all’articolo 5, paragrafo 4, punto a)», prevede, in particolare, che tali misure comprendano norme concernenti, inter alia, la capacità dei depositi per effluenti di allevamento. La direttiva 2001/42 8 L’articolo 2 della direttiva 2001/42 così dispone: «Ai fini della presente direttiva: a) per “piani e programmi” s’intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche: – che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e – che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative; b) per “valutazione ambientale” s’intende l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli da 4 a 9; (…)». 9 A termini dell’articolo 3 di detta direttiva: «1. I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi: a) che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE [del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997 (GU L 73, pag. 5; in prosieguo: la «direttiva 85/337»)], o b) per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE [del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7)]. (…) 4. Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull’ambiente. 5. Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all’allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull’ambiente rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva. (...)». La direttiva 85/337 10 Conformemente all’articolo 4 della direttiva 85/337, i progetti elencati nell’allegato I della stessa sono sottoposti a una valutazione del loro impatto ambientale, mentre quelli elencati nell’allegato II sono sì valutati, ma secondo soglie fissate dagli Stati membri o mediante un esame caso per caso. 11 L’allegato I della direttiva 85/337 elenca, in particolare, gli «[i]mpianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di (...) 85 000 posti per polli da ingrasso, 60 000 posti per galline; (...) 3 000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o (...) 900 posti per scrofe», mentre l’allegato II della medesima direttiva menziona, da parte sua, le attività di agricoltura, di selvicoltura e di acquicoltura, segnatamente i progetti volti a destinare terre incolte o estensioni seminaturali alla coltivazione agricola intensiva nonché i progetti di installazione di impianti di allevamento intensivo non contemplati, peraltro, nell’allegato I della stessa direttiva. Il diritto nazionale La normativa di trasposizione della direttiva 2001/42 12 La direttiva 2001/42 è stata trasposta nell’ordinamento della Regione vallona dagli articoli D. 52 e seguenti del libro I del codice dell’ambiente (Moniteur belge del 9 luglio 2004, pag. 54654). 13 L’articolo D. 53 di detto codice così dispone: «1. Una valutazione dell’impatto ambientale di piani e programmi sull’ambiente viene effettuata, conformemente agli articoli 52-61, per i piani e programmi e relative modifiche il cui elenco I è stabilito dal Governo, i quali: 1. sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, (...), industriale, (...), della gestione delle acque, dei suoli, (...) e definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti indicati nell’elenco redatto ai sensi dell’articolo 66, [paragrafo] 2; 2. sono sottoposti ad una valutazione ai sensi dell’articolo 29 della legge del 12 luglio 1973 sulla conservazione della natura. (…) 3. Il Governo può sottoporre a valutazione di impatto ambientale, ai sensi del presente capo, i piani o programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente e che non sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative. (…)». 14 L’articolo R. 47 del medesimo codice così prevede: «L’elenco dei piani e programmi di cui all’articolo 53, paragrafo [1], del decreto è fissato nell’allegato V». 15 Detto allegato V, stabilito con decreto del governo vallone del 17 marzo 2005, relativo al libro I del codice dell’ambiente (Moniteur belge del 4 maggio 2005, pag. 21184), contiene, in particolare, il programma d’azione per la qualità dell’aria, il programma d’azione per la qualità dei suoli e il programma d’azione per la protezione della natura. Tale allegato non contiene, invece, il programma d’azione per la gestione dell’azoto in agricoltura nelle zone vulnerabili, il quale è stato introdotto inizialmente nel diritto della Regione vallona con un decreto del 10 ottobre 2002. La normativa correlata alla direttiva 91/676 16 Per quanto riguarda specificamente quest’ultimo programma d’azione, le disposizioni pertinenti del diritto della Regione vallona figuravano nel decreto impugnato. Tale decreto stabilisce le condizioni applicabili alla gestione dell’azoto in agricoltura sull’intero territorio della Regione vallona. Esso tratta inoltre della gestione dell’azoto nelle zone vulnerabili, costituendo al riguardo il programma d’azione prescritto dall’articolo 5 della direttiva 91/676. Le zone vulnerabili rappresentano il 42% del territorio di detta regione e il 54% della sua superficie agricola utile. La normativa applicabile al contenzioso dinanzi al Conseil d’État 17 L’articolo 14 ter delle leggi coordinate sul Conseil d’État recita: «Ove lo ritenga necessario, la Sezione del contenzioso amministrativo indica, con disposizione di carattere generale, quali effetti delle disposizioni di atti regolamentari annullati debbano essere considerati definitivi o mantenuti provvisoriamente per il tempo che essa determina». Il procedimento principale e il rinvio pregiudiziale nelle cause riunite C‑105/09 e C‑110/09 18 Con sentenza del 22 settembre 2005, Commissione/Belgio (C‑221/03, Racc. pag. I‑8307), la Corte ha constatato, in particolare, che, non avendo adottato, entro il termine impartito, le misure necessarie per dare completa e corretta attuazione agli articoli 3, paragrafi 1 e 2, nonché 5 e 10 della direttiva 91/676 nella Regione vallona, il Regno del Belgio era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza di detta direttiva. 19 Nel contesto dell’esecuzione di detta sentenza il governo vallone ha adottato, in applicazione dell’articolo 5 della direttiva 91/676, il decreto impugnato. Quest’ultimo modifica il libro II del codice dell’ambiente, libro costituente il codice dell’acqua, nella parte relativa alla gestione sostenibile dell’azoto in agricoltura, e contiene un riferimento esplicito alla precitata sentenza Commissione/Belgio. 20 La Terre wallonne e la Inter‑Environnement Wallonie hanno chiesto al Conseil d’État l’annullamento di detto decreto allegando, in particolare, che esso costituiva un «programma» ai sensi della direttiva 2001/42 e che, pertanto, avrebbe dovuto essere oggetto, a tal titolo, di una valutazione ambientale conformemente a detta direttiva. Il governo vallone sosteneva, al contrario, che il programma di gestione dell’azoto in agricoltura non rientrava nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/42. 21 La Terre wallonne aveva peraltro chiesto in via cautelare la sospensione del decreto impugnato. Tuttavia, con sentenza del 7 agosto 2007, il giudice remittente ha respinto la domanda di provvedimento cautelare considerando che «la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato avrebbe [avuto] l’effetto di prolungare la carenza della controparte, anteriore a tale atto», e che, inoltre, detta associazione non aveva dimostrato che, nei suoi confronti, fosse soddisfatta la condizione relativa al rischio di pregiudizio grave e difficilmente riparabile causato dall’esecuzione immediata dell’atto impugnato. 22 In tale contesto, il Conseil d’État, con decisioni dell’11 marzo 2009, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se il programma di gestione dell’azoto relativo alle zone vulnerabili designate prescritto dall’articolo 5, paragrafo 1, della [direttiva 91/676] costituisca un piano o un programma ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della [direttiva 2001/42], elaborato per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e se esso definisca il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della [direttiva 85/337]. 2) Se il programma di gestione dell’azoto relativo alle zone vulnerabili designate prescritto dall’articolo 5, paragrafo 1, della [direttiva 91/676] costituisca un piano o un programma ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della [direttiva 2001/42], per il quale, considerato il suo possibile impatto su taluni siti, sia obbligatoria una valutazione ai sensi degli articoli 6 [e] 7 della [direttiva 92/43], in particolare quando il programma di gestione dell’azoto di cui trattasi si applichi a tutte le zone vulnerabili designate della Regione vallona. 3) Se il programma di gestione dell’azoto relativo alle zone vulnerabili designate prescritto dall’articolo 5, paragrafo 1, della [direttiva 91/676] costituisca un piano o un programma, [diverso] da quelli di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della [direttiva 2001/42], che [definisce] il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, per [il quale] gli Stati membri devono determinare, in virtù dell’articolo 3, paragrafo 4, [della direttiva 2001/42], se [possa] avere effetti significativi sull’ambiente, conformemente [all’articolo 3, paragrafo 5, di tale direttiva]». 23 Tali domande di pronuncia pregiudiziale hanno dato luogo alla sentenza del 17 giugno 2010, Terre wallonne e Inter‑Environnement Wallonie, (C‑105/09 e C‑110/09, Racc. pag. I‑5611), in cui la Corte ha così statuito: «Un programma d’azione adottato in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva [91/676] è, in linea di principio, un piano o un programma ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva [2001/42], in quanto costituisce un “piano” o un “programma” ai sensi dell’articolo 2, lettera a), di quest’ultima direttiva e include misure il cui rispetto condiziona il rilascio dell’autorizzazione che può essere accordata per la realizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva [85/337]». Gli sviluppi intervenuti nel procedimento principale e la questione pregiudiziale sollevata nella presente controversia 24 Con la sentenza dell’11 marzo 2009, con la quale aveva sottoposto alla Corte questioni pregiudiziali nella causa Inter‑Environnement Wallonie (C‑110/09), il Conseil d’État aveva altresì annullato determinati articoli del decreto impugnato, mantenendo tuttavia, per taluni di essi, i loro effetti quanto alle deroghe accordate nonché gli effetti relativi alle decisioni adottate anteriormente. Di conseguenza, il procedimento principale verte oramai essenzialmente sui ricorsi proposti dalla Inter‑Environnement Wallonie e dalla Terre wallonne nella parte in cui sono diretti all’annullamento della sottosezione 6 della sezione 3 del decreto impugnato, relativa alla «gestione dell’azoto in zona vulnerabile». 25 Risulta, al riguardo, dalla decisione di rinvio che la Inter‑Environnement Wallonie metteva in discussione la legittimità del decreto impugnato solo quanto alle zone vulnerabili, le quali sono oggetto della sottosezione 6 della sezione 3 di detto decreto. Tuttavia, considerando che detto decreto, costituente un capo del codice dell’acqua, comprende un insieme di disposizioni inscindibili, essa concludeva per l’annullamento di tutte le sue disposizioni, incluse quelle che eventualmente non rientravano in un «programma», o non costituivano un «programma», ai sensi della direttiva 2001/42. Anche la Terre Wallonne si è dichiarata favorevole all’annullamento integrale del decreto impugnato in ragione dell’inscindibilità delle disposizioni che esso comprende. Nondimeno, dinanzi al giudice del rinvio, detta ricorrente ha ammesso che l’annullamento poteva essere disposto senza effetto retroattivo, purché il mantenimento degli effetti dell’atto impugnato fosse limitato nel tempo. 26 Dal canto suo, la Regione vallona considera che la maggior parte delle disposizioni contenute nel decreto impugnato non rientra nella nozione di programma adottato ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/676, e, di conseguenza, nella nozione di «programma» ai sensi della direttiva 2001/42, segnatamente perché dette disposizioni non definirebbero l’attuazione di progetti quali sono enumerati negli allegati I e II della direttiva 85/337. Invero, secondo la convenuta nel procedimento principale, solo la sottosezione 6 della sezione 3 del decreto impugnato, in quanto concerne la gestione dell’azoto in zona vulnerabile, potrebbe rientrare nella nozione di programma d’azione prescritto dall’articolo 5 della direttiva 91/676 e, di conseguenza, di «programma» ai sensi della direttiva 2001/42. Ne risulterebbe che, in ragione dell’assenza di valutazione ambientale realizzata conformemente ai dettami della direttiva 2001/42, solo detta sottosezione dovrebbe essere annullata, atteso che, secondo la Regione vallona, quest’ultima può essere scissa dalle altre disposizioni del decreto impugnato che costituiscono il nucleo delle misure di trasposizione della direttiva 91/676. 27 A seguito della succitata sentenza Terre wallonne e Inter‑Environnement Wallonie, il Conseil d’État ha considerato che il decreto impugnato costituiva un «piano» o «programma» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42. Conseguentemente, siccome, da un lato, detto decreto non era stato oggetto, prima della sua adozione, di una valutazione ambientale quale prevista da detta direttiva e, dall’altro, la Corte non ha limitato nel tempo gli effetti della sua succitata sentenza Terre wallonne e Inter‑Environnement Wallonie, detto decreto dovrebbe essere annullato. 28 Tuttavia, il giudice remittente rileva che l’annullamento con effetto retroattivo del decreto impugnato priverebbe, nella Regione vallona, l’ordinamento giuridico belga di qualunque misura di trasposizione della direttiva 91/676 fino a rifacimento dell’atto annullato e creerebbe, così, una situazione di inadempimento, da parte del Regno del Belgio, degli obblighi ad esso incombenti in forza di quest’ultima direttiva. 29 Il Conseil d’État ha perciò deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se il Conseil d’État, – adito con ricorso di annullamento del decreto [impugnato], – pur constatando che detto decreto è stato adottato senza rispettare la procedura prescritta dalla direttiva [2001/42] e che, pertanto, è contrario al diritto dell’Unione europea e deve essere annullato, – ma nel constatare, al contempo, che il decreto impugnato rappresenta un’adeguata attuazione della direttiva [91/676], [p]ossa differire nel tempo gli effetti dell’annullamento giurisdizionale per un breve periodo, necessario per il rifacimento dell’atto annullato, al fine di assicurare al diritto dell’Unione in materia di ambiente una qualche concreta attuazione senza soluzione di continuità». Gli sviluppi intervenuti dopo che è stata proposta la domanda di pronuncia pregiudiziale 30 Risulta dalle informazioni fornite nelle loro osservazioni scritte dalla Terre wallonne, dal governo belga e dalla Commissione, informazioni confermate dal giudice remittente, che, in data 31 marzo 2011, il governo vallone ha adottato un decreto che modifica il libro II del codice dell’ambiente, libro costituente il codice dell’acqua, nella parte relativa alla gestione sostenibile dell’azoto in agricoltura (in prosieguo: il «nuovo decreto»). 31 Risulta dai considerando di detto decreto che esso è stato adottato sul fondamento, in particolare, della parte V del libro I del codice dell’ambiente, relativa alla valutazione degli effetti sull’ambiente, e a seguito, da un lato, di un parere sul rapporto di valutazione strategica ambientale reso il 5 marzo 2009 dal Conseil wallon de l’environnement pour le développement durable (Consiglio vallone dell’ambiente per lo sviluppo sostenibile) e, dall’altro, di un’indagine pubblica che è stata condotta dal 5 gennaio al 19 febbraio 2009 incluso. 32 L’articolo 1 del nuovo decreto enuncia che quest’ultimo traspone la direttiva 91/676, mentre l’articolo 4 dispone che il decreto impugnato è abrogato. Per contro, l’articolo 8 di tale nuovo decreto stabilisce che i decreti di esecuzione del decreto impugnato restano in vigore fino ad abrogazione da parte del loro autore. Inoltre, l’articolo 3 di detto decreto prevede la sostituzione del contenuto dell’articolo R. 460 del codice dell’ambiente, relativo al codice dell’acqua, con un testo che dispone la messa in conformità di talune infrastrutture agricole, in particolare per quanto riguarda il deposito dello stallatico solido, degli effluenti di volatili in azienda, dei liquami e del purino. Le date entro le quali devono intervenire tali adeguamenti sono il 31 dicembre 2008, il 31 dicembre 2009 ovvero il 31 dicembre 2010, vale a dire date anteriori a quella di adozione del nuovo decreto, e sono determinate in funzione principalmente di talune soglie di produzione di azoto, in particolare da parte del bestiame. Dette scadenze possono, tuttavia, essere prorogate in caso di forza maggiore o di circostanze eccezionali. Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale 33 La Commissione fa valere, in via principale, che, tenuto conto dell’adozione del nuovo decreto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è divenuta priva di oggetto e, pertanto, deve essere considerata irricevibile. 34 In risposta a un quesito formulato dalla Corte, il Conseil d’État ha tuttavia comunicato di mantenere la propria questione pregiudiziale poiché il nuovo decreto non influiva sul ricorso di cui è investito, in quanto esso, non avendo, secondo detto giudice, effetti retroattivi, non si applicherebbe al periodo considerato da detto ricorso. 35 Secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., da ultimo, sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, C‑188/10 e C‑189/10, Racc. pag. I‑5667, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). 36 Peraltro, conformemente a una giurisprudenza costante, spetta ai giudici nazionali cui è stata sottoposta la controversia valutare sia la necessità di una decisione pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopongono alla Corte (sentenza del 24 giugno 2008, Commune de Mesquer, C‑188/07, Racc. pag. I‑4501, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). 37 Orbene, a tale riguardo, risulta dalle indicazioni fornite dal giudice remittente che la questione sollevata è pertinente ai fini della controversia di cui è investito e che una risposta a detta questione gli è necessaria per dirimere tale controversia. 38 Alla luce di ciò, deve essere data risposta alla questione sollevata dal Conseil d’État. Sulla questione pregiudiziale 39 Con la sua questione e tenuto conto degli sviluppi intervenuti nel procedimento principale, il giudice remittente domanda, in sostanza, se, in circostanze come quelle di specie, in cui esso è investito di un ricorso diretto all’annullamento di un atto nazionale costituente un «piano» o «programma» ai sensi della direttiva 2001/42 e in cui constata che tale piano o programma è stato adottato in violazione dell’obbligo stabilito da detta direttiva di procedere a una valutazione ambientale preventiva, tale giudice, il quale constata tuttavia che l’atto impugnato costituisce un’adeguata attuazione della direttiva 91/676, possa applicare una disposizione del proprio diritto nazionale che gli consentirebbe di mantenere determinati effetti pregressi di detto atto fino alla data in cui sono entrate in vigore misure volte a porre rimedio all’irregolarità rilevata. 40 In limine, occorre ricordare che l’obiettivo essenziale perseguito dalla direttiva 2001/42, come emerge dall’articolo 1 della stessa, consiste nel sottoporre a valutazione ambientale, durante la loro elaborazione e prima della loro adozione, i piani e i programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente (sentenze Terre wallonne e Inter‑Environnement Wallonie, cit., punto 32, e del 22 settembre 2011, Valčiukienė e a., C‑295/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 37). 41 Detta direttiva stabilisce norme minime per l’elaborazione del rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione dei risultati della valutazione ambientale nonché la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione adottata a seguito della valutazione (sentenza Terre wallonne e Inter‑Environnement Wallonie, cit., punto 33). 42 Mancando, in tale direttiva, disposizioni relative alle conseguenze da trarre da una violazione delle disposizioni procedurali che essa sancisce, spetta agli Stati membri, nell’ambito delle loro attribuzioni, adottare tutti i provvedimenti necessari, generali o particolari, affinché tutti i «piani» o «programmi» idonei a produrre «effetti significativi sull’ambiente» ai sensi della direttiva 2001/42 siano sottoposti, prima della loro adozione, a una valutazione ambientale, conformemente alle modalità procedurali e ai criteri previsti da detta direttiva (v., per analogia, sentenze del 24 ottobre 1996, Kraaijeveld e a., C‑72/95, Racc. pag. I‑5403, punto 61; del 16 settembre 1999, WWF e a., C‑435/97, Racc. pag. I‑5613, punto 70, nonché del 7 gennaio 2004, Wells, C‑201/02, Racc. pag. I‑723, punto 65). 43 Emerge, infatti, da una costante giurisprudenza che, in virtù del principio di leale collaborazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli Stati membri sono tenuti a cancellare le conseguenze illecite di una violazione del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 16 dicembre 1960, Humblet/Stato belga, 6/60, Racc. pag. 1093, in particolare pag. 1113, e del 19 novembre 1991, Francovich e a., C‑6/90 e C‑9/90, Racc. pag. I‑5357, punto 36). Un obbligo di questo tipo spetta, nell’ambito delle sue competenze, a ciascun organo dello Stato membro interessato (sentenze del 12 giugno 1990, Germania/Commissione, C‑8/88, Racc. pag. I‑2321, punto 13, nonché Wells, cit., punto 64 e giurisprudenza ivi citata). 44 Ne risulta che, quando un «piano» o «programma» avrebbe dovuto, prima della sua adozione, essere sottoposto a valutazione dei suoi effetti sull’ambiente conformemente ai dettami della direttiva 2001/42, le autorità competenti hanno l’obbligo di adottare tutti i provvedimenti, generali o particolari, atti a rimediare all’omissione di una tale valutazione (v., per analogia, sentenza Wells, cit., punto 68). 45 Un tale obbligo incombe altresì ai giudici nazionali investiti di un ricorso contro un atto nazionale siffatto e, al riguardo, occorre ricordare che le modalità procedurali applicabili a ricorsi di questo genere, esperibili contro tali «piani» o «programmi», rientrano nell’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro in forza del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, purché, tuttavia, esse non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v. sentenza Wells, cit., punto 67 e giurisprudenza ivi citata). 46 Di conseguenza, i giudici aditi a tale riguardo devono prendere, sul fondamento del proprio diritto nazionale, provvedimenti diretti alla sospensione o all’annullamento del «piano» o «programma» adottato in violazione dell’obbligo di procedere a una valutazione ambientale (v., per analogia, sentenza Wells, cit., punto 65). 47 Infatti, l’obiettivo fondamentale della direttiva 2001/42 sarebbe disatteso se, aditi al riguardo, i giudici nazionali non adottassero, nel contesto di simili ricorsi e nei limiti dell’autonomia procedurale, le misure, previste dal proprio diritto nazionale, idonee a impedire che un piano o programma siffatto, compresi i progetti da sviluppare nell’ambito di tale programma, possa essere messo in atto senza una valutazione ambientale. 48 Nel procedimento principale, è pacifico che il giudice remittente è investito di un ricorso di tale natura. Occorre tuttavia stabilire se, nell’ambito di un tale ricorso e pur annullando il decreto impugnato, esso possa, in via eccezionale e tenuto conto delle peculiari circostanze di specie, applicare una disposizione nazionale che gli consentirebbe di mantenere gli effetti pregressi di detto decreto fino alla data di entrata in vigore delle misure in grado di rimediare all’irregolarità constatata. 49 Secondo il giudice remittente, il mantenimento degli effetti del decreto impugnato, adottato in violazione delle prescrizioni enunciate nella direttiva 2001/42, da un lato, può giustificarsi in quanto l’annullamento di tale decreto con effetto retroattivo priverebbe l’ordinamento giuridico belga di qualunque misura diretta alla trasposizione, nella Regione vallona, della direttiva 91/676. Dall’altro lato, tale mantenimento sarebbe relativamente limitato nel tempo, poiché varrebbe solo fino alla data di entrata in vigore del nuovo decreto. 50 Peraltro, il giudice remittente considera che, pur senza essere stabilita con certezza, la conformità del decreto impugnato con la direttiva 91/676 sembra risultare, in particolare, dalla decisione 2008/96/CE della Commissione, del 20 dicembre 2007, relativa alla concessione di una deroga richiesta dal Belgio per la Vallonia a norma della direttiva [91/676] (GU 2008, L 32, pag. 21). La Commissione, infatti, al fine di autorizzare detto Stato membro a permettere l’applicazione di una quantità di effluenti di allevamento maggiore di quella indicata nell’allegato III, punto 2, secondo comma, prima frase, lettera a), della direttiva 91/676, aveva proceduto a un esame di detto decreto, il quale è menzionato al sesto considerando e all’articolo 10 di detta decisione, senza formulare obiezioni sul modo in cui quest’ultima direttiva era stata trasposta nella Regione vallona dal decreto impugnato, né sul fatto che il programma di azione concernente i nitrati in zone vulnerabili, quale prescritto dall’articolo 5 di detta direttiva e costituito dalla sottosezione 6 della sezione 3 del decreto impugnato, non era stato adottato a seguito di una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42. 51 Il giudice remittente considera pure che il decreto impugnato, nella parte relativa alle zone vulnerabili, costituisce un «programma» ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2001/42, dato che è previsto dall’articolo 5 della direttiva 91/676 e che è stato elaborato da un’autorità a livello nazionale o regionale. 52 Peraltro, benché la Corte si sia pronunciata, nella citata sentenza Terre Wallonne e Inter‑Environnement Wallonie, solo riguardo ai programmi di azione prescritti dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/676, come quello costituito dalla sottosezione 6 della sezione 3 del decreto impugnato, il giudice remittente tende a considerare che, siccome il decreto impugnato impone in ogni zona, comprese le zone vulnerabili, misure e azioni del tipo di quelle enumerate all’articolo 5 e all’allegato III della direttiva 91/676 e destinate a contrastare l’inquinamento da nitrati, detto decreto costituisca nel suo insieme un quadro di riferimento per l’autorizzazione di progetti indicati negli allegati I e II della direttiva 85/337, cosicché dovrebbe essere considerato un «piano» o «programma» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42 per il quale una valutazione ambientale è obbligatoria e non dipende dalla previa constatazione di effetti significativi sull’ambiente. 53 Il medesimo giudice constata, inoltre, che il decreto impugnato costituisce un sistema organizzato e inscindibile, di modo che esso non sarebbe in condizione di annullare unicamente la parte di tale decreto relativa all’impiego dell’azoto in zone vulnerabili, ovvero la sottosezione 6 della sua sezione 3. 54 Così, il Conseil d’État indica che, in circostanze come quelle di specie, esso è tenuto ad annullare il decreto impugnato, in quanto quest’ultimo, anche se è stato oggetto di un’indagine pubblica alla quale hanno partecipato le ricorrenti nel procedimento principale e queste non sono state in grado di provare che la Regione vallona non abbia tenuto conto delle osservazioni da loro presentate nel corso di detta indagine, non è stato tuttavia oggetto di una valutazione ambientale quale prescritta dalla direttiva 2001/42. Se facesse così, però, esso creerebbe un vuoto giuridico quanto all’attuazione della direttiva 91/676, nonostante che tale direttiva, la quale è stata adottata al fine di migliorare la qualità dell’ambiente, imponga l’esistenza, nell’ordinamento nazionale, di misure di trasposizione e che, peraltro, detto decreto sia stato adottato per garantire l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Belgio. 55 Orbene, secondo detto giudice, non sarebbe escluso che l’obiettivo di un livello di protezione elevato dell’ambiente, il quale, conformemente all’articolo 191 TFUE, è perseguito dalla politica dell’Unione europea in tale settore, sia meglio conseguito, nel procedimento principale, per mezzo del mantenimento degli effetti del decreto annullato per un breve periodo, necessario al suo rifacimento, piuttosto che con un annullamento retroattivo. 56 Tenuto conto delle particolarità della presente controversia quali esposte ai punti 50‑55 di questa sentenza, sussiste il rischio che, nel rimediare per mezzo dell’annullamento del decreto impugnato all’irregolarità che inficia la procedura di adozione dello stesso con riferimento alla direttiva 2001/42, il giudice remittente finisca con il creare un vuoto giuridico incompatibile con l’obbligo, per lo Stato membro interessato, di adottare le misure di trasposizione della direttiva 91/676 così come le misure che per tale Stato comportava l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Belgio. 57 A tale proposito, si deve constatare che il giudice remittente non invoca motivi di natura economica al fine di essere autorizzato a procedere a un tale mantenimento degli effetti del decreto impugnato, ma si riferisce unicamente all’obiettivo di tutela dell’ambiente, che costituisce uno degli obiettivi essenziali dell’Unione e riveste carattere tanto trasversale quanto fondamentale (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, C‑176/03, Racc. pag. I‑7879, punti 41 e 42). 58 In considerazione di tale obiettivo, il giudice remittente potrà, tenuto conto dell’esistenza di un’esigenza imperativa legata alla protezione dell’ambiente, essere eccezionalmente autorizzato ad applicare la disposizione nazionale che gli consente di mantenere determinati effetti di un atto nazionale annullato, purché siano rispettate le condizioni elencate qui di seguito. 59 In primo luogo, il decreto impugnato deve costituire una misura di trasposizione corretta della direttiva 91/676. 60 In secondo luogo, il giudice remittente deve valutare se l’adozione e l’entrata in vigore del nuovo decreto, che prevede, segnatamente al suo articolo 8, il mantenimento di taluni atti adottati sul fondamento del decreto impugnato, non consentano di evitare gli effetti pregiudizievoli per l’ambiente che discendono dall’annullamento del decreto impugnato. 61 In terzo luogo, in seguito all’annullamento del decreto impugnato deve venire a crearsi, cosa che spetta alla giurisdizione remittente verificare, un vuoto giuridico, quanto alla trasposizione della direttiva 91/676, che sarebbe ancor più nocivo per l’ambiente. È quanto avverrebbe se un tale annullamento dovesse tradursi in una minor protezione delle acque contro l’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole, dato che ciò sarebbe addirittura contrario all’obiettivo essenziale di detta direttiva, che è quello di prevenire un simile inquinamento. 62 Infine, in quarto luogo, il mantenimento eccezionale degli effetti di un tale atto nazionale potrebbe essere giustificato solo per il lasso di tempo strettamente necessario all’adozione delle misure in grado di rimediare all’irregolarità constatata. 63 Tutto ciò considerato, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che, quando un giudice nazionale è investito, sul fondamento del proprio diritto nazionale, di un ricorso diretto all’annullamento di un atto nazionale costituente un «piano» o «programma» ai sensi della direttiva 2001/42 e constata che un tale «piano» o «programma» è stato adottato in violazione dell’obbligo stabilito da detta direttiva di procedere a una valutazione ambientale preventiva, detto giudice è tenuto ad adottare tutti i provvedimenti, generali o particolari, previsti dal proprio diritto nazionale al fine di rimediare all’omissione di una tale valutazione, ivi compresi l’eventuale sospensione o l’eventuale annullamento del «piano» o «programma» impugnato. Tuttavia, tenuto conto delle specifiche circostanze del procedimento principale, il giudice remittente potrà eccezionalmente essere autorizzato ad applicare la disposizione nazionale che gli consente di mantenere determinati effetti di un atto nazionale annullato, a condizione che: – tale atto nazionale costituisca una misura di trasposizione corretta della direttiva 91/676; – l’adozione e l’entrata in vigore del nuovo atto nazionale che contiene il programma di azione ai sensi dell’articolo 5 di detta direttiva non consentano di evitare gli effetti pregiudizievoli per l’ambiente che discendono dall’annullamento dell’atto impugnato; – a seguito dell’annullamento di detto atto impugnato venga a crearsi, quanto alla trasposizione della direttiva 91/676, un vuoto giuridico che sarebbe ancor più nocivo per l’ambiente, nel senso che tale annullamento si tradurrebbe in una minor protezione delle acque contro l’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole, risultando, così, in contrasto addirittura con l’obiettivo essenziale di detta direttiva, e – il mantenimento eccezionale degli effetti di un tale atto valga solo per il lasso di tempo strettamente necessario all’adozione delle misure in grado di rimediare all’irregolarità constatata. Sulle spese 64 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: Quando un giudice nazionale è investito, sul fondamento del proprio diritto nazionale, di un ricorso diretto all’annullamento di un atto nazionale costituente un «piano» o «programma» ai sensi della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, e constata che un tale «piano» o «programma» è stato adottato in violazione dell’obbligo stabilito da detta direttiva di procedere a una valutazione ambientale preventiva, detto giudice è tenuto ad adottare tutti i provvedimenti, generali o particolari, previsti dal proprio diritto nazionale al fine di rimediare all’omissione di una tale valutazione, ivi compresi l’eventuale sospensione o l’eventuale annullamento del «piano» o «programma» impugnato. Tuttavia, tenuto conto delle specifiche circostanze del procedimento principale, il giudice remittente potrà eccezionalmente essere autorizzato ad applicare la disposizione nazionale che gli consente di mantenere determinati effetti di un atto nazionale annullato, a condizione che: – tale atto nazionale costituisca una misura di trasposizione corretta della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque d[a]ll’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole; – l’adozione e l’entrata in vigore del nuovo atto nazionale che contiene il programma di azione ai sensi dell’articolo 5 di detta direttiva non consentano di evitare gli effetti pregiudizievoli per l’ambiente che discendono dall’annullamento dell’atto impugnato; – a seguito dell’annullamento di detto atto impugnato venga a crearsi, quanto alla trasposizione della direttiva 91/676, un vuoto giuridico che sarebbe ancor più nocivo per l’ambiente, nel senso che tale annullamento si tradurrebbe in una minor protezione delle acque contro l’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole, risultando, così, in contrasto addirittura con l’obiettivo essenziale di detta direttiva, e – il mantenimento eccezionale degli effetti di un tale atto valga solo per il lasso di tempo strettamente necessario all’adozione delle misure in grado di rimediare all’irregolarità constatata. Firme