Cass. Sez. III n. 43530 del 24 ottobre 2019 (Ud 28 mar 2019)
Pres. Aceto Est. Macri Ric. Carnevale
Urbanistica.Ristrutturazione edilizia e modifiche volumetriche
In materia edilizia, le "modifiche volumetriche" previste dall'art. 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 per le attività di ristrutturazione edilizia (assentibili, a scelta dell'interessato, o con permesso di costruire o con DIA) devono consistere in diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ovvero in incrementi volumetrici modesti, tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria, perché altrimenti verrebbe meno la linea di distinzione tra la ristrutturazione edilizia e la nuova costruzione
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 27.10.2017 la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza in data 4.3.2016 del Tribunale di Cassino che aveva condannato alle pene di legge, nonché alla demolizione delle opere edili, Luigi Abatecola ed Antonella Carnevale per i seguenti reati: a) art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, per aver realizzato, in difformità della DIA, la sostituzione degli elementi portanti della copertura e l’innalzamento di una quota interna del fabbricato; b) art. 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001, per aver commesso il fatto del capo a) in zona sottoposta a vincolo sismico, senza avviso al Sindaco, all’Ufficio tecnico regionale ed allo SDAR competente e senza le prescritte autorizzazioni per l’inizio dei lavori; c) art. 181 d.lgs. n. 42/2004, per aver eseguito le opere del capo a), in assenza dell’autorizzazione prescritta, in Pico, il 28.12.2012.
2. Con il primo motivo di ricorso gli imputati deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per omessa pronuncia sul motivo d’appello relativo all’applicazione dell’art. 11 delle norme del Piano territoriale paesistico regionale della Regione Lazio. Precisano che gli interventi edilizi realizzati, seppur difformi dalla DIA iniziale, non avevano comportato alcuna modifica dello stato dei luoghi. Inoltre, essi non avevano chiesto l’autorizzazione paesaggistica perché non avevano effettuato modifiche dello stato dei luoghi e non v’erano cambiamenti sostanziali che l’imponevano. I testi avevano confermato che l’aspetto dell’edificio non era variato, perché la linea di colmo, le altezze e la linea di gronda erano rimaste immutate. L’intervento era rispettoso del piano territoriale. Inoltre, ai sensi dell’art. 11, comma 3, lett. a) delle norme tecniche del piano non era richiesta l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo non alteranti lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici. Ai sensi del successivo comma 4 non erano soggetti ad autorizzazione paesaggistica né gli interventi di trasformazione interna agli edifici e manufatti esistenti né la modifica della destinazione d’uso con o senza opere, quando non comportanti modifiche allo stato dei luoghi ed all’aspetto esteriore degli edifici. Ritiene che il Giudice avesse errato nell’applicazione dell’art. 32, comma 3, d.P.R. n. 380/2001, secondo cui, per tutti gli interventi edilizi realizzati in zona sottoposta a vincolo, le difformità dal titolo abilitativo si consideravano sempre come variazioni essenziali, con la conseguente disapplicazione delle norme previste in tema di tolleranze consentite, senza verificare in concreto l’essenzialità o meno delle modifiche.
Con il secondo motivo lamentano la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli art. 149 d.lgs. n. 42/2004, 11, comma 3, delle norme tecniche, 21, 22, 23 e 36-quater, comma 1-quater, l. regionale n. 24/1998, 135, 143 e 156 d.lgs. n. 42/2004. Ribadiscono che le opere edilizie realizzate non avevano costituito variazione essenziale né avevano comportato una variazione esterna dello stato dei luoghi che era rimasto immutato. Gli interventi realizzati erano soggetti a DIA e non a permesso a costruire. Non era necessaria neanche l’autorizzazione paesaggistica, ciò che avrebbe dovuto determinare l’irrilevanza delle condotte ascritte ai sensi dell’art. 149 d.lgs. n. 42/2004. Ritengono quindi che l’applicazione di queste norme avrebbe dovuto comportare l’assoluzione per i reati a loro ascritti ai capi a) e c), stante l’inapplicabilità dell’art. 32, comma 3, d.P.R. n. 380/2001.
Con il terzo motivo eccepiscono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 181 d. lgs n. 42/2004. Ribadiscono l’irrilevanza penale dell’intervento.
Con il quarto motivo denunciano la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione dell’art. 131-bis cod. pen. da applicarsi per il reato di cui agli art. 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono manifestamente infondati.
I Giudici di merito hanno accertato che gli imputati, nel ristrutturare il fabbricato di loro proprietà nel centro storico di Pico, avevano sostituito gli elementi portanti della copertura con una quota al colmo di m 2,37 in luogo di m 2,20 ed ai lati di m 1,15 e di m 1,20. Si tratta di opere in difformità di quelle assentite perché la sostituzione degli elementi portanti della copertura non era prevista del progetto, vi era stato un aumento dell’altezza di cm 17 e non era possibile valutare le altre altezze siccome nel progetto non erano state riportate le misure ante operam.
Gli imputati ritengono che non sussistono i reati contestati perché si trattava di un intervento che non necessitava di permesso a costruire e perché le variazioni non erano state essenziali.
L’assunto difensivo è in contrasto con il dato normativo come interpretato dalla giurisprudenza.
Innanzi tutto, vi è stata una modifica volumetrica, sia pure senza modifica della sagoma esterna del fabbricato. Questa Sezione ha affermato che in materia edilizia, le "modifiche volumetriche" previste dall'art. 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 per le attività di ristrutturazione edilizia (assentibili, a scelta dell'interessato, o con permesso di costruire o con DIA) devono consistere in diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ovvero in incrementi volumetrici modesti, tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria, perché altrimenti verrebbe meno la linea di distinzione tra la ristrutturazione edilizia e la nuova costruzione (Cass., Sez. 3, n. 47046 del 26/10/2007, Soldano, Rv. 238462).
Nella specie la modifica, da considerarsi non irrilevante, è avvenuta in difformità dalla DIA.
In secondo luogo, nel caso in cui i lavori abbiano ad oggetto immobili vincolati (nella specie assoggettati al vincolo paesaggistico per essere nel centro storico della cittadina), si applica l’art. 32, comma 3, d.P.R. n. 380/2001, che esclude che le opere possano considerarsi delle variazioni non essenziali.
Tale norma statale non è derogata né è derogabile dalla normativa regionale.
Pertanto l’art. 17 della L. regionale n. 15/2008 che reca la nozione di variazioni essenziali si riferisce ad ipotesi aggiuntive, ma non sostitutive, e comunque in parte sovrapponibili a quelle della norma statale.
Gli imputati ritengono inoltre che l’immobile, sebbene vincolato, non necessitava dell’autorizzazione paesaggistica sulla base dell’art. 11 del piano paesistico territoriale della Regione Lazio che esclude la richiesta di autorizzazione per gli interventi di manutenzione ordinaria e consolidamento statico che non alterino lo stato dei luoghi ed il prospetto degli edifici.
Sennonché nella specie, non pare possa qualificarsi l’intervento di rifacimento della copertura come manutenzione ordinaria, rientrando piuttosto nella nozione di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3 d.P.R. n. 380/2001 ed in ogni caso lo stato dei luoghi è stato certamente alterato rispetto a quello originario, essendo aumentate le altezze interne.
Pertanto, nell’ipotesi in esame la ristrutturazione abbisognava anche dell’autorizzazione paesaggistica (Cass., Sez. 3, n. 8739 del 21/01/2010, Perna, Rv. 246218 e n. 24410 del 09/02/2016, Pezzuto, Rv. 267190).
Trattandosi di opere in zona sismica è integrato anche il reato relativo alla violazione degli art. 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001.
Corretta è l’esclusione della causa di non punibilità dell’art. 131-bis cod. pen. per la violazione della norma antisismica perché tale violazione si iscrive in un contesto illecito più ampio per il collegamento con gli altri reati.
D’altra parte i ricorrenti non hanno dedotto alcun utile elemento a loro favore se non quello della modestia dell’illecito commesso, che tale non è alla luce di tutti gli elementi di fatto adeguatamente apprezzati dai Giudici di merito.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso, il 28 marzo 2019