Cass. Sez. III n. 28550 del 17 luglio 2012 (Ud. 20 mar. 2012)
Pres. Mannino Est. Fiale Ric. Angeletti
Ambiente in genere. Occupazione abusiva demanio marittimo
Ai fini dell’art. 1161 cod. nav., costituisce “occupazione abusiva” anche il mantenimento senza titolo del possesso dello spazio demaniale in modo corrispondente all’esercizio di un diritto reale di godimento e configura sicuramente tale reato l’occupazione di un tratto di spiaggia mediante realizzazione di due campetti sportivi delimitati da paletti di ferro e reti di recinzione, uno dei quali anche parzialmente pavimentato con lastre di calcestruzzo, in quanto tale condotta implica l’instaurazione di un rapporto di fatto illegittimo, dal quale il soggetto agente trae profitto e che esclude quello del soggetto pubblico.
RITENUTO IN FATTO
Il G.I.P. del Tribunale di Ancona, con sentenza del 22.9.2010 pronunciata in seguito a giudizio celebrato con il rito abbreviato, ha affermato la responsabilità penale di A.S. in ordine ai reati di cui:
- al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a), (poichè - quale rappresentante legale della s.a.s. "Lido di A.S. & C", concessionaria di uno stabilimento balneare - non provvedeva, in violazione atte N.T.A. del Piano degli arenili, alla rimozione ed allo smontaggio, durante la stagione invernale, degli arredi e manufatti consistenti in due aree attrezzate quali campi di pallavolo e di basket delimitate da pali in ferro e reti di recinzione - acc. nel lungomare di Senigallia, il (OMISSIS));
- agli artt. 54 e 1161 c.n. (per avere arbitrariamente occupato un'area demaniale marittima attraverso il mantenimento delle strutture anzidette); e, ritenuto il concorso formale, la ha condannata alla pena complessiva (condizionalmente sospesa) di Euro 4.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore della A., il quale ha eccepito:
l'erroneo disconoscimento della natura precaria dei manufatti realizzati, che ricondurrebbe gli stessi al regime dell'edilizia libera, in quanto irrilevanti nella loro incidenza sul territorio, consentendone l'installazione e la permanenza pure in mancanza di qualsiasi titolo abilitativo; la inidoneità delle opere installate a concretizzare una reale occupazione del suolo demaniale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè le doglianze anzidette sono manifestamente infondate.
1. In relazione al primo motivo di ricorso, va rilevato che la natura "precaria" di un manufatto - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (vedi, tra le pronunzie più recenti, Cass., Sez. 3^, 16.1.2012, n. 1191; 26.9.2011, n. 34763; 26.6.2009, n. 26573; 22.6.2009, n. 25965; 25.2.2009, n. 22054; 20.3.2008, n. 12428) - ai fini dell'esenzione dal permesso di costruire (già concessione edilizia), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.
Il T.U. n. 380 del 2001, art. 6, comma 2, lett. b), - dopo le modifiche introdotte dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni nella L. 22 maggio 2010, n. 73 - prevede che possono essere installate, senza alcun titolo abilitativo ma previa comunicazione dell'inizio dei lavori all'Amministrazione comunale (anche per via telematica), le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse ai cessare detta necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 90 giorni.
Non implica precarietà dell'opera, però, il carattere stagionale di essa, posto che le opere stagionali sono destinate a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della loro funzione (vedi Cass., sez. 3^, 16.1.2012; n. 1191; 12.10.2011, n. 36826; 13.6.2006, n. 20189; nonchè C. Stato, sez. 4^, 22.12.2007, n. 6615).
Nella fattispecie in esame, pertanto, il giudice del merito ha legittimamente escluso il requisito della temporaneità, non ravvisando un uso realmente precario di manufatti destinati ad essere rimossi al termine della stagione balneare, ed a tale esclusione è pervenuto con motivazione adeguata, coerente ed immune da vizi logico- giuridici.
2. Ai fini dell'art. 1161 c.n., costituisce "occupazione abusiva" anche il mantenimento senza titolo del possesso dello spazio demaniale in modo corrispondente all'esercizio di un diritto reale di godimento (cfr. Cass., Sez. 3^,: 13.11.1992, n 10960, Baldini;
25.5.1992, n. 6314) e configura sicuramente tale reato l'occupazione di un tratto di spiaggia mediante realizzazione di due campetti sportivi delimitati da paletti di ferro e reti di recinzione, uno dei quali anche parzialmente pavimentato con lastre di calcestruzzo, in quanto tale condotta implica l'instaurazione di un rapporto di fatto illegittimo, dal quale il soggetto agente trae profitto e che esclude quello del soggetto pubblico.
La condotta medesima, inoltre, sacrifica ad evidenza l'interesse della collettività di usare pienamente il bene demaniale.
3. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000. n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella specie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012