Consiglio di Stato Sez. V n. 9216 del 18 novembre 2024
Ambiente in genere.Soggetto destinatario di una ordinanza contingibile e urgente

Il soggetto destinatario di una ordinanza contingibile e urgente non deve essere necessariamente il proprietario dell’area ma è sufficiente che ne abbia la materiale disponibilità, essendo questo il presupposto logico e materiale per l’esecuzione degli interventi per la rimozione della situazione di pericolo. L’ordinanza va rivolta nei confronti del soggetto che si trova in rapporto con la fonte di pericolo tale da consentire di eliminare il riscontrato pericolo di danno, indipendentemente dalla natura dal titolo in base al quale ha disponibilità del bene. 

Pubblicato il 18/11/2024

N. 09216/2024REG.PROV.COLL.

N. 09925/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9925 del 2022, proposto da
Giuseppe Lucibello, Paola Lucibello, Maria Carmela Lucibello, Caterina Lucibello e Michelina Lucibello, rappresentati e difesi dall'avvocato Pasquale Buonocore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Amalfi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Armenante, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Sindaco del Comune di Amalfi, nella qualità di Ufficiale del Governo, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 1126/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Amalfi;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2024 il Cons. Annamaria Fasano e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I germani Giuseppe, Paola, Maria Carmela, Caterina e Michelina Lucibello proponevano ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo per la Campania per l’annullamento dell’ordinanza n. 6 del 24.9.2015 prot. gen. 4783, a firma del Sindaco del Comune di Amalfi e del Responsabile dell’Area Tecnica – Edilizia Privata, Urbanistica e Protezione Civile, con la quale veniva loro ordinato, nella qualità di proprietari del fondo ‘incombente su di un tratto della strada pubblica SR ex SS n. 366 Agerolina, in località Vettica di Amalfi in via Giovanni d’Amalfi in prossimità del km 2 + 500’, ‘di provvedere con estrema urgenza all’attuazione di tutti gli interventi necessari al fine di eliminare il pericolo per la pubblica e privata incolumità, adottando i seguenti provvedimenti:

- Ispezione e verifica a cura di un geologo tracciatore, con eliminazione del pericolo imminente rappresentato da ulteriore materiale (lapideo e vegetale) in equilibrio precario, dal versante sovrastante la carreggiata stradale con pulizia e trasporto a discarica del materiale di caduta;

- La realizzazione di tutte le opere, necessarie al ripristino delle condizioni di sicurezza della porzione di costone roccioso, eseguite da impresa Edile abilitata e regolarmente iscritta alla C.C.I.A.A. ed in regola …., sotto la direzione di un tecnico professionista abilitato e qualificato che è tenuto a relazionare all’ufficio tecnico comunale le fasi e le modalità di attuazione dei lavori di cui sopra…;

- Il trasporto del materiale di risulta …. deve avvenire con mezzi autorizzati …;

- L’acquisizione, a lavori ultimati, della dichiarazione di eliminazione del pericolo incombente al fine della riapertura della strada, a cura di tecnico abilitato (un geologo)’.

Il provvedimento era stato emesso a seguito di accertamento tecnico eseguito dall’Ente, nell’ambito del quale veniva accertata una: ‘situazione di precaria stabilità del costone roccioso, acutizzata dagli ultimi eventi (incendi e distaccamenti) (che) potrebbe rappresentare un potenziale pericolo per la pubblica incolumità’, ritenendo ‘improcrastinabile intervenire al fine di ripristinare le condizioni di sicurezza ante evento (incendi)’.

2. I ricorrenti denunciavano l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, assumendo di non essere proprietari del cespite oggetto del disposto intervento di messa in sicurezza; inoltre, deducevano l’inesistenza dei presupposti per l’emissione dell’ordinanza ex ordinem, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000.

Nella fattispecie, l’ordinanza era stata adottata sulla base di due relazioni di servizio redatte dal personale dei VV.FF. del Comando di Salerno e dell’accertamento tecnico svolto dal Responsabile dell’area tecnica edilizia, urbanistica e protezione civile del Comune, che non costituivano ‘un puntuale accertamento della situazione’, presentando, ad avviso dei ricorrenti, un contenuto generico ed approssimativo.

A tale riguardo, tenuto che si richiedeva ai destinatari di procedere, in via prioritaria, ad una ‘ispezione e verifica a cura di un geologo rocciatore, con eliminazione del pericolo imminente rappresentato da ulteriore materiale (lapideo e vegetale) in equilibrio precario…’, gli interventi da eseguire apparivano indeterminati.

Gli esponenti ritenevano, inoltre, che all’intervento era tenuto l’Ente titolare della proprietà o della gestione della strada, in quanto rivolto esclusivamente a preservare la sede viaria, ai sensi dell’art. 30, commi 4 e 6 del Codice della strada. Lamentavano che l’Amministrazione comunale non aveva, comunque, effettuato alcuna indagine, se non superficiale ed approssimativa, sulla dinamica ma soprattutto sulle cause che avevano determinato tale evento franoso e, più in generale, sulla effettiva situazione dei luoghi.

3. Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza n. 1126 del 2022, respingeva il ricorso, ritenendo legittima l’ordinanza impugnata.

Il Collegio di prima istanza considerava destituita di fondamento la censura con cui parte ricorrente aveva sostanzialmente affermato che l’esercizio dei poteri contingibili e urgenti atipici, disciplinati all’art. 54 del T.U.E.L., avrebbero dovuto, nel caso di specie, essere considerati preclusi in ragione di quanto previsto all’art. 30 del Codice della strada.

Nella specie, la norma di riferimento era rappresentata dall’art. 31 dello stesso Codice (rubricato ‘Manutenzione delle ripe’), che imponeva ai proprietari dei fondi laterali alle strade di conservare le ‘ripe’ in buono stato, al fine di impedire frane e scoscendimenti del terreno e, quindi, prevenire la caduta di massi o altro materiale.

In applicazione del quadro normativo di riferimento, ad avviso del Giudice di prime cure, il Comune di Amalfi aveva correttamente individuato nei ricorrenti, quali soci unici della società proprietaria della ‘ripa’ sovrastante la strada statale (il costone roccioso), i soggetti responsabili ad eseguire le intimate opere di messa in sicurezza, attesa l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 30, comma 4, prima parte, del Codice della strada, quanto piuttosto del successivo art. 31, comma 1, dello stesso Codice.

Risultavano, altresì, infondate anche le critiche con cui i ricorrenti lamentavano il difetto di istruttoria e di motivazione in cui sarebbe incorso l’atto impugnato, posto che l’ordinanza, adeguatamente motivata, era stata emessa a seguito di un tempestivo sopralluogo tecnico, nel corso del quale era stato accertato il concreto pericolo per la pubblica incolumità.

4. Giuseppe, Paola, Maria Carmela, Caterina e Michelina Lucibello hanno proposto appello avverso la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma sulla base delle seguenti censure: “1. Error in iudicando, violazione art. 2231 c.c.; 2. Omessa motivazione in ordine alla sussistenza dei vizi funzionali dell’ordinanza contestati con il II motivo di ricorso. Error in iudicando violazione e falsa applicazione artt. 30, 31 e 14 Codice della strada”.

5. Il Comune di Amalfi si è costituito in resistenza, concludendo per il rigetto del gravame.

6. All’udienza del 3 ottobre 2024, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

7. Con il primo mezzo, gli appellanti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui il Collegio di prima istanza ha respinto la denuncia prospettata con il primo motivo del ricorso introduttivo, con la quale si è eccepito di non essere titolari del cespite oggetto del disposto intervento di messa in sicurezza. Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto tale deduzione difensiva priva di significato, essendo i ricorrenti soci unici della società Doria s.r.l., proprietaria del sito, in questo modo confondendo tra distinte ed autonome individualità giuridiche, in violazione dell’art. 2231 c.c.

7.1. La denuncia è infondata.

Non è contestato che Giuseppe, Paola, Carmela, Caterina e Michelina Lucibello sono soci unici della società Doria s.r.l. proprietaria del fondo su cui insiste l’evento franoso.

La giurisprudenza prevalente ha condivisibilmente affermato che il soggetto destinatario di una ordinanza contingibile e urgente non deve essere necessariamente il proprietario dell’area ma è sufficiente che ne abbia la materiale disponibilità, essendo questo il presupposto logico e materiale per l’esecuzione degli interventi per la rimozione della situazione di pericolo (Cons. Stato, n. 536 del 2022). L’ordinanza va rivolta nei confronti del soggetto che si trova in rapporto con la fonte di pericolo tale da consentire di eliminare il riscontrato pericolo di danno, indipendentemente dalla natura dal titolo in base al quale ha disponibilità del bene. Tale situazione soggettiva sicuramente ricorre in capo agli appellanti, non essendo in contestazione la loro qualifica di soci unici della società Doria s.r.l. proprietaria del sito, e non avendo gli stessi neppure adeguatamente argomentato di essere esclusi di fatto dal godimento e dalla disponibilità del bene.

Inoltre, nella ordinanza impugnata viene reso chiaro il presupposto per il quale si ritiene sussistere la legittimazione passiva dei destinatari, nei cui confronti vanno attribuiti gli obblighi nascenti dal provvedimento extra ordinem.

Né si può predicare che l’ordinanza sia stata notificata ai ricorrenti in ragione di una assunta responsabilità, tenuto conto che l’ordine emesso dal Sindaco, sul presupposto della indifferibilità e dell’urgenza di provvedere, non ha carattere sanzionatorio, bensì soltanto ripristinatorio a tutela dell’incolumità pubblica (Cons. Stato, n. 1192 del 2021).

L’ordinanza contingibile e urgente prescinde da qualunque accertamento di responsabilità nella produzione del fattore di pericolo; infatti, l’organo amministrativo non è tenuto ad accertare le cause e le responsabilità nell’ingenerarsi della situazione pericolosa, in ragione della prevalente esigenza di garantire le ragioni di sicurezza, pertanto, stante la natura ripristinatoria dell’ordinanza n. 6 del 2015, è inconferente qualsiasi rilievo in ordine al nesso eziologico determinante nella causazione dell’evento.

8. Con il secondo motivo, gli appellanti lamentano la motivazione apparente della sentenza, la quale non avrebbe dato riscontro alle specifiche censure illustrate con il ricorso introduttivo, limitandosi a riproporre nella sostanza la stessa motivazione che è stata resa nell’ordinanza impugnata.

In particolare, i ricorrenti eccepiscono che l’ordinanza avrebbe chiesto ai destinatari di procedere, in via prioritaria, all’ispezione e verifica a cura di un geologo rocciatore con eliminazione del pericolo imminente rappresentato da ulteriore materiale (lapideo e vegetale) in equilibrio precario, ossia avrebbe imposto ai destinatari di operare quello specifico ed approfondito accertamento della situazione dei luoghi, necessario alla individuazione dello stato di pericolo e delle opere a realizzarsi, il cui svolgimento avrebbe dovuto, invece, precedere e non seguire l’emissione di un provvedimento extra ordinem. A avviso dei ricorrenti, l’Amministrazione comunale, con la determinazione assunta, non avrebbe operato il dovuto bilanciamento tra gli interessi dei privati e quelli pubblici, orientato al conseguimento della finalità di eliminare il pericolo con il minor sacrificio per il privato. Il generico ordine rivolto ai destinatari del provvedimento di rimuovere il materiale in precarie condizioni di stabilità lungo il costone roccioso sarebbe, secondo gli esponenti, la peggiore delle soluzioni possibili, non solo perché inidonea ad eliminare la situazione di pericolo, ma anche perché la più costosa in assoluto. Nella specie, sarebbe stato più utile prevedere l’apposizione di una rete paramassi lungo il ciglio sovrastante la rete viaria, in modo del tutto rispondente agli ordinari interventi nello stesso ambito già attuati dagli enti proprietari delle strade (ANAS, Provincia, Regione).

Inoltre, lamentano che, ai sensi dell’art. 30, comma 4, del Codice della strada, obbligato all’esecuzione dell’intervento di messa in sicurezza sarebbe l’Ente proprietario della strada e non il proprietario del fondo sovrastante, con la conseguenza che andrebbe riformata la sentenza impugnata nella parte in cui si è ritenuto applicabile alla vicenda processuale l’art. 31 del suddetto Codice, in considerazione del fatto che la zona laterale alla strada, oggetto dell’intervento, sarebbe costituita da una ‘ripa’, mentre invece lateralmente alla sede viaria non si troverebbe una ‘ripa’, ma un fondo.

9. Le censure non possono trovare accoglimento.

9.1. Va premesso che, ai sensi dell’art. 54 comma 4 TUEL, anche il riscontro di uno stato dei luoghi che potrebbe divenire potenzialmente pericoloso per l’incolumità pubblica può legittimare il ricorso al potere extra ordinem da parte del Sindaco: la potenzialità di un pericolo grave per l’incolumità pubblica è sufficiente a giustificare il ricorso all’ordinanza contingibile e urgente, anche qualora essa sia nota da tempo o si protragga per un lungo periodo senza cagionare il fatto temuto, nonché persino allorquando il pericolo stesso non sia imminente sussistendo, comunque, una ragionevole probabilità che possa divenirlo, ove non si intervenga prontamente in seguito al riscontrato deterioramento del sito oggetto di intervento. D’altra parte, in base al principio di precauzione che governa tali fattispecie, l’affermazione di un potenziale pericolo della pubblica incolumità ben si fonda, come nel caso di specie, sulla caduta di materiale lapideo dal costone roccioso e sui possibili ulteriori cedimenti dello stesso.

Il legittimo utilizzo del potere di ordinanza ex art. 54 del d.lgs. 267/2000 è l’esistenza di una situazione eccezionale e imprevedibile: tale presupposto, tuttavia, va interpretato nel senso che rivela non la circostanza (estrinseca) che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero a un evento nuovo e imprevedibile, ma la sussistenza (intrinseca) della necessità e dell’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi a tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana.

Le ordinanze contingibili e urgenti sono infatti provvedimenti atipici volti ad assicurare elasticità di manovra all’Amministrazione nel prevenire il perpetrarsi di gravi danni all’incolumità pubblica, spesso irreparabili a posteriori, proprio come quelli che, nella vicenda in esame, potrebbe derivante dalla omessa messa in sicurezza del costone roccioso.

Condizioni queste tutte pienamente riscontrabili nella fattispecie, laddove le doglianze di merito che i ricorrenti formulano avverso le misure dell’Ente attengono, in realtà, a contestazioni riguardanti il difetto di motivazione e di istruttoria dell’ordinanza impugnata.

9.2. Nessuna delle critiche si rivela fondata.

L’ordinanza sindacale è stata emessa all’esito di una attività istruttoria completa e, comunque, adeguata alle esigenze di celerità che connotano il provvedimento impugnato.

In particolare, il Sindaco di Amalfi si è determinato a seguito degli esiti del verbale di accertamento del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Salerno del 18.9.2015, acquisiti al prot. nn. 9561 e 9584, e del sopralluogo svolto dal Responsabile dell’Area tecnica edilizia e urbanistica del Comune di Amalfi.

Come precisato dal T.A.R., l’urgenza di provvedere esonera, di norma, l’autorità procedente dallo svolgere accertamenti complessi e laboriosi, attesa la potenziale incompatibilità degli stessi con l’esigenza di pronta adozione del provvedimento contingibile e urgente, pur dovendosi ritenere che: ‘i tempi brevi imposti dall’esigenza di provvedere non esonerino comunque l’amministrazione dall’attenta considerazione di tutte le circostanza apprese nel corso dell’istruttoria (seppure rapidamente) condotta’.

Nella specie, l’Amministrazione comunale si è fatta carico dei suddetti principi, provvedendo ad emettere l’ordinanza n. 6 del 2015 a seguito della verifica effettuata dai Vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile - che hanno accertato il distaccamento di pietrisco e la presenza di alcuni focolai - e del fatto che il Responsabile dell’Area tecnica edilizia e della protezione civile ha verificato la presenza di ulteriori focolai in atto sulla vegetazione del costone, oltre alla caduta di materiale roccioso sulla strada pubblica.

Quanto all’assunto difetto di motivazione del provvedimento, si rammenta che nell’ordinanza sindacale oggetto di impugnazione si fa riferimento anche all’ordinanza n.142 del 18 settembre 2015, con la quale la Provincia di Salerno (settore viabilità) aveva disposto la chiusura del tratto viario sottostante all’evento franoso, inibendo il transito veicolare e pedonale, proprio in ragione dell’accertato imminente pericolo di caduta di altro materiale lapideo, stante l’acclarata friabilità del terreno.

Appaiono evidenti, dalla piana lettura del contenuto dell’ordinanza n. 6 del 2015 impugnata, i presupposti di fatto e di diritto che hanno portato all’emissione del provvedimento gravato, anche con riferimento al rischio del distacco di materiali dal costone roccioso, con possibile pregiudizio alla proprietà e alle persone, con la conseguenza che nessun vizio di motivazione può essere rilevato.

Anche i rilievi prospettati dagli appellanti, con riferimento alla genericità dell’ordine di rimozione della situazione del pericolo, non appaiono fondati.

Il Collegio ritiene ragionevole che la presenza di focolai nel costone roccioso, già riscontrata dai Vigili del fuoco in sede di sopralluogo, e la concreta possibilità che se ne potessero, a seguito del distacco di materiale lapideo, formare degli altri, ha indotto correttamente l’Amministrazione ad ordinare un intervento di ripristino delle condizioni di sicurezza mediante l’ausilio di un esperto rocciatore, il quale avrebbe il compito di individuare anche quelli in corso di formazione.

Ciò anche al fine di preservare la sicurezza pubblica, ponendo rimedio a danni che potrebbero verificarsi in futuro, mediante l’identificazione di fessurazioni del costone non immediatamente percepibili e visibili. Le ulteriori affermazioni degli appellanti circa l’inutilità degli interventi ordinati e l’eccessivo costo degli stessi sono rimaste prive del necessario riscontro probatorio.

9.3. Né può trovare accoglimento la doglianza con la quale i ricorrenti denunciano l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, assumendo che gli interventi loro intimati avrebbero dovuto essere eseguiti dall’Ente proprietario della strada sottostante l’area, ai sensi dell’art. 30, comma 4 e 6 del Codice della strada, in tesi trattandosi ‘di intervento rivolto esclusivamente a preservare la sede viaria’.

Il T.A.R. ha, invece, respinto il mezzo affermando che: ‘l’ordinanza sindacale non richieda affatto di intervenire sulla sede viaria, essendo, a ben vedere, riferiti gli interventi ivi prescritti solo alle aree instabili di proprietà della società dei ricorrenti, con conseguente estraneità delle attività intimate alle previsioni dell’invocato art. 30 del Codice della strada’.

Va premesso che l’inquadramento di un costone roccioso come ‘ripa’ o come pertinenza stradale, ai fini dell’individuazione del soggetto competente alla messa in sicurezza, attiene alla qualificazione giuridica del bene, che spetta al giudice nell’ambito della valutazione dei dati fattuali, per come rappresentati dalle parti, e del quadro normativo di riferimento.

Il Collegio condivide l’esito argomentativo sostenuto dal Collegio di prima istanza, in ragione dei rilievi di seguito enunciati.

L’art. 30 cit. rubricato ‘Fabbricati, muri e opere di sostegno’ stabilisce che: “1. I fabbricati ed i muri di qualunque genere fronteggianti le strade devono essere conservati in modo da non compromettere l’incolumità pubblica e da non arrecare danno alle strade e alle relative pertinenze. 2. Salvi i provvedimenti che nei casi contingibili e urgenti possono essere adottati dal sindaco a tutela della pubblica incolumità, il prefetto sentito l’ente proprietario o concessionario, può ordinare la demolizione o il consolidamento a spese dello stesso proprietario dei fabbricati e dei muri che minacciano rovina se il proprietario, nonostante la diffida, non abbia provveduto a compiere le opere necessarie. 3. In caso di inadempienza nel termine fissato, l’autorità competente ai sensi del comma 2 provvede d’ufficio alla demolizione o al consolidamento, addebitando le spese al proprietario. 4. La costruzione e la riparazione delle opere di sostegno lungo le strade ed autostrade, qualora esse servano unicamente a difendere ed a sostenere i fondi adiacenti, sono a carico dei proprietari dei fondi stessi; se hanno per scopo la stabilità o la conservazione delle strade od autostrade, la costruzione o riparazione è a carico dell’ente proprietario della strada. (…)’.

Il successivo art. 31, rubricato ‘Manutenzione delle ripe’, dispone che: “1. I proprietari devono mantenere le ripe dei fondi laterali alle strade, sia a valle che a monte delle medesime, in stato tale da impedire franamenti o cedimenti del corpo stradale, ivi comprese le opere di sostegno di cui all’art. 30, lo scostamento del terreno, l’ingombro delle pertinenze e della sede stradale in modo da prevenire la caduta di massi o di altro materiale sulla strada. Devono altresì realizzare, ove occorrono le necessarie opere di mantenimento ed evitare di eseguire interventi che possono causare i predetti eventi (…)”.

L’art. 3, comma 1, n. 44 del Codice della strada elenca i significati delle denominazioni stradali e definisce la ‘Ripa’: zona di terreno immediatamente sovrastante o sottostante le scarpate del corpo stradale rispettivamente in taglio o in riporto sul terreno preesistente alla strada’.

Nella specie trattasi di una ‘ripa’, in quanto porzione di costone roccioso sovrastante la scarpata del corpo stradale.

La giurisprudenza amministrativa (condivisa dagli orientamenti della Corte di Cassazione) ritiene che ai sensi dell’art. 31 del Codice della strada, le ‘ripe’ devono essere mantenute dai loro proprietari in modo da impedire e prevenire le situazioni di pericolo ivi indicate, tra le quali rientrano anche gli eventi franosi come quello di specie e, in tali tipologie, sono comprese le zone di terreno immediatamente sovrastanti o sottostanti, in taglio o in riporto sul terreno preesistente alla strada, e la scarpata del corpo stradale; ove tale contiguità venga meno per la frapposizione, ai lati della strada, di fondi appartenenti ad altri, secondo la medesima giurisprudenza l’obbligo predetto deve ritenersi a carico di questi ultimi (Cass. n. 10112 del 2000; Cons. Stato n. 329 del 2017).

In particolare, la giurisprudenza di legittimità, dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi, ritiene che l’obbligo di manutenzione, gestione e pulizia della sede stradale grava sui proprietari delle ‘ripe’ dei fondi laterali alle strade in modo da impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a franamenti e scoscendimenti del terreno, o la caduta di massi o altro materiale sulla strada, dove le ‘ripe’, come quella di specie, devono ritenersi le zone immediatamente sovrastanti o sottostanti la scarpata del corpo stradale (Cass. n. 13087 del 2004).

Ne consegue che: ‘la realizzazione di tutte le opere, necessarie al ripristino delle condizioni di sicurezza della porzione o costone roccioso’ rientrano negli obblighi di manutenzione previsti nell’art. 31 del Codice della strada, come correttamente affermato dal Collegio di prima istanza.

10. In definitiva l’appello va respinto, e la sentenza impugnata va confermata.

11. Le spese di lite del grado seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite a favore del Comune di Amalfi, che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore