I CRIMINI CONTRO L’AMBIENTE, LE PROPOSTE
LEGISLATIVE IN ITALIA ED IL QUADRO EUROPEO
Intervento : La proposta di direttiva europea sui reati ambientali: analisi e commento
L’iniziativa dell’Associazione cade nel momento di maggiore attenzione per il tema dei reati che in ambito comunitario, in un certo numero di settori, acquistano particolare rilevanza, e per i quali, già il Consiglio europeo, riunito a Tampere nell’0ttobre del 1999, aveva chiesto uno sforzo per raggiungere un accordo su definizioni comuni, incriminazioni e sanzioni mirate, nel quadro delle cooperazione giudiziaria e di polizia previsto dal titolo VI del trattato sull’Unione Europea.
In quella sede si è convenuto, riconoscendosi reciprocamente la civiltà delle garanzie fondamentali, di far circolare liberamente anche i provvedimenti giudiziari.
L’incontro
odierno cade negli stessi giorni del vertice di Laeken, in cui l’Italia, dopo
i noti tentennamenti ed il temuto isolamento, dirà il suo sì definitivo al
mandato di cattura europeo, pur senza un impegno preciso sui tempi di
armonizzazione del nostro sistema.
Tra
i trentadue reati della lista concordata il 6 dicembre scorso a Bruxelles dal
Consiglio dei Ministri della Giustizia e degli Interni degli altri 14 paesi
dell’Unione vi sono i “crimini contro l’ambiente, compreso il traffico di
specie animali minacciate ed il traffico illecito di specie ed essenze vegetali
minacciate” il “Traffico illecito di beni culturali, comprese antichità ed
opere d’arte”.
E’
stata fissata nel 2004 la data di applicazione del nuovo strumento giudiziario ,
pena la fuoriuscita del nostro paese dallo “spazio giuridico europeo”.
Le
condizioni poste dal testo ufficiale diffuso da Palazzo Chigi per dare
esecuzione alla decisione quadro sul mandato di cattura europeo, testo peraltro
sino ad ieri contraddetto (il
governo dovrà avviare le procedure di diritto interno per rendere la decisione
quadro stessa compatibile con i
principi supremi dell’ordinamento costituzionale in tema di diritti
fondamentali e per avvicinare il
suo sistema giudiziario e ordinamentale ai modelli europei , nel rispetto dei
principi costituzionali) lasciano temere furbizie istituzionali ed
opportunismi dilatori oltre che tentativi ricattatori della maggioranza per
introdurre riforme al titolo IV della Costituzione sulla Magistratura, la
riscrittura dell’Ordine Giudiziario e la mortificazione dei poteri della
magistratura, e purtuttavia per quanto attiene all’ambito delle nostre odierne
attenzioni non possiamo che prendere atto con soddisfazione dell’introduzione,
operata dai quattordici a Bruxelles, nella lista dei 32 reati dei crimini contro
l’ambiente, compreso il traffico di specie animali minacciate ed il traffico
illecito di specie ed essenze vegetali minacciate” il “Traffico illecito di
beni culturali, comprese antichità ed opere d’arte”.
Siamo di fronte ad un riconoscimento oggettivo della gravità di tali crimini e dell’obbligo dello stato a dotarsi di un corpus che introduca finalmente anche nel nostro ordinamento penale i crimini contro l’ambiente, siamo di fronte ad una indiscussa ed inattaccabile affermazione che in ambito comunitario il settore della tutela ambientale ha acquistato particolare rilevanza e primarietà, tale da farlo annoverare nel sistema, ancora limitato alle 32 categorie di reati più gravi, di definizioni comuni, incriminazioni e sanzioni mirate, nel quadro delle cooperazione giudiziaria e di polizia previsto dal titolo VI del trattato sull’Unione Europea.
E’
in questa cornice politica ed istituzionale che oggi devono inserirsi la
proposta di direttiva europea sui reati ambientali della Commissione delle
Comunità Europee del 13 marzo
2001, la recente proposta di raccomandazione del Parlamento Europeo del 13
novembre 2001 ed il progetto di decisione quadro sulla repressione dei reati
gravi contro l’ambiente dell’11 febbraio 2000. Ipotesi che
dall’inserimento nella lista dei 32 reati di maggiore allarme comunitario
assumono oggi una indicazione di impegno per gli stati a termine prossimo, il
2004, con le ricadute intuitive nei sistemi interni dei 15 paesi che diranno sì
al vertice di Leaken.
La
proposta di direttiva parte dalla “giustificazione” di garantire, anche alla
luce della Carta dei diritti fondamentali della U E che agli artt. 35 e 37
riconosce esplicitamente la protezione della
salute e la tutela dell’ambiente, un elevato livello di tutela
dell’ambiente, dimostrando l’esperienza che il sistema sanzionatorio degli
Stati membri è insufficente. “non tutti gli Stati membri prevedono sanzioni
penali per le infrazioni più gravi in materia ambientale. Esistono ancora molti
casi di gravi infrazioni non sottoposte a pene sufficientemente dissuasive”
Carenza
quindi di certezza giuridica riguardo all’obbligo degli Stati membri di
prevedere sanzioni penali, assenza di uno standard minimo relativo ai reati
contro l’ambiente. Necessità quindi di acquisire strumenti che soltanto
l’azione penale può assicurare, e di cui le sanzioni amministrative o civili
non dispongono.
Nell’ambito
quindi degli indirizzi, di cui si è detto, che gli Stati hanno voluto darsi nel
1999 a Tampere per raggiungere definizioni comuni, incriminazioni e sanzioni
mirate nel settore, riconosciuto di particolare rilevanza, dei reati contro
l’ambiente, deve rinvenirsi la base giuridica della proposta , che trova
conforto nel parere favorevole del luglio 2000 del Parlamento Europeo , su
iniziativa del Regno di Danimarca, all’adozione di una decisione quadro sulla
represione dei reati contro l’ambiente.
E’
opportuno ricordare che la proposta stabilisce uno standard minimo di protezione
dell’ambiente attraverso il diritto penale, giudicato mezzo più efficace per
scoraggiare ed essere deterrente delle iniziative devianti in materia di tutela
ambientale, e lascia gli Stati membri liberi di mantenere e di prendere
provvedimenti per una protezione ancora maggiore e rigorosa, introducendo nuove
ipotesi di reato, introducendo tip di sanzioni o pene supplementari.
Il
contenuto essenziale degli articoli della proposta interessano a) le finalità e
l’ambito d’applicazione, b) la tipologia dei reati, c) le sanzioni.
Finalità
Il
progetto di direttiva proposto prevede ai suoi primi tre articoli lo scopo, le
definizioni ed i reati , essa si applica unicamente alle attività che violano
la legsilazione comunitaria in materia ambientale, conseguentemente le
definizioni degli elementi costitutivi delle fattispecie di reato devono essere
interpretate alla stessa stregua delle corrispondenti definizioni del diritto
comunitario ( esempio il termine scarico di oli usati è riferito alla direttiva
75/439/CEE sull’eliminazione degli oli usati).
E’
quest’ultimo uno dei motivi per i quali sono assenti tipologie
di reati “domestici”, tutti italiani, di altrettanta se non maggiore
gravità: mi riferisco a quelli di deturpamento di bellezze naturali, paesaggio
beni architettonici ed edilizi.
La
proposta riguarda solo forme gravi di inquinamento che possono essere attribuite
a persone fisiche o giuridiche.
Reati
Sono
sette tipologie di reati
a)
scarico di idrocarburi , oli usati o fanghi derivanti dal trattamento
delle acque reflue in acqua;
b)
lo scarico, l’emissione o l’immissione di un quantitativo di sostanze
nell’aria nel suolo o nelle acque, e il trattamento , l’eliminazione , il
deposito , il trasporto, l’esportazione o l’importazione di rifiuti
pericolosi;
c)
lo scarico di rifiuti sul o nel suolo o in acqua , compresa la gestione
di una discarica;
d)
il possesso, la cattura , il danneggiamento o il commercio di esemplari
di specie protette di animali o vegetali o di parti di esse;
e)
il deterioramento
significativo di un habitat protetto;
f)
il commercio di sostanze che
riducono lo strato di ozono;
g)
l’esercizio di uno
stabilimento industriale in cui si svolgano attività pericolose o in cui siano
conservate o usate sostanze o preparazioni pericolose.
E’
un numero di infrazioni di obblighi stabiliti dalla legislazione comunitaria in
materia di ambiente, e sono stati selezionati obblighi la cui violazione
comporta seri danni all’ambiente. Nell’allegato vengono elencate le
direttive “protette” (dalla direttiva proposta). Per la legislazione
comunitaria futura ogni testo stabilirà in che misura sarà necessario
prevedere sanzioni penali.
Per
alcune attività elencate nell’art.3 esse sono vietate di per se stesse in
virtù delle diverse disposizioni legislative comunitarie a prescindere della
prova di un effetto negativo concreto sull’ambiente, attività queste che
devono essere considerate reato in quanto il rischio per l’ambiente è insito
nell’attività in quanto tale, indipendentemente dall’eventuale danno che
provoca.
Sanzioni.
Per
le persone fisiche
La
direttiva impone agli Stati di prevedere pene efficaci dissuasive e
proporzionate , v’è prevista l’ipotesi estrema della privazione della
libertà personale, vi sono misure intermedie che interessano anche le persone
giuridiche quali sanzioni pecuniarie, l’esclusione dal godimento di un
vantaggio o aiuto pubblico, il divieto di esercitare un’attività commerciale.
Eventuali
misure supplementari nel quadro del trattato dell’unione potrebbero essere
introdotte con riferimento alla
cooperazione giudiziaria sulla base delle discussioni in corso al Consiglio in
seguito all’iniziativa del Regno di Danimarca che possono riguardare la
giurisdizione penale, il coordinamento nell’esercizio dell’azione penale e
nelle indagini.
L’approvazione
della lista dei reati per i quali è percorribile la strada del mandato di
cattura europeo pure proiettata in un futuro dai contorni incerti, e subordinata
a vaghe e dilatorie condizioni di armonizzazione del sistema, segna in ogni caso
un punto concreto di non ritorno, segna il mutamento anche di un trend recente
di depenalizzazione spinta dei reati ambientali, assegna al governo un obbligo a
scadenza, che se è, come dice il Presidente del Consiglio, privo di sanzione,
tranne quella di star fuori dello spazio giudiziario europeo,
varrà comunque come segnale di una dissociazione del comune destino
europeo, oltre che come un volontario isolamento comunitario.
E’
chiaro che ci avvarremo di tutte le intese e le occasioni istituzionali, dei
precedenti che in materia indicano una strada diversa già percorsa
dall’Esecutivo, peraltro segnalata ieri 13 dicembre dal moderato Sole24Ore a
pag. 10:
“Come
attuare la decisione-quadro sul mandato di arresto europeo , appena accettata
dall’Italia? Una risposta c’è già: sta nel disegno di legge approvato dal
governo Berlusconi l’8 Novembre scorso , e presentato il 13 alla Camera
(n.1934) per dare attuazione al Trattato Italia e Spagna del 28 novembre 2000
che istituisce un “mandato di arresto europeo” … senza peraltro scomodare
né la Costituzione né l’ordinamento giudiziario, sebbene in Spagna vi sia un
PM che ha una carriera separata dal giudice, è sottoposto all’Esecutivo ed
esercita l’azione penale a sua discrezione. Il DDL del Governo Berlusconi
(firmato da Ruggero Castelli e Scaloja) non contiene alcun accenno, nella
relazione, alla necessità di armonizzare il nostro ordinamento giudiziario a
quello spagnolo per rendere esecutivo il Trattato…Eppure quel DDL è stato
approvato dal Consiglio dei Ministri proprio nei giorni caldi della trattativa
sull’euromandato durante i quali l’Italia proponeva di limitarne l’azione
a 6 reati, gli stessi previsti dall’accordo italo-spagnolo: terrorismo,
criminalità organizzata, traffico di stupefacenti, traffico di armi, tratta di
esseri umani, abusi sessuali contro minori. Né d’altra parte vi è stato mai
un accenno al rischio di contrasti con la Costituzione, in particolare con i
diritti di libertà personale e di difesa…”
Roma
13 dicembre 2001
Corrado
V. Giuliano