dell\'Avv. Stefano Palmisano
Scena 1. Nell’ufficio direzionale di una fabbrica del Nord-est. L’imprenditore e l’intermediario della camorra, lo “stakeholder”. Trattano. Sul servizio di smaltimento dei rifiuti industriali dell’azienda. Lo stakeholder offre un prezzo ridotto alla metà rispetto a quelli di mercato. Per il servizio completo: certificazioni, stoccaggio e trasporto. Prova a specificare che tutto finirà nelle discariche di Marcianise, in provincia di Caserta, comune in provincia. L’imprenditore lo stoppa. A lui non interessa dove e come. Gli interessa solo che sia “tutto clean, come dicono gli americani”. L’affare è fatto.
Scena 2. Nella discarica di Marcianise. Una lunga fila di camion. Carichi di ogni tipo di rifiuti, di veleni industriali. Del nord-est, probabilmente. Alcuni stanno scaricando, altri aspettano il loro turno. Durante le operazioni di scarico, si apre un fusto. Il contenuto finisce sull’autista del mezzo. Si ustiona. Si copre di piaghe. Tutti gli altri autisti scoprono solo allora cosa trasportavano. Si rifiutano di proseguire le operazioni. Bisogna assolutamente scaricare i camion che sono ancora in fila. Ma è un’attività chiaramente rischiosissima. Lo stakeholder ha un’idea. Va a prelevare col suo prepotente suv cinque ragazzini della zona. Evidentemente provenienti da famiglie male in arnese. Li fa salire sui camion. Gli fa mettere i cuscini del suv sotto il culo, perché se no non arrivano alla pedaliera. Gli fa portare i camion in fondo alla discarica. Gli fa respirare i veleni del carico. Gli fa rischiare sul momento quello che è capitato all’autista. Molto peggio, di lì a qualche anno. Per qualche decina di euro a testa.
Scena 3. Arriva la polizia. Vengono tutti arrestati. Anche lo stakeholder. Il pm gli contesta il reato di traffico di rifiuti. È un reato serio. Un delitto. L’unico in materia ambientale. Rischia fino a sei anni di reclusione. Otto, se c’erano anche rifiuti radioattivi. Ma lo stakeholder è incensurato. Ottiene subito gli arresti domiciliari dal gip. Poi la libertà piena dal tribunale della libertà. Non a caso si chiama così. Manca la prova del reato di traffico a carico dello stakeholder, dice il tribunale. Al massimo, si può ipotizzare il reato di discarica abusiva. Ma è una contravvenzione, non un delitto. Non si possono applicare misure cautelari per una contravvenzione. Non la custodia in carcere. Neanche i domiciliari. Niente. Non è mica un rom, lo stakeholder.
Scena 4. Tribunale di Caserta. Il processo. Ultima udienza. Sei anni dopo. È solo il primo grado. Il delitto di traffico illecito di rifiuti è caduto per strada. Non c’era proprio la prova. Se ne fa una ragione anche il bravo pm. Resta in piedi solo il reato di discarica abusiva. La contravvenzione. Come fosse un divieto di sosta. “…. in buona sostanza, io ritengo che a carico del mio assistito non vi sia la prova del reato per cui è processo. Comunque, la discarica abusiva è una contravvenzione, non un delitto. Dunque, quand’anche l’Eccellentissimo Tribunale dovesse ritenerla provata, è ampiamente estinta per prescrizione, essendo decorsi ormai sei anni dal tempus commissi delicti. In buona sostanza, chiedo che l’Eccellentissimo Tribunale mandi assolto l’imputato da tutti gli addebiti a lui ascritti con la formula più ampia. In via gradata, chiedo dichiararsi il non doversi procedere per intervenuta prescrizione.” È sempre buona la sostanza dei difensori degli stakeholders. L’Eccellentissimo Tribunale non può non condividerla, almeno nella parte “gradata”. “In nome del popolo italiano, il Tribunale, visti gli artt. 531 e 129 c.p.p., dichiara non doversi procedere a carico dell’imputato in quanto il reato a lui ascritto è estinto per intervenuta prescrizione.”
Le prime due scene, come sarà risultato chiaro, sono tratte dall’ultimo capolavoro del neorealismo cinematografico italiano, “Gomorra”, di Matteo Garrone, da pochissimi giorni nelle sale, nel quale l’immenso Toni Servillo interpreta da par suo lo stakeholder; film, a sua volta, tratto dall’altro mirabile esempio omonimo di letteratura del reale di Roberto Saviano.
Le altre due scene costituiscono un’ipotetica prosecuzione della storia narrata da Saviano; prosecuzione ancor meno immaginaria del pur realistico e realissimo romanzo – saggio del giovane e talentuoso scrittore, alla stregua di quello che accade quotidianamente nelle aule di giustizia di questo paese in materia di “reati ambientali”.
Un anno fa il Consiglio dei ministri allora in carica approvava un disegno di legge che predisponeva una bozza di reati contro l’ambiente da inserire nel codice penale. Quei reati, secondo il testo governativo, sarebbero finalmente stati qualificati come delitti.
Quel governo si è ormai estinto e con lui, pare, anche quel progetto legislativo, una tra le non numerosissime iniziative per cui quell’esecutivo potrebbe addirittura farsi rimpiangere dai cittadini di buona e Costituzionale volontà.
Se, infatti, il bilancio consuntivo in termini di produzione normativa, il che vuol dire il bilancio politico-culturale, di quella maggioranza parlamentare è, eufemisticamente, a luci ed ombre, presentando condivisibili iniziative legislative, come quella su citata, insieme ad altre, peraltro largamente maggioritarie, assai meno encomiabili (per continuare con le litoti), come i vari “pacchetti sicurezza”, il bilancio preventivo dell’attuale unanimità dell’assemblea legislativa nazionale si prospetta, a suo modo, decisamente più chiaro: sono rimaste solo le ombre.
Tali e tante che ormai hanno completamente avvolto quella che un tempo si definiva opposizione parlamentare e che oggi, ovviamente, gli stessi “principali esponenti dello schieramento avverso a quello che ha vinto”, restando seri, hanno chiamato “governo – ombra”.
A chiarire definitivamente, laddove mai ve ne fosse stato ancora bisogno per taluno, che la prospettiva “di schieramento” (absit iniuria verbis) oggi al massimo può oscillare tra un governo in luce ed un governo-ombra.
Quanto i due schieramenti siano oggi sostanzialmente sovrapponibili, con la dialettica parlamentare maggioranza – opposizione desolantemente degradata ad un gioco di ombre cinesi, lo si constata proprio sulla questione più illuminante dello stato di salute democratica di un paese appena al di qua dell’Oceania di orwelliana memoria: “l’agenda”, ossia la scala di priorità politico-economiche e socio-politico-culturali propria di ogni parte politica, destinate poi a tradursi in concreti provvedimenti legislativi o, quantomeno, in proposte di testi legislativi quando non si hanno i numeri parlamentari per far diventare, per l’appunto, quelle priorità provvedimenti di legge.
In pratica, compilare l’agenda vuol dire scegliere se far diventare un’emergenza nazionale gli stakeholders o i rom; scegliere se adottare tutti gli strumenti utili per provare a tutelare quello che resta dell’ambiente di Marcianise, di Caserta, di Acerra ecc.…. e della salute pubblica ed individuale delle relative popolazioni dai sistematici, esiziali attentati degli intermediari in doppiopetto grigio della camorra, oppure se usare tutti gli strumenti idonei ad attizzare le più isteriche e carognesche paure del debordante ventre flaccido di questo paese (al cui interno, ovviamente, fanno gran bella mostra di sé larghe fette proprio delle popolazioni il cui territorio e la cui salute pubblica sono più massacrate dalle mafie, come insegna il caso di Ponticelli), canalizzandole verso bersagli sociali ed umani sempre accuratamente scelti tra i più facili e fragili.
Decidere se è più urgente inserire nel codice penale norme che garantiscano un minimo di serietà, prim’ancora che di efficacia, nella repressione di reati dal devastante impatto socio-ambientale, come quello di discarica abusiva, oppure varare l’ennesimo strillato “pacchetto sicurezza” destinato solo a saziare nell’immediato le foie di gogne e di roghi delle maggioranze rancorose delle nostre città, prive solo di decoro individuale e di etica pubblica, producendo un pò di dolore sociale in più a carico di persone prive di tutto fuorché di dolore, sociale ed individuale.
Ma la questione è già ampiamente risolta; la priorità nettamente individuata, l’agenda non solo scritta, ma incisa nelle tavole della legge penale propugnata e praticata come ramazza sociale, buono a ripulire la società dalle figure più brutte e sporche, non certo dai figuri più cattivi e nocivi.
Legge penale fondata sul principio della molestia percepita, non su quello dell’offesa effettiva; alla faccia dell’abc del diritto penale di uno stato di diritto, prim’ancora che di uno stato democratico.
Occorrerebbe qualche allievo appena men che sciocco e servile che si rifiutasse, con un sussulto di dignità, di continuare a scrivere quell’agenda infame sotto la dettatura dei maestri bipartisan (cupi o macchiettistici che siano) tanto della paura dei falsi pericoli quanto dell’oblio, quando non proprio della connivenza con i nemici veri della società.
Occorrerebbe un’opposizione neanche necessariamente di sinistra, anche solo democratica, consapevole, se non proprio orgogliosa, del proprio ruolo democraticamente vitale e vivificante.
Tutto quel che abbiamo, invece, è un governo-ombra; un’opposizione di ombre cinesi, per l’appunto, che vengono ingigantite ed animate solo perché un ininterrotto, abbacinante fascio di luce le proietta con ossessiva frequenza sugli schermi a reti unificate.
A coloro che ancora, inspiegabilmente, non si rassegnano all’idea di veder da un lato demonizzare e deportare centinaia di uomini, donne e bambini, colpevoli solo di vivere in roulottes e di vestire stracci, e dall’altro di veder assolvere, quando non omaggiare, feroci criminali, innocenti solo perché girano in suv e vestono Prada, non basterà solo scegliere spettacoli alti e nobili, come il film dal quale sono partite queste note, al posto di qualsiasi altra insulsa esibizione di ombre cinesi, delle quali i mezzi d’intossicazione di massa, anche qui senza distinzioni di “appartenenza”, sono ricolmi: essi dovranno rassegnarsi all’idea di abbandonare il ruolo di spettatori.
Fasano, 19\\5\\2008
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