Il piano per l’edilizia soccombe davanti al piano paesaggistico regionale della Sardegna.

di Stefano DELIPERI

 

L’ordinanza T.A.R. Sardegna, Sez. II, 18 marzo 2011, n. 135 ha, di fatto, fermato l’applicazione del c.d. piano per l’edilizia (legge regionale Sardegna n. 4/2009) nella fascia di tutela integrale dei mt. 300 dalla battigia marina.

 

Il caso specifico è quello dell’ampliamento (6 family suites, un parcheggio interrato, una nuova piscina, una nuova area servizi di ristorazione, rimodulazione delle restanti aree esterne e adeguamento/ampliamento del corpo centrale) dell’Hotel Romazzino (Sardegna Resorts s.r.l., gruppo Colony Capital): lo stesso rilascio dei titoli abilitativi risulta in contrasto con le disposizioni del piano paesaggistico regionale – P.P.R. (artt. 19-20 delle norme di attuazione), dove definisce la fascia costiera (spesso ben più ampia di quella dei mt. 300 della battigia marina) “quale ‘bene paesaggistico d’insieme’ e ‘risorsa strategica fondamentale’ (art. 19, comma 1), vietando al suo interno qualunque intervento di trasformazione (art. 20, comma 1), con la sola eccezione degli interventi (per quanto ora di specifico interesse) di ‘a) riqualificazione urbanistica e architettonica degli insediamenti turistici o produttivi esistenti; b) riuso e trasformazione a scopo turistico-ricettivo di edifici esistenti; c) completamento degli insediamenti esistenti’ (art. 20, comma 2, n. 2), tutti attivabili previa intesa di cui all’art. 11, lett. c)”.

 

Gli interventi previsti all’Hotel Romazzino non rientrano – a giudizio del T.A.R. Sardegna – fra quelli per cui operano le “deroghe” di cui all’art. 20, comma 1°, delle norme di attuazione del P.P.R.  Conseguentemente sono illegittime l’autorizzazione paesaggistica emanata dal Servizio regionale tutela paesaggistica e la successiva presa d’atto positiva da parte della competente Soprintendenza.

 

Né poteva autorizzare gli interventi previsti il complesso di disposizioni di cui alla legge regionale Sardegna n. 4/2009, il c.d. piano per l’edilizia.   Non l’art. 12, applicabile a “interventi di alta qualità paesaggistica” solo se non siano previsti aumenti di volumetrie.   Nemmeno l’art. 13 (aumento di cubatura fino ad un massimo del 25% per la riqualificazione di strutture destinate all’esercizio di attività turistico-ricettive): infatti, il relativo impianto delle deroghe “presuppone il preventivo recepimento delle stesse all’interno della pianificazione paesaggistica regionale, mediante modifica del P.P.R. e delle correlative misure di salvaguardia”.

 

Il P.P.R. è investito dal decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. “(espressione della competenza legislativa statale prevista, in subiecta materia, dall’art. 117, comma 2, lett. s, della Costituzione: cfr., ex multis, Corte costituzionale, 29 maggio 2009, n. 164)” del “compito di dettare il regime giuridico concretamente applicabile a quella tipologia di bene, che riveste particolare importanza sotto il profilo paesaggistico e ambientale”.

 

Quindi la stessa legge regionale non può che assegnare al P.P.R. la previsione di eventuali eccezioni al sistema generale di salvaguardia dei beni ambientali e paesaggistici tutelati, in primo luogo la fascia dei mt. 300 dalla battigia marina.      Se vi fosse una portata precettiva diretta, la norma sarebbe in conflitto con le competenze statali costituzionalmente garantite.

 

Diversa è l’ipotesi dell’incremento volumetrico del 10%, a determinate stringenti condizioni, per gli immobili anche ricadenti nella fascia dei mt. 300 dalla battigia marina (art. 4 della legge regionale Sardegna n. 4/2009), che non presuppone un intervento del P.P.R. per dare concreta esecuzione ai precetti legislativi.

Un provvedimento giurisdizionale, seppure a carattere cautelare, che riconosce ulteriore forza al P.P.R., ma rende ancora più scoperti i tentativi striscianti tutt’altro che virtuosi di modificarlo.

 

 

Dott. Stefano Deliperi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 00135/2011 REG.ORD.CAU.

N. 00039/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 39 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

 

A.B.C. s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesca Corda, Alessio Diego Scano e Roberto Scano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesca Corda, in Cagliari, via Andrea Galassi;

 

contro

- Comune di Arzachena, rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Bazzoni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Monica Macciotta in Cagliari, via San Salvatore da Civita n.11;
- Regione Autonoma della Sardegna, Direzione Generale della Pianificazione Urbanistica Territorio e Vigilanza Edilizia, rappresentati e difesi dagli avv. Alessandra Camba e Mattia Pani, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale dell’Ente, in Cagliari, viale Trento n. 69;
- Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici di Sassari;

nei confronti di

Sardegna Resorts s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Massimo Massa e Marcello Vignolo, con domicilio eletto presso il loro studio, in Cagliari, piazza del Carmine n. 22;

per l’annullamento, previa sospensione dell'efficacia:

con il ricorso:

- del provvedimento abilitativo n. 131/2010, rilasciato dal Comune o di Arzachena il 28 maggio 2010;

con i motivi aggiunti:

- dello stesso provvedimento impugnato con il ricorso;

- delle risultanze del tavolo tecnico tenutosi in data 16 e 20 aprile 2010, aventi ad oggetto lo svolgimento dell’attività istruttoria e il conseguente rilascio di parere tecnico in ordine alla realizzazione dell’ampliamento dell’Hotel Romazzino;

- della deliberazione del Consiglio comunale 27 maggio 2010, n. 29, di approvazione del programma di riqualificazione di alcuni Hotel della Sardegna Resorts s.r.l., tra i quali anche l’Hotel Ramazzino;

- della convenzione stipulata in data 28 maggio 2010 tra il Comune di Arzachena e la Sardegna Resorts s.r.l., avente ad oggetto la realizzazione del “Programma di riqualificazione del sistema ricettivo alberghiero Costa Smeralda”;

- del nulla osta paesaggistico rilasciato con determinazione n. 296/09/OT del 22 luglio 2009;

- dell’atto di controllo positivo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Sardegna 11 agosto 2009, n. 9093/SS.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Arzachena, di Sardegna Resorts s.r.l. e della Regione Sardegna;

Vista le domande di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati, presentate in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2011 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Ritenuto, ad un primo esame, che il ricorso ed i motivi aggiunti siano assistiti da molteplici elementi di fondatezza, quanto meno in virtù delle considerazioni che seguono:

1) Si prescinde, in questa sede cautelare, da un approfondito esame delle eccezioni di carattere preliminare sollevate da parte resistente (tardività, omessa notifica del ricorso alla Regione Sardegna e omessa impugnazione degli atti presupposti del procedimento), che appaiono, comunque, infondate, posto che, in sintesi, il dies a quo del termine di impugnazione notoriamente decorre dalla conoscenza effettiva e piena degli atti lesivi (la quale deve essere provata dalla stessa parte che formula l’eccezione), così come il prospettato difetto di contraddittorio e di causa petendi può considerarsi sanato in virtù dell’intervenuta costituzione in giudizio della Regione Sardegna e della presentazione di motivi aggiunti aventi ad oggetto la fase prodromica del procedimento.

2) In relazione al fumus boni iuris (che va esaminato soprattutto con riferimento alle censure dedotte con i motivi aggiunti, a seguito della piena conoscenza, da parte della ricorrente, di tutti gli atti del procedimento), si osserva, in primo luogo, limitando in questa sede l’esame alle censure di carattere più spiccatamente sostanziale, che l’articolato iter amministrativo finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e della concessione edilizia oggetto di causa - avviato ancor prima dell’entrata in vigore della legge Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4, e riguardante, peraltro, anche numerose altre strutture alberghiere di zona, nell’ambito di un generale “Programma di riqualificazione” - si è posto fin dall’inizio (e a maggior ragione) in contrasto con il quadro normativo vigente, nella parte in cui ha previsto la realizzazione, in un’area compresa nella fascia di 300 metri dalla linea di battigia, di nuovi fabbricati separati dalla preesistente struttura alberghiera dell’Hotel Romazzino (si tratta, in particolare, di n. 6 family suites, di un parcheggio interrato, di una nuova piscina, di una nuova area servizi di ristorazione, nonché della rimodulazione delle restanti aree esterne e dell’adeguamento e ampliamento del corpo centrale).

3) E, difatti, tale scelta già allora incontrava ostacolo nel Piano Paesaggistico Regionale (entrato in vigore con deliberazione della Giunta Regionale 5 settembre 2006, n. 36/7).

Si fa riferimento, in particolare - non già all’art. 12, comma 2, delle N.T.A. del P.P.R. (richiamato da parte ricorrente ma in realtà annullato con sentenza di questo Tribunale n. 2241/2007, ormai passata in giudicato in parte qua) - bensì agli artt. 19 e 20 dello stesso Piano, i quali definiscono la fascia costiera (che individuano, peraltro, in un’area più ampia rispetto ai 300 metri dalla linea di battigia, secondo la descrizione contenute nella cartografia allegata al P.P.R.) quale “bene paesaggistico d’insieme” e “risorsa strategica fondamentale” (art. 19, comma 1), vietando al suo interno qualunque intervento di trasformazione (art. 20, comma 1), con la sola eccezione degli interventi (per quanto ora di specifico interesse) di “a) riqualificazione urbanistica e architettonica degli insediamenti turistici o produttivi esistenti; b) riuso e trasformazione a scopo turistico-ricettivo di edifici esistenti; c) completamento degli insediamenti esistenti” (art. 20, comma 2, n. 2), tutti attivabili previa intesa di cui all’art. 11, lett. c)..

È però da escludere che l’intervento proposto rientri in una delle tipologie ammesse e in particolare:

- non nella tipologia di cui alla lett. a), perché nel caso in esame non può certo parlarsi di mera “riqualificazione”, bensì di un imponente intervento costruttivo teso a realizzare sei nuovi corpi di fabbrica (oltre a varie strutture di supporto), fisicamente separati dalla struttura alberghiera d’origine e, per giunta, prospicienti il mare;

- neppure nelle tipologie di cui alle lett. b) e c), in quanto i relativi concetti di “trasformazione” e “completamento” devono essere logicamente intesi - in assenza di previsioni normative di segno differente - “a volumetria invariata”, nel senso che ai fini della “trasformazione” e del “completamento” potrà essere utilizzata esclusivamente la volumetria ancora disponibile (e pur sempre nei limiti e alle condizioni indicate dall’art. 15 del P.P.R.), mentre nel caso di specie è intenzione della ricorrente costruire nuova e ulteriore volumetria, in misura, peraltro, assai cospicua.

4) Quanto sin qui esposto comporta già di per sé l’illegittimità degli impugnati atti convenzionali e di programmazione, nonché della determinazione 22 luglio 2009, n. 296/09/OT (con cui l’Assessorato Regionale agli Enti Locali e Urbanistica ha rilasciato il nulla osta paesaggistico) e della successiva nota di conferma della Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici (n. 9093/SS dell’11 agosto 2009), oltre che, in via derivata, dello stesso titolo edilizio finale.

5) Né il quadro normativo è significativamente mutato a seguito dell’entrata in vigore della legge Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4, cui le Amministrazioni interessate hanno fatto, invece, da quel momento in poi costante richiamo (cfr. la “verifica di coerenza” di cui all’art. 13, comma 2, della citata legge regionale, avviata dal Comune di Arzachena e confluita nel “Tavolo tecnico” tenutosi in data 16 e 20 aprile 2010; nonché i conseguenti provvedimenti attuativi, tra cui la definitiva approvazione del “Programma di riqualificazione” e il conclusivo titolo edilizio, ove si citano proprio le disposizioni introdotte dalla nuova legge regionale).

6) Al riguardo si evidenzia, in primis, l’erroneità del richiamo operato all’art. 12 della legge Regione Sardegna n. 4/2009, contenuto in alcuni degli atti impugnati, perché tale norma consente solo interventi volti ad obiettivi di elevata qualità paesaggistica e senza aumento di volumetria (come si ricava dal tenore del quarto comma, secondo cui ove “la realizzazione degli interventi programmati necessiti di variante agli strumenti urbanistici si procede secondo le vigenti disposizioni legislative”), mentre qui si è in presenza, come detto, di un intervento edilizio con finalità turistico - ricettive e che comporta un rilevante incremento volumetrico.

7) Neppure è stato rispettato il disposto di cui all’art. 13, comma 1, lett. e), della stessa legge regionale, sul quale si sono maggiormente concentrate le amministrazioni e le loro difese, posto che l’aumento di cubatura fino ad un massimo del 25% da esso consentito per la riqualificazione di strutture destinate all’esercizio di attività turistico - ricettive presuppone la concomitante presenza di tre autonome condizioni, nessuna delle quali è dato in questo caso riscontrare, per le ragioni che si passa ad esporre.

8) In primo luogo perché l’intero impianto di “deroghe” introdotto dall’art. 13 - avente carattere di eccezionalità rispetto ad un sistema di tutela paesaggistica per definizione costruito e articolato in altre sedi normative - presuppone il preventivo recepimento delle stesse all’interno della pianificazione paesaggistica regionale, mediante modifica del P.P.R. e delle correlative misure di salvaguardia.

Depone univocamente in tal senso, sul piano dell’interpretazione letterale, l’incipit dello stesso art.13 (al comma 1), che regge tutte le previsioni successive, secondo cui “I piani paesaggistici, le loro varianti e gli atti di aggiornamento e revisione di cui all'articolo 11, introducono norme temporanee di salvaguardia e possono indicare le opere eseguibili sino all'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, nel rispetto dei seguenti principi e direttive…”, il che testimonia come la funzione concreta dell’intera norma sia quella di dettare principi e limiti cui i piani paesaggistici regionali dovranno attenersi nell’introdurre in concreto le ipotesi derogatorie.

L’assunto trova poi dirimente conferma, sotto un profilo sistematico, nella considerazione che la fascia costiera (quanto meno nei 300 metri dalla linea di battigia) ha natura di “bene paesaggistico ex lege”, ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (espressione della competenza legislativa statale prevista, in subiecta materia, dall’art. 117, comma 2, lett. s, della Costituzione: cfr., ex multis, Corte costituzionale, 29 maggio 2009, n. 164) e riceve tutela nella disciplina contenuta negli artt. da 143 a 145 dello stesso d.lgs. n. 42/2004, la quale, a sua volta, demanda proprio ai piani paesaggistici regionali il compito di dettare il regime giuridico concretamente applicabile a quella tipologia di bene, che riveste particolare importanza sotto il profilo paesaggistico e ambientale.

È, quindi, assolutamente ragionevole - oltre che giuridicamente indiscutibile - ritenere che la legge regionale, nel momento in cui ha reso possibili alcune eccezioni al vigente sistema di tutela paesaggistica con specifico riferimento ad un bene così importante, ne abbia però rimesso la concreta attuazione al piano paesaggistico regionale, unico strumento direttamente investito dal legislatore statale della funzione di contemperare l’obiettivo di un razionale sfruttamento del territorio con l’esigenza, non meno importante, che ciò avvenga in modo compatibile con la tutela di quella tipologia di beni paesaggistici.

9) In base a queste premesse deve essere correttamente inteso anche lo specifico disposto dell’art. 13, comma 2, della l.r. n. 4/2009, ove si legge che “Le disposizioni di cui al comma 1 sono provvisoriamente efficaci e trovano immediata applicazione sin dalla data di entrata in vigore della presente legge…”.

Per quanto esposto, infatti, il significato da attribuire a tale previsione - la quale appare, peraltro, frutto di un intervento che presuppone un non facile coordinamento con un’altra disposizione normativa sempre contenuta nella l.r. n. 4/2009 (su questo aspetto si tornerà diffusamente al successivo punto 10) - non può essere quello di un’immediata e diretta liberalizzazione di interventi sulla fascia costiera, anche in deroga alle previsioni vincolistiche tuttora contenute nel P.P.R. (vedi supra quanto osservato in relazione agli artt. 19 e 20 dello stesso), bensì, più semplicemente, quello di una precisazione in ordine all’immediata operatività dei principi e criteri direttivi cui lo stesso P.P.R. è chiamato ad ispirarsi in sede di concreta attuazione delle deroghe volute dal legislatore regionale.

Ove così non fosse - e si volesse, invece, attribuire all’art. 13, comma 1, l.r. n. 4/2009 una portata precettiva diretta, tale da consentire l’attuazione delle ivi previste deroghe a prescindere dal loro previo recepimento attuativo nel Piano - si finirebbe per far confliggere la normativa regionale con quella statale e, di conseguenza, con il criterio costituzionale di riparto delle materie tra Stato e Regione, nonché, in ultima analisi, con il valore costituzionalmente garantito “tutela del paesaggio”, nei termini già descritti al punto 8, per cui si deve senz’altro prediligere l’opposta interpretazione costituzionalmente orientata, peraltro univocamente evincibile dal tenore testuale della norma, come già si è osservato.

10) Tale conclusione incontra, infine, un’ulteriore conferma all’interno della stessa legge regionale n. 4/2009, la quale contempla, all’art. 4, un’altra disposizione derogatoria, distinta rispetto al già esaminato art. 13 ma pur sempre riguardante l’ediliizia a scopo turistico - ricettivo.

In particolare l’art. 4, comma 1, della l.r. n. 4/2009 - proprio con riferimento alla tipologia di immobili in questione, ancorché “situati in aree extraurbane nella fascia costiera dei 300 metri dalla linea di battigia” (quindi esattamente la stessa situazione di cui si occupa l’art. 13) - consente un incremento “del 10 per cento della volumetria esistente alla data del 31 marzo 2009”, a condizione che il relativo intervento determini “il contenimento del consumo energetico…oppure si dimostri che l'immobile rispetti i parametri di cui al decreto legislativo n. 192 del 2005, e successive modifiche ed integrazioni e si consegua il miglioramento della qualità architettonica”, con l’ulteriore precisazione, contenuta al comma 3, che per tali interventi “deve essere rispettata la condizione che l'incremento volumetrico sia prioritariamente destinato a servizi turistici dell'attività aziendale senza aumento del numero di posti letto e che venga sempre realizzato in arretramento rispetto all'edificio preesistente e non verso il mare”.

Questa disposizione a differenza dell’art. 13, si propone come “direttamente efficace” in materia di edificazione sulla fascia costiera, non richiedendo alcun previo intervento del P.P.R. quale strumento intermedio di attuazione dei propri meccanismi derogatori. E questo - in disparte il fatto che l’art. 4 non incide concretamente sulla fattispecie in esame, per insussistenza dei relativi presupposti (giacché la norma consente incrementi volumetrici assai inferiori rispetto all’art. 13, non permette la creazione di nuovi posti letto ed esige che l’ampliamento sia realizzato in arretramento rispetto all'edificio preesistente) - consente di operare un significativo confronto di tipo testuale tra le due disposizioni, dal quale emerge inequivocabilmente che soltanto la prima (cioè l’art. 4), e non anche la seconda (cioè l’art. 13), è suscettibile di applicazione diretta (senza cioè il previo recepimento all’interno del piano paesaggistico regionale), pur con tutti i profili di sospetta illegittimità costituzionale già prospettati in relazione ad un simile modello normativo in ambito paesaggistico.

Il confronto tra le due norme è utile anche sotto diverso profilo, questa volta non di tipo testuale ma sistematico, che evidenzia come l’approccio ermeneutico proposto dalle amministrazioni resistenti e dalla società controinteressata porti a delineare un assetto complessivo, nel rapporto tra le due norme (art. 4 e art. 13), assolutamente incongruo.

E, difatti, ove si accogliesse quella tesi si arriverebbe all’illogica conclusione che, pur a parità di presupposti di partenza (costruzione nei 300 metri dal mare, con finalità turistico - ricettive), per aumenti di volumetria fino al 10% sarebbero richiesti gli obiettivi del “contenimento del consumo energetico” e del “miglioramento della qualità architettonica”, unitamente alla “positiva valutazione della (ancora istituenda) Commissione regionale di cui all’art. 7” (in questi termini si esprime, infatti, l’art. 4, comma 1), mentre per aumenti di volumetria superiore, cioè sino al 25%, sarebbero previste prescrizioni meno impegnative, non essendo richiesta alcuna valutazione da parte della citata Commissione Regionale per il Paesaggio e la Qualità Architettonica, ma solo una “meno invasiva” verifica di coerenza delle volumetrie programmate (così si esprime l’art. 13, comma 2).

In altre parole, poiché dal punto di vista dell’iter amministrativo è molto più complesso aumentare la volumetria del 10% (ex art. 4) che del 25% (ex art. 13), nelle stesse zone e per le stesse finalità, tale differenza normativa si giustifica solo ove si ritenga che gli interventi di cui all’art. 13, a differenza di quelli previsti dall’art. 4, debbano essere stati previamente recepiti dal Piano Paesaggistico Regionale.

11) Vi è, poi, da rilevare - e qui si giunge alle altre prefigurate (e autonome) condizioni di operatività dell’art. 13, comma 1, lett. e) - come tale disposizione consenta soltanto incrementi volumetrici operati “ai fini della riqualificazione delle strutture destinate all'esercizio di attività turistico - ricettive”, mentre nel caso in esame, come già si è osservato (cfr. il precedente punto 3) non può certo parlarsi di mera “riqualificazione”, data la consistenza dell’intervento edilizio proposto, che comporta, fra l’altro, la realizzazione di nuova volumetria da allocare in edifici fisicamente separati dalla struttura alberghiera d’origine.

Questi ultimi, per giunta, sembrano essere previsti in maggiore sporgenza verso il mare rispetto al fabbricato originario, il che costituisce un terzo e autonomo motivo di contrasto con l’art. 13, comma 1, lett. e), ove si esige che i nuovi volumi “si sviluppino non verso il mare”, cioè più indietro rispetto alla struttura originaria, avendo come punto di riferimento la linea di battigia.

12) Passando all’esame del periculum in mora, è sufficiente osservare che l’intervento edilizio è tuttora in corso, restando da realizzare quattro delle sei previste family suites, oltre a svariati elementi di carattere estetico e impiantistico (cfr. documentazione prodotta da parte ricorrente all’odierna camera di consiglio), per cui si rende necessario sospenderne la prosecuzione al fine di evitare un aggravamento del danno lamentato da parte ricorrente, il quale, peraltro, assume pregnanza in ragione della immediata vicinitas tra i due fondi e del fatto che la società ABC utilizza, a sua volta, il proprio immobile per finalità turistico - ricettive, che potrebbero risultare lese dalla modificazione dello stato dei luoghi e del paesaggio.

13) Le esaminate domande cautelari meritano, quindi, accoglimento, con la conseguente sospensione di tutti i provvedimenti impugnati e la condanna delle parti soccombenti al pagamento delle spese relative al giudizio cautelare - liquidate in dispositivo - ai sensi dell’art. 57 del nuovo Codice del Processo Amministrativo, tenuto conto, fra l’altro, della particolare complessità delle difese svolte nella presente fase e nel corso di quella cautelare monocratica.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

Accoglie le domande cautelari contenute nel ricorso e nei motivi aggiunti e, per l'effetto, sospende l’efficacia della concessione edilizia n. 131/2010 e degli altri provvedimenti impugnati, nei limiti in cui essi incidono sull’interesse della società ricorrente come fatto valere nel presente giudizio, in relazione al su indicato titolo edilizio.

Fissa per la trattazione del ricorso nel merito l’udienza pubblica del 15 giugno 2011.

Condanna le Amministrazioni resistenti e la Società controinteressata al pagamento delle spese di giudizio relative alla presente fase cautelare, che liquida in euro 1.000,00 (mille/00) per ciascuna delle parti soccombenti, in favore della società ricorrente.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:

Rosa Maria Pia Panunzio, Presidente

Marco Lensi, Consigliere

Antonio Plaisant, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/03/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)