TAR Piemonte Sez.II sent. 1217 del 26 maggio 2008
Ambiente in genere. Legittimazione ad agire associazioni ambientaliste
Nel nostro ordinamento opera un duplice sistema di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, nel senso che il potere di individuazione ministeriale, conferito dall'art. 13 della L. 349 del 1986, non esclude il potere del giudice di applicare direttamente la norma di cui all'art. 18, accertando, caso per caso, la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione
Ambiente in genere. Legittimazione ad agire associazioni ambientaliste
Nel nostro ordinamento opera un duplice sistema di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, nel senso che il potere di individuazione ministeriale, conferito dall'art. 13 della L. 349 del 1986, non esclude il potere del giudice di applicare direttamente la norma di cui all'art. 18, accertando, caso per caso, la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1474 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
LEGAMBIENTE – ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA NAZIONALE, Onlus, corrente in Roma, Via Salaria n. 403, in persona del Presidente di Legambiente Piemonte e legale rappresentante pro tempore, Sig.ra Vanda Bonardo,
LEGAMBIENTE PIEMONTE, ONLUS, corrente in Torino, Via Pergolersi n. 116, in persona del Presidente di Legambiente Piemonte e legale rappresentante pro tempore, Sig.ra Vanda Bonardo,
sig.ra VALLINO Rossana, residente in Saluggia, Via Roma n. 18, appartenente a Pro Natura Vercelli,
Sig.ra PADOAN Brunella, residente a Torino, Via Saluzzo 115, appartenente a Legambiente Biella,
Sig. GODIO Gian Pier Battista, appartenente a Legambiente Vercelli,
Sig. MARANGON Lorenzo, residente a Veglio, Frazione Romanuina 11, appartenente a Pro Natura Biellese,
Sig. GALLICO Emanuele, residente a Roppolo, Via Giacinto Massa 20,
Sig.ra CEI Simonetta, residente a Santhià, Via Dolomiti 1,
Sig.ra FARIELLO Savina, residente a Cavaglià, Via Rodino 21,
Sig.ra RIVA Alba, residente a Cavaglià, Casc. Nomassone 107,
tutti rappresentati e difesi dal prof. avv. Claudio Dal Piaz e dall’avv. Chiara Servetti ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Torino, via S. Agostino n. 12;
contro
Provincia di Biella, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. prof. Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Torino, via S. Francesco d'Assisi n. 14;
nei confronti di
A.S.R.A.B. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Cinzia Picco, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Torino, via S. Francesco d'Assisi n. 14;
CAVAGLIA’ Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Jacopo Gendre, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via S. Francesco d'Assisi n. 14;
e con l'intervento di
Comune di CAVAGLIA’, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Enrico Angesia e Paolo Campanale, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via Vittorio Amedeo II n. 19;
per l'annullamento, previa sospensione,
- della determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2638 in data 2/8/07, avente ad oggetto "Complesso IPPC Discarica per rifiuti non pericolosi A.S.R.A.B. S.p.A. - sede legale di Via Italia n. 68 13900 Biella, e sede operativa in Cavaglià (BI), località Gerbido - progetto di "rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore. Giudizio di compatibilità ambientale - autorizzazione unica per la realizzazione di variante sostanziale all'impianto ai sensi dell'art. 208 del D.Lgs. n. 152/06";
- della determinazione della dirigente settore tutela ambientale della Provincia di Biella n. 2636 in data 2/8/07, avente ad oggetto "Complesso IPPC Discarica per rifiuti non pericolosi A.S.R.A.B. S.p.A. - sede legale Biella Gerbido - progetto di "rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore"; art. 12 L.R. 40/98 conferenza dei servizi VIA più autorizzazione unica per la realizzazione di variante sostanziale all'impianto ai sensi dell'art. 208 del D. Lgs. n. 152/06 - art. 14 ter comma 6 bis legge n. 241/90 e ss.mm.ii.: determinazione di conclusione del procedimento";
nonchè per l'annullamento
degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento, allo stato non noti, ed in ordine ai quali si formula fin d'ora espressa riserva di motivi aggiunti di ricorso;
nonché per l’annullamento, occorrendo,
di tutti i verbali della Conferenza di Servizi della Provincia di Biella, nonché dei verbali dell’Organo Tecnico e del Comitato Tecnico Provinciale.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Biella;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della A.S.R.A.B. Spa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Cavaglià Spa;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum del Comune di Cavaglià;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/04/2008 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con deliberazione della Giunta Provinciale della Provincia di Biella n. 293 del 25.07.2000 A.S.R.A.B. s.p.a. veniva autorizzata alla realizzazione e alla gestione di una discarica sita nel territorio del Comune di Cavaglià.
In data 25.08.2006, A.S.R.A.B. s.p.a. presentava alla Provincia di Biella un’istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, ex art. 12 della legge regionale 1998 n. 40, relativamente al progetto denominato “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore”, ricompresso nella tipologia n. 8 dell’allegato A 2 della legge regionale 1998 n. 40.
La domanda presentata comprendeva anche: 1) istanza di modifica dell’A.I.A. (autorizzazione integrata ambientale) per complessi I.P.P.C., ex art. 10 del D.L.vo 2005 n. 59; 2) istanza ai sensi degli artt. 208-210 del D.L.vo 2006 n. 152 per l’autorizzazione alle modifiche della discarica; 3) istanza ai sensi dell’art. 269 del D.L.vo 2006 n. 152 per l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
La Provincia di Biella indiceva una conferenza di servizi ai sensi degli artt. 12 e 13 della legge regionale 1998 n. 40, invitando a parteciparvi anche la Provincia di Vercelli, il Comune di Alice Castello, il Comune di Carisio, il Comune di Cavaglià, il Comune di Dorzano, il Comune di Roppolo, il Comune di Salussola, il Comune di Santhià, l’A.R.P.A. Piemonte Dip. to Biella, l’A.S.L. n. 12 Dip.to Prevenzione Biella, la Regione Piemonte, la Sopraintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici del Piemonte, il Corpo Forestale dello Stato - Biella, il CO.S.R.A.B. - A.T.O. Biella, la società “Comuni Riuniti Società Gestione Servizi” s.p.a..
L’amministrazione provinciale biellese sviluppava un procedimento unico ai sensi dell’art. 12, comma 3, della legge regionale 1998 n. 40, finalizzato “all’espressione del giudizio di compatibilità ambientale, comprensivo delle autorizzazioni ambientali ed urbanistiche necessarie alla realizzazione del progetto, nonché all’eventuale rilascio coordinato di ulteriori provvedimenti”.
In definitiva, il procedimento era finalizzato al rilascio del parere di compatibilità ambientale, ex art. 12 della legge regionale 1998 n. 40, alla modifica dell’autorizzazione integrata ambientale per complessi I.P.P.C., ex art. 10 del D.L.vo 2005 n. 59, alla modifica dell’autorizzazione per impianti di gestione di rifiuti, ex artt. 208 e 210 del D.L.vo 2006 n. 152, al rilascio dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ex art. 269 del D.L.vo 2006 n. 152, al rilascio del permesso di costruire ex D.P.R. 2001 n. 380.
Sul piano istruttorio la Provincia si avvaleva di un proprio organismo tecnico, composto dall’Organo Tecnico Presso la Provincia, di cui all’art. 7 della legge regionale 1998 n. 40 e dal Comitato Tecnico Provinciale per i problemi ambientali, nonché del supporto tecnico scientifico dell’A.R.P.A. (agenzia regionale per la protezione ambientale) Piemonte.
I lavori della conferenza di servizi si sviluppavano in cinque sessioni tenute, rispettivamente, in data 14.11.2006, 27.11.2006, 11.12.2006, 19.06.2007 e 11.07.2007.
Con atto n. 2636 del 02.08.2007 il Dirigente del Settore Tutela Ambientale ed Agricoltura della Provincia di Biella adottava la determinazione conclusiva del procedimento svolto in conferenza di servizi.
Successivamente, il medesimo Dirigente adottava, ex art. 14 ter della legge 1990 n. 241, il provvedimento finale n. 2638 datato 02.08.2007, con il quale determinava “1) di esprimere giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto denominato “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore”, localizzato in Comune di Cavaglià (BI), reg. Gerbido, presentato da A.S.R.A.B. s.p.a., … 2) di approvare il Progetto denominato “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore” di modifica sostanziale della discarica di rifiuti non pericolosi sita in Comune di Cavaglià, loc. Gerbido, ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. 152/06, quale autorizzazione unica alla realizzazione ed esercizio della variante medesima. 3) Di stabilire che il presente provvedimento costituisce approvazione di modifica sostanziale complesso IPPC già autorizzato con Determinazione Dirigenziale n. 259 del 31/1/05. Il presente atto costituisce nuova Autorizzazione Integrata Ambientale con validità 5 anni a decorrere dalla sua emanazione ed integra le seguenti autorizzazioni ambientali:
autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento rifiuti ai sensi dell’art. 210 del D.Lgs. 152/06.
autorizzazione alle emissioni in atmosfera ai sensi dell’art. 269 del D.Lgs. 152/06.
Autorizzazione allo scarico di acque meteoriche in rete fognaria a i sensi del D.Lgs. 152/06;
4) Di stabilire che l’efficacia dei punti 2 e 3 del dispositivo del presente atto è subordinata all’accettazione di idonee garanzie finanziarie, aggiornate in funzione della durata dell’autorizzazione e delle variazioni introdotte alla morfologia della discarica. …”
Con ricorso notificato il 15.11.2007, Legambiente - Associazione Ambientalista Nazionale, Legambiente Piemonte onlus, la sig.ra Vallino Rossana, la sig.ra Padoan Brunella, il sig. Godio Gian Pier Battista, il sig. Marangon Lorenzo, il sig. Gallico Emanuele, la sig.ra Cei Simonetta, la sig.ra Fariello Savina, la sig.ra Alba Riva, impugnavano gli atti indicati in epigrafe deducendo i seguenti motivi:
I. - “Con riferimento al procedimento di valutazione di impatto ambientale ed alla determina del Dirigente della Provincia di Biella n. 2636 in data 02.08.2007 conclusiva del procedimento”:
1) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 4 L. R. n. 40/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti premettono, in punto di fatto, che la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. è adiacente ad altra discarica di proprietà della Cavaglià s.p.a.. Le due discariche costituiscono un unico complesso, insistono sullo stesso sito, sono divise solo da una parete, sicché l’ampliamento ed, in particolare, la sopraelevazione dell’una comporta necessariamente l’innalzamento dell’altra.
Ciò nonostante, il procedimento di valutazione di impatto ambientale non è stato unitario per le due discariche, con conseguente violazione dell’art. 4, comma 5, della legge regionale 1998 n. 40, nella parte in cui dispone, in materia di V.I.A. (valutazione di impatto ambientale), che se un progetto comporta opere o interventi di diverso tipo preliminari o contestuali, finalizzati o funzionali alla realizzazione di più opere funzionalmente connesse tra loro è sottoposto a V.I.A. il progetto complessivo.
2) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater L. n. 241/1990. Violazione di legge e/o erronea interpretazione e applicazione in relazione agli att. 3, 182 e 201 D.L.vo n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento”.
I ricorrenti sviluppano cinque censure.
Con la prima lamentano la violazione dell’art. 14 bis della legge 1990 n. 241, in quanto in relazione alla procedura di V.I.A. la conferenza di servizi non ha esaminato l’ipotesi zero.
Con la seconda deducono l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento, in quanto l’ampliamento della discarica non è aderente al principio di autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali, emergente, tra l’altro, dagli artt. 182 e 201 del D.L.vo 2006 n. 152.
Con la terza censura i ricorrenti considerano che nel corso della conferenza di servizi il Comune di Cavaglià ha manifestato il proprio parere negativo, pertanto, trattandosi del dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela della salute e della pubblica incolumità, l’autorità procedente doveva rimettere la decisione alla Conferenza unificata, di cui all’art. 14 quater, comma 3 lett. c, della legge 1990 n. 241.
Con la quarta censura i ricorrenti lamentano che il parere espresso dal Comune di Cavaglià non è stato correttamente verbalizzato durante la conferenza di servizi.
Con la quinta censura i ricorrenti rilevano che la determinazione di conclusione del procedimento non prevede espressamente l’effetto di variante al P.R.G., con la conseguenza che tale effetto non può prodursi.
3) “Violazione e/o erronea interpretazione e applicazione degli artt. 12 e 13 della L.R. n. 40/1998; violazione e/o erronea interpretazione e applicazione dei principi di cui alla L. n. 241/1990 in tema di partecipazione al procedimento amministrativo. Eccesso di potere per sviamento”.
I ricorrenti deducono la violazione delle norme dirette a consentire la partecipazione al procedimento di V.I.A., in quanto la pubblicazione, a mezzo stampa e sul B.U.R., della domanda di avvio della valutazione è avvenuta in modo fuorviante, sulla base di una non corretta qualificazione dell’intervento.
4) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 9 L.R. n. 40/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti deducono la violazione dell’art. 9 della legge regionale 1998 n. 40, in quanto l’amministrazione procedente non ha invitato a partecipare alla conferenza di servizi l’A.S.L. n. 11 di Vercelli e l’A.R.P.A. di Vercelli.
5) “Violazione della deliberazione della Giunta Regionale 11.11.2002 n. 14-7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti lamentano la violazione della deliberazione della Giunta Regionale 2002 n. 7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella della Provincia di Biella, in quanto l’ampliamento dell’impianto gestito da A.S.R.A.B. s.p.a. comporta necessariamente una maggiore emissione di sostanze inquinanti (segnatamente biogas) e, quindi, il bilancio ambientale non può ritenersi positivo.
6) “Violazione del Piano Territoriale Provinciale di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione”.
I ricorrenti considerano che nell’area ove è collocata la discarica il Piano Territoriale Provinciale di Biella ammette solo “infrastrutture ecologiche esistenti e in progetto”, ma l’impianto autorizzato non rientra in siffatte tipologie.
II. - “Con riferimento alla determina dirigenziale n. 2638 in data 02.08.2007 di rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 208 D.L.vo n. 152/06”:
1) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182, 196, 197, 201, 208, 213 D.L.vo n. 152/06; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione al D.L.vo n. 59/2005; incompetenza; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità, travisamento, contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3 Legge n. 241/1990); sviamento”.
Il motivo è articolato in due censure.
Con la prima i ricorrenti deducono il difetto di istruttoria, in quanto lo stesso Dirigente della Provincia di Biella ha svolto l’attività istruttoria sia in relazione alla valutazione di impatto ambientale, sia in relazione all’autorizzazione unica alla realizzazione e all’esercizio dell’opera.
Con la seconda censura i ricorrenti deducono il difetto di competenza della Provincia di Biella, in quanto il D.L.vo 2006 n. 152 attribuisce alle Regioni il potere di approvare i progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti e di autorizzare le modifiche degli impianti esistenti.
2) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione e applicazione del D.L.vo n. 36/2003; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti deducono la violazione dell’art. 9 del D.L.vo 2003 n. 36, in quanto la discarica autorizzata non presenta i requisiti che tale norma impone a protezione del terreno e delle acque.
3) “Violazione del Piano Regionale di tutela delle acque (P.T.A.) di cui al D.C.R. n. 117-10731 in data 13.03.2007”
I ricorrenti considerano che siccome la discarica è stata realizzata in violazione delle garanzie imposte dal D.L.vo 2003 n. 36 a protezione del terreno e delle acque, allora è violato anche il Piano Regionale di Tutela delle Acque, che impone la salvaguardia delle aree di ricarica degli acquiferi utilizzati per il consumo umano.
4) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione e applicazione del D.L.vo n. 36/2003 sotto altro profilo; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti deducono la violazione degli artt. 9 e 14 del D.L.vo 2003 n. 36, in quanto il provvedimento impugnato è stato rilasciato senza la prestazione, da parte di A.S.R.A.B. s.p.a., della garanzia trentennale prevista per la gestione successiva alla chiusura della discarica.
5) “Violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella”.
I ricorrenti deducono la violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella, in quanto sia il progetto approvato, con particolare riferimento al trattamento dei rifiuti mediante bioreattore, sia il tipo di rifiuti ammessi in discarica, contrastano con le prescrizioni del Programma provinciale.
Con memoria datata 11.12.2007 si costituiva la Provincia di Biella, chiedendo il rigetto del ricorso avversario.
Con memoria datata 11.12.2007 si costituiva la società A.S.R.A.B. s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso avversario.
Con memoria datata 11.12.2007 si costituiva la società Cavaglià s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso avversario.
Con memoria datata 13.12.2007 la società A.S.R.A.B. s.p.a. eccepiva l’infondatezza del ricorso avversario chiedendone il rigetto.
Con memoria datata 17.12.2007 la Provincia di Biella eccepiva, in via pregiudiziale, il difetto di legittimazione attiva di Legambiente Piemonte onlus e di tutte le persone fisiche ricorrenti e, nel merito, l’infondatezza del ricorso proposto.
Con memoria datata 17.12.2007 la società Cavaglià s.p.a. eccepiva l’infondatezza del ricorso avversario, chiedendone il rigetto.
All’udienza del 19.12.2007 le parti chiedevano il rinvio al merito.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 17.01.2008 Legambiente – Associazione Ambientalista Nazionale, Legambiente Piemonte onlus, la sig.ra Vallino Rossana, la sig.ra Padoan Brunella, il sig. Godio Gian Pier Battista, il sig. Marangon Lorenzo, il sig. Gallico Emanuele, la sig.ra Cei Simonetta, la sig.ra Fariello Savina, la sig.ra Alba Riva, impugnavano gli atti indicati in epigrafe deducendo i seguenti motivi:
1) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 4 L.R. n. 40/1998. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater L. n. 241/1990. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182 e 201 D.L.vo n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 12 e 13 della L.R. n. 40/1998; violazione e/o erronea interpretazione ed applicazione dei principi di cui alla L. n. 241/1990 in tema di partecipazione al procedimento amministrativo eccesso di potere per sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 9 L.R. n. 40/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione della deliberazione della Giunta Regionale 11.11.2002 n. 14-7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Piano Territoriale Provinciale di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182, 196, 197, 201, 208, 213, D.L.vo n. 152/06; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione al D.L.vo n. 59/2005; incompetenza; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità, travisamento, contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3 Legge n. 241/1990); sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione del D.L.vo n. 36/2003; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Piano Regionale di tutela delle acque (PTA) di cui al D.C.R. n. 117-10731 in data 13.03.2007. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione del D.L.vo n. 36/2003 sotto altro profilo; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella”.
I ricorrenti deducono l’illegittimità degli atti impugnati in considerazione della genericità ed apoditticità delle motivazioni contenute nel verbale dell’organo tecnico di data 12.06.2007 e nei verbali della Conferenza di servizi datati, rispettivamente, 19.06.2007, 03.07.2007 e 11.07.2007 in relazione all’accoglimento dei chiarimenti forniti dalla società A.S.R.A.B s.p.a..
2) “Violazione di legge e/o erronea applicazione dell’art. 12 L.R. n. 40/1998”.
I ricorrenti deducono che l’amministrazione procedente, in violazione dell’art. 12 della legge regionale 1998 n. 40, ha chiesto per due volte dei chiarimenti alla società A.S.R.A.B. s.p.a., mentre la norma citata consente di chiedere in un’unica soluzione delle integrazioni alla documentazione presentata.
Con atto notificato in data 15.02.2008 interveniva in giudizio il Comune di Cavaglià, rappresentando la propria natura di ente preposto alla tutela della salute e della pubblica incolumità, nonché in senso lato dell’ambiente e chiedendo l’accoglimento del ricorso principale.
Con memoria datata 22.02.2008 il Comune di Cavaglià illustrava ulteriormente le argomentazioni sviluppate con l’atto di intervento a sostegno del ricorso principale.
Con memoria datata 29.02.2008 la Provincia di Biella eccepiva l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum del Comune di Cavaglià ed insisteva per l’accoglimento delle eccezioni di rito e di merito già sollevate.
Con memoria datata 29.02.2008 la società Cavaglià s.p.a. insisteva per il rigetto del ricorso avversario.
Con memoria datata 29.02.2008 la società A.S.R.A.B. s.p.a. insisteva per il rigetto del ricorso avversario.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 10.03.2008 Legambiente – Associazione Ambientalista Nazionale, Legambiente Piemonte onlus, la sig.ra Vallino Rossana, la sig.ra Padoan Brunella, il sig. Godio Gian Pier Battista, il sig. Marangon Lorenzo, il sig. Gallico Emanuele, la sig.ra Cei Simonetta, la sig.ra Fariello Savina, la sig.ra Alba Riva, impugnavano gli atti indicati in epigrafe deducendo i seguenti ulteriori motivi:
1) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 4 L.R. n. 40/1998. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater L. n. 241/1990. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182 e 201 D.L.vo n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 12 e 13 della L.R. n. 40/1998; violazione e/o erronea interpretazione ed applicazione dei principi di cui alla L. n. 241/1990 in tema di partecipazione al procedimento amministrativo eccesso di potere per sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 9 L.R. n. 40/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione della deliberazione della Giunta Regionale 11.11.2002 n. 14-7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Piano Territoriale Provinciale di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182, 196, 197, 201, 208, 213, D.L.vo n. 152/06; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione al D.L.vo n. 59/2005; incompetenza; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità, travisamento, contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3 Legge n. 241/1990); sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione del D.L.vo n. 36/2003; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Piano Regionale di tutela delle acque (PTA) di cui al D.C.R. n. 117-10731 in data 13.03.2007. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione del D.L.vo n. 36/2003 sotto altro profilo; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella”.
I ricorrenti deducono l’illegittimità degli atti impugnati a causa della genericità ed apoditticità delle motivazioni con le quali sia l’Organo Tecnico e il Comitato tecnico provinciale, sia la Conferenza di Servizi e il Dirigente competente hanno recepito i chiarimenti presentati da A.S.R.A.B. s.p.a..
2)“Violazione di legge e/o erronea applicazione dell’art. 12 L.R. n. 40/1998”.
I ricorrenti deducono che l’amministrazione procedente, in violazione dell’art. 12 della legge regionale 1998 n. 40, ha chiesto per due volte dei chiarimenti alla società A.S.R.A.B. s.p.a., mentre la norma citata consente di chiedere in un’unica soluzione delle integrazioni alla documentazione presentata.
Con memoria datata 25.03.2008 il Comune di Cavaglià illustrava i contenuti di una relazione tecnica di parte già prodotta in data 13.03.2008.
Con memoria datata 27.03.2008 i ricorrenti illustravano le censure già sviluppate insistendo per il loro accoglimento.
Con memoria datata 28.03.2008 la Provincia di Biella eccepiva l’inammissibilità e comunque l’infondatezza delle censure sviluppate dai ricorrenti con i secondi motivi aggiunti, insistendo per il rigetto del ricorso.
All’udienza del 09.04.2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) In via pregiudiziale deve essere esaminata l’eccezione con la quale la Provincia di Biella contesta la legittimazione ad agire sia di Legambiente Piemonte onlus, sia delle persone fisiche ricorrenti e, quindi, dei sig.ri Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Cei Simonetta, Fariello Savina e Alba Riva.
In particolare, l’amministrazione considera che la legittimazione ad agire non spetta a Legambiente Piemonte onlus, in quanto si tratta di una articolazione regionale dell’associazione nazionale Legambiente, mentre non spetta alle persone fisiche perché non hanno dimostrato di subire un danno in conseguenza della realizzazione dell’opera.
L’eccezione è fondata.
La legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, in relazione all’impugnazione di atti in materia ambientale, può correlarsi a due diverse situazioni.
In primo luogo, il legislatore attribuisce la legittimazione ad agire alle associazioni che presentano i requisiti stabiliti dagli artt. 13 e 18, comma 5, della legge 1986 n. 349.
Difatti, l’art. 13, comma 1, della legge ora citata prevede che “le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni sono individuate con decreto del Ministero dell’ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell’ordinamento interno democratico previsto dallo statuto, nonché della continuità dell’azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del Consiglio nazionale per l’ambiente da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine senza che il parere sia stato espresso, il Ministero dell’ambiente decide”.
Il successivo art. 18, comma 5, dispone che “le associazioni individuate in base all’articolo 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi”.
Vale precisare che tale assetto normativo è rimasto immutato dopo l’entrata in vigore del D.L.vo 2006 n. 152, che rinvia alle norme ora citate negli artt. 309, comma 2 e 318 , comma 2 lett. a).
In definitiva, costituisce jus receptum quello per cui le associazioni ambientaliste individuate ai sensi dell'art. 13 della legge 1986 n. 349 sono legittimate ad agire in giudizio avverso qualsiasi provvedimento che leda in modo diretto e immediato l'interesse ambientale (cfr. T.A.R. Liguria - Genova, sez. I, 01.08.2007, n. 1426).
Sul punto occorre specificare che detta speciale legittimazione riguarda, secondo la prevalente giurisprudenza, le associazioni di protezione ambientale nazionali, formalmente riconosciute e non le loro strutture o articolazioni territoriali, che non rispondono ai requisiti posti dagli artt. 13 e 18, comma 5, della legge 1986 n. 349 (cfr. C.d.S., Sez. IV, 14.04.2006 n. 2151; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, 06.07.2007 n. 1618; C.d.S., sez. VI, 13.09.2007 n. 5453).
La giurisprudenza, condivisa dal Tribunale, ha però precisato che la legittimazione ad agire può spettare anche ad associazioni di protezione ambientale diverse da quelle riconosciute con decreto ministeriale, purché rappresentative dell’interesse pregiudicato dall’atto impugnato.
In altre parole, il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente ad associazioni locali, purché a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità, c) dispongano di un’idonea struttura organizzativa e d) di un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso, anche se non ricomprese nell’elenco delle associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della legge 1986, n. 349, in quanto tale norma ha creato un criterio di legittimazione ulteriore ed aggiuntivo rispetto a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l’azionabilità dei c.d. “interessi diffusi” in materia ambientale (cfr. ex multis in argomento T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. I, 26.11.2007 n. 3365).
In definitiva, nel nostro ordinamento opera un duplice sistema di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, nel senso che il potere di individuazione ministeriale, conferito dall'art. 13 della L. 349 del 1986, non esclude il potere del giudice di applicare direttamente la norma di cui all'art. 18, accertando, caso per caso, la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione (cfr. sul punto già C.d.S., sez. VI, 7.2.1996, n. 182).
In proposito, il Consiglio di Stato (C.d.S, Sez. Consultiva per gli atti normativi, 25.08.2003, n. 1440/2003) ha anche osservato che “l'ultimo comma dell'art. 118 Cost. - in particolare il principio di sussidiarietà orizzontale - sancisce e conclude un percorso di autonomia non più collegato al fenomeno della entificazione, ma correlato più semplicemente alla società civile e al suo sviluppo democratico a livello quasi sempre volontario” e proprio il riferimento all’art. 118 Cost. rafforza la tesi giurisprudenziale in punto di attribuibilità della legittimazione ad agire ad associazioni diverse da quelle di cui all’art. 13 della legge 1986 n. 349, purché rappresentative dell’interesse azionato (cfr. in argomento C.d.S., sez. IV, 02.10.2006, n. 5760).
In relazione a quest’ultimo profilo, va però ribadito che l’accertamento della legittimazione ad agire non implica alcun automatismo, gravando sull’associazione ricorrente l’onere di esporre nel ricorso introduttivo, in termini sufficientemente precisi, gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della propria legittimazione, che non può essere solo vantata; ciò al fine “di non creare spazi alla giustiziabilità di interessi non motivati con solidi e concreti riferimenti alla realtà sostanziale sottostante” (cfr. T.A.R. Liguria - Genova, sez. I, 01.08. 2007, n. 1426).
Nel caso di specie, l’associazione Legambiente Piemonte onlus, da un lato, non dispone della speciale legittimazione individuata dall’art. 13, della legge 1986 n. 349, in quanto si tratta di un’associazione di carattere non nazionale, dall’altro, non ha in alcun modo documentato la sussistenza degli indici di rappresentatività necessari per radicare la legittimazione in capo alle associazioni locali, secondo quanto già chiarito dalla giurisprudenza citata.
In particolare, l’ente si è limitato a proporre l’impugnazione, senza allegare né provare nel ricorso, nei primi motivi aggiunti e nei secondi motivi aggiunti, la sussistenza di una situazione di fatto idonea a radicare in capo ad esso la legittimazione ad impugnare.
Solo nell’ultima memoria la ricorrente ha richiamato la già ricordata giurisprudenza che riconosce, anche in base al principio di sussidiarietà orizzontale, la possibilità di attribuire la legittimazione ad associazioni locali.
Tuttavia, come chiarito, tale legittimazione non può essere riconosciuta in modo automatico, essendo necessaria un’effettiva rappresentatività dell’interesse leso, che nel caso di specie non è stata in alcun modo documentata.
Va, pertanto, ribadito il difetto di legittimazione attiva di Legambiente Piemonte onlus, con conseguente parziale inammissibilità del ricorso principale e dei due ricorsi per motivi aggiunti per le parti da essa proposte.
Parimenti, è fondata l’eccezione con la quale la Provincia di Biella contesta la legittimazione ad agire dei sig.ri Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Cei Simonetta, Fariello Savina ed Alba Riva.
A sostegno della propria legittimazione i ricorrenti ora indicati si limitano ad affermare, nell’ultima delle memorie prodotte e in modo del tutto generico, di essere residenti alcuni nel Comune di Cavaglià ed altri in Comuni limitrofi.
Tuttavia, la legittimazione di una persona fisica ad impugnare atti di localizzazione di discariche e di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti solidi urbani non discende dalla mera vicinanza dell’abitazione ad una discarica, ma è subordinata alla prova del danno che il ricorrente riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze (cfr. in argomento C.d.S., sez. VI, 18.07.1995, n. 754; C.d.S., sez. V, 13.07.1998, n. 1088; C.d.S., sez. V, 31.01.2001, n. 358; C.d.S., sez. V, 16.4.2003, n. 1948 e più recentemente T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. I, 11.12.2006, n. 3216; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. I, 26.11.2007, n. 3365; C.d.S., sez. VI, 13.09.2007, n. 5453).
Nel caso di specie, le persone fisiche ricorrenti non hanno allegato né dimostrato il pregiudizio che deriverebbe loro dagli atti impugnati, limitandosi ad affermare di essere residenti in località limitrofe all’impianto autorizzato.
Ciò non basta per attribuire ad esse la legittimazione ad agire, in quanto il vigente sistema di giustizia amministrativa presenta il carattere della giurisdizione soggettiva e non oggettiva, sicché il privato può contrastare in via giurisdizionale l’illegittima azione dell’amministrazione solo quando da essa derivi una specifica, individuale e diretta lesione di una sua posizione giuridica soggettiva (cfr. in argomento C.d.S., sez. V, 20.05.2002, n. 2714).
In definitiva, le persone fisiche ricorrenti non hanno allegato, né dimostrato la titolarità di una posizione differenziata e qualificata idonea a legittimarle ad agire nel presente giudizio, con conseguente parziale inammissibilità del ricorso principale e dei due ricorsi per motivi aggiunti nella parti relative alle azioni proposte dai sig.ri Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Cei Simonetta, Fariello Savina ed Alba Riva.
2) Sempre in via pregiudiziale deve essere esaminata l’eccezione con la quale l’amministrazione resistente deduce l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum effettuato dal Comune di Cavaglià.
In particolare, la Provincia di Biella considera che il Comune di Cavaglià ha partecipato alla conferenza di servizi all’esito della quale sono stati adottati gli atti impugnati, esprimendo nel corso della stessa un parere negativo.
Ne deriva che l’ente dissenziente è legittimato ad agire contro i provvedimenti conclusivi della conferenza, essendo titolare di un interesse autonomo all’impugnazione e, di conseguenza, non può avvalersi dello strumento processuale dell’intervento ad adiuvandum.
L’eccezione è fondata.
La conferenza di servizi decisoria integra un modulo procedimentale, che si conclude con una decisione pluristrutturata, che assorbe le determinazioni rimesse dalla legge ai singoli soggetti che vi partecipano.
Ne deriva che i singoli partecipanti non perdono la titolarità dei poteri che la legge gli attribuisce e mantengono la funzione di cura degli interessi pubblici di cui sono portatori, con la conseguenza che le singole amministrazioni dissenzienti sono titolari della legittimazione ad impugnare il provvedimento adottato all’esito della conferenza cui hanno partecipato (cfr. in argomento C.d.S. sez. IV, 06 ottobre 2001, n. 5296; C.d.S., sez. V, 20.02.2006, n. 695).
D’altro canto, è pacifico in giurisprudenza che il soggetto legittimato ad impugnare non può partecipare al giudizio in qualità di interventore ad adiuvandum, in quanto, così facendo, aggirerebbe i termini perentori stabiliti dalla legge per proporre il ricorso giurisdizionale.
Invero, la legittimazione ad impugnare presuppone la titolarità di un interesse giuridicamente rilevante, leso in modo attuale e concreto dal provvedimento amministrativo, mentre l’intervento ad adiuvandum può essere esperito da chi non è leso direttamente dal provvedimento, pur traendo dalla sua caducazione un vantaggio concreto, mediato ed indiretto, anche solo di mero fatto, purché non del tutto astratto e generico (cfr. tra le più recenti: T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, 20.02.2008, n. 1550; T.A.R. Sardegna – Cagliari, sez. I, 15.01.2008, n. 31; C.d.S., sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2795).
Nel caso di specie il Comune di Cavaglià ha partecipato alla conferenza di servizi all’esito della quale sono stati adottati gli atti oggetto del presente giudizio, esprimendo un parere negativo; di conseguenza, tale ente era portatore di un interesse giuridicamente rilevante e non di mero fatto, che gli attribuiva la legittimazione ad impugnare gli atti medesimi, con conseguente inammissibilità del suo intervento ad adiuvandum.
Pertanto, deve essere ribadita l’inammissibilità dell’intervento del Comune di Cavaglià, di cui va disposta l’estromissione dal giudizio.
3) Per ragioni di precedenza logica e giuridica deve essere esaminata per prima la censura, compresa nel primo motivo proposto avverso la determinazione dirigenziale n. 2638 di data 02.08.2007, con la quale la ricorrente deduce l’incompetenza della Provincia di Biella ad adottare l’atto impugnato.
In particolare, l’associazione ricorrente considera che l’art. 196, comma 1 lett. d), del D.L.vo 2006 n. 152 attribuisce alla Regione la competenza a rilasciare le autorizzazioni relative ai nuovi impianti per la gestione dei rifiuti e alle modifiche di quelli esistenti, mentre l’art. 208, comma 1, impone, a colui che intende realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti, di presentare apposita domanda alla Regione e il successivo comma 20, del medesimo articolo, prevede che tali procedure si applicano anche per le varianti sostanziali.
Pertanto, eventuali norme regionali che in questa materia attribuiscono la competenza alla Provincia devono ritenersi abrogate, per effetto dell’entrata in vigore del D.L.vo 2006 n. 152.
Di conseguenza è illegittimo l’atto impugnato, perché adottato dalla Provincia di Biella e non dalla Regione Piemonte.
Il motivo è infondato.
In linea generale, la Corte Costituzionale ha chiarito che spetta allo Stato la competenza a dettare norme in materia di gestione dei rifiuti, trattandosi di un ambito compreso nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, riservata alla legislazione statale esclusiva, ai sensi dell’art. 117, comma 2 lett. s), Cost., come sostituito dall’art. 3 della legge costituzionale 2001 n. 3 (cfr. Corte Cost. sentenza 21 aprile 2005 n. 161).
D’altro canto, non è dubitabile che, in base all’art. 15 delle disposizioni preliminari di legge al codice civile e considerata altresì l’attuale vigenza degli artt. 9 e 10, comma 2, della legge 1953 n. 62, l’entrata in vigore di norme legislative statali, in materia compresa nella legislazione statale esclusiva, comporti l’abrogazione delle previgenti norme regionali con esse incompatibili (cfr. in argomento Corte Cost. sentenza 21 giugno 2007, n. 222; T.A.R. Puglia – Bari, sez. III, 10.05.2006, n.ri 1639 e 1640; T.A.R. Veneto – Venezia 21 aprile 2005, n. 1735).
Ciò premesso, l’individuazione dell’autorità competente ad adottare le autorizzazioni impugnate rende necessaria la ricostruzione del quadro normativo, partendo dalla legislazione statale e verificando la compatibilità con essa della disciplina regionale.
Sul punto assume rilevanza, in primo luogo, l’art. 196, comma 1 lett. d), del D.L.vo 2006 n. 152 - recante “norme in materia ambientale” - dove si prevede che “sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’art. 195 … d) l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi , e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all’art. 195, comma 1, lettera f.”. L’art. 208 del medesimo decreto stabilisce, al comma 1, che “i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica” e, al comma 20 , che “le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata”.
Il successivo art. 210 del D.L.vo n. 152 dispone, al comma 1, che “Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto non abbiano ancora ottenuto l'autorizzazione alla gestione dell'impianto, ovvero intendano, comunque, richiedere una modifica dell'autorizzazione alla gestione di cui sono in possesso, ovvero ne richiedano il rinnovo presentano domanda alla regione competente per territorio, che si pronuncia entro novanta giorni dall'istanza. La procedura di cui al presente comma si applica anche a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività. Ove la nuova attività di recupero o di smaltimento sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, si applicano le disposizioni previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali”.
Da tali norme risulta che in base alla legislazione statale è la regione, di regola, l’amministrazione competente ad adottare le autorizzazioni necessarie per realizzare e gestire impianti di smaltimento di rifiuti.
Viceversa, l’art. 3, comma 1 lett. h), della legge regionale Piemonte 2002 n. 24 – successiva alla legge costituzionale 2001 n. 3 - attribuisce alle Province la competenza “all’approvazione dei progetti ed al rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione di impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti, nonché al rilascio delle autorizzazioni all’esercizio di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti previsti dagli articoli 27, 28 e 29 del d.lgs. 22/1997” .
Il ricorrente ritiene che la normativa regionale, la quale attribuisce alle Province la competenza a rilasciare le autorizzazioni indicate, contrasti con le citate norme del D.L.vo 2006 n. 152, che in materia prevedono la competenza delle regioni; pertanto, la disciplina regionale deve ritenersi abrogata, con conseguente illegittimità dell’atto impugnato.
La tesi non è condivisibile, perché non tiene conto dell’oggetto complessivo del procedimento conclusosi con l’atto impugnato, il quale contiene un’autorizzazione unica, comprensiva, tra l’altro, del giudizio positivo di compatibilità ambientale (V.I.A.), della nuova autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), dell’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
Proprio la circostanza che il provvedimento impugnato comprenda l’autorizzazione integrata ambientale rende rilevanti altre disposizioni statali e regionali, ai fini della determinazione dell’autorità competente.
In particolare, la natura unitaria dell’autorizzazione rilasciata impone di applicare alla fattispecie la disciplina dell’art. 208 del D.L.vo 2006 n. 152 – rubricato “autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti” – il quale al comma 1, come già ricordato, prevede la competenza della regione per le autorizzazioni a realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti; tuttavia, il comma 2 del medesimo art. 208 stabilisce che “resta ferma l’applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al D.L.vo 18 febbraio 2005, n. 59”.
Identica disposizione è contenuta nel comma 2 dell’art. 210 del D.L.vo 2006 n. 152 – rubricato “autorizzazioni in ipotesi particolari” - in relazione alle richieste di modifica alla gestione di impianti.
Infine, l’art. 213, comma 1, del D.L.vo n. 152 – rubricato “autorizzazioni integrate ambientali” - precisa che “le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005 n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste: a) le autorizzazioni di cui al presente capo”.
Le norme ora citate rendono evidente che continuano ad applicarsi le disposizioni del D.L.vo 2005 n. 59 qualora l’impianto da realizzare rientri nel campo di applicazione della disciplina, di derivazione comunitaria, in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento e, quindi, il procedimento amministrativo sia diretto a rilasciare un’autorizzazione unica, comprensiva anche dell’autorizzazione integrata ambientale, la quale tende ad assicurare la protezione dell’ambiente nel suo complesso dall’inquinamento derivante dallo svolgimento di determinare attività, come lo smaltimento dei rifiuti.
L’art. 5 del D.L.vo 2005 n. 59 disciplina la procedura di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, che viene affidata all’ “autorità competente”, senza ulteriori precisazioni.
Tuttavia, l’art. 2, comma 1 lett. i), del medesimo decreto specifica che l’autorità competente è “il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per tutti gli impianti esistenti e nuovi di competenza statale indicati nell’allegato V o, per gli altri impianti, l’autorità individuata, tenendo conto dell’esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, dalla regione o dalla provincia autonoma”.
Questa norma, la cui vigenza è fatta salva dagli artt. 208, comma 2, nonché 210, comma 2, e 213 del D.L.vo 2006 n. 152, anche per il caso di rilascio di un’autorizzazione unica, rimette pertanto alla regione l’individuazione dell’autorità competente ad adottare l’autorizzazione integrata ambientale.
In relazione alla tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, assume allora rilevanza la previgente legge regionale Piemonte 2000 n. 44 – anteriore sia alla legge costituzionale 2001 n. 3, sia al D.L.vo 2005 n. 59, ma compatibile con esso per quanto riguarda il profilo in esame – la quale, agli artt. 34 e seg., dette norme dirette a disciplinare “il conferimento di funzioni e compiti amministrativi agli enti locali in tema di protezione della natura e dell’ambiente, tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti, energia, risorse idriche e difesa del suolo, opere pubbliche e protezione civile”.
In particolare, l’art. 36 della legge regionale n. 44 - rubricato “funzioni delle province” – dispone che “in campo ambientale ed energetico, le Province provvedono al rilascio coordinato in un unico provvedimento dell’approvazione di progetti o delle autorizzazioni, nulla osta, concessioni, o di altri atti di analoga natura per tutte le attività produttive e terziarie, nonché al relativo controllo integrato”, mentre il successivo art. 50 dispone che “ai sensi dell’art. 36 sono attribuite alle Province le seguenti funzioni amministrative: c) approvazione dei progetti e rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione, nonché rilascio delle autorizzazioni all’esercizio di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti …”
Dal complesso delle disposizioni esaminate discende che, se l’impianto da realizzare rientra nel campo di applicazione della disciplina in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento, continua a trovare applicazione il D.L.vo 2005 n. 59, anche quando il procedimento amministrativo è finalizzato al rilascio di un’autorizzazione unica. Pertanto, in base all’art. 2, comma 1 lett. i), del D.L.vo 2005 n. 59, spetta alla regione individuare l’autorità competente all’adozione del relativo provvedimento e la regione può decidere di riservarlo a sé o attribuirlo alla competenza di un altro soggetto.
Nel caso di specie la legge regionale Piemonte 2000 n. 44 attribuisce proprio alle province la competenza a rilasciare le autorizzazioni in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti e tale competenza comprende, in base al citato art. 2, comma 1 lett. i), del D.L.vo 2005 n. 59, anche il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.
Tale normativa regionale, anteriore alla riforma costituzionale, è compatibile con il D.L.vo 2005 n. 59, in quanto, coerentemente con esso, determina quale sia a livello locale l’ente competente a rilasciare le autorizzazioni in materia di tutela dell’ambiente dall’inquinamento, come l’autorizzazione integrata ambientale.
Del resto, proprio la circostanza che il D.L.vo 2006 n. 152 tenga ferma la disciplina del D.L.vo 2005 n. 59 rende compatibile la citata disciplina regionale anche con il codice dell’ambiente, perché in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento la normativa di riferimento è, anche in caso di autorizzazione unica, quella del D.L.vo n. 59, che, come già detto, rimette alla regione l’individuazione dell’autorità competente a rilasciare le necessarie autorizzazioni.
Ne deriva che, in relazione al particolare oggetto del provvedimento impugnato, non sussiste alcuna incompatibilità tra il D.L.vo 2006 n. 152 e la legge regionale Piemonte 2000 n. 44, sicché l’entrata in vigore del primo non ha determinato, nei limiti di quanto sopra precisato, alcuna abrogazione della seconda.
In definitiva, l’individuazione dell’ente competente ad adottare gli atti impugnati coinvolge in via diretta, per ciò che attiene alla disciplina locale, le disposizioni della legge regionale Piemonte 2000 n. 44, come rilevato anche dall’amministrazione resistente, in quanto è questa la normativa di riferimento nei casi in cui si tratti di adottare atti diretti anche a tutelare l’ambiente dagli inquinamenti, secondo quanto previsto dal D.L.vo 2005 n. 59 in materia di autorizzazione integrata ambientale.
In altre parole, nel caso in esame l’individuazione dell’autorità competente deriva dal coordinamento tra le citate disposizioni del D.L.vo 2005 n. 59, del D.L.vo 2006 n. 152 e della legge regionale Piemonte 2000 n. 44.
Da tali disposizioni risulta che la competenza spetta alla Provincia, in ragione del complesso contenuto del provvedimento impugnato, che comprende l’autorizzazione integrata ambientale, con conseguente operatività delle ricordate norme statali e regionali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti.
Ne deriva l’infondatezza del motivo in esame, in quanto il provvedimento impugnato rientra nella competenza della Provincia di Biella.
4) Devono ora essere esaminati, secondo l’ordine prospettato nel ricorso, i motivi proposti “con riferimento al procedimento di valutazione di impatto ambientale ed alla determina del Dirigente della Provincia di Biella n. 2636 in data 2/8/2007 conclusiva del procedimento”.
Con il primo motivo la ricorrente considera che il procedimento di valutazione di impatto ambientale ha avuto ad oggetto esclusivamente la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a., che però costituisce sostanzialmente un unico impianto unitamente all’altra discarica, gestita da Cavaglià s.p.a., in quanto le due discariche insistono sul medesimo sito, sono divise solo da una parete, sono fisicamente connesse e la sopraelevazione di una di esse comporta necessariamente la sopraelevazione dell’altra.
Da tale situazione la ricorrente desume l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione dell’art. 4 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, in quanto la valutazione di impatto ambientale doveva riferirsi all’intero complesso e non alla sola discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a..
La Provincia di Biella e la società Cavaglià s.p.a. eccepiscono l’infondatezza della censura, evidenziando che il concetto di impianto unitario va desunto dal D.L.vo 2005 n. 59, dove si definisce (art. 2, comma 1, lett. c ) l’“impianto” come “l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull’inquinamento”.
Le parti resistenti precisano che la stessa definizione era contenuta nel d.l.vo 1999 n. 372, in relazione al quale la circolare interpretativa del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio datata 13.07.2004 aveva chiarito che “per attività accessoria, tecnicamente connessa ad una attività principale rientrante in una delle categorie di cui all'allegato I del decreto legislativo n. 372 del 1999, si intende una attività: a) svolta dallo stesso gestore; b) svolta nello stesso sito dell'attività principale o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell'attività principale per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell'attività principale; c) le cui modalità di svolgimento hanno qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell'attività principale”.
Ne deriva che l’unitarietà dell’impianto va apprezzata sul piano funzionale, mentre non basta un legame strutturale ed, inoltre, è comunque necessaria l’identità del soggetto gestore.
La mancanza, nel caso concreto, di queste condizioni di fatto esclude che, ai fini della valutazione di impatto ambientale, fosse necessaria una considerazione unitaria degli impianti gestiti rispettivamente da A.S.R.A.B. s.p.a. e Cavaglià s.p.a., con conseguente insussistenza dell’illegittimità lamentata dalla ricorrente.
Il motivo è fondato, mentre non è condivisibile l’eccezione proposta dalle parti resistenti.
In primo luogo, occorre chiarire sul piano fattuale quale sia la relazione che intercorre tra la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. e quella gestita da Cavaglià spa.
Le parti concordemente riconoscono che tra i due impianti sussiste un legame materiale, atteso che insistono sullo stesso sito, sono confinanti, presentano alcune strutture comuni (pag. 10 della memoria della Provincia di Biella datata 17.12.2007 e pag. 5 della memoria di Cavaglià s.p.a. del 17.12.2007), come l’ingresso, il setto di divisione e la pesa dei rifiuti.
Inoltre, la convenuta Cavaglià s.p.a. espone (memoria di data 17.12.2007) di gestire una discarica di rifiuti non pericolosi, contigua e della medesima tipologia di quella gestita da A.S.R.A.B. s.p.a., precisando di avere già ottenuto l’autorizzazione all’innalzamento del proprio impianto e di avere, pertanto, “interesse al rigetto del ricorso in quanto la realizzazione, ormai completata, dell’innalzamento dell’impianto è strettamente connessa, per ragioni soprattutto di equilibrio statico della struttura, all’innalzamento dell’adiacente discarica della A.S.R.A.B. s.p.a.”.
La relazione in linguaggio non tecnico predisposta da A.S.R.A.B. s.p.a., allegata al progetto autorizzato, spiega che “l’intervento di ampliamento si realizza mediante sopralzo del corpo dei rifiuti” ed aggiunge che “la discarica di ASRAB si colloca alle spalle di quella della società Cavaglià spa”, con la precisazione che le due discariche sono “funzionalmente collegate e contigue”.
Del pari, nella relazione tecnica al progetto si legge (pag. 5 di 94) che “il progetto di rimodellamento della discarica per rifiuti non pericolosi di ASRAB, con la gestione a bioreattore oggetto del presente studio, si integra sotto il profilo plano volumetrico con il progetto di rimodellamento dell’attigua discarica per rifiuti non pericolosi di Cavaglià, nel settore nord della ex fossa residua da attività di cava”.
In ordine alla configurazione del progetto la relazione (pag. 11 di 94) spiega che “la configurazione morfologica del rimodellamento della discarica per rifiuti non pericolosi è condizionata dai seguenti fattori: … - prossimità della discarica per rifiuti non pericolosi di Cavaglià spa. La configurazione di progetto prevede pertanto la coltivazione delle due discariche (ASRAB e Cavaglià) per piani orizzontali contrapposti, addossando il rifiuto non pericoloso di ASRAB al rifiuto non pericoloso di Cavaglià, con interposizione di un manufatto di separazione idraulica e strutturale”.
La relazione, nel parte in cui descrive il “setto di separazione” tra i due impianti, considera (pag. 48 di 94) che “le modalità di gestione delle due attigue discariche hanno portato ad avere condizioni di uguale quota altimetrica nei rifiuti dei due impianti, con fronti di abbancamento in contrapposizione tra loro, senza utilizzo delle terre rinforzate”.
Con riferimento ai profili ambientali, lo studio di compatibilità ambientale predisposto dal proponente precisa (pag. 10) che “appare rilevante il rapporto di reciprocità che intercorre con l’adiacente discarica di rifiuti non pericolosi di origine industriale di Cavaglià s.p.a. per quanto riguarda gli aspetti di stabilità e di complementarietà”, aggiungendo poi (pag. 14) che “l’intervento di sopraelevazione preventivato dall’adiacente discarica di Cavaglià s.p.a. presuppone che i rifiuti in quella abbancati siano contrastati e sorretti da quelli previsti dal proponente”.
Gli elementi ora riferiti rendono palese che le due discariche, anche se gestite da soggetti diversi, sono strettamente connesse tra di loro sul piano materiale e funzionale, atteso che, in primo luogo, l’una poggia fisicamente sull’altra e l’elevazione della prima comporta necessariamente l’elevazione della seconda; inoltre, l’effettivo impiego dei due impianti presuppone la loro contemporanea utilizzazione, perché i rifiuti versati in una discarica si appoggiano su quelli presenti nell’altra, sicché l’incremento volumetrico dei rifiuti depositati deve avvenire in modo coordinato nelle due discariche.
Ne deriva che la realizzazione delle opere correlate all’attuazione del progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. comporta, inevitabilmente, l’esecuzione di interventi ed opere sull’impianto gestito da Cavaglià s.p.a..
Del resto, la stessa società Cavaglià s.p.a. ha presentato alla Provincia di Biella un autonomo progetto di innalzamento della propria discarica, la cui realizzazione presuppone, secondo quanto emerge proprio dalla citata memoria di Cavaglià s.p.a., un analogo innalzamento della discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a..
A fronte di questa situazione di fatto, occorre ora esaminare il dato normativo, al fine di stabilire se la valutazione di impatto ambientale del progetto proposto da A.S.R.A.B. s.p.a. doveva estendersi al complesso delle opere necessarie per la sua realizzazione e, quindi, anche agli interventi che inevitabilmente devono essere attuati sulla discarica gestita da Cavaglià s.p.a..
In relazione alle procedure di valutazione di impatto ambientale, la legge regionale Piemonte 1998 n. 40 dispone, all’art. 4, comma 5, che “Qualora un progetto di cui agli allegati A1, A2, B1, B2 e B3 comporti opere o interventi di diverso tipo, preliminari o contestuali, finalizzati o funzionali alla realizzazione, o ancora più opere funzionalmente connesse tra loro o con opere già esistenti, ancorché rientranti in diverse tipologie, o ancora preveda un'opera divisa in parti da realizzare in fasi distinte nel tempo, è sottoposto alla procedura di V.I.A., secondo i criteri di cui ai commi 1, 2 e 3, il progetto complessivo relativo all'insieme delle opere e degli interventi necessari. In tal caso il proponente presenta, nell'ambito delle fasi procedurali di V.I.A., elaborati progettuali che si riferiscono al complesso dei lavori e delle opere e che evidenzino nel dettaglio le fasi di realizzazione e le relazioni tra le opere e gli interventi”.
Del resto, è pacifico che il progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. rientra nella tipologie comprese nell’allegato A2, trattandosi di una discarica di rifiuti non tossici con capacità superiore a 100.000 mc (la relazione finale di contributo tecnico scientifico predisposta da A.R.P.A. Piemonte di data 10.07.2007 - pag. 4 - riferisce che la volumetria totale sarà pari a 645.000 mc).
Risulta così l’infondatezza dell’eccezione proposta dall’amministrazione, che, dopo avere escluso l’esistenza di un vincolo di accessorietà tra le due discariche, le quali, pertanto, non costituiscono un unico “impianto” ex art. 2, comma 1 lett. c, del D.L.vo 2005 n. 59, nega la necessità della loro congiunta sottoposizione alla valutazione di impatto ambientale.
In primo luogo, occorre notare che con il motivo in valutazione la ricorrente non deduce l’esistenza di una specifica relazione di accessorietà tra le attività svolte nelle due discariche, limitandosi a rilevare che il progetto autorizzato implica l’esecuzione di opere anche sulla discarica gestita da Cavaglià s.p.a..
Inoltre, la nozione di attività accessoria ricordata dall’amministrazione rileva solo ai fini della determinazione del concetto di “impianto” in relazione al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e non per stabilire l’estensione delle opere da comprendere in un’unica valutazione di impatto ambientale.
In altre parole, non si tratta di accertare se le attività svolte nelle due discariche siano tra loro in un rapporto di accessorietà, così da integrare una sola “unità tecnica permanente”, ai fini del rilascio della autorizzazione integrata ambientale, ma di chiarire se il progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. implica la realizzazione di opere di diverso tipo, funzionali alla sua realizzazione, da comprendere in una unitaria valutazione di impatto ambientale, ex art. 4 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40.
Insomma, seppure nella fattispecie concreta assume rilevanza anche il D.L.vo 2005 n. 59 (retro sub punto n. 3 della motivazione) in materia di autorizzazione integrata ambientale, la cui disciplina è espressamente fatta salva dal D.L.vo 2006 n. 152, ciò non significa che i presupposti in esso fissati, in relazione proprio all’autorizzazione integrata ambientale, siano automaticamente estendibili alla valutazione di impatto ambientale.
L’argomentazione difensiva, quindi, non è condivisibile perché, senza alcuna base normativa, tende ad estendere i concetti e le definizioni stabiliti dalle norme in materia di autorizzazione integrata ambientale alla valutazione di impatto ambientale.
Anche la giurisprudenza ha riconosciuto che le due autorizzazioni e i relativi procedimenti sono distinti e conservano caratteri autonomi, in quanto l’autorizzazione integrata ambientale è “un provvedimento che (sostituendosi, tra l'altro, a tutte le preesistenti autorizzazioni ambientali di cui all’allegato 2 al citato decreto legislativo) incide specificamente sugli aspetti gestionali dell'impianto, mentre la procedura di VIA investe più propriamente i profili localizzativi e strutturali. Perciò, se anche nel caso di specie l'esito positivo della valutazione di impatto ambientale costituisce presupposto dell’AIA impugnata, quest'ultima non può essere configurata come atto strettamente consequenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata (a prescindere dall'impugnazione della VIA) da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione” (cfr. T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, sez. I, 26.11.2007 n. 3365).
In altri termini, il carattere unitario sia del procedimento svolto dall’amministrazione, sia dell’autorizzazione rilasciata non comporta una sovrapposizione tra autorizzazione integrata ambientale e valutazione di impatto ambientale, che restano distinte e correlate ad autonomi presupposti.
Gli elementi di fatto suindicati e il quadro normativo afferente al caso di specie conducono a rilevare la fondatezza del motivo in esame.
Invero, la realizzazione del progetto relativo alla discarica A.S.R.A.B. comporta necessariamente l’esecuzione di opere che interessano anche la discarica gestita da Cavaglià s.p.a., in quanto l’innalzamento della prima rende inevitabile l’innalzamento della seconda.
Simili opere sono indispensabili per l’effettivo funzionamento dell’impianto da ampliare, perché le due discariche si sostengono a vicenda.
D’altro canto, lo studio di compatibilità ambientale presentato dal proponente, pur riguardando solo l’ampliamento della discarica A.S.R.A.B., dà atto del rapporto di reciprocità che intercorre con l’adiacente discarica di rifiuti non pericolosi di origine industriale di Cavaglià s.p.a., per quanto riguarda gli aspetti di stabilità e di complementarietà.
Pertanto, in base al citato art. 4, comma 5, della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, la valutazione di impatto ambientale doveva riferirsi, in modo unitario, a tutte le opere necessarie per la realizzazione del progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a., comprese quelle che investivano direttamente la discarica di Cavaglià spa.
Al contrario, dagli atti impugnati e dai verbali della conferenza di servizi, emerge che l’amministrazione ha preso in considerazione solo le opere da realizzare sulla discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a., senza esaminare quelle da eseguire necessariamente sulla discarica di Cavaglià s.p.a., che sono state oggetto di un distinto procedimento amministrativo.
Sul punto, la Provincia di Biella rileva che, in ogni caso, i partecipanti alla conferenza di servizi hanno espresso la propria posizione, circa la compatibilità ambientale dell’intervento proposto, tenendo presente la contiguità dell’impianto con la discarica gestita da Cavaglià s.p.a. e ciò sarebbe comunque sufficiente a garantire la legittimità dell’azione amministrativa.
Anche questa considerazione non è condivisibile.
Difatti, dai verbali della conferenza di servizi ed in particolare dal verbale datato 11.07.2007, risulta che i partecipanti hanno espresso il parere “sulla compatibilità ambientale del progetto in istruttoria”, che però è esclusivamente quello relativo all’ampliamento della discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a..
Certamente la contiguità tra le due discariche emerge anche dai verbali della conferenza di servizi, trattandosi di un dato oggettivo, ma da ciò non deriva che la valutazione di impatto ambientale abbia avuto ad oggetto tutte le opere necessarie per l’attuazione del progetto autorizzato con gli atti impugnati.
Va, pertanto, ribadita la fondatezza del motivo in esame, in quanto la valutazione di impatto ambientale non ha avuto ad oggetto tutte le opere necessarie per l’esecuzione del progetto di ampliamento presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. e, in particolare, non ha compreso gli interventi da realizzare sulla discarica gestita da Cavaglià s.p.a., con conseguente violazione dell’art. 4, comma 5, della legge regionale Piemonte 1998 n. 40.
5) Il secondo motivo, relativo al “procedimento di valutazione di impatto ambientale ed alla determina del Dirigente della Provincia di Biella n. 2636 in data 2/8/2007 conclusiva del procedimento”, è articolato in più censure da esaminare separatamente.
5.1) Con la prima censura la ricorrente deduce la violazione dell’art. 14 bis della legge 1990 n. 241, in quanto, in relazione alla procedura di valutazione di impatto ambientale, la conferenza di servizi ha omesso di esaminare l’ipotesi zero.
L’amministrazione resistente eccepisce l’infondatezza della censura, in quanto l’ipotesi zero è stata valutata nel corso della conferenza di servizi.
L’eccezione è fondata.
Invero, nella fase istruttoria l’amministrazione ha rilevato l’omessa valutazione da parte del proponente dell’ipotesi zero (verbale di seduta congiunta datato 17.10.2006 redatto dall’Organo tecnico della Provincia di Biella e dal Comitato tecnico provinciale per i problemi ambientali), cui si riferisce l’art. 14 bis, comma 3, della legge 1990 n. 241 nel prevedere la necessaria ponderazione delle principali alternative ai fini della valutazione di impatto ambientale.
A seguito di tali rilievi, A.S.R.A.B. s.p.a. ha trasmesso all’amministrazione dei chiarimenti (nota prot. ricez. Provincia n. 25549 del 09.05.2007) dove viene esaminata la c.d. ipotesi zero, illustrandone le conseguenze e precisando, tra l’altro, che “il considerare l’ipotesi zero equivale a pensare che non si realizzi l’intervento che si propone con la presente proposta”.
Gli organi tecnici, a loro volta, nel verbale di seduta congiunta del 12.06.2007 hanno dato atto del chiarimento fornito da A.S.R.A.B. s.p.a. in relazione alle possibili alternative tecnologiche e localizzative.
Ne deriva l’infondatezza della censura in esame, in quanto nel corso della procedura di valutazione di impatto ambientale l’amministrazione ha considerato anche l’ipotesi zero, secondo quanto previsto dall’art. 14 bis, comma 3, della legge 1990 n. 241.
5.2) Con la seconda censura la ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento, in quanto l’ampliamento della discarica non rispetta il principio di autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali, emergente, tra l’altro, dagli artt. 182 e 201 del D.L.vo 2006 n. 152.
In particolare, la ricorrente considera che la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. è stata utilizzata negli ultimi anni per smaltire anche rifiuti provenienti da altre province e, del resto, la Giunta Provinciale di Biella, con la delibera n. 277 del 28.09.2007, successiva alle autorizzazioni impugnate, ha approvato un protocollo di intesa con la Provincia di Torino avente ad oggetto il conferimento di rifiuti provenienti dalla Provincia di Torino nella discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a..
Da ciò la ricorrente deduce lo sviamento di potere, in quanto l’ampliamento della discarica è stato disposto per far fronte ad asserite esigenze del territorio, mentre in concreto tratta rifiuti provenienti da altre province.
L’amministrazione resistente eccepisce, in primo luogo, l’inammissibilità della censura, in quanto il ricorso non è stato notificato al C.O.S.R.A.B., Associazione d’ambito per il territorio della Provincia di Biella, che aveva espresso parere favorevole in conferenza di servizi e al quale la legge regionale Piemonte 2002 n. 24 attribuisce una funzione di governo sugli impianti.
L’eccezione, da esaminare con priorità per il suo carattere pregiudiziale, è infondata.
La conferenza di servizi, che, come già ricordato, integra solo un modulo procedimentale, è priva di soggettività giuridica, sicché le singole amministrazioni partecipanti conservano la titolarità dei poteri loro attributi dalla legge.
Ne deriva che in caso di impugnazione del provvedimento adottato all’esito di una conferenza di servizi, la legittimazione passiva non si radica in capo a tutte le amministrazioni partecipanti, ma solo a quelle che, mediante lo strumento della conferenza di servizi, abbiano adottato un atto a valenza esoprocedimentale, il quale, in mancanza del particolare modulo organizzativo, si sarebbe dovuto impugnare da parte di chi intendesse contestarne le determinazioni (cfr. ex multis C.d.S., sez. IV, 09.07.1999, n. 1193; T.A.R. Toscana, sez. III, 16.04.2004, n. 1162).
Nel caso concreto il CO.S.R.A.B. (Associazione d’ambito per il territorio della provincia di Biella), contrariamente a quanto affermato dall’amministrazione resistente, non era investito di specifici poteri autorizzatori, né, più in generale, ha adottato delle determinazioni a valenza esoprocedimentale, suscettibili di impugnazione.
Invero, l’art. 12 della legge regionale Piemonte 2002 n. 24 delinea, al comma 4, le attribuzioni delle associazioni d’ambito, prevedendo che “L'associazione di ambito ha il compito di:
a) provvedere al governo ed al coordinamento dei servizi di cui all'articolo 10, comma 2 sulla base dei programmi provinciali;
b) provvedere alla realizzazione degli interventi previsti dal programma provinciale o individuare i soggetti cui affidare la realizzazione;
c) fornire ai consorzi di bacino appartenenti all'ambito territoriale ottimale le informazioni per la predisposizione dei piani finanziari di cui all'articolo 8, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani), ai fini dell'istituzione della tariffa”.
In definitiva, tale norma assegna alle associazioni d’ambito dei compiti essenzialmente gestionali, di coordinamento e di attuazione dei programmi adottati in ambito provinciale, senza investirle di poteri di autorizzazione alla realizzazione ed esercizio di discariche.
Del resto, la determinazione conclusiva della conferenza di servizi (n. 2636 del 02.08.2007) esplicita l’atto di competenza di ciascun partecipante e, con riferimento al CO.S.R.A.B. – A.T.O. Biella, indica che gli compete soltanto di esprimere un parere in relazione sia alla compatibilità ambientale del progetto in valutazione, sia alla “realizzazione dell’intervento e per il suo esercizio”, ex art 208, comma 3, del D.L.vo 2006 n. 152, recante la disciplina procedimentale della conferenza di servizi.
In entrambi i casi CO.S.R.A.B. ha espresso un parere favorevole, ossia un atto che non presenta valenza esoprocedimentale e, quindi, non è suscettibile di autonoma impugnazione.
In proposito, va ricordato che secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, solo il parere negativo vincolante, che determina un arresto dell’iter procedimentale, costituisce un atto a rilevanza esterna, immediatamente lesivo e suscettibile di autonoma impugnazione (cfr. in argomento C.d.S., sez. VI, 09.06.2005, n. 3043; C.d.S., sez.V, 02.04.2001, n. 1902; T.A.R. Lazio - Roma, sez. III, 23.10.2006, n. 10833; T.A.R. Lombardia – Milano, sez. IV, 16.02.2006, n. 416)
In definitiva, va ribadita l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità proposta dall’amministrazione, in quanto il CO.S.R.A.B. - ATO Biella ha adottato in conferenza di servizi un atto privo di valenza esoprocedimentale, non suscettibile di autonoma impugnazione, con la conseguenza che tale associazione d’ambito risulta priva di legittimazione passiva in relazione al ricorso in esame, che coerentemente non le è stato notificato.
Nel merito la censura proposta dalla ricorrente è fondata.
La disciplina in materia di smaltimento dei rifiuti stabilisce che tra le finalità da perseguire vi è quella dell’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali.
Si tratta di un principio già posto dall’art. 5, comma 3, del D.L.vo 1997 n. 22 (non più vigente) ed ora ribadito dall’art. 182, comma 3, del D.L.vo 2006 n. 152, dove si prevede che “Lo smaltimento dei rifiuti e' attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica”.
Il principio è ribadito dal successivo art. 201 del D.L.vo n. 152 che, nel disciplinare il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani per ambiti territoriali ottimali dispone, al comma 5, che “In ogni ambito: a) e' raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati; b) e' garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio”.
La Corte Costituzionale ha chiarito che il principio, posto dalla legislazione statale, dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali, limita la legislazione regionale, in quanto attiene ad una competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema ex art. 117, secondo comma lett. s), della Costituzione (cfr. Corte Cost. sentenza 21 aprile 2005 n. 161).
Il giudice costituzionale ha precisato che il principio in esame è giustificato dal fatto che, per i rifiuti urbani non pericolosi, l'ambito territoriale ottimale per lo smaltimento è logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di produzione (cfr. Corte Cost., sentenza 14 luglio 2000 n. 281).
Del resto non è dubitabile, né contestato, che rispetto al progetto di ampliamento presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. trovi applicazione il principio in questione, atteso che la discarica tratta rifiuti urbani non pericolosi.
In proposito, basta ricordare che la relazione tecnica, allegata al progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a., prevede espressamente (pag. 16 di 94) che “il materiale collocato nella discarica è un rifiuto bioessicato, ottenuto dal trattamento di R.S.U. con il processo Biocubi, la cui componente degradabile è attualmente non fermentescibile e biologicamente inattiva perché con un contenuto d’acqua non sufficiente a far innescare in modo significativo alcun processo degradativo”.
Parimenti, la relazione in linguaggio non tecnico e lo studio di compatibilità ambientale, presentati in allegato al progetto, riferiscono, l’una che “il polo tecnologico … è destinato a smaltire rifiuti non pericolosi di origine urbana”, l’altro (pag. 10) che il progetto riguarda “il completamento della discarica per rifiuti non pericolosi di origine urbana”.
D’altro canto, anche la relazione finale di contributo tecnico scientifico redatta dall’ARPA – Piemonte datata 10.07.2007 specifica che “la tipologia di rifiuti smaltiti avrebbe le stesse caratteristiche (classificazione codici CER) di quelli già presenti, costituiti da bioessicato”.
Il principio di autosufficienza implica che la realizzazione o comunque l’ampliamento di una discarica deve corrispondere alle esigenze dell’ambito territoriale ottimale sul quale è collocata.
Pertanto nella materia in questione l’esercizio del potere discrezionale di autorizzazione deve trovare concreta giustificazione nel conseguimento dell’obiettivo dell’autosufficienza, con la conseguenza che il relativo procedimento amministrativo deve fare emergere, sulla base di un’adeguata istruttoria e di una completa ricostruzione della situazione fattuale, quali siano le esigenze dell’ambito territoriale ottimale che giustificano la realizzazione o l’ampliamento di una discarica, nel rispetto del principio di autosufficienza,
In proposito, la determinazione provinciale n. 2638 del 02.08.2007, ossia il provvedimento autorizzativo finale adottato all’esito della conferenza di servizi, si limita ad evidenziare, da un lato, che “il Progetto è stato valutato tenendo conto del contesto economico di comparto”, dall’altro, che “la modalità definita bioreattore consente … al netto dei maggiori oneri per lo smaltimento del percolato, anche un vantaggio per i cittadini in termini di riduzione della tariffa di smaltimento”.
Rispetto agli atti istruttori, va rilevato che la relazione finale di contributo tecnico scientifico redatta dall’A.R.P.A. – Piemonte datata 10.07.2007, dopo avere chiarito che il progetto prevede l’incremento della volumetria dei rifiuti abbancati, che passa da 550.000 mc a 645.000 mc, specifica, al paragrafo 5 - recante “Valutazioni conclusive e prescrizioni” - che “alla luce delle considerazioni sopra esposte dalle quali non risultano condizioni di impatto tali da precludere la realizzazione dell’opera, che viceversa adempie ai fabbisogni di smaltimento del territorio provinciale, oltre a concentrare la produzione di biogas in un arco temporale ridotto a circa 8 anni e consentire il suo sfruttamento ai fini di produzione di energia elettrica, in modo tale da condurre, al netto dei maggiori oneri per lo smaltimento del percolato ad un vantaggio per i cittadini in termini di riduzione della tariffa di smaltimento”.
Va rilevato, in primo luogo, che l’affermazione della corrispondenza del progetto di ampliamento “ai fabbisogni di smaltimento del territorio provinciale” appare del tutto generica, perché non supportata da alcun riscontro fattuale, mentre l’ulteriore affermazione, secondo cui l’opera determinerebbe un vantaggio per la popolazione in termini di riduzione della tariffa, riflette un interesse diverso da quello sotteso al principio normativo dell’autosufficienza.
Inoltre, rispetto alla questione della corrispondenza tra il progetto autorizzato e le esigenze dell’ambito territoriale biellese, é significativo il contenuto della delibera della Giunta provinciale di Biella n. 277 del 28.09.2007, avente ad oggetto l’accordo tra la Provincia di Biella, la Provincia di Torino, l’Associazione d’Ambito Torinese per il Governo dei Rifiuti e il Consorzio Smaltimento Rifiuti Area Biellese per il conferimento di rifiuti urbani prodotti nell’Ambito Territoriale Torinese – azienda AMIAT – presso il polo tecnologico ubicato nel Comune di Cavaglià.
In essa, in primo luogo, si precisa che “in seguito alle richieste avanzate dalla provincia di Torino circa la necessità di poter conferire presso il polo tecnologico di Cavaglià rifiuti urbani provenienti dal bacino torinese … in data 10/02/2004, 15/12/2005, 05/06/2006 sono stati sottoscritti tra la Provincia di Biella e la Provincia di Torino appositi Protocolli d’intesa al fine di disciplinare in modo completo ed organico le modalità di conferimento dei rifiuti presso il Polo Tecnologico Biellese negli anni 2004, 2005 e 2006”, quindi, si considera che “la Provincia di Torino … ha voluto verificare la disponibilità di questa Provincia ad accettare anche per l’anno 2007 il conferimento di circa 9000 tonnellate di R.S.U. fino al 31.12.2007 … rinnovando, anche con la partecipazione delle rispettive A.T.O., il Protocollo d’Intesa relativo ai conferimenti effettuati a fine 2006”, inoltre, si dà atto del parere favorevole espresso da A.S.R.A.B. s.p.a. quale ”soggetto gestore del polo tecnologico”.
Sulla base di queste premesse la delibera in esame ha approvato il protocollo di intesa che disciplina il conferimento nell’anno 2007 di rifiuti urbani prodotti nell’Ambito Territoriale Torinese presso il polo tecnologico ubicato nel Comune di Cavaglià.
In punto di fatto è evidente che sin dal 2004 la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. ha ricevuto non solo i rifiuti provenienti dall’Ambito Territoriale Biellese, ma anche quelli prodotti nel bacino torinese; tale situazione è perdurata nel 2005 e nel 2006 ed è stata oggetto di un nuovo accordo tra le amministrazioni interessate anche relativamente all’anno 2007.
Tuttavia, dai provvedimenti impugnati e dai verbali della conferenza di servizi non risulta che tale situazione di fatto sia stata oggetto di effettiva considerazione, sicché l’affermata corrispondenza tra il progetto autorizzato e le esigenze locali muove da un’incompleta ricostruzione dei fatti, perché non considera il dato oggettivo del trattamento nella discarica di A.S.R.A.B. s.p.a. anche di rifiuti urbani provenienti da altri ambiti territoriali.
Emerge così un evidente difetto di istruttoria, in quanto l’amministrazione ha autorizzato il progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a., ritenendolo coerente alle necessità locali, ma senza considerare che l’impianto era già utilizzato per soddisfare i bisogni di smaltimento di altre province.
Inoltre, l’amministrazione, dopo avere autorizzato l’ampliamento della discarica sul presupposto della sua corrispondenza alle esigenze dell’A.T.O. di riferimento, ha approvato un protocollo di intesa con il quale accetta di ricevere anche nel 2007 i rifiuti prodotti nel bacino torinese.
Quest’ultima determinazione rende palese il difetto di istruttoria, in quanto se la discarica ASRAB, anche dopo l’approvazione del progetto di ampliamento, è in grado di ricevere i rifiuti provenienti da altri ambiti territoriali, è evidente che l’affermazione della corrispondenza dell’ampliamento alle esigenze locali muove da una non completa ricostruzione dei fatti e quindi da un’insufficiente istruttoria.
Invero, non è coerente autorizzare l’ampliamento di una discarica sulla base di asserite esigenze locali e, subito dopo, consentire l’utilizzo dell’impianto per il trattamento di rifiuti provenienti da altre Province.
Sul punto appare significativo anche il contenuto del verbale della conferenza di servizi datato 11.07.2007, ove si riporta un intervento del rappresentante del Comune di Cavaglià, il quale evidenzia testualmente che “se vogliamo economizzare spazio, non accettiamo più rifiuti dalle altre Province e lavoriamo solo i nostri”, ma a fronte di simili affermazioni il responsabile del procedimento ha dichiarato che “la discussione sta muovendosi su argomentazioni estranee all’oggetto della Conferenza di Servizi”.
Da queste dichiarazioni, raccolte nel verbale dell’ultima seduta della conferenza di servizi, emerge con chiarezza che l’intero procedimento si è svolto senza tenere conto dell’utilizzo della discarica anche per sopperire alle esigenze di altre province e, quindi, sulla base di un’istruttoria incompleta.
In proposito, non è condivisibile l’argomentazione difensiva con la quale la Provincia di Biella considera, da un lato, che l’istanza presentata da A.S.R.A.B. s.p.a. è antecedente all’adozione della delibera n. 277/2007, la quale, pertanto non vale a dimostrare che il rimodellamento della discarica era funzionale ad esigenze extraterritoriali, dall’altro, che l’art. 14, comma 1, della legge regionale 2002 n. 24 prevede solo un divieto di smaltimento per i rifiuti provenienti da altre regioni.
Difatti, la posteriorità della delibera n. 277 all’istanza presentata da A.S.R.A.B. s.p.a. è un dato inconfutabile, che però risulta del tutto irrilevante in relazione alla questione dell’incompletezza dell’istruttoria e della non adeguata ricostruzione della situazione fattuale da parte dell’amministrazione procedente; inoltre, la previsione dell’art. 14, comma 1, della legge 2002 n. 24 non incide sull’operatività del principio normativo dell’autosufficienza, posto dalla citata normativa statale (cfr. in argomento Corte Cost. sentenza 21 aprile 2005 n. 161).
E’, pertanto, fondata la censura in esame, in quanto le determinazioni impugnate si basano su un’istruttoria incompleta, che non ha tenuto conto del concreto utilizzo della discarica anche per il trattamento di rifiuti urbani provenienti da altre province, sicché l’affermata corrispondenza dell’opera autorizzata alle esigenze locali, secondo quanto prescritto dal principio dell’autosufficienza, risulta del tutto apodittica e non supportata dalle risultanze procedimentali.
5.3) Con la terza censura, compresa nel motivo in esame, la ricorrente evidenzia che, nel corso della conferenza di servizi, il Comune di Cavaglià ha manifestato il proprio parere negativo; pertanto, trattandosi del dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela della salute e della pubblica incolumità, l’autorità procedente doveva rimettere la decisione alla Conferenza unificata di cui all’art. 14 quater, comma 3 lett. c, della legge 1990 n. 241. La mancata applicazione della norma ora indicata rende illegittimo l’atto impugnato.
La censura è infondata.
Sul punto occorre ricordare, come eccepito dall’amministrazione resistente, che l’art. 14 quater della legge 1990 n. 241 attribuisce rilevanza solo ad un motivato dissenso propositivo che, a pena di inammissibilità, “deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso”.
Dal verbale della conferenza di servizi datato 11.07.2007 risulta che il rappresentante del Comune di Cavaglià ha, in primo luogo, dichiarato di essere “in condizione di esprimere soltanto un parere politico”, quindi, ha espresso un parere negativo in ordine alla compatibilità ambientale del progetto, affermando testualmente: “come già espresso nelle Conferenza precedenti, esprimiamo parere negativo perché non ravvediamo la necessità di procedere ad un trattamento di bioessicazione per poi ribagnare con acque di percolato e prima pioggia. Ci spaventa la possibilità di fuoriuscita incontrollata di biogas perché quello che non viene captato non sappiamo dove e come vada a finire. Abbiamo una zona industriale adiacente e quindi ci vediamo anche questo tipo di attività compromesso in uno sviluppo futuro, considerando che il nostro territorio sarebbe un territorio appetibile in quanto siamo vicinissimi ad un nodo autostradale e quindi questo ci porterebbe un incremento, vista la grande perdita di posti di lavoro che abbiamo avuto ultimamente. Per cui benefici da questa operazione non ne abbiamo, e quindi non esprimiamo parere favorevole. Inoltre le garanzie di cinque anni non è che ci tutelino, perché fra cinque anni chi può sapere che cosa succederà? Esprimo questo parere a nome del Consiglio Comunale unito, maggioranza e minoranza, come da una deliberazione del Consiglio Comunale del 30 giugno che verrà trasmessa alla Conferenza”.
Il verbale di data 11.07.2007 dà poi atto che, in relazione al permesso di costruire ex d.p.r. 2001 n. 380, il rappresentante del Comune di Cavaglià “ribadisce il parere negativo (senza precisazioni ulteriori rispetto alle motivazioni espresse in riferimento al parere negativo circa la compatibilità ambientale)”.
E’ evidente che il parere espresso dal rappresentante del Comune di Cavaglià non rispetta le condizioni di ammissibilità previste dall’art. 14 quater della legge 1990 n. 241, in quanto, sia ai fini della valutazione di compatibilità ambientale, sia ai fini del rilascio del permesso di costruire, non reca “le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso” e, pertanto, va considerato tamquam non esset (cfr. in argomento T.A.R. Toscana – Firenze, sez. III, 16.04.2004 n. 1162).
Ne deriva l’infondatezza della censura in esame, in quanto la devoluzione della decisione alla Conferenza Unificata, ex art. 14 quater, comma 3, della legge 1990 n. 241, presuppone l’ammissibilità del parere negativo espresso dall’amministrazione interessata, ma, come chiarito, tale circostanza non ricorre nel caso di specie, sicché non sussiste la dedotta violazione della disposizione da ultimo richiamata.
5.4) Con la quarta censura la ricorrente lamenta che il parere espresso dal Comune di Cavaglià non è stato correttamente riportato nel verbale della conferenza di servizi di data 11.07.2007.
La censura è inammissibile.
Invero, essa è diretta a contestare la veridicità delle risultanze del verbale datato 11.07.2007, che però ha natura di atto pubblico, sicché la falsità di quanto in esso documentato deve essere dedotta mediante la querela di falso, da proporre dinanzi al giudice ordinario, secondo le previsioni dell’art. 7 della legge 1971 n. 1034 e degli artt. 9 e 221 e seg.ti c.p.c..
5.5) Con la quinta censura la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto impugnato in quanto la determinazione adottata all’esito della conferenza di servizi non prevede espressamente l’effetto di variante al P.R.G., con la conseguenza che tale effetto non può prodursi.
La censura è infondata.
Difatti, la determinazione n. 2636 del 02.08.2007, conclusiva della conferenza di servizi, dà espressamente atto del carattere unitario dell’istruttoria, diretta all’espressione del giudizio di compatibilità ambientale comprensivo delle autorizzazioni ambientali ed urbanistiche necessarie; inoltre, specifica che il Comune di Cavaglià ha espresso un parere negativo proprio in relazione al rilascio del permesso di costruire.
Infine, la determinazione in esame specifica, nella parte dispositiva, che il progetto ha conseguito le autorizzazioni necessarie per la sua realizzazione, tra le quali il “permesso di costruire ex d.p.r. 2001 n. 380”.
Del resto, l’art. 208, comma 6, del D.L.vo 2006 n. 152 disciplina l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, prevedendo espressamente che l’approvazione del progetto “sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.
Sicché, come rilevato dall’amministrazione resistente, l’effetto di variante al P.R.G. deriva dalla stessa approvazione del progetto, con conseguente insussistenza dell’illegittimità lamentata dalla ricorrente.
In definitiva, va rilevata le fondatezza del motivo in esame nei limiti suindicati, con riferimento alle diverse censure dedotte.
6) Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 12 e 13 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, in quanto la pubblicazione del progetto a mezzo stampa e nel BUR è avvenuta in modo fuorviante.
In particolare, nella pubblicazione l’istanza di A.S.R.A.B. s.p.a. è stata definita “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore”, ma l’espressione “rimodellamento” ha tratto in inganno la cittadinanza, perché ha rappresentato come di minore impatto l’intervento, con conseguente violazione delle norme dirette ad assicurare la partecipazione alla valutazione di impatto ambientale.
L’amministrazione resistente eccepisce l’inammissibilità della censura, in quanto l’art. 8 della legge 1990 n. 241 prevede che l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento può essere fatta valere dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista, pertanto la ricorrente non essendo destinataria degli avvisi pubblicati a mezzo stampa e sul BUR non è legittimata a far valere tale omissione.
L’eccezione non merita accoglimento.
Invero, il motivo in esame non lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento, né l’omissione delle forme di pubblicità previste dagli artt. 12 e 13 della legge regionale 1998 n. 40 per la procedura di valutazione di impatto ambientale, ma la non corrispondenza tra l’avviso pubblicato a mezzo stampa e sul BUR e il reale contenuto del progetto.
Ne deriva l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità, in quanto la violazione lamentata dalla ricorrente non è inquadrabile nel paradigma dell’art. 8 della legge 1990 n. 241.
Il motivo è comunque infondato.
Invero, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, l’avviso pubblicato (doc. 14 Provincia di Biella) specifica che la richiesta presentata da A.S.R.A.B. s.p.a. “prevede la sopraelevazione dell’esistente discarica e la modifica della gestione dell’impianto di eliminazione del biogas mediante l’impiego del Bioreattore …”, così da rappresentare in modo adeguato, anche se sintetico, i contenuti del progetto presentato.
In definitiva, il contenuto dell’avviso pubblicato non viola le prescrizioni degli artt. 12 e 13 della legge regionale 1998 n. 40, con conseguente infondatezza del motivo in esame.
7) Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 9 della legge regionale 1998 n. 40, in quanto l’amministrazione procedente ha svolto la conferenza di servizi senza convocare l’A.S.L. n. 11 di Vercelli e l’A.R.P.A. di Vercelli, che dovevano invece parteciparvi in quanto l’area ove sorge la discarica dista “a poche decine di metri dalla Provincia di Vercelli”.
Il motivo è infondato.
L’art. 9 della legge regionale 1998 n. 40, rubricato “soggetti interessati” individua gli enti che devono essere convocati alla conferenza di servizi finalizzata alla valutazione di impatto ambientale, stabilendo che “1. Ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del d.p.r. 12 aprile 1996, sono individuati come soggetti interessati ai progetti sottoposti alla procedura di VIA:
a) le province, i comuni e le comunità montane, nel caso di progetti di competenza regionale;
b) i comuni e le comunità montane, nel caso di progetti di competenza provinciale;
c) la comunità montana, nel caso di progetti di competenza comunale;
d) l'ente di gestione dell'area protetta, nel caso di progetti ricadenti almeno parzialmente sul territorio dell'area stessa;
e) l'azienda sanitaria locale (ASL) competente;
f) i soggetti titolari della funzione di rilascio delle autorizzazioni, dei nulla osta, dei pareri o degli altri atti di analoga natura, da acquisire al fine della realizzazione e dell'esercizio dell'opera o dell'intervento, con particolare riferimento alle autorizzazioni di carattere ambientale ed urbanistico.
2. Gli enti locali territoriali di cui al comma 1, lettere a), b) e c), sono individuati con i seguenti criteri:
a) nel caso di opere puntuali, l'ente sede dell'opera e degli impianti connessi;
b) nel caso di opere lineari, gli enti attraversati dall'opera e quelli interessati da opere e interventi connessi.
3. L'autorità competente decide il coinvolgimento di altri soggetti territoriali o istituzionali, anche a seguito di loro motivata richiesta, in casi di particolare rilevanza con riferimento alle ricadute degli impatti ambientali individuati nel corso della procedura”.
Ne deriva, come eccepito dall’amministrazione resistente, che l’A.S.L. n. 11 di Vercelli e l’A.R.P.A. di Vercelli non dovevano essere convocate, in quanto il progetto era di competenza provinciale e i due enti non rientrano tra quelli che, in simili casi, devono partecipare alla conferenza, secondo i citati commi 1, lettere b), e) ed f), e 2 della legge regionale 1998 n. 40, mentre è del tutto irrilevante, in base alla norma citata, la circostanza che l’area ove sorge la discarica sia vicina al territorio della Provincia di Vercelli.
Del resto, il potere dell’amministrazione di convocare altri soggetti, ulteriori rispetto a quelli che devono partecipare alla conferenza, ha natura discrezionale, secondo la previsione dell’art. 9, comma 3, della legge medesima e, pertanto, la relativa scelta dell’amministrazione è censurabile se viziata sul piano logico, per irragionevolezza o arbitrarietà.
Nel caso di specie la ricorrente si limita ad evidenziare che i soggetti indicati potevano partecipare alla conferenza “quanto meno ai sensi ed agli effetti del comma 3 del menzionato articolo”, senza formulare alcuna specifica censura avverso la scelta discrezionale dell’amministrazione.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza del motivo in esame.
8) Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la violazione della deliberazione della Giunta Regionale 11.11.2002 n. 14-7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella.
In particolare, si considera che la deliberazione della Giunta Regionale 2002 n. 7623 della Provincia di Biella stabilisce che “la Provincia si impegna a ricercare la possibilità di un bilancio ambientale favorevole a quanto meno la compensazione delle nuove emissioni ad esempio sfruttando le sinergie con utenze termiche ed energetiche già presenti nell’area”.
Tuttavia, nel caso in questione l’ampliamento dell’impianto comporta necessariamente una maggiore emissione di sostanze inquinanti – biogas – e quindi il bilancio ambientale non può ritenersi positivo, né vi sono compensazioni delle nuove emissioni.
Il motivo è infondato.
Invero, la determinazione della Provincia di Biella n. 2638 del 02.08.2007, ossia il provvedimento finale adottato all’esito della conferenza di servizi, fissa una serie di prescrizioni tecniche dirette a regolare la gestione e il monitoraggio del bioreattore e del biogas, con particolare riferimento alle modalità di sfruttamento del biogas medesimo.
Inoltre, la relazione finale di contributo tecnico scientifico redatta dall’ARPA – Piemonte, datata 10.07.2007, analizza i dati relativi alle emissioni in atmosfera, precisando (pag. 8 di 11) che “si rileva comunque che i quantitativi di metano immesso in atmosfera non determinano un impatto significativo per la matrice”.
A fronte della fissazione da parte dell’amministrazione di prescrizioni dirette ad assicurare lo smaltimento del biogas prodotto dall’impianto e di atti istruttori dai quali non emerge un “bilancio ambientale” negativo, la ricorrente si limita ad asserire che l’impianto determina un incremento delle emissioni di sostanze inquinanti, non compensate in alcun modo, con la conseguenza che “il bilancio ambientale non può certamente ritenersi positivo”.
Si tratta di affermazioni non suffragate da alcun elemento di riscontro e che non tengono conto né delle risultanze istruttorie, né delle prescrizioni dettate dall’amministrazione in ordine alla gestione del biogas.
Ne deriva l’infondatezza del motivo in esame.
9) Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione del Piano Territoriale Provinciale di Biella, in quanto, nell’area dove sorge la discarica, tale Piano ammette solo “infrastrutture ecologiche esistenti e un progetto ai confini del Territorio Provinciale in Comune di Caviglià”, pertanto l’ampliamento autorizzato non rispetta tali prescrizioni, perché non era in progetto e non può definirsi infrastruttura ecologica.
Il motivo è infondato.
La censura sviluppata dalla ricorrente muove da una lettura solo parziale del PRUIS (progetto di riqualificazione urbana e infrastrutturazione sostenibile) relativo al “polo ecotecnologico di Cavaglià”, contenuto nel Piano Territoriale Provinciale della Provincia di Biella.
In esso, infatti, non si prevede, come affermato dalla ricorrente, che nell’area di Cavaglià sono ammesse solo le strutture esistenti e quelle in progetto, ma si considera che “la concentrazione di infrastrutture ecologiche esistenti e in progetto ai confini del territorio provinciale in Comune di Cavaglià, anche in relazione alle attività e alle previsioni estrattive che insistono sullo stesso territorio, muovono nella considerazione di qualificare questo sistema come un vero e proprio polo produttivo eco-tecnologico”.
Ne deriva che il PRUIS menziona le infrastrutture ecologiche esistenti e in progetto non per limitare ad esse le opere realizzabili nell’area di Cavaglià, ma per qualificare tale area come polo produttivo eco-tecnologico.
Del resto, lo stesso PRUIS specifica che le funzioni connesse al ciclo ecologico dei rifiuti sono da intendere come “una opportunità per l’insediamento di funzioni e attività attorno al processo di recupero e riutilizzazione di materia ed energia dal ciclo dei rifiuti, possono realizzare nel polo eco-tecnologico nuove occasioni di business ed ospitare momenti di innovazione tecnologica ed organizzativa”.
In definitiva, il Piano territoriale della Provincia di Biella non esclude la realizzazione di nuovi impianti, né l’ampliamento di quelli esistenti ed anzi considera che il polo eco-tecnologico come la sede naturale di esperienza di innovazione tecnologica ed organizzativa.
Ne deriva l’infondatezza del motivo in esame.
10) Vanno ora esaminati i motivi dedotti avverso “la determina dirigenziale n. 2638 in data 2/8/2007 di rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 208 d.lgs. n. 152/06”.
Il primo motivo è articolato in due censure, la prima delle quali – diretta a contestare la competenza della Provincia ad adottare l’atto impugnato – è già stata trattata, per ragioni di precedenza logico giuridica, al punto n. 3 della motivazione.
Con la seconda censura la ricorrente deduce il difetto di istruttoria, in quanto la procedura di valutazione di impatto ambientale e quella diretta al rilascio dell’autorizzazione unica sono state accomunate in un’unica fase istruttoria, gestita dal medesimo Dirigente del settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella.
La censura è infondata.
Invero, l’amministrazione ha legittimamente svolto un’istruttoria unitaria in relazione alle diverse autorizzazioni richieste, in quanto l’art. 12, comma 3, della legge regionale Piemonte 1998 n. 40 – aderente al caso di specie in quanto reca la disciplina della fase di valutazione e giudizio di compatibilità ambientale – prevede che “L'attuazione degli adempimenti di cui al comma 2 determina l'inizio della fase valutativa che si svolge secondo le modalità definite nell'articolo 13 ed è finalizzata all'espressione del giudizio di compatibilità ambientale, comprensivo delle autorizzazioni ambientali ed urbanistiche necessarie alla realizzazione del progetto, nonché all'eventuale rilascio coordinato di ulteriori provvedimenti. Il giudizio di compatibilità ambientale è elaborato alla luce degli approfondimenti tecnici, delle risultanze delle conferenze di servizi e dell'eventuale inchiesta pubblica o del confronto con il proponente, nonché delle osservazioni del pubblico”.
Inoltre, la circostanza che l’istruttoria sia stata svolta da un unico Dirigente non contrasta con alcuna specifica previsione ed anzi è coerente con l’unicità dell’autorizzazione rilasciata e con l’utilizzo del modulo procedimentale della conferenza di servizi.
Del resto, è del tutto apodittica e, pertanto, non condivisibile l’affermazione secondo la quale tale “sovrapposizione di compiti” in capo al medesimo Dirigente ha determinato l’incompletezza dell’attività istruttoria, in quanto la ricorrente non ha argomentato tale asserzione, né ha evidenziato elementi concreti di riscontro.
Ne deriva l’infondatezza della censura in esame.
11) Con il secondo dei motivi in esame, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 9, comma 1 lett. a), del D.L.vo 2003 n. 36, nella parte in cui prevede che il progetto di discarica deve soddisfare “tutte le prescrizioni dettate dal presente decreto e dagli allegati 1 e 2”.
In particolare, si evidenzia che il citato allegato 1, stabilisce al punto 2.4 – rubricato “protezione del terreno e delle acque” – che nella realizzazione di una discarica, la protezione del suolo e delle acque deve avvenire mediante “la combinazione di una barriera geologica, del rivestimento impermeabile del fondo e delle sponde della discarica”.
La ricorrente sostiene che la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. è priva di tale combinazione tra barriera geologica naturale e impermeabilizzazione artificiale, con conseguente illegittimità dell’autorizzazione rilasciata.
Il motivo è infondato.
Sul punto va considerato, in primo luogo, che proprio il punto 2.4 dell’allegato 1 del D.L.vo 2003 n. 36 stabilisce che “la barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione equivalente”.
Inoltre, la relazione tecnica allegata al progetto autorizzato descrive, al punto 3.0, le condizioni dell’impermeabilizzazione, precisando – come del resto rilevato dall’amministrazione resistente - che il fondo presenta uno “strato di impermeabilizzazione in materiale naturale realizzato con 1 metro di materiale argilloso compattato … una geomembrana in HDPE (polietilene ad alta densità) dello spessore di 2 mm e un geotessuto del peso pari a 500 g/m”, mentre i fianchi presentano “uno strato di geotessuto del peso pari a 500 g/m posato sul terreno naturale, un geocomposito bentonitico, una geomembrana in HDPE (polietilene ad alta densità) dello spessore di 2 mm e un geotessuto del peso pari a 500 g/m. La protezione meccanica del sistema di impermeabilizzazione del fondo è garantita da uno strato pari a 50 cm di materiale drenante, ghiaietto e ghiaia, mentre sulle scarpate è realizzata con pneumatici riempiti con materiale drenante”.
A fronte di tali risultanze documentali, il ricorrente si limita a citare la norma asseritamente violata e ad affermare che la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. non presenta un’impermeabilizzazione aderente alle prescrizioni del D.L.vo 2003 n. 36, senza precisare per quali ragioni la impermeabilizzazione illustrata nella relazione tecnica del progetto non corrisponde a quella normativamente stabilita.
In definitiva, la censura proposta non è accoglibile, in quanto non si correla ad alcun elemento oggettivo idoneo ad inficiare le risultanze documentali, che il ricorrente neppure prende in considerazione.
Ne deriva l’infondatezza del motivo in esame.
12) Con il terzo dei motivi in valutazione la ricorrente deduce la violazione del Piano Regionale di tutela delle acque (P.T.A.) di cui al D.C.R. n. 117-10731 di data 13.03.2007.
In particolare, la ricorrente considera che, siccome l’impianto viola le garanzie richieste dal D.L.vo 2003 n. 36 per la protezione del terreno e delle acque, allora è violato anche il Piano di Tutela delle acque, che, all’art. 5, prevede che “le Autorità competenti dispongano affinché non siano realmente opere, interventi o attività in contrasto con le finalità del presente Piano o che possano compromettere il raggiungimento degli obiettivi dallo stesso fissati”,.
Il motivo è infondato.
Invero, la ricorrente formula la censura sul presupposto che il progetto violi le norme del D.L.vo 2003 n. 36 recanti le prescrizioni da osservare a protezione del suolo e delle acque.
Tuttavia, l’asserita violazione di tale decreto, nei termini ora precisati, è già stata esclusa al punto n. 11 della motivazione, sicché la censura si basa su un presupposto insussistente.
Ne deriva l’infondatezza del motivo.
13) Con il quarto dei motivi in esame la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione dell’art. 9, comma 1 lett. d) e dell’art. 14 del D.L.vo 2003 n. 36, in quanto le autorizzazioni impugnate sono state rilasciate senza la prestazione da parte di A.S.R.A.B. s.p.a. della garanzia di durata trentennale prescritta per la gestione post operativa della discarica.
Il motivo è fondato.
L’art. 9 del D.L.vo 2003 n. 36 disciplina le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione delle discariche, prevedendo, al comma 1 lett. d), che “Ai fini del rilascio dell'autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di una discarica devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: … d) il richiedente abbia prestato le garanzie finanziarie o altre equivalenti, ai sensi dell'articolo 14”.
Il successivo art. 14 - rubricato “garanzia finanziarie – dispone che “1. La garanzia per l'attivazione e la gestione operativa della discarica, comprese le procedure di chiusura, assicura l'adempimento delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione e deve essere prestata per una somma commisurata alla capacità autorizzata della discarica ed alla classificazione della stessa ai sensi dell'articolo 4. In caso di autorizzazione per lotti della discarica, come previsto dall'articolo 10, comma 3, la garanzia può essere prestata per lotti.
2. La garanzia per la gestione successiva alla chiusura della discarica assicura che le procedure di cui all'articolo 13 siano eseguite ed è commisurata al costo complessivo della gestione post-operativa. In caso di autorizzazione della discarica per lotti la garanzia per la post-chiusura può essere prestata per lotti.
3. Fermo restando che le garanzie di cui ai commi 1 e 2, nel loro complesso, devono essere trattenute per tutto il tempo necessario alle operazioni di gestione operativa e di gestione successiva alla chiusura della discarica e salvo che l'autorità competente non preveda un termine maggiore qualora ritenga che sussistano rischi per l'ambiente: a) la garanzia di cui al comma 1 è trattenuta per almeno due anni dalla data della comunicazione di cui all'articolo 12, comma 3; b) la garanzia di cui al comma 2 è trattenuta per almeno trenta anni dalla data della comunicazione di cui all'articolo 12, comma 3.
4. Le garanzie di cui ai commi 1 e 2 sono costituite ai sensi dell'articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348, e devono essere prestate in misura tale da garantire la realizzazione degli obiettivi indicati nei citati commi.
5. Nel caso di impianti di discarica la cui coltivazione ha raggiunto, alla data di entrata in vigore del presente decreto, l'80% della capacità autorizzata, il massimale da garantire secondo i parametri previsti è ridotto nella misura del 40%.
6. Le Regioni possono prevedere, per gli impianti realizzati e gestiti secondo le modalità previste dal presente decreto, che la garanzia finanziaria di cui al comma 2 non si applichi alle discariche per rifiuti inerti.
7. Gli oneri afferenti alle garanzie previste dal presente articolo, allorquando le regioni e gli enti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gestiscono direttamente la discarica, sono coperti dalla tariffa con le modalità di cui all'articolo 15”.
Anche l’art. 210, comma 3 lett. h), del D.L.vo 2006 n. 152 ribadisce che in caso di modifica di autorizzazioni alla gestione di impianti di smaltimento già rilasciate o di loro rinnovo, il provvedimento deve indicare “le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente o altre equivalenti”.
In definitiva, il D.L.vo 2003 n. 36 condiziona il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di una discarica alla prestazione, da parte del richiedente, anche di una garanzia per la gestione successiva alla chiusura dell’impianto, di durata almeno trentennale.
Nel caso di specie il provvedimento impugnato - determinazione della Provincia di Biella n. 2638 del 02.08.2007 - pur richiamando il D.L.vo 2003 n. 36, prescrive al punto 4 del dispositivo “di stabilire che l’efficacia dei punti 2 e 3 del dispositivo del presente atto è subordinata all’accettazione di idonee garanzie finanziarie, aggiornate in funzione della durata dell’autorizzazione e delle variazioni introdotte alla morfologia della discarica”. D’altro canto, il punto 3 del dispositivo specifica che le autorizzazioni rilasciate hanno una validità quinquennale, decorrente dall’emanazione del provvedimento medesimo.
In definitiva, l’amministrazione ha rilasciato le autorizzazioni richieste subordinandone l’efficacia alla prestazione di una garanzia di durata quinquennale, da aggiornare poi in funzione della durata delle autorizzazioni medesime.
Sul punto la Provincia di Biella eccepisce che il provvedimento impugnato prevede la prestazione di una garanzia solo quinquennale in applicazione degli indirizzi espressi dalla Regione Piemonte con la d.g.r. n. 86-10262 del 01.08.2003 e con la circolare 21.06.2004 n. 2/AQA del Presidente della Giunta Regionale.
La parte resistente afferma (memoria di data 17.12.2007) che tali determinazioni regionali prevedono proprio la possibilità di prestare delle garanzie di durata quinquennale, in luogo di quelle di durata trentennale, per la fase di gestione successiva alla chiusura.
L’eccezione è priva di pregio.
Difatti, la semplice lettura del provvedimento impugnato rende evidente che l’amministrazione non ha determinato la durata della garanzia per la fase di post chiusura riferendosi alle indicate determinazioni regionali – peraltro neppure prodotte in causa – atteso che esse non sono comprese tra gli atti presupposti, né ad esse viene fatto riferimento nella parte motivazionale o nel dispositivo del provvedimento.
Parimenti la determinazione conclusiva della conferenza di servizi - n. 2636 del 02.08.2007 – non reca alcun riferimento agli indicati atti della Regione.
Anzi, la determinazione n. 2636 specifica che durante la conferenza di servizi la società Comuni Riuniti Società Gestione Servizi s.p.a. ha espresso un parere negativo in ragione della “insufficiente tutela economica rappresentata dalle garanzie di durata quinquennale rinnovate alla scadenza del periodo, prestate per il periodo di post chiusura della discarica” e sul punto la determinazione medesima precisa che quella indicata è “una condizione attualmente irrealizzabile e cioè la presentazione da parte di A.S.R.A.B. s.p.a. di garanzie finanziarie di durata trentennale (come previsto dal d.Lgs. 36/03) che nessun fideiussore, a tutt’oggi, è disposto a prestare (ragion per cui tutte le Province hanno, derogando la norma succitata, accettato garanzie finanziarie quinquennali rinnovate alla scadenza del periodo)”
Analoghe indicazioni erano state fornite dal responsabile del procedimento nel corso della conferenza di servizi, come risulta dal verbale di data 11.07.2007.
Ne deriva l’infondatezza dell’argomentazione difensiva, in quanto la Provincia ha previsto una garanzia solo quinquennale non in osservanza di atti di indirizzo regionale, ma per una ragione puramente fattuale, ossia la ritenuta impossibilità per il richiedente di ottenere fideiussioni di durata trentennale.
In ogni caso, occorre considerare che la materia della gestione dei rifiuti, come già ricordato, appartiene alla legislazione esclusiva dello Stato, sicché in base all’art. 118 Cost. e al principio di sussidiarietà verticale la distribuzione delle funzioni amministrative in questa materia spetta allo Stato (cfr. in argomento Corte Cost. sentenza 01.10.2003, n. 303) e il D.L.vo 2003 n. 36 non attribuisce alle regioni il potere di ridurre, con proprie determinazioni, la durata delle garanzie.
Difatti, l’art. 14, comma 3, di tale decreto attribuisce all’autorità competente il potere di fissare “un termine maggiore qualora ritenga che sussistano rischi per l'ambiente” e non un termine inferiore, rispetto alla durata della garanzia prescritta dalla norma medesima.
Solo il successivo comma 6 dell’art. 14 consente alle Regioni di prevedere che la garanzia per il periodo di post chiusura non si applichi alle discariche per rifiuti inerti, ma il caso in esame non rientra in quest’ultima fattispecie.
D’altro canto, è evidente che non sussiste alcuna equivalenza tra una garanzia di durata trentennale ed una di durata quinquennale rinnovabile alla scadenza, atteso che il rinnovo è del tutto eventuale.
In definitiva, il provvedimento impugnato viola l’art. 14, comma 2, del D.L.vo 2003 n. 36, in quanto ha subordinato il rilascio delle autorizzazioni alla prestazione da parte del richiedente di una garanzia di durata quinquennale, mentre la norma citata impone la prestazione di una garanzia di durata almeno trentennale per le gestione successiva alla chiusura della discarica.
Va pertanto ribadita la fondatezza del motivo in esame.
14) Con il quinto dei motivi in esame la ricorrente lamenta la violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella.
Il motivo è articolato in tre censure, da esaminare separatamente.
Con la prima si deduce la violazione dell’art. 5.4 del Programma Provinciale di gestione dei rifiuti nella parte in cui dispone che le “frazioni trattate di rifiuto saranno caratterizzate da: - una ridotta presenza di frazione organica putrescibile, - un ridotto carico organico di percolato, -una ridotta formazione di biogas sostanzialmente eliminabile, anche nel caso di smaltimento di frazione organica stabilizzata, qualora questa venga collocata in condizioni aerobiche (ad es.: strati sottili)”.
La ricorrente considera che la gestione dei rifiuti mediante bioreattore è incompatibile con tale previsione del Programma.
La censura è infondata.
Invero, la disposizione citata non vieta la realizzazione di un bioreattore, né determina le modalità di smaltimento dei rifiuti, ma si limita a delineare, in termini generali, le caratteristiche dei rifiuti da trattare.
Inoltre, la disposizione non fissa parametri puntuali da rispettare nella produzione di biogas.
Ne deriva l’infondatezza della censura, in quanto è del tutto apodittica l’affermazione secondo la quale il progetto autorizzato contrasta con il Programma dei rifiuti.
Con la seconda e la terza censura la ricorrente afferma che il progetto approvato viola le previsioni dell’art. 5.3 del Programma nella parte in cui esclude l’accettazione di “rifiuti assimilabili o frazione secca con un contenuto di rifiuti a rapida putrescibilità >10% o con una umidità > 30% e un indice di respirazione superiore a 500 mg O2*kgSV-1*h-1” e dell’art. 91 del Programma nella parte in cui esclude l’accettazione di “frazioni umide, anche sottoposte a stabilizzazione, se non caratterizzate da un indice di respirazione inferiore a 500 mg O2*kgSV-1*h-1”.
Le censure sono infondate.
Sul punto va osservato che l’affermazione della ricorrente è del tutto apodittica, in quanto si limita ad asserire che i rifiuti trattati nella discarica autorizzata rientrano nelle previsioni citate, senza fornire alcun elemento di riscontro.
Inoltre, le risultanze documentali, non confutate dalla ricorrente, non evidenziano alcuna modificazione nei rifiuti ammessi in discarica in dipendenza dell’approvazione del progetto di ampliamento.
Sul punto è sufficiente richiamare la relazione finale di contributo tecnico scientifico redatta da A.R.P.A. Piemonte e datata 10.07.2007, dove si precisa che “la tipologia di rifiuti smaltiti avrebbe le stesse caratteristiche (classificazione codici C.E.R.) di quelli già presenti, costituiti da bioessicato”.
Del resto, le disposizioni citate definiscono le caratteristiche dei rifiuti accettabili in discarica e non quelle del prodotto dello smaltimento dei rifiuti medesimi.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza delle censure in esame.
15) Va ora esaminato il primo ricorso per motivi aggiunti proposto da Legambiente – Associazione ambientalista nazionale avverso la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2638 del 2.8.2007 e la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2636 del 2.8.2007.
Con il primo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati per eccesso di potere in conseguenza della genericità ed apoditticità delle motivazioni con le quali in sede istruttoria l’amministrazione ha accolto le spiegazioni fornite da A.S.R.A.B. s.p.a. in relazione alle richieste di chiarimenti avanzate dall’Organo Tecnico e dal Comitato Tecnico Provinciale.
Il motivo è inammissibile in quanto del tutto generico.
In proposito, la giurisprudenza consolidata ha chiarito che "Nel processo amministrativo al ricorrente incombe di formulare le proprie doglianze in modo tale che le stesse possano essere chiaramente comprese dal giudice nonché la dimostrazione del profilo di fatto attinente alle doglianze medesime, fornendo, all'uopo, almeno un principio di prova”; pertanto, è inammissibile il ricorso ove la prospettazione delle censure sia vaga e generica e, al contempo, non siano forniti elementi di seria consistenza relativamente all'aspetto di fatto delle stesse. (C.d.S., sez. V, 06.06.1990, n. 479; C.d.S., sez. IV, 06.05.2004 n. 2797; T.A.R. Lazio – Roma, sez. III 29.10.2007 n. 10543).
Nel caso di specie, la ricorrente si limita ad affermare l’esistenza del vizio di eccesso di potere senza fornire alcun elemento sul piano fattuale o probatorio.
Va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del motivo in esame.
16) Con la seconda censura formulata nel primo ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 12 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, in quanto la norma consente all’amministrazione di chiedere in un’unica soluzione al proponente delle integrazioni alla documentazione presentata, mentre l’Organo Tecnico Provinciale ha chiesto per due volte dei chiarimenti.
L’amministrazione resistente eccepisce l’inammissibilità della censura per carenza di interesse, in quanto la norma dell’art. 12 è posta a difesa dell’interesse del proponente ad una celere definizione del procedimento e non a tutela dell’interesse all’integrità dell’ambiente, di cui è portatrice la ricorrente.
La tesi difensiva non è condivisibile.
Invero, per principio generale l’interesse a ricorrere può assumere anche carattere strumentale (cfr. C.d.S. sez. VI, 12.07.2002 n. 6657), sicché sussiste l’interesse della ricorrente a censurare la violazione di una norma procedimentale, dettata a garanzia della celerità del procedimento diretto all’emanazione di un provvedimento incidente sull’assetto ambientale.
Invero, l’illegittimo svolgimento del procedimento amministrativo si riverbera sulla legittimità del provvedimento finale, pertanto Legambiente Nazionale, legittimata per legge ad impugnare i provvedimenti in materia ambientale, vanta comunque un interesse, almeno strumentale, alla deduzione della violazione delle regole procedimentali, in vista della riedizione dell’attività amministrativa, suscettibile di concludersi in termini vantaggiosi per la ricorrente medesima.
Il motivo è comunque infondato.
L’art. 12, comma 6, della legge regionale Piemonte 1998 n. 40 prevede che nel procedimento di valutazione di impatto ambientale “l'autorità competente può richiedere al proponente, in un'unica soluzione, integrazioni alla documentazione presentata, con l'indicazione di un termine per la risposta. Il proponente può, di propria iniziativa, fornire integrazioni alla documentazione presentata”.
Nel caso di specie è documentalmente dimostrato (cfr. determinazione n. 2636 e verbali delle sedute dell’organo tecnico) che nel corso dell’iter istruttorio l’amministrazione ha chiesto chiarimenti prima con nota del 21.11.2006 n. 66845, integrata con nota n. 16 del 02.01.2007, cui sono seguite le delucidazioni fornite da A.S.R.A.B. s.p.a. il 09.05.2007, poi con nota del 19.06.2007, sulla base della relazione dell’organo tecnico di data 12.06.2007, cui sono seguite le delucidazioni fornite da A.S.R.A.B. s.p.a. in data 29.06.2007.
Nondimeno, la reiterazione della richiesta di chiarimenti non rende illegittimi gli atti impugnati, come del resto rilevato dall’amministrazione resistente.
L’art. 12, comma 6, della legge regionale 1998 n. 40, da un lato, impone che le integrazioni documentali siano richieste in un’unica soluzione, mentre non estende espressamente la regola alle mere richieste di chiarimenti, dall’altro, non correla alcun effetto preclusivo all’eventuale reiterazione delle richieste medesime.
Pertanto, è del tutto coerente ritenere che la norma sia diretta ad assicurare la conclusione entro termini adeguati del procedimento, evitando inutili reiterazioni di richieste da parte dell’amministrazione, in attuazione del principio generale del divieto di aggravamento del procedimento, ex art. 1 della legge 1990 n. 241.
Ne deriva che solo la violazione di quest’ultimo principio, di cui è espressione la norma dell’art. 12, comma 6, della legge regionale 1998 n. 40, può determinare l’illegittimità del provvedimento finale.
In ogni caso, tale violazione va accertata non tanto in base alla formale presenza di due richieste di chiarimenti da parte dell’amministrazione, quanto accertando se ciò si sia tradotto in una protrazione ingiustificata della procedura, tenendo conto della complessità del procedimento stesso.
Tale situazione non si è verificata nel caso concreto, visto che gli ultimi chiarimenti, attinenti a specifici profili tecnici dell’impianto da autorizzare, sono stati richiesti il 19.06.2007, in concomitanza con la quarta seduta della conferenza di servizi e le delucidazioni sono state trasmesse solo 10 giorni dopo, ossia il 29.06.2007, secondo una tempistica del tutto coerente con la complessità del procedimento.
In definitiva, la duplice richiesta di chiarimenti non ha determinato un illegittimo appesantimento dell’istruttoria, con conseguente infondatezza del motivo in esame.
17) Va ora esaminato il secondo ricorso per motivi aggiunti proposto Legambiente – Associazione ambientalista nazionale avverso la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2638 del 2.8.2007 e la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2636 del 2.8.2007.
Con il primo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati a causa della genericità ed apoditticità delle motivazioni con le quali l’amministrazione ha accolto i chiarimenti di ordine tecnico forniti da A.S.R.A.B. s.p.a..
Il motivo è articolato in più censure.
La prima di esse si sostanzia, a ben vedere, nella riproposizione del motivo già esaminato al punto n. 5.2 della motivazione, atteso che la ricorrente deduce nuovamente il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento in relazione alla non corrispondenza tra il progetto autorizzato e i bisogni della collettività locale, allegando a fondamento dell’illegittimità anche la insufficienza delle motivazioni con le quali l’amministrazione ha accolto i chiarimenti forniti sul punto da A.S.R.A.B. s.p.a..
Trattandosi di una censura già trattata, non resta che rinviare al punto n. 5.2 della motivazione.
Viceversa, con le altre censure la ricorrente contesta l’adeguatezza sul piano tecnico dei singoli chiarimenti forniti da A.S.R.A.B. s.p.a. in relazione ai quesiti di ordine tecnico posti dall’amministrazione, nonché le valutazioni espresse dall’amministrazione in ordine a siffatte spiegazioni.
Si tratta, pertanto, di deduzioni dirette a sindacare le valutazioni tecniche formulate dall’amministrazione sulle delucidazioni fornite da A.S.R.A.B. s.p.a. in relazione a profili tecnici del progetto presentato.
Rispetto alle valutazioni espressive di discrezionalità tecnica, la giurisprudenza ritiene possibile, di regola, un sindacato intrinseco di tipo debole, nel senso che l’organo giurisdizionale non può sostituire il proprio giudizio a quello dell'amministrazione, ma può verificare l’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e procedimento applicativo, fermo restando che esula dal compito del giudice il riesame delle autonome valutazioni dell'interesse pubblico compiute dall'amministrazione (cfr. ad es. T.A.R. Liguria - Genova, sez. II, 29 febbraio 2008, n. 357; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. II, 17 gennaio 2007, n. 12 ).
D’altro canto, l’ammissibilità di un sindacato anche intrinseco, ma debole, sulle valutazioni amministrative espressive di discrezionalità tecnica non implica che ogni qual volta venga in considerazione un giudizio di tale natura sia possibile questo tipo di controllo giurisdizionale
Invero, il sindacato sulle scelte tecniche dell’amministrazione presuppone - come del resto eccepito dalla parte resistente - che il giudizio espresso dall’amministrazione appaia, prima facie, viziato sul piano logico a causa della sussistenza di indici sintomatici dello sviamento o dell'illogicità della valutazione medesima (cfr. C.d.S., sez. VI, 21.05.2002, n. 4485; C.d.S., sez. VI, 8.05. 2001, n. 2590; C.d.S., sez. VI, 14.06.2006 3506; C.d.S., sez. V, 05.07 2007, n. 3819).
In altre parole, il giudizio espressivo di discrezionalità tecnica non è sindacabile in assenza di profili di illogicità apprezzabili (C.d.S., sez. V, 29.07. 2003, n. 4330).
Nel caso di specie non sussistono le condizioni ora indicate.
Invero, la ricorrente deduce l’evasività, l’inadeguatezza, l’incongruenza e l’insufficienza dei singoli chiarimenti forniti da A.S.R.A.B. s.p.a. e delle relative valutazioni dell’amministrazione, ma, dai verbali delle sedute dell’organo tecnico, datati 17.10.2006, 27.10.2006, 12.06.2007 e dai contenuti dei chiarimenti resi da A.S.R.A.B. s.p.a. in data 09.05.2007 e in data 29.06.2007, emerge che le delucidazioni espresse dal proponente sono aderenti alle richieste dell’amministrazione, la quale, a sua volta, seppure in modo sintetico, le ha esaminate, esprimendo la propria valutazione.
Non vi è alcuna contraddittorietà, né incoerenza tra le domanda rivolte dall’amministrazione e le risposte fornite da A.S.R.A.B. s.p.a..
In definitiva, le valutazioni tecniche oggetto delle censure non presentano profili di illogicità idonei a giustificare un sindacato di tipo intrinseco, con conseguente infondatezza delle censure in esame.
18) Con il secondo dei motivi aggiunti la ricorrente ripropone la censura già trattata al punto n. 16 della motivazione, atteso che deduce nuovamente la violazione dell’art. 12 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, in quanto l’amministrazione ha richiesto per due volte dei chiarimenti al proponente.
Trattandosi della mera riproposizione di un motivo già valutato non resta che rinviare al punto n. 16 della motivazione.
19) In definitiva il ricorso è fondato e merita accoglimento nei limiti delle ragioni illustrate.
La particolarità e la complessità delle questioni trattate consente di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, seconda sezione:
- dichiara la parziale inammissibilità del ricorso nella parte relativa all’azione proposta da Legambiente Piemonte onlus e dai sig.ri Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Cei Simonetta, Fariello Savina, Alba Riva;
- dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum del Comune di Cavaglià;
- accoglie il ricorso proposto da Legambiente – Associazione Ambientalista Nazionale onlus nei limiti di quanto indicato in motivazione e per l’effetto annulla la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale ed Agricoltura della Provincia di Biella n. 2638 del 02.08.2007 e la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale ed Agricoltura della Provincia di Biella n. 2636 del 02.08.2007;
- compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 09/04/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Richard Goso, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1474 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
LEGAMBIENTE – ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA NAZIONALE, Onlus, corrente in Roma, Via Salaria n. 403, in persona del Presidente di Legambiente Piemonte e legale rappresentante pro tempore, Sig.ra Vanda Bonardo,
LEGAMBIENTE PIEMONTE, ONLUS, corrente in Torino, Via Pergolersi n. 116, in persona del Presidente di Legambiente Piemonte e legale rappresentante pro tempore, Sig.ra Vanda Bonardo,
sig.ra VALLINO Rossana, residente in Saluggia, Via Roma n. 18, appartenente a Pro Natura Vercelli,
Sig.ra PADOAN Brunella, residente a Torino, Via Saluzzo 115, appartenente a Legambiente Biella,
Sig. GODIO Gian Pier Battista, appartenente a Legambiente Vercelli,
Sig. MARANGON Lorenzo, residente a Veglio, Frazione Romanuina 11, appartenente a Pro Natura Biellese,
Sig. GALLICO Emanuele, residente a Roppolo, Via Giacinto Massa 20,
Sig.ra CEI Simonetta, residente a Santhià, Via Dolomiti 1,
Sig.ra FARIELLO Savina, residente a Cavaglià, Via Rodino 21,
Sig.ra RIVA Alba, residente a Cavaglià, Casc. Nomassone 107,
tutti rappresentati e difesi dal prof. avv. Claudio Dal Piaz e dall’avv. Chiara Servetti ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Torino, via S. Agostino n. 12;
contro
Provincia di Biella, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. prof. Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Torino, via S. Francesco d'Assisi n. 14;
nei confronti di
A.S.R.A.B. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Cinzia Picco, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Torino, via S. Francesco d'Assisi n. 14;
CAVAGLIA’ Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Jacopo Gendre, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via S. Francesco d'Assisi n. 14;
e con l'intervento di
Comune di CAVAGLIA’, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Enrico Angesia e Paolo Campanale, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via Vittorio Amedeo II n. 19;
per l'annullamento, previa sospensione,
- della determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2638 in data 2/8/07, avente ad oggetto "Complesso IPPC Discarica per rifiuti non pericolosi A.S.R.A.B. S.p.A. - sede legale di Via Italia n. 68 13900 Biella, e sede operativa in Cavaglià (BI), località Gerbido - progetto di "rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore. Giudizio di compatibilità ambientale - autorizzazione unica per la realizzazione di variante sostanziale all'impianto ai sensi dell'art. 208 del D.Lgs. n. 152/06";
- della determinazione della dirigente settore tutela ambientale della Provincia di Biella n. 2636 in data 2/8/07, avente ad oggetto "Complesso IPPC Discarica per rifiuti non pericolosi A.S.R.A.B. S.p.A. - sede legale Biella Gerbido - progetto di "rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore"; art. 12 L.R. 40/98 conferenza dei servizi VIA più autorizzazione unica per la realizzazione di variante sostanziale all'impianto ai sensi dell'art. 208 del D. Lgs. n. 152/06 - art. 14 ter comma 6 bis legge n. 241/90 e ss.mm.ii.: determinazione di conclusione del procedimento";
nonchè per l'annullamento
degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento, allo stato non noti, ed in ordine ai quali si formula fin d'ora espressa riserva di motivi aggiunti di ricorso;
nonché per l’annullamento, occorrendo,
di tutti i verbali della Conferenza di Servizi della Provincia di Biella, nonché dei verbali dell’Organo Tecnico e del Comitato Tecnico Provinciale.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Biella;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della A.S.R.A.B. Spa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Cavaglià Spa;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum del Comune di Cavaglià;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/04/2008 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con deliberazione della Giunta Provinciale della Provincia di Biella n. 293 del 25.07.2000 A.S.R.A.B. s.p.a. veniva autorizzata alla realizzazione e alla gestione di una discarica sita nel territorio del Comune di Cavaglià.
In data 25.08.2006, A.S.R.A.B. s.p.a. presentava alla Provincia di Biella un’istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, ex art. 12 della legge regionale 1998 n. 40, relativamente al progetto denominato “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore”, ricompresso nella tipologia n. 8 dell’allegato A 2 della legge regionale 1998 n. 40.
La domanda presentata comprendeva anche: 1) istanza di modifica dell’A.I.A. (autorizzazione integrata ambientale) per complessi I.P.P.C., ex art. 10 del D.L.vo 2005 n. 59; 2) istanza ai sensi degli artt. 208-210 del D.L.vo 2006 n. 152 per l’autorizzazione alle modifiche della discarica; 3) istanza ai sensi dell’art. 269 del D.L.vo 2006 n. 152 per l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
La Provincia di Biella indiceva una conferenza di servizi ai sensi degli artt. 12 e 13 della legge regionale 1998 n. 40, invitando a parteciparvi anche la Provincia di Vercelli, il Comune di Alice Castello, il Comune di Carisio, il Comune di Cavaglià, il Comune di Dorzano, il Comune di Roppolo, il Comune di Salussola, il Comune di Santhià, l’A.R.P.A. Piemonte Dip. to Biella, l’A.S.L. n. 12 Dip.to Prevenzione Biella, la Regione Piemonte, la Sopraintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici del Piemonte, il Corpo Forestale dello Stato - Biella, il CO.S.R.A.B. - A.T.O. Biella, la società “Comuni Riuniti Società Gestione Servizi” s.p.a..
L’amministrazione provinciale biellese sviluppava un procedimento unico ai sensi dell’art. 12, comma 3, della legge regionale 1998 n. 40, finalizzato “all’espressione del giudizio di compatibilità ambientale, comprensivo delle autorizzazioni ambientali ed urbanistiche necessarie alla realizzazione del progetto, nonché all’eventuale rilascio coordinato di ulteriori provvedimenti”.
In definitiva, il procedimento era finalizzato al rilascio del parere di compatibilità ambientale, ex art. 12 della legge regionale 1998 n. 40, alla modifica dell’autorizzazione integrata ambientale per complessi I.P.P.C., ex art. 10 del D.L.vo 2005 n. 59, alla modifica dell’autorizzazione per impianti di gestione di rifiuti, ex artt. 208 e 210 del D.L.vo 2006 n. 152, al rilascio dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ex art. 269 del D.L.vo 2006 n. 152, al rilascio del permesso di costruire ex D.P.R. 2001 n. 380.
Sul piano istruttorio la Provincia si avvaleva di un proprio organismo tecnico, composto dall’Organo Tecnico Presso la Provincia, di cui all’art. 7 della legge regionale 1998 n. 40 e dal Comitato Tecnico Provinciale per i problemi ambientali, nonché del supporto tecnico scientifico dell’A.R.P.A. (agenzia regionale per la protezione ambientale) Piemonte.
I lavori della conferenza di servizi si sviluppavano in cinque sessioni tenute, rispettivamente, in data 14.11.2006, 27.11.2006, 11.12.2006, 19.06.2007 e 11.07.2007.
Con atto n. 2636 del 02.08.2007 il Dirigente del Settore Tutela Ambientale ed Agricoltura della Provincia di Biella adottava la determinazione conclusiva del procedimento svolto in conferenza di servizi.
Successivamente, il medesimo Dirigente adottava, ex art. 14 ter della legge 1990 n. 241, il provvedimento finale n. 2638 datato 02.08.2007, con il quale determinava “1) di esprimere giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto denominato “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore”, localizzato in Comune di Cavaglià (BI), reg. Gerbido, presentato da A.S.R.A.B. s.p.a., … 2) di approvare il Progetto denominato “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore” di modifica sostanziale della discarica di rifiuti non pericolosi sita in Comune di Cavaglià, loc. Gerbido, ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. 152/06, quale autorizzazione unica alla realizzazione ed esercizio della variante medesima. 3) Di stabilire che il presente provvedimento costituisce approvazione di modifica sostanziale complesso IPPC già autorizzato con Determinazione Dirigenziale n. 259 del 31/1/05. Il presente atto costituisce nuova Autorizzazione Integrata Ambientale con validità 5 anni a decorrere dalla sua emanazione ed integra le seguenti autorizzazioni ambientali:
autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento rifiuti ai sensi dell’art. 210 del D.Lgs. 152/06.
autorizzazione alle emissioni in atmosfera ai sensi dell’art. 269 del D.Lgs. 152/06.
Autorizzazione allo scarico di acque meteoriche in rete fognaria a i sensi del D.Lgs. 152/06;
4) Di stabilire che l’efficacia dei punti 2 e 3 del dispositivo del presente atto è subordinata all’accettazione di idonee garanzie finanziarie, aggiornate in funzione della durata dell’autorizzazione e delle variazioni introdotte alla morfologia della discarica. …”
Con ricorso notificato il 15.11.2007, Legambiente - Associazione Ambientalista Nazionale, Legambiente Piemonte onlus, la sig.ra Vallino Rossana, la sig.ra Padoan Brunella, il sig. Godio Gian Pier Battista, il sig. Marangon Lorenzo, il sig. Gallico Emanuele, la sig.ra Cei Simonetta, la sig.ra Fariello Savina, la sig.ra Alba Riva, impugnavano gli atti indicati in epigrafe deducendo i seguenti motivi:
I. - “Con riferimento al procedimento di valutazione di impatto ambientale ed alla determina del Dirigente della Provincia di Biella n. 2636 in data 02.08.2007 conclusiva del procedimento”:
1) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 4 L. R. n. 40/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti premettono, in punto di fatto, che la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. è adiacente ad altra discarica di proprietà della Cavaglià s.p.a.. Le due discariche costituiscono un unico complesso, insistono sullo stesso sito, sono divise solo da una parete, sicché l’ampliamento ed, in particolare, la sopraelevazione dell’una comporta necessariamente l’innalzamento dell’altra.
Ciò nonostante, il procedimento di valutazione di impatto ambientale non è stato unitario per le due discariche, con conseguente violazione dell’art. 4, comma 5, della legge regionale 1998 n. 40, nella parte in cui dispone, in materia di V.I.A. (valutazione di impatto ambientale), che se un progetto comporta opere o interventi di diverso tipo preliminari o contestuali, finalizzati o funzionali alla realizzazione di più opere funzionalmente connesse tra loro è sottoposto a V.I.A. il progetto complessivo.
2) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater L. n. 241/1990. Violazione di legge e/o erronea interpretazione e applicazione in relazione agli att. 3, 182 e 201 D.L.vo n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento”.
I ricorrenti sviluppano cinque censure.
Con la prima lamentano la violazione dell’art. 14 bis della legge 1990 n. 241, in quanto in relazione alla procedura di V.I.A. la conferenza di servizi non ha esaminato l’ipotesi zero.
Con la seconda deducono l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento, in quanto l’ampliamento della discarica non è aderente al principio di autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali, emergente, tra l’altro, dagli artt. 182 e 201 del D.L.vo 2006 n. 152.
Con la terza censura i ricorrenti considerano che nel corso della conferenza di servizi il Comune di Cavaglià ha manifestato il proprio parere negativo, pertanto, trattandosi del dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela della salute e della pubblica incolumità, l’autorità procedente doveva rimettere la decisione alla Conferenza unificata, di cui all’art. 14 quater, comma 3 lett. c, della legge 1990 n. 241.
Con la quarta censura i ricorrenti lamentano che il parere espresso dal Comune di Cavaglià non è stato correttamente verbalizzato durante la conferenza di servizi.
Con la quinta censura i ricorrenti rilevano che la determinazione di conclusione del procedimento non prevede espressamente l’effetto di variante al P.R.G., con la conseguenza che tale effetto non può prodursi.
3) “Violazione e/o erronea interpretazione e applicazione degli artt. 12 e 13 della L.R. n. 40/1998; violazione e/o erronea interpretazione e applicazione dei principi di cui alla L. n. 241/1990 in tema di partecipazione al procedimento amministrativo. Eccesso di potere per sviamento”.
I ricorrenti deducono la violazione delle norme dirette a consentire la partecipazione al procedimento di V.I.A., in quanto la pubblicazione, a mezzo stampa e sul B.U.R., della domanda di avvio della valutazione è avvenuta in modo fuorviante, sulla base di una non corretta qualificazione dell’intervento.
4) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 9 L.R. n. 40/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti deducono la violazione dell’art. 9 della legge regionale 1998 n. 40, in quanto l’amministrazione procedente non ha invitato a partecipare alla conferenza di servizi l’A.S.L. n. 11 di Vercelli e l’A.R.P.A. di Vercelli.
5) “Violazione della deliberazione della Giunta Regionale 11.11.2002 n. 14-7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti lamentano la violazione della deliberazione della Giunta Regionale 2002 n. 7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella della Provincia di Biella, in quanto l’ampliamento dell’impianto gestito da A.S.R.A.B. s.p.a. comporta necessariamente una maggiore emissione di sostanze inquinanti (segnatamente biogas) e, quindi, il bilancio ambientale non può ritenersi positivo.
6) “Violazione del Piano Territoriale Provinciale di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione”.
I ricorrenti considerano che nell’area ove è collocata la discarica il Piano Territoriale Provinciale di Biella ammette solo “infrastrutture ecologiche esistenti e in progetto”, ma l’impianto autorizzato non rientra in siffatte tipologie.
II. - “Con riferimento alla determina dirigenziale n. 2638 in data 02.08.2007 di rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 208 D.L.vo n. 152/06”:
1) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182, 196, 197, 201, 208, 213 D.L.vo n. 152/06; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione al D.L.vo n. 59/2005; incompetenza; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità, travisamento, contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3 Legge n. 241/1990); sviamento”.
Il motivo è articolato in due censure.
Con la prima i ricorrenti deducono il difetto di istruttoria, in quanto lo stesso Dirigente della Provincia di Biella ha svolto l’attività istruttoria sia in relazione alla valutazione di impatto ambientale, sia in relazione all’autorizzazione unica alla realizzazione e all’esercizio dell’opera.
Con la seconda censura i ricorrenti deducono il difetto di competenza della Provincia di Biella, in quanto il D.L.vo 2006 n. 152 attribuisce alle Regioni il potere di approvare i progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti e di autorizzare le modifiche degli impianti esistenti.
2) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione e applicazione del D.L.vo n. 36/2003; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti deducono la violazione dell’art. 9 del D.L.vo 2003 n. 36, in quanto la discarica autorizzata non presenta i requisiti che tale norma impone a protezione del terreno e delle acque.
3) “Violazione del Piano Regionale di tutela delle acque (P.T.A.) di cui al D.C.R. n. 117-10731 in data 13.03.2007”
I ricorrenti considerano che siccome la discarica è stata realizzata in violazione delle garanzie imposte dal D.L.vo 2003 n. 36 a protezione del terreno e delle acque, allora è violato anche il Piano Regionale di Tutela delle Acque, che impone la salvaguardia delle aree di ricarica degli acquiferi utilizzati per il consumo umano.
4) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione e applicazione del D.L.vo n. 36/2003 sotto altro profilo; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”.
I ricorrenti deducono la violazione degli artt. 9 e 14 del D.L.vo 2003 n. 36, in quanto il provvedimento impugnato è stato rilasciato senza la prestazione, da parte di A.S.R.A.B. s.p.a., della garanzia trentennale prevista per la gestione successiva alla chiusura della discarica.
5) “Violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella”.
I ricorrenti deducono la violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella, in quanto sia il progetto approvato, con particolare riferimento al trattamento dei rifiuti mediante bioreattore, sia il tipo di rifiuti ammessi in discarica, contrastano con le prescrizioni del Programma provinciale.
Con memoria datata 11.12.2007 si costituiva la Provincia di Biella, chiedendo il rigetto del ricorso avversario.
Con memoria datata 11.12.2007 si costituiva la società A.S.R.A.B. s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso avversario.
Con memoria datata 11.12.2007 si costituiva la società Cavaglià s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso avversario.
Con memoria datata 13.12.2007 la società A.S.R.A.B. s.p.a. eccepiva l’infondatezza del ricorso avversario chiedendone il rigetto.
Con memoria datata 17.12.2007 la Provincia di Biella eccepiva, in via pregiudiziale, il difetto di legittimazione attiva di Legambiente Piemonte onlus e di tutte le persone fisiche ricorrenti e, nel merito, l’infondatezza del ricorso proposto.
Con memoria datata 17.12.2007 la società Cavaglià s.p.a. eccepiva l’infondatezza del ricorso avversario, chiedendone il rigetto.
All’udienza del 19.12.2007 le parti chiedevano il rinvio al merito.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 17.01.2008 Legambiente – Associazione Ambientalista Nazionale, Legambiente Piemonte onlus, la sig.ra Vallino Rossana, la sig.ra Padoan Brunella, il sig. Godio Gian Pier Battista, il sig. Marangon Lorenzo, il sig. Gallico Emanuele, la sig.ra Cei Simonetta, la sig.ra Fariello Savina, la sig.ra Alba Riva, impugnavano gli atti indicati in epigrafe deducendo i seguenti motivi:
1) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 4 L.R. n. 40/1998. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater L. n. 241/1990. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182 e 201 D.L.vo n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 12 e 13 della L.R. n. 40/1998; violazione e/o erronea interpretazione ed applicazione dei principi di cui alla L. n. 241/1990 in tema di partecipazione al procedimento amministrativo eccesso di potere per sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 9 L.R. n. 40/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione della deliberazione della Giunta Regionale 11.11.2002 n. 14-7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Piano Territoriale Provinciale di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182, 196, 197, 201, 208, 213, D.L.vo n. 152/06; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione al D.L.vo n. 59/2005; incompetenza; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità, travisamento, contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3 Legge n. 241/1990); sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione del D.L.vo n. 36/2003; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Piano Regionale di tutela delle acque (PTA) di cui al D.C.R. n. 117-10731 in data 13.03.2007. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione del D.L.vo n. 36/2003 sotto altro profilo; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella”.
I ricorrenti deducono l’illegittimità degli atti impugnati in considerazione della genericità ed apoditticità delle motivazioni contenute nel verbale dell’organo tecnico di data 12.06.2007 e nei verbali della Conferenza di servizi datati, rispettivamente, 19.06.2007, 03.07.2007 e 11.07.2007 in relazione all’accoglimento dei chiarimenti forniti dalla società A.S.R.A.B s.p.a..
2) “Violazione di legge e/o erronea applicazione dell’art. 12 L.R. n. 40/1998”.
I ricorrenti deducono che l’amministrazione procedente, in violazione dell’art. 12 della legge regionale 1998 n. 40, ha chiesto per due volte dei chiarimenti alla società A.S.R.A.B. s.p.a., mentre la norma citata consente di chiedere in un’unica soluzione delle integrazioni alla documentazione presentata.
Con atto notificato in data 15.02.2008 interveniva in giudizio il Comune di Cavaglià, rappresentando la propria natura di ente preposto alla tutela della salute e della pubblica incolumità, nonché in senso lato dell’ambiente e chiedendo l’accoglimento del ricorso principale.
Con memoria datata 22.02.2008 il Comune di Cavaglià illustrava ulteriormente le argomentazioni sviluppate con l’atto di intervento a sostegno del ricorso principale.
Con memoria datata 29.02.2008 la Provincia di Biella eccepiva l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum del Comune di Cavaglià ed insisteva per l’accoglimento delle eccezioni di rito e di merito già sollevate.
Con memoria datata 29.02.2008 la società Cavaglià s.p.a. insisteva per il rigetto del ricorso avversario.
Con memoria datata 29.02.2008 la società A.S.R.A.B. s.p.a. insisteva per il rigetto del ricorso avversario.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 10.03.2008 Legambiente – Associazione Ambientalista Nazionale, Legambiente Piemonte onlus, la sig.ra Vallino Rossana, la sig.ra Padoan Brunella, il sig. Godio Gian Pier Battista, il sig. Marangon Lorenzo, il sig. Gallico Emanuele, la sig.ra Cei Simonetta, la sig.ra Fariello Savina, la sig.ra Alba Riva, impugnavano gli atti indicati in epigrafe deducendo i seguenti ulteriori motivi:
1) “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 4 L.R. n. 40/1998. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater L. n. 241/1990. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182 e 201 D.L.vo n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 12 e 13 della L.R. n. 40/1998; violazione e/o erronea interpretazione ed applicazione dei principi di cui alla L. n. 241/1990 in tema di partecipazione al procedimento amministrativo eccesso di potere per sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 9 L.R. n. 40/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione della deliberazione della Giunta Regionale 11.11.2002 n. 14-7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Piano Territoriale Provinciale di Biella. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 182, 196, 197, 201, 208, 213, D.L.vo n. 152/06; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione al D.L.vo n. 59/2005; incompetenza; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità, travisamento, contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3 Legge n. 241/1990); sviamento. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione del D.L.vo n. 36/2003; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Piano Regionale di tutela delle acque (PTA) di cui al D.C.R. n. 117-10731 in data 13.03.2007. Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione del D.L.vo n. 36/2003 sotto altro profilo; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella”.
I ricorrenti deducono l’illegittimità degli atti impugnati a causa della genericità ed apoditticità delle motivazioni con le quali sia l’Organo Tecnico e il Comitato tecnico provinciale, sia la Conferenza di Servizi e il Dirigente competente hanno recepito i chiarimenti presentati da A.S.R.A.B. s.p.a..
2)“Violazione di legge e/o erronea applicazione dell’art. 12 L.R. n. 40/1998”.
I ricorrenti deducono che l’amministrazione procedente, in violazione dell’art. 12 della legge regionale 1998 n. 40, ha chiesto per due volte dei chiarimenti alla società A.S.R.A.B. s.p.a., mentre la norma citata consente di chiedere in un’unica soluzione delle integrazioni alla documentazione presentata.
Con memoria datata 25.03.2008 il Comune di Cavaglià illustrava i contenuti di una relazione tecnica di parte già prodotta in data 13.03.2008.
Con memoria datata 27.03.2008 i ricorrenti illustravano le censure già sviluppate insistendo per il loro accoglimento.
Con memoria datata 28.03.2008 la Provincia di Biella eccepiva l’inammissibilità e comunque l’infondatezza delle censure sviluppate dai ricorrenti con i secondi motivi aggiunti, insistendo per il rigetto del ricorso.
All’udienza del 09.04.2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) In via pregiudiziale deve essere esaminata l’eccezione con la quale la Provincia di Biella contesta la legittimazione ad agire sia di Legambiente Piemonte onlus, sia delle persone fisiche ricorrenti e, quindi, dei sig.ri Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Cei Simonetta, Fariello Savina e Alba Riva.
In particolare, l’amministrazione considera che la legittimazione ad agire non spetta a Legambiente Piemonte onlus, in quanto si tratta di una articolazione regionale dell’associazione nazionale Legambiente, mentre non spetta alle persone fisiche perché non hanno dimostrato di subire un danno in conseguenza della realizzazione dell’opera.
L’eccezione è fondata.
La legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, in relazione all’impugnazione di atti in materia ambientale, può correlarsi a due diverse situazioni.
In primo luogo, il legislatore attribuisce la legittimazione ad agire alle associazioni che presentano i requisiti stabiliti dagli artt. 13 e 18, comma 5, della legge 1986 n. 349.
Difatti, l’art. 13, comma 1, della legge ora citata prevede che “le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni sono individuate con decreto del Ministero dell’ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell’ordinamento interno democratico previsto dallo statuto, nonché della continuità dell’azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del Consiglio nazionale per l’ambiente da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine senza che il parere sia stato espresso, il Ministero dell’ambiente decide”.
Il successivo art. 18, comma 5, dispone che “le associazioni individuate in base all’articolo 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi”.
Vale precisare che tale assetto normativo è rimasto immutato dopo l’entrata in vigore del D.L.vo 2006 n. 152, che rinvia alle norme ora citate negli artt. 309, comma 2 e 318 , comma 2 lett. a).
In definitiva, costituisce jus receptum quello per cui le associazioni ambientaliste individuate ai sensi dell'art. 13 della legge 1986 n. 349 sono legittimate ad agire in giudizio avverso qualsiasi provvedimento che leda in modo diretto e immediato l'interesse ambientale (cfr. T.A.R. Liguria - Genova, sez. I, 01.08.2007, n. 1426).
Sul punto occorre specificare che detta speciale legittimazione riguarda, secondo la prevalente giurisprudenza, le associazioni di protezione ambientale nazionali, formalmente riconosciute e non le loro strutture o articolazioni territoriali, che non rispondono ai requisiti posti dagli artt. 13 e 18, comma 5, della legge 1986 n. 349 (cfr. C.d.S., Sez. IV, 14.04.2006 n. 2151; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, 06.07.2007 n. 1618; C.d.S., sez. VI, 13.09.2007 n. 5453).
La giurisprudenza, condivisa dal Tribunale, ha però precisato che la legittimazione ad agire può spettare anche ad associazioni di protezione ambientale diverse da quelle riconosciute con decreto ministeriale, purché rappresentative dell’interesse pregiudicato dall’atto impugnato.
In altre parole, il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente ad associazioni locali, purché a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità, c) dispongano di un’idonea struttura organizzativa e d) di un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso, anche se non ricomprese nell’elenco delle associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della legge 1986, n. 349, in quanto tale norma ha creato un criterio di legittimazione ulteriore ed aggiuntivo rispetto a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l’azionabilità dei c.d. “interessi diffusi” in materia ambientale (cfr. ex multis in argomento T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. I, 26.11.2007 n. 3365).
In definitiva, nel nostro ordinamento opera un duplice sistema di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, nel senso che il potere di individuazione ministeriale, conferito dall'art. 13 della L. 349 del 1986, non esclude il potere del giudice di applicare direttamente la norma di cui all'art. 18, accertando, caso per caso, la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione (cfr. sul punto già C.d.S., sez. VI, 7.2.1996, n. 182).
In proposito, il Consiglio di Stato (C.d.S, Sez. Consultiva per gli atti normativi, 25.08.2003, n. 1440/2003) ha anche osservato che “l'ultimo comma dell'art. 118 Cost. - in particolare il principio di sussidiarietà orizzontale - sancisce e conclude un percorso di autonomia non più collegato al fenomeno della entificazione, ma correlato più semplicemente alla società civile e al suo sviluppo democratico a livello quasi sempre volontario” e proprio il riferimento all’art. 118 Cost. rafforza la tesi giurisprudenziale in punto di attribuibilità della legittimazione ad agire ad associazioni diverse da quelle di cui all’art. 13 della legge 1986 n. 349, purché rappresentative dell’interesse azionato (cfr. in argomento C.d.S., sez. IV, 02.10.2006, n. 5760).
In relazione a quest’ultimo profilo, va però ribadito che l’accertamento della legittimazione ad agire non implica alcun automatismo, gravando sull’associazione ricorrente l’onere di esporre nel ricorso introduttivo, in termini sufficientemente precisi, gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della propria legittimazione, che non può essere solo vantata; ciò al fine “di non creare spazi alla giustiziabilità di interessi non motivati con solidi e concreti riferimenti alla realtà sostanziale sottostante” (cfr. T.A.R. Liguria - Genova, sez. I, 01.08. 2007, n. 1426).
Nel caso di specie, l’associazione Legambiente Piemonte onlus, da un lato, non dispone della speciale legittimazione individuata dall’art. 13, della legge 1986 n. 349, in quanto si tratta di un’associazione di carattere non nazionale, dall’altro, non ha in alcun modo documentato la sussistenza degli indici di rappresentatività necessari per radicare la legittimazione in capo alle associazioni locali, secondo quanto già chiarito dalla giurisprudenza citata.
In particolare, l’ente si è limitato a proporre l’impugnazione, senza allegare né provare nel ricorso, nei primi motivi aggiunti e nei secondi motivi aggiunti, la sussistenza di una situazione di fatto idonea a radicare in capo ad esso la legittimazione ad impugnare.
Solo nell’ultima memoria la ricorrente ha richiamato la già ricordata giurisprudenza che riconosce, anche in base al principio di sussidiarietà orizzontale, la possibilità di attribuire la legittimazione ad associazioni locali.
Tuttavia, come chiarito, tale legittimazione non può essere riconosciuta in modo automatico, essendo necessaria un’effettiva rappresentatività dell’interesse leso, che nel caso di specie non è stata in alcun modo documentata.
Va, pertanto, ribadito il difetto di legittimazione attiva di Legambiente Piemonte onlus, con conseguente parziale inammissibilità del ricorso principale e dei due ricorsi per motivi aggiunti per le parti da essa proposte.
Parimenti, è fondata l’eccezione con la quale la Provincia di Biella contesta la legittimazione ad agire dei sig.ri Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Cei Simonetta, Fariello Savina ed Alba Riva.
A sostegno della propria legittimazione i ricorrenti ora indicati si limitano ad affermare, nell’ultima delle memorie prodotte e in modo del tutto generico, di essere residenti alcuni nel Comune di Cavaglià ed altri in Comuni limitrofi.
Tuttavia, la legittimazione di una persona fisica ad impugnare atti di localizzazione di discariche e di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti solidi urbani non discende dalla mera vicinanza dell’abitazione ad una discarica, ma è subordinata alla prova del danno che il ricorrente riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze (cfr. in argomento C.d.S., sez. VI, 18.07.1995, n. 754; C.d.S., sez. V, 13.07.1998, n. 1088; C.d.S., sez. V, 31.01.2001, n. 358; C.d.S., sez. V, 16.4.2003, n. 1948 e più recentemente T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. I, 11.12.2006, n. 3216; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. I, 26.11.2007, n. 3365; C.d.S., sez. VI, 13.09.2007, n. 5453).
Nel caso di specie, le persone fisiche ricorrenti non hanno allegato né dimostrato il pregiudizio che deriverebbe loro dagli atti impugnati, limitandosi ad affermare di essere residenti in località limitrofe all’impianto autorizzato.
Ciò non basta per attribuire ad esse la legittimazione ad agire, in quanto il vigente sistema di giustizia amministrativa presenta il carattere della giurisdizione soggettiva e non oggettiva, sicché il privato può contrastare in via giurisdizionale l’illegittima azione dell’amministrazione solo quando da essa derivi una specifica, individuale e diretta lesione di una sua posizione giuridica soggettiva (cfr. in argomento C.d.S., sez. V, 20.05.2002, n. 2714).
In definitiva, le persone fisiche ricorrenti non hanno allegato, né dimostrato la titolarità di una posizione differenziata e qualificata idonea a legittimarle ad agire nel presente giudizio, con conseguente parziale inammissibilità del ricorso principale e dei due ricorsi per motivi aggiunti nella parti relative alle azioni proposte dai sig.ri Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Cei Simonetta, Fariello Savina ed Alba Riva.
2) Sempre in via pregiudiziale deve essere esaminata l’eccezione con la quale l’amministrazione resistente deduce l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum effettuato dal Comune di Cavaglià.
In particolare, la Provincia di Biella considera che il Comune di Cavaglià ha partecipato alla conferenza di servizi all’esito della quale sono stati adottati gli atti impugnati, esprimendo nel corso della stessa un parere negativo.
Ne deriva che l’ente dissenziente è legittimato ad agire contro i provvedimenti conclusivi della conferenza, essendo titolare di un interesse autonomo all’impugnazione e, di conseguenza, non può avvalersi dello strumento processuale dell’intervento ad adiuvandum.
L’eccezione è fondata.
La conferenza di servizi decisoria integra un modulo procedimentale, che si conclude con una decisione pluristrutturata, che assorbe le determinazioni rimesse dalla legge ai singoli soggetti che vi partecipano.
Ne deriva che i singoli partecipanti non perdono la titolarità dei poteri che la legge gli attribuisce e mantengono la funzione di cura degli interessi pubblici di cui sono portatori, con la conseguenza che le singole amministrazioni dissenzienti sono titolari della legittimazione ad impugnare il provvedimento adottato all’esito della conferenza cui hanno partecipato (cfr. in argomento C.d.S. sez. IV, 06 ottobre 2001, n. 5296; C.d.S., sez. V, 20.02.2006, n. 695).
D’altro canto, è pacifico in giurisprudenza che il soggetto legittimato ad impugnare non può partecipare al giudizio in qualità di interventore ad adiuvandum, in quanto, così facendo, aggirerebbe i termini perentori stabiliti dalla legge per proporre il ricorso giurisdizionale.
Invero, la legittimazione ad impugnare presuppone la titolarità di un interesse giuridicamente rilevante, leso in modo attuale e concreto dal provvedimento amministrativo, mentre l’intervento ad adiuvandum può essere esperito da chi non è leso direttamente dal provvedimento, pur traendo dalla sua caducazione un vantaggio concreto, mediato ed indiretto, anche solo di mero fatto, purché non del tutto astratto e generico (cfr. tra le più recenti: T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, 20.02.2008, n. 1550; T.A.R. Sardegna – Cagliari, sez. I, 15.01.2008, n. 31; C.d.S., sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2795).
Nel caso di specie il Comune di Cavaglià ha partecipato alla conferenza di servizi all’esito della quale sono stati adottati gli atti oggetto del presente giudizio, esprimendo un parere negativo; di conseguenza, tale ente era portatore di un interesse giuridicamente rilevante e non di mero fatto, che gli attribuiva la legittimazione ad impugnare gli atti medesimi, con conseguente inammissibilità del suo intervento ad adiuvandum.
Pertanto, deve essere ribadita l’inammissibilità dell’intervento del Comune di Cavaglià, di cui va disposta l’estromissione dal giudizio.
3) Per ragioni di precedenza logica e giuridica deve essere esaminata per prima la censura, compresa nel primo motivo proposto avverso la determinazione dirigenziale n. 2638 di data 02.08.2007, con la quale la ricorrente deduce l’incompetenza della Provincia di Biella ad adottare l’atto impugnato.
In particolare, l’associazione ricorrente considera che l’art. 196, comma 1 lett. d), del D.L.vo 2006 n. 152 attribuisce alla Regione la competenza a rilasciare le autorizzazioni relative ai nuovi impianti per la gestione dei rifiuti e alle modifiche di quelli esistenti, mentre l’art. 208, comma 1, impone, a colui che intende realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti, di presentare apposita domanda alla Regione e il successivo comma 20, del medesimo articolo, prevede che tali procedure si applicano anche per le varianti sostanziali.
Pertanto, eventuali norme regionali che in questa materia attribuiscono la competenza alla Provincia devono ritenersi abrogate, per effetto dell’entrata in vigore del D.L.vo 2006 n. 152.
Di conseguenza è illegittimo l’atto impugnato, perché adottato dalla Provincia di Biella e non dalla Regione Piemonte.
Il motivo è infondato.
In linea generale, la Corte Costituzionale ha chiarito che spetta allo Stato la competenza a dettare norme in materia di gestione dei rifiuti, trattandosi di un ambito compreso nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, riservata alla legislazione statale esclusiva, ai sensi dell’art. 117, comma 2 lett. s), Cost., come sostituito dall’art. 3 della legge costituzionale 2001 n. 3 (cfr. Corte Cost. sentenza 21 aprile 2005 n. 161).
D’altro canto, non è dubitabile che, in base all’art. 15 delle disposizioni preliminari di legge al codice civile e considerata altresì l’attuale vigenza degli artt. 9 e 10, comma 2, della legge 1953 n. 62, l’entrata in vigore di norme legislative statali, in materia compresa nella legislazione statale esclusiva, comporti l’abrogazione delle previgenti norme regionali con esse incompatibili (cfr. in argomento Corte Cost. sentenza 21 giugno 2007, n. 222; T.A.R. Puglia – Bari, sez. III, 10.05.2006, n.ri 1639 e 1640; T.A.R. Veneto – Venezia 21 aprile 2005, n. 1735).
Ciò premesso, l’individuazione dell’autorità competente ad adottare le autorizzazioni impugnate rende necessaria la ricostruzione del quadro normativo, partendo dalla legislazione statale e verificando la compatibilità con essa della disciplina regionale.
Sul punto assume rilevanza, in primo luogo, l’art. 196, comma 1 lett. d), del D.L.vo 2006 n. 152 - recante “norme in materia ambientale” - dove si prevede che “sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’art. 195 … d) l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi , e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all’art. 195, comma 1, lettera f.”. L’art. 208 del medesimo decreto stabilisce, al comma 1, che “i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica” e, al comma 20 , che “le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata”.
Il successivo art. 210 del D.L.vo n. 152 dispone, al comma 1, che “Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto non abbiano ancora ottenuto l'autorizzazione alla gestione dell'impianto, ovvero intendano, comunque, richiedere una modifica dell'autorizzazione alla gestione di cui sono in possesso, ovvero ne richiedano il rinnovo presentano domanda alla regione competente per territorio, che si pronuncia entro novanta giorni dall'istanza. La procedura di cui al presente comma si applica anche a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività. Ove la nuova attività di recupero o di smaltimento sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, si applicano le disposizioni previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali”.
Da tali norme risulta che in base alla legislazione statale è la regione, di regola, l’amministrazione competente ad adottare le autorizzazioni necessarie per realizzare e gestire impianti di smaltimento di rifiuti.
Viceversa, l’art. 3, comma 1 lett. h), della legge regionale Piemonte 2002 n. 24 – successiva alla legge costituzionale 2001 n. 3 - attribuisce alle Province la competenza “all’approvazione dei progetti ed al rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione di impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti, nonché al rilascio delle autorizzazioni all’esercizio di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti previsti dagli articoli 27, 28 e 29 del d.lgs. 22/1997” .
Il ricorrente ritiene che la normativa regionale, la quale attribuisce alle Province la competenza a rilasciare le autorizzazioni indicate, contrasti con le citate norme del D.L.vo 2006 n. 152, che in materia prevedono la competenza delle regioni; pertanto, la disciplina regionale deve ritenersi abrogata, con conseguente illegittimità dell’atto impugnato.
La tesi non è condivisibile, perché non tiene conto dell’oggetto complessivo del procedimento conclusosi con l’atto impugnato, il quale contiene un’autorizzazione unica, comprensiva, tra l’altro, del giudizio positivo di compatibilità ambientale (V.I.A.), della nuova autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), dell’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
Proprio la circostanza che il provvedimento impugnato comprenda l’autorizzazione integrata ambientale rende rilevanti altre disposizioni statali e regionali, ai fini della determinazione dell’autorità competente.
In particolare, la natura unitaria dell’autorizzazione rilasciata impone di applicare alla fattispecie la disciplina dell’art. 208 del D.L.vo 2006 n. 152 – rubricato “autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti” – il quale al comma 1, come già ricordato, prevede la competenza della regione per le autorizzazioni a realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti; tuttavia, il comma 2 del medesimo art. 208 stabilisce che “resta ferma l’applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al D.L.vo 18 febbraio 2005, n. 59”.
Identica disposizione è contenuta nel comma 2 dell’art. 210 del D.L.vo 2006 n. 152 – rubricato “autorizzazioni in ipotesi particolari” - in relazione alle richieste di modifica alla gestione di impianti.
Infine, l’art. 213, comma 1, del D.L.vo n. 152 – rubricato “autorizzazioni integrate ambientali” - precisa che “le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005 n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste: a) le autorizzazioni di cui al presente capo”.
Le norme ora citate rendono evidente che continuano ad applicarsi le disposizioni del D.L.vo 2005 n. 59 qualora l’impianto da realizzare rientri nel campo di applicazione della disciplina, di derivazione comunitaria, in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento e, quindi, il procedimento amministrativo sia diretto a rilasciare un’autorizzazione unica, comprensiva anche dell’autorizzazione integrata ambientale, la quale tende ad assicurare la protezione dell’ambiente nel suo complesso dall’inquinamento derivante dallo svolgimento di determinare attività, come lo smaltimento dei rifiuti.
L’art. 5 del D.L.vo 2005 n. 59 disciplina la procedura di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, che viene affidata all’ “autorità competente”, senza ulteriori precisazioni.
Tuttavia, l’art. 2, comma 1 lett. i), del medesimo decreto specifica che l’autorità competente è “il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per tutti gli impianti esistenti e nuovi di competenza statale indicati nell’allegato V o, per gli altri impianti, l’autorità individuata, tenendo conto dell’esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, dalla regione o dalla provincia autonoma”.
Questa norma, la cui vigenza è fatta salva dagli artt. 208, comma 2, nonché 210, comma 2, e 213 del D.L.vo 2006 n. 152, anche per il caso di rilascio di un’autorizzazione unica, rimette pertanto alla regione l’individuazione dell’autorità competente ad adottare l’autorizzazione integrata ambientale.
In relazione alla tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, assume allora rilevanza la previgente legge regionale Piemonte 2000 n. 44 – anteriore sia alla legge costituzionale 2001 n. 3, sia al D.L.vo 2005 n. 59, ma compatibile con esso per quanto riguarda il profilo in esame – la quale, agli artt. 34 e seg., dette norme dirette a disciplinare “il conferimento di funzioni e compiti amministrativi agli enti locali in tema di protezione della natura e dell’ambiente, tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti, energia, risorse idriche e difesa del suolo, opere pubbliche e protezione civile”.
In particolare, l’art. 36 della legge regionale n. 44 - rubricato “funzioni delle province” – dispone che “in campo ambientale ed energetico, le Province provvedono al rilascio coordinato in un unico provvedimento dell’approvazione di progetti o delle autorizzazioni, nulla osta, concessioni, o di altri atti di analoga natura per tutte le attività produttive e terziarie, nonché al relativo controllo integrato”, mentre il successivo art. 50 dispone che “ai sensi dell’art. 36 sono attribuite alle Province le seguenti funzioni amministrative: c) approvazione dei progetti e rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione, nonché rilascio delle autorizzazioni all’esercizio di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti …”
Dal complesso delle disposizioni esaminate discende che, se l’impianto da realizzare rientra nel campo di applicazione della disciplina in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento, continua a trovare applicazione il D.L.vo 2005 n. 59, anche quando il procedimento amministrativo è finalizzato al rilascio di un’autorizzazione unica. Pertanto, in base all’art. 2, comma 1 lett. i), del D.L.vo 2005 n. 59, spetta alla regione individuare l’autorità competente all’adozione del relativo provvedimento e la regione può decidere di riservarlo a sé o attribuirlo alla competenza di un altro soggetto.
Nel caso di specie la legge regionale Piemonte 2000 n. 44 attribuisce proprio alle province la competenza a rilasciare le autorizzazioni in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti e tale competenza comprende, in base al citato art. 2, comma 1 lett. i), del D.L.vo 2005 n. 59, anche il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.
Tale normativa regionale, anteriore alla riforma costituzionale, è compatibile con il D.L.vo 2005 n. 59, in quanto, coerentemente con esso, determina quale sia a livello locale l’ente competente a rilasciare le autorizzazioni in materia di tutela dell’ambiente dall’inquinamento, come l’autorizzazione integrata ambientale.
Del resto, proprio la circostanza che il D.L.vo 2006 n. 152 tenga ferma la disciplina del D.L.vo 2005 n. 59 rende compatibile la citata disciplina regionale anche con il codice dell’ambiente, perché in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento la normativa di riferimento è, anche in caso di autorizzazione unica, quella del D.L.vo n. 59, che, come già detto, rimette alla regione l’individuazione dell’autorità competente a rilasciare le necessarie autorizzazioni.
Ne deriva che, in relazione al particolare oggetto del provvedimento impugnato, non sussiste alcuna incompatibilità tra il D.L.vo 2006 n. 152 e la legge regionale Piemonte 2000 n. 44, sicché l’entrata in vigore del primo non ha determinato, nei limiti di quanto sopra precisato, alcuna abrogazione della seconda.
In definitiva, l’individuazione dell’ente competente ad adottare gli atti impugnati coinvolge in via diretta, per ciò che attiene alla disciplina locale, le disposizioni della legge regionale Piemonte 2000 n. 44, come rilevato anche dall’amministrazione resistente, in quanto è questa la normativa di riferimento nei casi in cui si tratti di adottare atti diretti anche a tutelare l’ambiente dagli inquinamenti, secondo quanto previsto dal D.L.vo 2005 n. 59 in materia di autorizzazione integrata ambientale.
In altre parole, nel caso in esame l’individuazione dell’autorità competente deriva dal coordinamento tra le citate disposizioni del D.L.vo 2005 n. 59, del D.L.vo 2006 n. 152 e della legge regionale Piemonte 2000 n. 44.
Da tali disposizioni risulta che la competenza spetta alla Provincia, in ragione del complesso contenuto del provvedimento impugnato, che comprende l’autorizzazione integrata ambientale, con conseguente operatività delle ricordate norme statali e regionali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti.
Ne deriva l’infondatezza del motivo in esame, in quanto il provvedimento impugnato rientra nella competenza della Provincia di Biella.
4) Devono ora essere esaminati, secondo l’ordine prospettato nel ricorso, i motivi proposti “con riferimento al procedimento di valutazione di impatto ambientale ed alla determina del Dirigente della Provincia di Biella n. 2636 in data 2/8/2007 conclusiva del procedimento”.
Con il primo motivo la ricorrente considera che il procedimento di valutazione di impatto ambientale ha avuto ad oggetto esclusivamente la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a., che però costituisce sostanzialmente un unico impianto unitamente all’altra discarica, gestita da Cavaglià s.p.a., in quanto le due discariche insistono sul medesimo sito, sono divise solo da una parete, sono fisicamente connesse e la sopraelevazione di una di esse comporta necessariamente la sopraelevazione dell’altra.
Da tale situazione la ricorrente desume l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione dell’art. 4 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, in quanto la valutazione di impatto ambientale doveva riferirsi all’intero complesso e non alla sola discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a..
La Provincia di Biella e la società Cavaglià s.p.a. eccepiscono l’infondatezza della censura, evidenziando che il concetto di impianto unitario va desunto dal D.L.vo 2005 n. 59, dove si definisce (art. 2, comma 1, lett. c ) l’“impianto” come “l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull’inquinamento”.
Le parti resistenti precisano che la stessa definizione era contenuta nel d.l.vo 1999 n. 372, in relazione al quale la circolare interpretativa del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio datata 13.07.2004 aveva chiarito che “per attività accessoria, tecnicamente connessa ad una attività principale rientrante in una delle categorie di cui all'allegato I del decreto legislativo n. 372 del 1999, si intende una attività: a) svolta dallo stesso gestore; b) svolta nello stesso sito dell'attività principale o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell'attività principale per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell'attività principale; c) le cui modalità di svolgimento hanno qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell'attività principale”.
Ne deriva che l’unitarietà dell’impianto va apprezzata sul piano funzionale, mentre non basta un legame strutturale ed, inoltre, è comunque necessaria l’identità del soggetto gestore.
La mancanza, nel caso concreto, di queste condizioni di fatto esclude che, ai fini della valutazione di impatto ambientale, fosse necessaria una considerazione unitaria degli impianti gestiti rispettivamente da A.S.R.A.B. s.p.a. e Cavaglià s.p.a., con conseguente insussistenza dell’illegittimità lamentata dalla ricorrente.
Il motivo è fondato, mentre non è condivisibile l’eccezione proposta dalle parti resistenti.
In primo luogo, occorre chiarire sul piano fattuale quale sia la relazione che intercorre tra la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. e quella gestita da Cavaglià spa.
Le parti concordemente riconoscono che tra i due impianti sussiste un legame materiale, atteso che insistono sullo stesso sito, sono confinanti, presentano alcune strutture comuni (pag. 10 della memoria della Provincia di Biella datata 17.12.2007 e pag. 5 della memoria di Cavaglià s.p.a. del 17.12.2007), come l’ingresso, il setto di divisione e la pesa dei rifiuti.
Inoltre, la convenuta Cavaglià s.p.a. espone (memoria di data 17.12.2007) di gestire una discarica di rifiuti non pericolosi, contigua e della medesima tipologia di quella gestita da A.S.R.A.B. s.p.a., precisando di avere già ottenuto l’autorizzazione all’innalzamento del proprio impianto e di avere, pertanto, “interesse al rigetto del ricorso in quanto la realizzazione, ormai completata, dell’innalzamento dell’impianto è strettamente connessa, per ragioni soprattutto di equilibrio statico della struttura, all’innalzamento dell’adiacente discarica della A.S.R.A.B. s.p.a.”.
La relazione in linguaggio non tecnico predisposta da A.S.R.A.B. s.p.a., allegata al progetto autorizzato, spiega che “l’intervento di ampliamento si realizza mediante sopralzo del corpo dei rifiuti” ed aggiunge che “la discarica di ASRAB si colloca alle spalle di quella della società Cavaglià spa”, con la precisazione che le due discariche sono “funzionalmente collegate e contigue”.
Del pari, nella relazione tecnica al progetto si legge (pag. 5 di 94) che “il progetto di rimodellamento della discarica per rifiuti non pericolosi di ASRAB, con la gestione a bioreattore oggetto del presente studio, si integra sotto il profilo plano volumetrico con il progetto di rimodellamento dell’attigua discarica per rifiuti non pericolosi di Cavaglià, nel settore nord della ex fossa residua da attività di cava”.
In ordine alla configurazione del progetto la relazione (pag. 11 di 94) spiega che “la configurazione morfologica del rimodellamento della discarica per rifiuti non pericolosi è condizionata dai seguenti fattori: … - prossimità della discarica per rifiuti non pericolosi di Cavaglià spa. La configurazione di progetto prevede pertanto la coltivazione delle due discariche (ASRAB e Cavaglià) per piani orizzontali contrapposti, addossando il rifiuto non pericoloso di ASRAB al rifiuto non pericoloso di Cavaglià, con interposizione di un manufatto di separazione idraulica e strutturale”.
La relazione, nel parte in cui descrive il “setto di separazione” tra i due impianti, considera (pag. 48 di 94) che “le modalità di gestione delle due attigue discariche hanno portato ad avere condizioni di uguale quota altimetrica nei rifiuti dei due impianti, con fronti di abbancamento in contrapposizione tra loro, senza utilizzo delle terre rinforzate”.
Con riferimento ai profili ambientali, lo studio di compatibilità ambientale predisposto dal proponente precisa (pag. 10) che “appare rilevante il rapporto di reciprocità che intercorre con l’adiacente discarica di rifiuti non pericolosi di origine industriale di Cavaglià s.p.a. per quanto riguarda gli aspetti di stabilità e di complementarietà”, aggiungendo poi (pag. 14) che “l’intervento di sopraelevazione preventivato dall’adiacente discarica di Cavaglià s.p.a. presuppone che i rifiuti in quella abbancati siano contrastati e sorretti da quelli previsti dal proponente”.
Gli elementi ora riferiti rendono palese che le due discariche, anche se gestite da soggetti diversi, sono strettamente connesse tra di loro sul piano materiale e funzionale, atteso che, in primo luogo, l’una poggia fisicamente sull’altra e l’elevazione della prima comporta necessariamente l’elevazione della seconda; inoltre, l’effettivo impiego dei due impianti presuppone la loro contemporanea utilizzazione, perché i rifiuti versati in una discarica si appoggiano su quelli presenti nell’altra, sicché l’incremento volumetrico dei rifiuti depositati deve avvenire in modo coordinato nelle due discariche.
Ne deriva che la realizzazione delle opere correlate all’attuazione del progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. comporta, inevitabilmente, l’esecuzione di interventi ed opere sull’impianto gestito da Cavaglià s.p.a..
Del resto, la stessa società Cavaglià s.p.a. ha presentato alla Provincia di Biella un autonomo progetto di innalzamento della propria discarica, la cui realizzazione presuppone, secondo quanto emerge proprio dalla citata memoria di Cavaglià s.p.a., un analogo innalzamento della discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a..
A fronte di questa situazione di fatto, occorre ora esaminare il dato normativo, al fine di stabilire se la valutazione di impatto ambientale del progetto proposto da A.S.R.A.B. s.p.a. doveva estendersi al complesso delle opere necessarie per la sua realizzazione e, quindi, anche agli interventi che inevitabilmente devono essere attuati sulla discarica gestita da Cavaglià s.p.a..
In relazione alle procedure di valutazione di impatto ambientale, la legge regionale Piemonte 1998 n. 40 dispone, all’art. 4, comma 5, che “Qualora un progetto di cui agli allegati A1, A2, B1, B2 e B3 comporti opere o interventi di diverso tipo, preliminari o contestuali, finalizzati o funzionali alla realizzazione, o ancora più opere funzionalmente connesse tra loro o con opere già esistenti, ancorché rientranti in diverse tipologie, o ancora preveda un'opera divisa in parti da realizzare in fasi distinte nel tempo, è sottoposto alla procedura di V.I.A., secondo i criteri di cui ai commi 1, 2 e 3, il progetto complessivo relativo all'insieme delle opere e degli interventi necessari. In tal caso il proponente presenta, nell'ambito delle fasi procedurali di V.I.A., elaborati progettuali che si riferiscono al complesso dei lavori e delle opere e che evidenzino nel dettaglio le fasi di realizzazione e le relazioni tra le opere e gli interventi”.
Del resto, è pacifico che il progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. rientra nella tipologie comprese nell’allegato A2, trattandosi di una discarica di rifiuti non tossici con capacità superiore a 100.000 mc (la relazione finale di contributo tecnico scientifico predisposta da A.R.P.A. Piemonte di data 10.07.2007 - pag. 4 - riferisce che la volumetria totale sarà pari a 645.000 mc).
Risulta così l’infondatezza dell’eccezione proposta dall’amministrazione, che, dopo avere escluso l’esistenza di un vincolo di accessorietà tra le due discariche, le quali, pertanto, non costituiscono un unico “impianto” ex art. 2, comma 1 lett. c, del D.L.vo 2005 n. 59, nega la necessità della loro congiunta sottoposizione alla valutazione di impatto ambientale.
In primo luogo, occorre notare che con il motivo in valutazione la ricorrente non deduce l’esistenza di una specifica relazione di accessorietà tra le attività svolte nelle due discariche, limitandosi a rilevare che il progetto autorizzato implica l’esecuzione di opere anche sulla discarica gestita da Cavaglià s.p.a..
Inoltre, la nozione di attività accessoria ricordata dall’amministrazione rileva solo ai fini della determinazione del concetto di “impianto” in relazione al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e non per stabilire l’estensione delle opere da comprendere in un’unica valutazione di impatto ambientale.
In altre parole, non si tratta di accertare se le attività svolte nelle due discariche siano tra loro in un rapporto di accessorietà, così da integrare una sola “unità tecnica permanente”, ai fini del rilascio della autorizzazione integrata ambientale, ma di chiarire se il progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. implica la realizzazione di opere di diverso tipo, funzionali alla sua realizzazione, da comprendere in una unitaria valutazione di impatto ambientale, ex art. 4 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40.
Insomma, seppure nella fattispecie concreta assume rilevanza anche il D.L.vo 2005 n. 59 (retro sub punto n. 3 della motivazione) in materia di autorizzazione integrata ambientale, la cui disciplina è espressamente fatta salva dal D.L.vo 2006 n. 152, ciò non significa che i presupposti in esso fissati, in relazione proprio all’autorizzazione integrata ambientale, siano automaticamente estendibili alla valutazione di impatto ambientale.
L’argomentazione difensiva, quindi, non è condivisibile perché, senza alcuna base normativa, tende ad estendere i concetti e le definizioni stabiliti dalle norme in materia di autorizzazione integrata ambientale alla valutazione di impatto ambientale.
Anche la giurisprudenza ha riconosciuto che le due autorizzazioni e i relativi procedimenti sono distinti e conservano caratteri autonomi, in quanto l’autorizzazione integrata ambientale è “un provvedimento che (sostituendosi, tra l'altro, a tutte le preesistenti autorizzazioni ambientali di cui all’allegato 2 al citato decreto legislativo) incide specificamente sugli aspetti gestionali dell'impianto, mentre la procedura di VIA investe più propriamente i profili localizzativi e strutturali. Perciò, se anche nel caso di specie l'esito positivo della valutazione di impatto ambientale costituisce presupposto dell’AIA impugnata, quest'ultima non può essere configurata come atto strettamente consequenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata (a prescindere dall'impugnazione della VIA) da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione” (cfr. T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, sez. I, 26.11.2007 n. 3365).
In altri termini, il carattere unitario sia del procedimento svolto dall’amministrazione, sia dell’autorizzazione rilasciata non comporta una sovrapposizione tra autorizzazione integrata ambientale e valutazione di impatto ambientale, che restano distinte e correlate ad autonomi presupposti.
Gli elementi di fatto suindicati e il quadro normativo afferente al caso di specie conducono a rilevare la fondatezza del motivo in esame.
Invero, la realizzazione del progetto relativo alla discarica A.S.R.A.B. comporta necessariamente l’esecuzione di opere che interessano anche la discarica gestita da Cavaglià s.p.a., in quanto l’innalzamento della prima rende inevitabile l’innalzamento della seconda.
Simili opere sono indispensabili per l’effettivo funzionamento dell’impianto da ampliare, perché le due discariche si sostengono a vicenda.
D’altro canto, lo studio di compatibilità ambientale presentato dal proponente, pur riguardando solo l’ampliamento della discarica A.S.R.A.B., dà atto del rapporto di reciprocità che intercorre con l’adiacente discarica di rifiuti non pericolosi di origine industriale di Cavaglià s.p.a., per quanto riguarda gli aspetti di stabilità e di complementarietà.
Pertanto, in base al citato art. 4, comma 5, della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, la valutazione di impatto ambientale doveva riferirsi, in modo unitario, a tutte le opere necessarie per la realizzazione del progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a., comprese quelle che investivano direttamente la discarica di Cavaglià spa.
Al contrario, dagli atti impugnati e dai verbali della conferenza di servizi, emerge che l’amministrazione ha preso in considerazione solo le opere da realizzare sulla discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a., senza esaminare quelle da eseguire necessariamente sulla discarica di Cavaglià s.p.a., che sono state oggetto di un distinto procedimento amministrativo.
Sul punto, la Provincia di Biella rileva che, in ogni caso, i partecipanti alla conferenza di servizi hanno espresso la propria posizione, circa la compatibilità ambientale dell’intervento proposto, tenendo presente la contiguità dell’impianto con la discarica gestita da Cavaglià s.p.a. e ciò sarebbe comunque sufficiente a garantire la legittimità dell’azione amministrativa.
Anche questa considerazione non è condivisibile.
Difatti, dai verbali della conferenza di servizi ed in particolare dal verbale datato 11.07.2007, risulta che i partecipanti hanno espresso il parere “sulla compatibilità ambientale del progetto in istruttoria”, che però è esclusivamente quello relativo all’ampliamento della discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a..
Certamente la contiguità tra le due discariche emerge anche dai verbali della conferenza di servizi, trattandosi di un dato oggettivo, ma da ciò non deriva che la valutazione di impatto ambientale abbia avuto ad oggetto tutte le opere necessarie per l’attuazione del progetto autorizzato con gli atti impugnati.
Va, pertanto, ribadita la fondatezza del motivo in esame, in quanto la valutazione di impatto ambientale non ha avuto ad oggetto tutte le opere necessarie per l’esecuzione del progetto di ampliamento presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. e, in particolare, non ha compreso gli interventi da realizzare sulla discarica gestita da Cavaglià s.p.a., con conseguente violazione dell’art. 4, comma 5, della legge regionale Piemonte 1998 n. 40.
5) Il secondo motivo, relativo al “procedimento di valutazione di impatto ambientale ed alla determina del Dirigente della Provincia di Biella n. 2636 in data 2/8/2007 conclusiva del procedimento”, è articolato in più censure da esaminare separatamente.
5.1) Con la prima censura la ricorrente deduce la violazione dell’art. 14 bis della legge 1990 n. 241, in quanto, in relazione alla procedura di valutazione di impatto ambientale, la conferenza di servizi ha omesso di esaminare l’ipotesi zero.
L’amministrazione resistente eccepisce l’infondatezza della censura, in quanto l’ipotesi zero è stata valutata nel corso della conferenza di servizi.
L’eccezione è fondata.
Invero, nella fase istruttoria l’amministrazione ha rilevato l’omessa valutazione da parte del proponente dell’ipotesi zero (verbale di seduta congiunta datato 17.10.2006 redatto dall’Organo tecnico della Provincia di Biella e dal Comitato tecnico provinciale per i problemi ambientali), cui si riferisce l’art. 14 bis, comma 3, della legge 1990 n. 241 nel prevedere la necessaria ponderazione delle principali alternative ai fini della valutazione di impatto ambientale.
A seguito di tali rilievi, A.S.R.A.B. s.p.a. ha trasmesso all’amministrazione dei chiarimenti (nota prot. ricez. Provincia n. 25549 del 09.05.2007) dove viene esaminata la c.d. ipotesi zero, illustrandone le conseguenze e precisando, tra l’altro, che “il considerare l’ipotesi zero equivale a pensare che non si realizzi l’intervento che si propone con la presente proposta”.
Gli organi tecnici, a loro volta, nel verbale di seduta congiunta del 12.06.2007 hanno dato atto del chiarimento fornito da A.S.R.A.B. s.p.a. in relazione alle possibili alternative tecnologiche e localizzative.
Ne deriva l’infondatezza della censura in esame, in quanto nel corso della procedura di valutazione di impatto ambientale l’amministrazione ha considerato anche l’ipotesi zero, secondo quanto previsto dall’art. 14 bis, comma 3, della legge 1990 n. 241.
5.2) Con la seconda censura la ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento, in quanto l’ampliamento della discarica non rispetta il principio di autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali, emergente, tra l’altro, dagli artt. 182 e 201 del D.L.vo 2006 n. 152.
In particolare, la ricorrente considera che la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. è stata utilizzata negli ultimi anni per smaltire anche rifiuti provenienti da altre province e, del resto, la Giunta Provinciale di Biella, con la delibera n. 277 del 28.09.2007, successiva alle autorizzazioni impugnate, ha approvato un protocollo di intesa con la Provincia di Torino avente ad oggetto il conferimento di rifiuti provenienti dalla Provincia di Torino nella discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a..
Da ciò la ricorrente deduce lo sviamento di potere, in quanto l’ampliamento della discarica è stato disposto per far fronte ad asserite esigenze del territorio, mentre in concreto tratta rifiuti provenienti da altre province.
L’amministrazione resistente eccepisce, in primo luogo, l’inammissibilità della censura, in quanto il ricorso non è stato notificato al C.O.S.R.A.B., Associazione d’ambito per il territorio della Provincia di Biella, che aveva espresso parere favorevole in conferenza di servizi e al quale la legge regionale Piemonte 2002 n. 24 attribuisce una funzione di governo sugli impianti.
L’eccezione, da esaminare con priorità per il suo carattere pregiudiziale, è infondata.
La conferenza di servizi, che, come già ricordato, integra solo un modulo procedimentale, è priva di soggettività giuridica, sicché le singole amministrazioni partecipanti conservano la titolarità dei poteri loro attributi dalla legge.
Ne deriva che in caso di impugnazione del provvedimento adottato all’esito di una conferenza di servizi, la legittimazione passiva non si radica in capo a tutte le amministrazioni partecipanti, ma solo a quelle che, mediante lo strumento della conferenza di servizi, abbiano adottato un atto a valenza esoprocedimentale, il quale, in mancanza del particolare modulo organizzativo, si sarebbe dovuto impugnare da parte di chi intendesse contestarne le determinazioni (cfr. ex multis C.d.S., sez. IV, 09.07.1999, n. 1193; T.A.R. Toscana, sez. III, 16.04.2004, n. 1162).
Nel caso concreto il CO.S.R.A.B. (Associazione d’ambito per il territorio della provincia di Biella), contrariamente a quanto affermato dall’amministrazione resistente, non era investito di specifici poteri autorizzatori, né, più in generale, ha adottato delle determinazioni a valenza esoprocedimentale, suscettibili di impugnazione.
Invero, l’art. 12 della legge regionale Piemonte 2002 n. 24 delinea, al comma 4, le attribuzioni delle associazioni d’ambito, prevedendo che “L'associazione di ambito ha il compito di:
a) provvedere al governo ed al coordinamento dei servizi di cui all'articolo 10, comma 2 sulla base dei programmi provinciali;
b) provvedere alla realizzazione degli interventi previsti dal programma provinciale o individuare i soggetti cui affidare la realizzazione;
c) fornire ai consorzi di bacino appartenenti all'ambito territoriale ottimale le informazioni per la predisposizione dei piani finanziari di cui all'articolo 8, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani), ai fini dell'istituzione della tariffa”.
In definitiva, tale norma assegna alle associazioni d’ambito dei compiti essenzialmente gestionali, di coordinamento e di attuazione dei programmi adottati in ambito provinciale, senza investirle di poteri di autorizzazione alla realizzazione ed esercizio di discariche.
Del resto, la determinazione conclusiva della conferenza di servizi (n. 2636 del 02.08.2007) esplicita l’atto di competenza di ciascun partecipante e, con riferimento al CO.S.R.A.B. – A.T.O. Biella, indica che gli compete soltanto di esprimere un parere in relazione sia alla compatibilità ambientale del progetto in valutazione, sia alla “realizzazione dell’intervento e per il suo esercizio”, ex art 208, comma 3, del D.L.vo 2006 n. 152, recante la disciplina procedimentale della conferenza di servizi.
In entrambi i casi CO.S.R.A.B. ha espresso un parere favorevole, ossia un atto che non presenta valenza esoprocedimentale e, quindi, non è suscettibile di autonoma impugnazione.
In proposito, va ricordato che secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, solo il parere negativo vincolante, che determina un arresto dell’iter procedimentale, costituisce un atto a rilevanza esterna, immediatamente lesivo e suscettibile di autonoma impugnazione (cfr. in argomento C.d.S., sez. VI, 09.06.2005, n. 3043; C.d.S., sez.V, 02.04.2001, n. 1902; T.A.R. Lazio - Roma, sez. III, 23.10.2006, n. 10833; T.A.R. Lombardia – Milano, sez. IV, 16.02.2006, n. 416)
In definitiva, va ribadita l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità proposta dall’amministrazione, in quanto il CO.S.R.A.B. - ATO Biella ha adottato in conferenza di servizi un atto privo di valenza esoprocedimentale, non suscettibile di autonoma impugnazione, con la conseguenza che tale associazione d’ambito risulta priva di legittimazione passiva in relazione al ricorso in esame, che coerentemente non le è stato notificato.
Nel merito la censura proposta dalla ricorrente è fondata.
La disciplina in materia di smaltimento dei rifiuti stabilisce che tra le finalità da perseguire vi è quella dell’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali.
Si tratta di un principio già posto dall’art. 5, comma 3, del D.L.vo 1997 n. 22 (non più vigente) ed ora ribadito dall’art. 182, comma 3, del D.L.vo 2006 n. 152, dove si prevede che “Lo smaltimento dei rifiuti e' attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica”.
Il principio è ribadito dal successivo art. 201 del D.L.vo n. 152 che, nel disciplinare il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani per ambiti territoriali ottimali dispone, al comma 5, che “In ogni ambito: a) e' raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati; b) e' garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio”.
La Corte Costituzionale ha chiarito che il principio, posto dalla legislazione statale, dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali, limita la legislazione regionale, in quanto attiene ad una competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema ex art. 117, secondo comma lett. s), della Costituzione (cfr. Corte Cost. sentenza 21 aprile 2005 n. 161).
Il giudice costituzionale ha precisato che il principio in esame è giustificato dal fatto che, per i rifiuti urbani non pericolosi, l'ambito territoriale ottimale per lo smaltimento è logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di produzione (cfr. Corte Cost., sentenza 14 luglio 2000 n. 281).
Del resto non è dubitabile, né contestato, che rispetto al progetto di ampliamento presentato da A.S.R.A.B. s.p.a. trovi applicazione il principio in questione, atteso che la discarica tratta rifiuti urbani non pericolosi.
In proposito, basta ricordare che la relazione tecnica, allegata al progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a., prevede espressamente (pag. 16 di 94) che “il materiale collocato nella discarica è un rifiuto bioessicato, ottenuto dal trattamento di R.S.U. con il processo Biocubi, la cui componente degradabile è attualmente non fermentescibile e biologicamente inattiva perché con un contenuto d’acqua non sufficiente a far innescare in modo significativo alcun processo degradativo”.
Parimenti, la relazione in linguaggio non tecnico e lo studio di compatibilità ambientale, presentati in allegato al progetto, riferiscono, l’una che “il polo tecnologico … è destinato a smaltire rifiuti non pericolosi di origine urbana”, l’altro (pag. 10) che il progetto riguarda “il completamento della discarica per rifiuti non pericolosi di origine urbana”.
D’altro canto, anche la relazione finale di contributo tecnico scientifico redatta dall’ARPA – Piemonte datata 10.07.2007 specifica che “la tipologia di rifiuti smaltiti avrebbe le stesse caratteristiche (classificazione codici CER) di quelli già presenti, costituiti da bioessicato”.
Il principio di autosufficienza implica che la realizzazione o comunque l’ampliamento di una discarica deve corrispondere alle esigenze dell’ambito territoriale ottimale sul quale è collocata.
Pertanto nella materia in questione l’esercizio del potere discrezionale di autorizzazione deve trovare concreta giustificazione nel conseguimento dell’obiettivo dell’autosufficienza, con la conseguenza che il relativo procedimento amministrativo deve fare emergere, sulla base di un’adeguata istruttoria e di una completa ricostruzione della situazione fattuale, quali siano le esigenze dell’ambito territoriale ottimale che giustificano la realizzazione o l’ampliamento di una discarica, nel rispetto del principio di autosufficienza,
In proposito, la determinazione provinciale n. 2638 del 02.08.2007, ossia il provvedimento autorizzativo finale adottato all’esito della conferenza di servizi, si limita ad evidenziare, da un lato, che “il Progetto è stato valutato tenendo conto del contesto economico di comparto”, dall’altro, che “la modalità definita bioreattore consente … al netto dei maggiori oneri per lo smaltimento del percolato, anche un vantaggio per i cittadini in termini di riduzione della tariffa di smaltimento”.
Rispetto agli atti istruttori, va rilevato che la relazione finale di contributo tecnico scientifico redatta dall’A.R.P.A. – Piemonte datata 10.07.2007, dopo avere chiarito che il progetto prevede l’incremento della volumetria dei rifiuti abbancati, che passa da 550.000 mc a 645.000 mc, specifica, al paragrafo 5 - recante “Valutazioni conclusive e prescrizioni” - che “alla luce delle considerazioni sopra esposte dalle quali non risultano condizioni di impatto tali da precludere la realizzazione dell’opera, che viceversa adempie ai fabbisogni di smaltimento del territorio provinciale, oltre a concentrare la produzione di biogas in un arco temporale ridotto a circa 8 anni e consentire il suo sfruttamento ai fini di produzione di energia elettrica, in modo tale da condurre, al netto dei maggiori oneri per lo smaltimento del percolato ad un vantaggio per i cittadini in termini di riduzione della tariffa di smaltimento”.
Va rilevato, in primo luogo, che l’affermazione della corrispondenza del progetto di ampliamento “ai fabbisogni di smaltimento del territorio provinciale” appare del tutto generica, perché non supportata da alcun riscontro fattuale, mentre l’ulteriore affermazione, secondo cui l’opera determinerebbe un vantaggio per la popolazione in termini di riduzione della tariffa, riflette un interesse diverso da quello sotteso al principio normativo dell’autosufficienza.
Inoltre, rispetto alla questione della corrispondenza tra il progetto autorizzato e le esigenze dell’ambito territoriale biellese, é significativo il contenuto della delibera della Giunta provinciale di Biella n. 277 del 28.09.2007, avente ad oggetto l’accordo tra la Provincia di Biella, la Provincia di Torino, l’Associazione d’Ambito Torinese per il Governo dei Rifiuti e il Consorzio Smaltimento Rifiuti Area Biellese per il conferimento di rifiuti urbani prodotti nell’Ambito Territoriale Torinese – azienda AMIAT – presso il polo tecnologico ubicato nel Comune di Cavaglià.
In essa, in primo luogo, si precisa che “in seguito alle richieste avanzate dalla provincia di Torino circa la necessità di poter conferire presso il polo tecnologico di Cavaglià rifiuti urbani provenienti dal bacino torinese … in data 10/02/2004, 15/12/2005, 05/06/2006 sono stati sottoscritti tra la Provincia di Biella e la Provincia di Torino appositi Protocolli d’intesa al fine di disciplinare in modo completo ed organico le modalità di conferimento dei rifiuti presso il Polo Tecnologico Biellese negli anni 2004, 2005 e 2006”, quindi, si considera che “la Provincia di Torino … ha voluto verificare la disponibilità di questa Provincia ad accettare anche per l’anno 2007 il conferimento di circa 9000 tonnellate di R.S.U. fino al 31.12.2007 … rinnovando, anche con la partecipazione delle rispettive A.T.O., il Protocollo d’Intesa relativo ai conferimenti effettuati a fine 2006”, inoltre, si dà atto del parere favorevole espresso da A.S.R.A.B. s.p.a. quale ”soggetto gestore del polo tecnologico”.
Sulla base di queste premesse la delibera in esame ha approvato il protocollo di intesa che disciplina il conferimento nell’anno 2007 di rifiuti urbani prodotti nell’Ambito Territoriale Torinese presso il polo tecnologico ubicato nel Comune di Cavaglià.
In punto di fatto è evidente che sin dal 2004 la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. ha ricevuto non solo i rifiuti provenienti dall’Ambito Territoriale Biellese, ma anche quelli prodotti nel bacino torinese; tale situazione è perdurata nel 2005 e nel 2006 ed è stata oggetto di un nuovo accordo tra le amministrazioni interessate anche relativamente all’anno 2007.
Tuttavia, dai provvedimenti impugnati e dai verbali della conferenza di servizi non risulta che tale situazione di fatto sia stata oggetto di effettiva considerazione, sicché l’affermata corrispondenza tra il progetto autorizzato e le esigenze locali muove da un’incompleta ricostruzione dei fatti, perché non considera il dato oggettivo del trattamento nella discarica di A.S.R.A.B. s.p.a. anche di rifiuti urbani provenienti da altri ambiti territoriali.
Emerge così un evidente difetto di istruttoria, in quanto l’amministrazione ha autorizzato il progetto presentato da A.S.R.A.B. s.p.a., ritenendolo coerente alle necessità locali, ma senza considerare che l’impianto era già utilizzato per soddisfare i bisogni di smaltimento di altre province.
Inoltre, l’amministrazione, dopo avere autorizzato l’ampliamento della discarica sul presupposto della sua corrispondenza alle esigenze dell’A.T.O. di riferimento, ha approvato un protocollo di intesa con il quale accetta di ricevere anche nel 2007 i rifiuti prodotti nel bacino torinese.
Quest’ultima determinazione rende palese il difetto di istruttoria, in quanto se la discarica ASRAB, anche dopo l’approvazione del progetto di ampliamento, è in grado di ricevere i rifiuti provenienti da altri ambiti territoriali, è evidente che l’affermazione della corrispondenza dell’ampliamento alle esigenze locali muove da una non completa ricostruzione dei fatti e quindi da un’insufficiente istruttoria.
Invero, non è coerente autorizzare l’ampliamento di una discarica sulla base di asserite esigenze locali e, subito dopo, consentire l’utilizzo dell’impianto per il trattamento di rifiuti provenienti da altre Province.
Sul punto appare significativo anche il contenuto del verbale della conferenza di servizi datato 11.07.2007, ove si riporta un intervento del rappresentante del Comune di Cavaglià, il quale evidenzia testualmente che “se vogliamo economizzare spazio, non accettiamo più rifiuti dalle altre Province e lavoriamo solo i nostri”, ma a fronte di simili affermazioni il responsabile del procedimento ha dichiarato che “la discussione sta muovendosi su argomentazioni estranee all’oggetto della Conferenza di Servizi”.
Da queste dichiarazioni, raccolte nel verbale dell’ultima seduta della conferenza di servizi, emerge con chiarezza che l’intero procedimento si è svolto senza tenere conto dell’utilizzo della discarica anche per sopperire alle esigenze di altre province e, quindi, sulla base di un’istruttoria incompleta.
In proposito, non è condivisibile l’argomentazione difensiva con la quale la Provincia di Biella considera, da un lato, che l’istanza presentata da A.S.R.A.B. s.p.a. è antecedente all’adozione della delibera n. 277/2007, la quale, pertanto non vale a dimostrare che il rimodellamento della discarica era funzionale ad esigenze extraterritoriali, dall’altro, che l’art. 14, comma 1, della legge regionale 2002 n. 24 prevede solo un divieto di smaltimento per i rifiuti provenienti da altre regioni.
Difatti, la posteriorità della delibera n. 277 all’istanza presentata da A.S.R.A.B. s.p.a. è un dato inconfutabile, che però risulta del tutto irrilevante in relazione alla questione dell’incompletezza dell’istruttoria e della non adeguata ricostruzione della situazione fattuale da parte dell’amministrazione procedente; inoltre, la previsione dell’art. 14, comma 1, della legge 2002 n. 24 non incide sull’operatività del principio normativo dell’autosufficienza, posto dalla citata normativa statale (cfr. in argomento Corte Cost. sentenza 21 aprile 2005 n. 161).
E’, pertanto, fondata la censura in esame, in quanto le determinazioni impugnate si basano su un’istruttoria incompleta, che non ha tenuto conto del concreto utilizzo della discarica anche per il trattamento di rifiuti urbani provenienti da altre province, sicché l’affermata corrispondenza dell’opera autorizzata alle esigenze locali, secondo quanto prescritto dal principio dell’autosufficienza, risulta del tutto apodittica e non supportata dalle risultanze procedimentali.
5.3) Con la terza censura, compresa nel motivo in esame, la ricorrente evidenzia che, nel corso della conferenza di servizi, il Comune di Cavaglià ha manifestato il proprio parere negativo; pertanto, trattandosi del dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela della salute e della pubblica incolumità, l’autorità procedente doveva rimettere la decisione alla Conferenza unificata di cui all’art. 14 quater, comma 3 lett. c, della legge 1990 n. 241. La mancata applicazione della norma ora indicata rende illegittimo l’atto impugnato.
La censura è infondata.
Sul punto occorre ricordare, come eccepito dall’amministrazione resistente, che l’art. 14 quater della legge 1990 n. 241 attribuisce rilevanza solo ad un motivato dissenso propositivo che, a pena di inammissibilità, “deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso”.
Dal verbale della conferenza di servizi datato 11.07.2007 risulta che il rappresentante del Comune di Cavaglià ha, in primo luogo, dichiarato di essere “in condizione di esprimere soltanto un parere politico”, quindi, ha espresso un parere negativo in ordine alla compatibilità ambientale del progetto, affermando testualmente: “come già espresso nelle Conferenza precedenti, esprimiamo parere negativo perché non ravvediamo la necessità di procedere ad un trattamento di bioessicazione per poi ribagnare con acque di percolato e prima pioggia. Ci spaventa la possibilità di fuoriuscita incontrollata di biogas perché quello che non viene captato non sappiamo dove e come vada a finire. Abbiamo una zona industriale adiacente e quindi ci vediamo anche questo tipo di attività compromesso in uno sviluppo futuro, considerando che il nostro territorio sarebbe un territorio appetibile in quanto siamo vicinissimi ad un nodo autostradale e quindi questo ci porterebbe un incremento, vista la grande perdita di posti di lavoro che abbiamo avuto ultimamente. Per cui benefici da questa operazione non ne abbiamo, e quindi non esprimiamo parere favorevole. Inoltre le garanzie di cinque anni non è che ci tutelino, perché fra cinque anni chi può sapere che cosa succederà? Esprimo questo parere a nome del Consiglio Comunale unito, maggioranza e minoranza, come da una deliberazione del Consiglio Comunale del 30 giugno che verrà trasmessa alla Conferenza”.
Il verbale di data 11.07.2007 dà poi atto che, in relazione al permesso di costruire ex d.p.r. 2001 n. 380, il rappresentante del Comune di Cavaglià “ribadisce il parere negativo (senza precisazioni ulteriori rispetto alle motivazioni espresse in riferimento al parere negativo circa la compatibilità ambientale)”.
E’ evidente che il parere espresso dal rappresentante del Comune di Cavaglià non rispetta le condizioni di ammissibilità previste dall’art. 14 quater della legge 1990 n. 241, in quanto, sia ai fini della valutazione di compatibilità ambientale, sia ai fini del rilascio del permesso di costruire, non reca “le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso” e, pertanto, va considerato tamquam non esset (cfr. in argomento T.A.R. Toscana – Firenze, sez. III, 16.04.2004 n. 1162).
Ne deriva l’infondatezza della censura in esame, in quanto la devoluzione della decisione alla Conferenza Unificata, ex art. 14 quater, comma 3, della legge 1990 n. 241, presuppone l’ammissibilità del parere negativo espresso dall’amministrazione interessata, ma, come chiarito, tale circostanza non ricorre nel caso di specie, sicché non sussiste la dedotta violazione della disposizione da ultimo richiamata.
5.4) Con la quarta censura la ricorrente lamenta che il parere espresso dal Comune di Cavaglià non è stato correttamente riportato nel verbale della conferenza di servizi di data 11.07.2007.
La censura è inammissibile.
Invero, essa è diretta a contestare la veridicità delle risultanze del verbale datato 11.07.2007, che però ha natura di atto pubblico, sicché la falsità di quanto in esso documentato deve essere dedotta mediante la querela di falso, da proporre dinanzi al giudice ordinario, secondo le previsioni dell’art. 7 della legge 1971 n. 1034 e degli artt. 9 e 221 e seg.ti c.p.c..
5.5) Con la quinta censura la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto impugnato in quanto la determinazione adottata all’esito della conferenza di servizi non prevede espressamente l’effetto di variante al P.R.G., con la conseguenza che tale effetto non può prodursi.
La censura è infondata.
Difatti, la determinazione n. 2636 del 02.08.2007, conclusiva della conferenza di servizi, dà espressamente atto del carattere unitario dell’istruttoria, diretta all’espressione del giudizio di compatibilità ambientale comprensivo delle autorizzazioni ambientali ed urbanistiche necessarie; inoltre, specifica che il Comune di Cavaglià ha espresso un parere negativo proprio in relazione al rilascio del permesso di costruire.
Infine, la determinazione in esame specifica, nella parte dispositiva, che il progetto ha conseguito le autorizzazioni necessarie per la sua realizzazione, tra le quali il “permesso di costruire ex d.p.r. 2001 n. 380”.
Del resto, l’art. 208, comma 6, del D.L.vo 2006 n. 152 disciplina l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, prevedendo espressamente che l’approvazione del progetto “sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.
Sicché, come rilevato dall’amministrazione resistente, l’effetto di variante al P.R.G. deriva dalla stessa approvazione del progetto, con conseguente insussistenza dell’illegittimità lamentata dalla ricorrente.
In definitiva, va rilevata le fondatezza del motivo in esame nei limiti suindicati, con riferimento alle diverse censure dedotte.
6) Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 12 e 13 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, in quanto la pubblicazione del progetto a mezzo stampa e nel BUR è avvenuta in modo fuorviante.
In particolare, nella pubblicazione l’istanza di A.S.R.A.B. s.p.a. è stata definita “Rimodellamento discarica A.S.R.A.B. con gestione a bioreattore”, ma l’espressione “rimodellamento” ha tratto in inganno la cittadinanza, perché ha rappresentato come di minore impatto l’intervento, con conseguente violazione delle norme dirette ad assicurare la partecipazione alla valutazione di impatto ambientale.
L’amministrazione resistente eccepisce l’inammissibilità della censura, in quanto l’art. 8 della legge 1990 n. 241 prevede che l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento può essere fatta valere dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista, pertanto la ricorrente non essendo destinataria degli avvisi pubblicati a mezzo stampa e sul BUR non è legittimata a far valere tale omissione.
L’eccezione non merita accoglimento.
Invero, il motivo in esame non lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento, né l’omissione delle forme di pubblicità previste dagli artt. 12 e 13 della legge regionale 1998 n. 40 per la procedura di valutazione di impatto ambientale, ma la non corrispondenza tra l’avviso pubblicato a mezzo stampa e sul BUR e il reale contenuto del progetto.
Ne deriva l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità, in quanto la violazione lamentata dalla ricorrente non è inquadrabile nel paradigma dell’art. 8 della legge 1990 n. 241.
Il motivo è comunque infondato.
Invero, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, l’avviso pubblicato (doc. 14 Provincia di Biella) specifica che la richiesta presentata da A.S.R.A.B. s.p.a. “prevede la sopraelevazione dell’esistente discarica e la modifica della gestione dell’impianto di eliminazione del biogas mediante l’impiego del Bioreattore …”, così da rappresentare in modo adeguato, anche se sintetico, i contenuti del progetto presentato.
In definitiva, il contenuto dell’avviso pubblicato non viola le prescrizioni degli artt. 12 e 13 della legge regionale 1998 n. 40, con conseguente infondatezza del motivo in esame.
7) Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 9 della legge regionale 1998 n. 40, in quanto l’amministrazione procedente ha svolto la conferenza di servizi senza convocare l’A.S.L. n. 11 di Vercelli e l’A.R.P.A. di Vercelli, che dovevano invece parteciparvi in quanto l’area ove sorge la discarica dista “a poche decine di metri dalla Provincia di Vercelli”.
Il motivo è infondato.
L’art. 9 della legge regionale 1998 n. 40, rubricato “soggetti interessati” individua gli enti che devono essere convocati alla conferenza di servizi finalizzata alla valutazione di impatto ambientale, stabilendo che “1. Ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del d.p.r. 12 aprile 1996, sono individuati come soggetti interessati ai progetti sottoposti alla procedura di VIA:
a) le province, i comuni e le comunità montane, nel caso di progetti di competenza regionale;
b) i comuni e le comunità montane, nel caso di progetti di competenza provinciale;
c) la comunità montana, nel caso di progetti di competenza comunale;
d) l'ente di gestione dell'area protetta, nel caso di progetti ricadenti almeno parzialmente sul territorio dell'area stessa;
e) l'azienda sanitaria locale (ASL) competente;
f) i soggetti titolari della funzione di rilascio delle autorizzazioni, dei nulla osta, dei pareri o degli altri atti di analoga natura, da acquisire al fine della realizzazione e dell'esercizio dell'opera o dell'intervento, con particolare riferimento alle autorizzazioni di carattere ambientale ed urbanistico.
2. Gli enti locali territoriali di cui al comma 1, lettere a), b) e c), sono individuati con i seguenti criteri:
a) nel caso di opere puntuali, l'ente sede dell'opera e degli impianti connessi;
b) nel caso di opere lineari, gli enti attraversati dall'opera e quelli interessati da opere e interventi connessi.
3. L'autorità competente decide il coinvolgimento di altri soggetti territoriali o istituzionali, anche a seguito di loro motivata richiesta, in casi di particolare rilevanza con riferimento alle ricadute degli impatti ambientali individuati nel corso della procedura”.
Ne deriva, come eccepito dall’amministrazione resistente, che l’A.S.L. n. 11 di Vercelli e l’A.R.P.A. di Vercelli non dovevano essere convocate, in quanto il progetto era di competenza provinciale e i due enti non rientrano tra quelli che, in simili casi, devono partecipare alla conferenza, secondo i citati commi 1, lettere b), e) ed f), e 2 della legge regionale 1998 n. 40, mentre è del tutto irrilevante, in base alla norma citata, la circostanza che l’area ove sorge la discarica sia vicina al territorio della Provincia di Vercelli.
Del resto, il potere dell’amministrazione di convocare altri soggetti, ulteriori rispetto a quelli che devono partecipare alla conferenza, ha natura discrezionale, secondo la previsione dell’art. 9, comma 3, della legge medesima e, pertanto, la relativa scelta dell’amministrazione è censurabile se viziata sul piano logico, per irragionevolezza o arbitrarietà.
Nel caso di specie la ricorrente si limita ad evidenziare che i soggetti indicati potevano partecipare alla conferenza “quanto meno ai sensi ed agli effetti del comma 3 del menzionato articolo”, senza formulare alcuna specifica censura avverso la scelta discrezionale dell’amministrazione.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza del motivo in esame.
8) Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la violazione della deliberazione della Giunta Regionale 11.11.2002 n. 14-7623 e del Piano Qualità Aria Provincia di Biella.
In particolare, si considera che la deliberazione della Giunta Regionale 2002 n. 7623 della Provincia di Biella stabilisce che “la Provincia si impegna a ricercare la possibilità di un bilancio ambientale favorevole a quanto meno la compensazione delle nuove emissioni ad esempio sfruttando le sinergie con utenze termiche ed energetiche già presenti nell’area”.
Tuttavia, nel caso in questione l’ampliamento dell’impianto comporta necessariamente una maggiore emissione di sostanze inquinanti – biogas – e quindi il bilancio ambientale non può ritenersi positivo, né vi sono compensazioni delle nuove emissioni.
Il motivo è infondato.
Invero, la determinazione della Provincia di Biella n. 2638 del 02.08.2007, ossia il provvedimento finale adottato all’esito della conferenza di servizi, fissa una serie di prescrizioni tecniche dirette a regolare la gestione e il monitoraggio del bioreattore e del biogas, con particolare riferimento alle modalità di sfruttamento del biogas medesimo.
Inoltre, la relazione finale di contributo tecnico scientifico redatta dall’ARPA – Piemonte, datata 10.07.2007, analizza i dati relativi alle emissioni in atmosfera, precisando (pag. 8 di 11) che “si rileva comunque che i quantitativi di metano immesso in atmosfera non determinano un impatto significativo per la matrice”.
A fronte della fissazione da parte dell’amministrazione di prescrizioni dirette ad assicurare lo smaltimento del biogas prodotto dall’impianto e di atti istruttori dai quali non emerge un “bilancio ambientale” negativo, la ricorrente si limita ad asserire che l’impianto determina un incremento delle emissioni di sostanze inquinanti, non compensate in alcun modo, con la conseguenza che “il bilancio ambientale non può certamente ritenersi positivo”.
Si tratta di affermazioni non suffragate da alcun elemento di riscontro e che non tengono conto né delle risultanze istruttorie, né delle prescrizioni dettate dall’amministrazione in ordine alla gestione del biogas.
Ne deriva l’infondatezza del motivo in esame.
9) Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione del Piano Territoriale Provinciale di Biella, in quanto, nell’area dove sorge la discarica, tale Piano ammette solo “infrastrutture ecologiche esistenti e un progetto ai confini del Territorio Provinciale in Comune di Caviglià”, pertanto l’ampliamento autorizzato non rispetta tali prescrizioni, perché non era in progetto e non può definirsi infrastruttura ecologica.
Il motivo è infondato.
La censura sviluppata dalla ricorrente muove da una lettura solo parziale del PRUIS (progetto di riqualificazione urbana e infrastrutturazione sostenibile) relativo al “polo ecotecnologico di Cavaglià”, contenuto nel Piano Territoriale Provinciale della Provincia di Biella.
In esso, infatti, non si prevede, come affermato dalla ricorrente, che nell’area di Cavaglià sono ammesse solo le strutture esistenti e quelle in progetto, ma si considera che “la concentrazione di infrastrutture ecologiche esistenti e in progetto ai confini del territorio provinciale in Comune di Cavaglià, anche in relazione alle attività e alle previsioni estrattive che insistono sullo stesso territorio, muovono nella considerazione di qualificare questo sistema come un vero e proprio polo produttivo eco-tecnologico”.
Ne deriva che il PRUIS menziona le infrastrutture ecologiche esistenti e in progetto non per limitare ad esse le opere realizzabili nell’area di Cavaglià, ma per qualificare tale area come polo produttivo eco-tecnologico.
Del resto, lo stesso PRUIS specifica che le funzioni connesse al ciclo ecologico dei rifiuti sono da intendere come “una opportunità per l’insediamento di funzioni e attività attorno al processo di recupero e riutilizzazione di materia ed energia dal ciclo dei rifiuti, possono realizzare nel polo eco-tecnologico nuove occasioni di business ed ospitare momenti di innovazione tecnologica ed organizzativa”.
In definitiva, il Piano territoriale della Provincia di Biella non esclude la realizzazione di nuovi impianti, né l’ampliamento di quelli esistenti ed anzi considera che il polo eco-tecnologico come la sede naturale di esperienza di innovazione tecnologica ed organizzativa.
Ne deriva l’infondatezza del motivo in esame.
10) Vanno ora esaminati i motivi dedotti avverso “la determina dirigenziale n. 2638 in data 2/8/2007 di rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 208 d.lgs. n. 152/06”.
Il primo motivo è articolato in due censure, la prima delle quali – diretta a contestare la competenza della Provincia ad adottare l’atto impugnato – è già stata trattata, per ragioni di precedenza logico giuridica, al punto n. 3 della motivazione.
Con la seconda censura la ricorrente deduce il difetto di istruttoria, in quanto la procedura di valutazione di impatto ambientale e quella diretta al rilascio dell’autorizzazione unica sono state accomunate in un’unica fase istruttoria, gestita dal medesimo Dirigente del settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella.
La censura è infondata.
Invero, l’amministrazione ha legittimamente svolto un’istruttoria unitaria in relazione alle diverse autorizzazioni richieste, in quanto l’art. 12, comma 3, della legge regionale Piemonte 1998 n. 40 – aderente al caso di specie in quanto reca la disciplina della fase di valutazione e giudizio di compatibilità ambientale – prevede che “L'attuazione degli adempimenti di cui al comma 2 determina l'inizio della fase valutativa che si svolge secondo le modalità definite nell'articolo 13 ed è finalizzata all'espressione del giudizio di compatibilità ambientale, comprensivo delle autorizzazioni ambientali ed urbanistiche necessarie alla realizzazione del progetto, nonché all'eventuale rilascio coordinato di ulteriori provvedimenti. Il giudizio di compatibilità ambientale è elaborato alla luce degli approfondimenti tecnici, delle risultanze delle conferenze di servizi e dell'eventuale inchiesta pubblica o del confronto con il proponente, nonché delle osservazioni del pubblico”.
Inoltre, la circostanza che l’istruttoria sia stata svolta da un unico Dirigente non contrasta con alcuna specifica previsione ed anzi è coerente con l’unicità dell’autorizzazione rilasciata e con l’utilizzo del modulo procedimentale della conferenza di servizi.
Del resto, è del tutto apodittica e, pertanto, non condivisibile l’affermazione secondo la quale tale “sovrapposizione di compiti” in capo al medesimo Dirigente ha determinato l’incompletezza dell’attività istruttoria, in quanto la ricorrente non ha argomentato tale asserzione, né ha evidenziato elementi concreti di riscontro.
Ne deriva l’infondatezza della censura in esame.
11) Con il secondo dei motivi in esame, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 9, comma 1 lett. a), del D.L.vo 2003 n. 36, nella parte in cui prevede che il progetto di discarica deve soddisfare “tutte le prescrizioni dettate dal presente decreto e dagli allegati 1 e 2”.
In particolare, si evidenzia che il citato allegato 1, stabilisce al punto 2.4 – rubricato “protezione del terreno e delle acque” – che nella realizzazione di una discarica, la protezione del suolo e delle acque deve avvenire mediante “la combinazione di una barriera geologica, del rivestimento impermeabile del fondo e delle sponde della discarica”.
La ricorrente sostiene che la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. è priva di tale combinazione tra barriera geologica naturale e impermeabilizzazione artificiale, con conseguente illegittimità dell’autorizzazione rilasciata.
Il motivo è infondato.
Sul punto va considerato, in primo luogo, che proprio il punto 2.4 dell’allegato 1 del D.L.vo 2003 n. 36 stabilisce che “la barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione equivalente”.
Inoltre, la relazione tecnica allegata al progetto autorizzato descrive, al punto 3.0, le condizioni dell’impermeabilizzazione, precisando – come del resto rilevato dall’amministrazione resistente - che il fondo presenta uno “strato di impermeabilizzazione in materiale naturale realizzato con 1 metro di materiale argilloso compattato … una geomembrana in HDPE (polietilene ad alta densità) dello spessore di 2 mm e un geotessuto del peso pari a 500 g/m”, mentre i fianchi presentano “uno strato di geotessuto del peso pari a 500 g/m posato sul terreno naturale, un geocomposito bentonitico, una geomembrana in HDPE (polietilene ad alta densità) dello spessore di 2 mm e un geotessuto del peso pari a 500 g/m. La protezione meccanica del sistema di impermeabilizzazione del fondo è garantita da uno strato pari a 50 cm di materiale drenante, ghiaietto e ghiaia, mentre sulle scarpate è realizzata con pneumatici riempiti con materiale drenante”.
A fronte di tali risultanze documentali, il ricorrente si limita a citare la norma asseritamente violata e ad affermare che la discarica gestita da A.S.R.A.B. s.p.a. non presenta un’impermeabilizzazione aderente alle prescrizioni del D.L.vo 2003 n. 36, senza precisare per quali ragioni la impermeabilizzazione illustrata nella relazione tecnica del progetto non corrisponde a quella normativamente stabilita.
In definitiva, la censura proposta non è accoglibile, in quanto non si correla ad alcun elemento oggettivo idoneo ad inficiare le risultanze documentali, che il ricorrente neppure prende in considerazione.
Ne deriva l’infondatezza del motivo in esame.
12) Con il terzo dei motivi in valutazione la ricorrente deduce la violazione del Piano Regionale di tutela delle acque (P.T.A.) di cui al D.C.R. n. 117-10731 di data 13.03.2007.
In particolare, la ricorrente considera che, siccome l’impianto viola le garanzie richieste dal D.L.vo 2003 n. 36 per la protezione del terreno e delle acque, allora è violato anche il Piano di Tutela delle acque, che, all’art. 5, prevede che “le Autorità competenti dispongano affinché non siano realmente opere, interventi o attività in contrasto con le finalità del presente Piano o che possano compromettere il raggiungimento degli obiettivi dallo stesso fissati”,.
Il motivo è infondato.
Invero, la ricorrente formula la censura sul presupposto che il progetto violi le norme del D.L.vo 2003 n. 36 recanti le prescrizioni da osservare a protezione del suolo e delle acque.
Tuttavia, l’asserita violazione di tale decreto, nei termini ora precisati, è già stata esclusa al punto n. 11 della motivazione, sicché la censura si basa su un presupposto insussistente.
Ne deriva l’infondatezza del motivo.
13) Con il quarto dei motivi in esame la ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione dell’art. 9, comma 1 lett. d) e dell’art. 14 del D.L.vo 2003 n. 36, in quanto le autorizzazioni impugnate sono state rilasciate senza la prestazione da parte di A.S.R.A.B. s.p.a. della garanzia di durata trentennale prescritta per la gestione post operativa della discarica.
Il motivo è fondato.
L’art. 9 del D.L.vo 2003 n. 36 disciplina le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione delle discariche, prevedendo, al comma 1 lett. d), che “Ai fini del rilascio dell'autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di una discarica devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: … d) il richiedente abbia prestato le garanzie finanziarie o altre equivalenti, ai sensi dell'articolo 14”.
Il successivo art. 14 - rubricato “garanzia finanziarie – dispone che “1. La garanzia per l'attivazione e la gestione operativa della discarica, comprese le procedure di chiusura, assicura l'adempimento delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione e deve essere prestata per una somma commisurata alla capacità autorizzata della discarica ed alla classificazione della stessa ai sensi dell'articolo 4. In caso di autorizzazione per lotti della discarica, come previsto dall'articolo 10, comma 3, la garanzia può essere prestata per lotti.
2. La garanzia per la gestione successiva alla chiusura della discarica assicura che le procedure di cui all'articolo 13 siano eseguite ed è commisurata al costo complessivo della gestione post-operativa. In caso di autorizzazione della discarica per lotti la garanzia per la post-chiusura può essere prestata per lotti.
3. Fermo restando che le garanzie di cui ai commi 1 e 2, nel loro complesso, devono essere trattenute per tutto il tempo necessario alle operazioni di gestione operativa e di gestione successiva alla chiusura della discarica e salvo che l'autorità competente non preveda un termine maggiore qualora ritenga che sussistano rischi per l'ambiente: a) la garanzia di cui al comma 1 è trattenuta per almeno due anni dalla data della comunicazione di cui all'articolo 12, comma 3; b) la garanzia di cui al comma 2 è trattenuta per almeno trenta anni dalla data della comunicazione di cui all'articolo 12, comma 3.
4. Le garanzie di cui ai commi 1 e 2 sono costituite ai sensi dell'articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348, e devono essere prestate in misura tale da garantire la realizzazione degli obiettivi indicati nei citati commi.
5. Nel caso di impianti di discarica la cui coltivazione ha raggiunto, alla data di entrata in vigore del presente decreto, l'80% della capacità autorizzata, il massimale da garantire secondo i parametri previsti è ridotto nella misura del 40%.
6. Le Regioni possono prevedere, per gli impianti realizzati e gestiti secondo le modalità previste dal presente decreto, che la garanzia finanziaria di cui al comma 2 non si applichi alle discariche per rifiuti inerti.
7. Gli oneri afferenti alle garanzie previste dal presente articolo, allorquando le regioni e gli enti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gestiscono direttamente la discarica, sono coperti dalla tariffa con le modalità di cui all'articolo 15”.
Anche l’art. 210, comma 3 lett. h), del D.L.vo 2006 n. 152 ribadisce che in caso di modifica di autorizzazioni alla gestione di impianti di smaltimento già rilasciate o di loro rinnovo, il provvedimento deve indicare “le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente o altre equivalenti”.
In definitiva, il D.L.vo 2003 n. 36 condiziona il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di una discarica alla prestazione, da parte del richiedente, anche di una garanzia per la gestione successiva alla chiusura dell’impianto, di durata almeno trentennale.
Nel caso di specie il provvedimento impugnato - determinazione della Provincia di Biella n. 2638 del 02.08.2007 - pur richiamando il D.L.vo 2003 n. 36, prescrive al punto 4 del dispositivo “di stabilire che l’efficacia dei punti 2 e 3 del dispositivo del presente atto è subordinata all’accettazione di idonee garanzie finanziarie, aggiornate in funzione della durata dell’autorizzazione e delle variazioni introdotte alla morfologia della discarica”. D’altro canto, il punto 3 del dispositivo specifica che le autorizzazioni rilasciate hanno una validità quinquennale, decorrente dall’emanazione del provvedimento medesimo.
In definitiva, l’amministrazione ha rilasciato le autorizzazioni richieste subordinandone l’efficacia alla prestazione di una garanzia di durata quinquennale, da aggiornare poi in funzione della durata delle autorizzazioni medesime.
Sul punto la Provincia di Biella eccepisce che il provvedimento impugnato prevede la prestazione di una garanzia solo quinquennale in applicazione degli indirizzi espressi dalla Regione Piemonte con la d.g.r. n. 86-10262 del 01.08.2003 e con la circolare 21.06.2004 n. 2/AQA del Presidente della Giunta Regionale.
La parte resistente afferma (memoria di data 17.12.2007) che tali determinazioni regionali prevedono proprio la possibilità di prestare delle garanzie di durata quinquennale, in luogo di quelle di durata trentennale, per la fase di gestione successiva alla chiusura.
L’eccezione è priva di pregio.
Difatti, la semplice lettura del provvedimento impugnato rende evidente che l’amministrazione non ha determinato la durata della garanzia per la fase di post chiusura riferendosi alle indicate determinazioni regionali – peraltro neppure prodotte in causa – atteso che esse non sono comprese tra gli atti presupposti, né ad esse viene fatto riferimento nella parte motivazionale o nel dispositivo del provvedimento.
Parimenti la determinazione conclusiva della conferenza di servizi - n. 2636 del 02.08.2007 – non reca alcun riferimento agli indicati atti della Regione.
Anzi, la determinazione n. 2636 specifica che durante la conferenza di servizi la società Comuni Riuniti Società Gestione Servizi s.p.a. ha espresso un parere negativo in ragione della “insufficiente tutela economica rappresentata dalle garanzie di durata quinquennale rinnovate alla scadenza del periodo, prestate per il periodo di post chiusura della discarica” e sul punto la determinazione medesima precisa che quella indicata è “una condizione attualmente irrealizzabile e cioè la presentazione da parte di A.S.R.A.B. s.p.a. di garanzie finanziarie di durata trentennale (come previsto dal d.Lgs. 36/03) che nessun fideiussore, a tutt’oggi, è disposto a prestare (ragion per cui tutte le Province hanno, derogando la norma succitata, accettato garanzie finanziarie quinquennali rinnovate alla scadenza del periodo)”
Analoghe indicazioni erano state fornite dal responsabile del procedimento nel corso della conferenza di servizi, come risulta dal verbale di data 11.07.2007.
Ne deriva l’infondatezza dell’argomentazione difensiva, in quanto la Provincia ha previsto una garanzia solo quinquennale non in osservanza di atti di indirizzo regionale, ma per una ragione puramente fattuale, ossia la ritenuta impossibilità per il richiedente di ottenere fideiussioni di durata trentennale.
In ogni caso, occorre considerare che la materia della gestione dei rifiuti, come già ricordato, appartiene alla legislazione esclusiva dello Stato, sicché in base all’art. 118 Cost. e al principio di sussidiarietà verticale la distribuzione delle funzioni amministrative in questa materia spetta allo Stato (cfr. in argomento Corte Cost. sentenza 01.10.2003, n. 303) e il D.L.vo 2003 n. 36 non attribuisce alle regioni il potere di ridurre, con proprie determinazioni, la durata delle garanzie.
Difatti, l’art. 14, comma 3, di tale decreto attribuisce all’autorità competente il potere di fissare “un termine maggiore qualora ritenga che sussistano rischi per l'ambiente” e non un termine inferiore, rispetto alla durata della garanzia prescritta dalla norma medesima.
Solo il successivo comma 6 dell’art. 14 consente alle Regioni di prevedere che la garanzia per il periodo di post chiusura non si applichi alle discariche per rifiuti inerti, ma il caso in esame non rientra in quest’ultima fattispecie.
D’altro canto, è evidente che non sussiste alcuna equivalenza tra una garanzia di durata trentennale ed una di durata quinquennale rinnovabile alla scadenza, atteso che il rinnovo è del tutto eventuale.
In definitiva, il provvedimento impugnato viola l’art. 14, comma 2, del D.L.vo 2003 n. 36, in quanto ha subordinato il rilascio delle autorizzazioni alla prestazione da parte del richiedente di una garanzia di durata quinquennale, mentre la norma citata impone la prestazione di una garanzia di durata almeno trentennale per le gestione successiva alla chiusura della discarica.
Va pertanto ribadita la fondatezza del motivo in esame.
14) Con il quinto dei motivi in esame la ricorrente lamenta la violazione del Programma Rifiuti della Provincia di Biella.
Il motivo è articolato in tre censure, da esaminare separatamente.
Con la prima si deduce la violazione dell’art. 5.4 del Programma Provinciale di gestione dei rifiuti nella parte in cui dispone che le “frazioni trattate di rifiuto saranno caratterizzate da: - una ridotta presenza di frazione organica putrescibile, - un ridotto carico organico di percolato, -una ridotta formazione di biogas sostanzialmente eliminabile, anche nel caso di smaltimento di frazione organica stabilizzata, qualora questa venga collocata in condizioni aerobiche (ad es.: strati sottili)”.
La ricorrente considera che la gestione dei rifiuti mediante bioreattore è incompatibile con tale previsione del Programma.
La censura è infondata.
Invero, la disposizione citata non vieta la realizzazione di un bioreattore, né determina le modalità di smaltimento dei rifiuti, ma si limita a delineare, in termini generali, le caratteristiche dei rifiuti da trattare.
Inoltre, la disposizione non fissa parametri puntuali da rispettare nella produzione di biogas.
Ne deriva l’infondatezza della censura, in quanto è del tutto apodittica l’affermazione secondo la quale il progetto autorizzato contrasta con il Programma dei rifiuti.
Con la seconda e la terza censura la ricorrente afferma che il progetto approvato viola le previsioni dell’art. 5.3 del Programma nella parte in cui esclude l’accettazione di “rifiuti assimilabili o frazione secca con un contenuto di rifiuti a rapida putrescibilità >10% o con una umidità > 30% e un indice di respirazione superiore a 500 mg O2*kgSV-1*h-1” e dell’art. 91 del Programma nella parte in cui esclude l’accettazione di “frazioni umide, anche sottoposte a stabilizzazione, se non caratterizzate da un indice di respirazione inferiore a 500 mg O2*kgSV-1*h-1”.
Le censure sono infondate.
Sul punto va osservato che l’affermazione della ricorrente è del tutto apodittica, in quanto si limita ad asserire che i rifiuti trattati nella discarica autorizzata rientrano nelle previsioni citate, senza fornire alcun elemento di riscontro.
Inoltre, le risultanze documentali, non confutate dalla ricorrente, non evidenziano alcuna modificazione nei rifiuti ammessi in discarica in dipendenza dell’approvazione del progetto di ampliamento.
Sul punto è sufficiente richiamare la relazione finale di contributo tecnico scientifico redatta da A.R.P.A. Piemonte e datata 10.07.2007, dove si precisa che “la tipologia di rifiuti smaltiti avrebbe le stesse caratteristiche (classificazione codici C.E.R.) di quelli già presenti, costituiti da bioessicato”.
Del resto, le disposizioni citate definiscono le caratteristiche dei rifiuti accettabili in discarica e non quelle del prodotto dello smaltimento dei rifiuti medesimi.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza delle censure in esame.
15) Va ora esaminato il primo ricorso per motivi aggiunti proposto da Legambiente – Associazione ambientalista nazionale avverso la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2638 del 2.8.2007 e la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2636 del 2.8.2007.
Con il primo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati per eccesso di potere in conseguenza della genericità ed apoditticità delle motivazioni con le quali in sede istruttoria l’amministrazione ha accolto le spiegazioni fornite da A.S.R.A.B. s.p.a. in relazione alle richieste di chiarimenti avanzate dall’Organo Tecnico e dal Comitato Tecnico Provinciale.
Il motivo è inammissibile in quanto del tutto generico.
In proposito, la giurisprudenza consolidata ha chiarito che "Nel processo amministrativo al ricorrente incombe di formulare le proprie doglianze in modo tale che le stesse possano essere chiaramente comprese dal giudice nonché la dimostrazione del profilo di fatto attinente alle doglianze medesime, fornendo, all'uopo, almeno un principio di prova”; pertanto, è inammissibile il ricorso ove la prospettazione delle censure sia vaga e generica e, al contempo, non siano forniti elementi di seria consistenza relativamente all'aspetto di fatto delle stesse. (C.d.S., sez. V, 06.06.1990, n. 479; C.d.S., sez. IV, 06.05.2004 n. 2797; T.A.R. Lazio – Roma, sez. III 29.10.2007 n. 10543).
Nel caso di specie, la ricorrente si limita ad affermare l’esistenza del vizio di eccesso di potere senza fornire alcun elemento sul piano fattuale o probatorio.
Va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del motivo in esame.
16) Con la seconda censura formulata nel primo ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 12 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, in quanto la norma consente all’amministrazione di chiedere in un’unica soluzione al proponente delle integrazioni alla documentazione presentata, mentre l’Organo Tecnico Provinciale ha chiesto per due volte dei chiarimenti.
L’amministrazione resistente eccepisce l’inammissibilità della censura per carenza di interesse, in quanto la norma dell’art. 12 è posta a difesa dell’interesse del proponente ad una celere definizione del procedimento e non a tutela dell’interesse all’integrità dell’ambiente, di cui è portatrice la ricorrente.
La tesi difensiva non è condivisibile.
Invero, per principio generale l’interesse a ricorrere può assumere anche carattere strumentale (cfr. C.d.S. sez. VI, 12.07.2002 n. 6657), sicché sussiste l’interesse della ricorrente a censurare la violazione di una norma procedimentale, dettata a garanzia della celerità del procedimento diretto all’emanazione di un provvedimento incidente sull’assetto ambientale.
Invero, l’illegittimo svolgimento del procedimento amministrativo si riverbera sulla legittimità del provvedimento finale, pertanto Legambiente Nazionale, legittimata per legge ad impugnare i provvedimenti in materia ambientale, vanta comunque un interesse, almeno strumentale, alla deduzione della violazione delle regole procedimentali, in vista della riedizione dell’attività amministrativa, suscettibile di concludersi in termini vantaggiosi per la ricorrente medesima.
Il motivo è comunque infondato.
L’art. 12, comma 6, della legge regionale Piemonte 1998 n. 40 prevede che nel procedimento di valutazione di impatto ambientale “l'autorità competente può richiedere al proponente, in un'unica soluzione, integrazioni alla documentazione presentata, con l'indicazione di un termine per la risposta. Il proponente può, di propria iniziativa, fornire integrazioni alla documentazione presentata”.
Nel caso di specie è documentalmente dimostrato (cfr. determinazione n. 2636 e verbali delle sedute dell’organo tecnico) che nel corso dell’iter istruttorio l’amministrazione ha chiesto chiarimenti prima con nota del 21.11.2006 n. 66845, integrata con nota n. 16 del 02.01.2007, cui sono seguite le delucidazioni fornite da A.S.R.A.B. s.p.a. il 09.05.2007, poi con nota del 19.06.2007, sulla base della relazione dell’organo tecnico di data 12.06.2007, cui sono seguite le delucidazioni fornite da A.S.R.A.B. s.p.a. in data 29.06.2007.
Nondimeno, la reiterazione della richiesta di chiarimenti non rende illegittimi gli atti impugnati, come del resto rilevato dall’amministrazione resistente.
L’art. 12, comma 6, della legge regionale 1998 n. 40, da un lato, impone che le integrazioni documentali siano richieste in un’unica soluzione, mentre non estende espressamente la regola alle mere richieste di chiarimenti, dall’altro, non correla alcun effetto preclusivo all’eventuale reiterazione delle richieste medesime.
Pertanto, è del tutto coerente ritenere che la norma sia diretta ad assicurare la conclusione entro termini adeguati del procedimento, evitando inutili reiterazioni di richieste da parte dell’amministrazione, in attuazione del principio generale del divieto di aggravamento del procedimento, ex art. 1 della legge 1990 n. 241.
Ne deriva che solo la violazione di quest’ultimo principio, di cui è espressione la norma dell’art. 12, comma 6, della legge regionale 1998 n. 40, può determinare l’illegittimità del provvedimento finale.
In ogni caso, tale violazione va accertata non tanto in base alla formale presenza di due richieste di chiarimenti da parte dell’amministrazione, quanto accertando se ciò si sia tradotto in una protrazione ingiustificata della procedura, tenendo conto della complessità del procedimento stesso.
Tale situazione non si è verificata nel caso concreto, visto che gli ultimi chiarimenti, attinenti a specifici profili tecnici dell’impianto da autorizzare, sono stati richiesti il 19.06.2007, in concomitanza con la quarta seduta della conferenza di servizi e le delucidazioni sono state trasmesse solo 10 giorni dopo, ossia il 29.06.2007, secondo una tempistica del tutto coerente con la complessità del procedimento.
In definitiva, la duplice richiesta di chiarimenti non ha determinato un illegittimo appesantimento dell’istruttoria, con conseguente infondatezza del motivo in esame.
17) Va ora esaminato il secondo ricorso per motivi aggiunti proposto Legambiente – Associazione ambientalista nazionale avverso la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2638 del 2.8.2007 e la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Biella n. 2636 del 2.8.2007.
Con il primo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati a causa della genericità ed apoditticità delle motivazioni con le quali l’amministrazione ha accolto i chiarimenti di ordine tecnico forniti da A.S.R.A.B. s.p.a..
Il motivo è articolato in più censure.
La prima di esse si sostanzia, a ben vedere, nella riproposizione del motivo già esaminato al punto n. 5.2 della motivazione, atteso che la ricorrente deduce nuovamente il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento in relazione alla non corrispondenza tra il progetto autorizzato e i bisogni della collettività locale, allegando a fondamento dell’illegittimità anche la insufficienza delle motivazioni con le quali l’amministrazione ha accolto i chiarimenti forniti sul punto da A.S.R.A.B. s.p.a..
Trattandosi di una censura già trattata, non resta che rinviare al punto n. 5.2 della motivazione.
Viceversa, con le altre censure la ricorrente contesta l’adeguatezza sul piano tecnico dei singoli chiarimenti forniti da A.S.R.A.B. s.p.a. in relazione ai quesiti di ordine tecnico posti dall’amministrazione, nonché le valutazioni espresse dall’amministrazione in ordine a siffatte spiegazioni.
Si tratta, pertanto, di deduzioni dirette a sindacare le valutazioni tecniche formulate dall’amministrazione sulle delucidazioni fornite da A.S.R.A.B. s.p.a. in relazione a profili tecnici del progetto presentato.
Rispetto alle valutazioni espressive di discrezionalità tecnica, la giurisprudenza ritiene possibile, di regola, un sindacato intrinseco di tipo debole, nel senso che l’organo giurisdizionale non può sostituire il proprio giudizio a quello dell'amministrazione, ma può verificare l’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e procedimento applicativo, fermo restando che esula dal compito del giudice il riesame delle autonome valutazioni dell'interesse pubblico compiute dall'amministrazione (cfr. ad es. T.A.R. Liguria - Genova, sez. II, 29 febbraio 2008, n. 357; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. II, 17 gennaio 2007, n. 12 ).
D’altro canto, l’ammissibilità di un sindacato anche intrinseco, ma debole, sulle valutazioni amministrative espressive di discrezionalità tecnica non implica che ogni qual volta venga in considerazione un giudizio di tale natura sia possibile questo tipo di controllo giurisdizionale
Invero, il sindacato sulle scelte tecniche dell’amministrazione presuppone - come del resto eccepito dalla parte resistente - che il giudizio espresso dall’amministrazione appaia, prima facie, viziato sul piano logico a causa della sussistenza di indici sintomatici dello sviamento o dell'illogicità della valutazione medesima (cfr. C.d.S., sez. VI, 21.05.2002, n. 4485; C.d.S., sez. VI, 8.05. 2001, n. 2590; C.d.S., sez. VI, 14.06.2006 3506; C.d.S., sez. V, 05.07 2007, n. 3819).
In altre parole, il giudizio espressivo di discrezionalità tecnica non è sindacabile in assenza di profili di illogicità apprezzabili (C.d.S., sez. V, 29.07. 2003, n. 4330).
Nel caso di specie non sussistono le condizioni ora indicate.
Invero, la ricorrente deduce l’evasività, l’inadeguatezza, l’incongruenza e l’insufficienza dei singoli chiarimenti forniti da A.S.R.A.B. s.p.a. e delle relative valutazioni dell’amministrazione, ma, dai verbali delle sedute dell’organo tecnico, datati 17.10.2006, 27.10.2006, 12.06.2007 e dai contenuti dei chiarimenti resi da A.S.R.A.B. s.p.a. in data 09.05.2007 e in data 29.06.2007, emerge che le delucidazioni espresse dal proponente sono aderenti alle richieste dell’amministrazione, la quale, a sua volta, seppure in modo sintetico, le ha esaminate, esprimendo la propria valutazione.
Non vi è alcuna contraddittorietà, né incoerenza tra le domanda rivolte dall’amministrazione e le risposte fornite da A.S.R.A.B. s.p.a..
In definitiva, le valutazioni tecniche oggetto delle censure non presentano profili di illogicità idonei a giustificare un sindacato di tipo intrinseco, con conseguente infondatezza delle censure in esame.
18) Con il secondo dei motivi aggiunti la ricorrente ripropone la censura già trattata al punto n. 16 della motivazione, atteso che deduce nuovamente la violazione dell’art. 12 della legge regionale Piemonte 1998 n. 40, in quanto l’amministrazione ha richiesto per due volte dei chiarimenti al proponente.
Trattandosi della mera riproposizione di un motivo già valutato non resta che rinviare al punto n. 16 della motivazione.
19) In definitiva il ricorso è fondato e merita accoglimento nei limiti delle ragioni illustrate.
La particolarità e la complessità delle questioni trattate consente di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, seconda sezione:
- dichiara la parziale inammissibilità del ricorso nella parte relativa all’azione proposta da Legambiente Piemonte onlus e dai sig.ri Vallino Rossana, Padoan Brunella, Godio Gian Pier Battista, Marangon Lorenzo, Gallico Emanuele, Cei Simonetta, Fariello Savina, Alba Riva;
- dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum del Comune di Cavaglià;
- accoglie il ricorso proposto da Legambiente – Associazione Ambientalista Nazionale onlus nei limiti di quanto indicato in motivazione e per l’effetto annulla la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale ed Agricoltura della Provincia di Biella n. 2638 del 02.08.2007 e la determinazione del Dirigente del Settore Tutela Ambientale ed Agricoltura della Provincia di Biella n. 2636 del 02.08.2007;
- compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 09/04/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Richard Goso, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO