Corte di giustizia (Terza Sezione) 14 novembre 2024 

« Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Articolo 6, paragrafo 2 – Opportune misure per evitare, nelle zone speciali di conservazione, il degrado degli habitat naturali – Tipi di habitat 6510 (praterie magre da fieno a bassa altitudine) e 6520 (praterie montane da fieno) protetti dalla rete Natura 2000 – Perdite di superficie – Mancanza di sorveglianza specifica degli habitat naturali – Omissione generale e sistematica – Articolo 4, paragrafo 1 – Proposta da parte di ogni Stato membro di un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali e quali specie locali si riscontrano in detti siti – Aggiornamento periodico delle informazioni relative a tali siti »

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

14 novembre 2024 (*)

« Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Articolo 6, paragrafo 2 – Opportune misure per evitare, nelle zone speciali di conservazione, il degrado degli habitat naturali – Tipi di habitat 6510 (praterie magre da fieno a bassa altitudine) e 6520 (praterie montane da fieno) protetti dalla rete Natura 2000 – Perdite di superficie – Mancanza di sorveglianza specifica degli habitat naturali – Omissione generale e sistematica – Articolo 4, paragrafo 1 – Proposta da parte di ogni Stato membro di un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali e quali specie locali si riscontrano in detti siti – Aggiornamento periodico delle informazioni relative a tali siti »

Nella causa C‑47/23,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 31 gennaio 2023,

Commissione europea, rappresentata da C. Hermes e M. Noll-Ehlers, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata da J. Möller e A. Hoesch, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Jääskinen, M. Gavalec (relatore) e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: N. Mundhenke, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 marzo 2024,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 settembre 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che:

–        avendo omesso in maniera generale e sistematica di adottare opportune misure per evitare il degrado dei tipi di habitat 6510 (praterie magre da fieno a bassa altitudine) e 6520 (praterie montane da fieno) protetti dalla rete Natura 2000, di cui all’allegato I della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013 (GU 2013, L 158, pag. 193) (in prosieguo: la «direttiva “habitat”»), nei siti designati per questi ultimi, e

–        avendo omesso in maniera generale e sistematica di trasmettere alla Commissione dati aggiornati relativi ai tipi di habitat 6510 e 6520 nei siti designati per questi ultimi,

la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza, rispettivamente, dell’articolo 6, paragrafo 2, e dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat».

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva «habitat»

2        L’articolo 1 della direttiva «habitat» dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per

(...)

b)      Habitat naturali: zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali.

c)      Habitat naturali di interesse comunitario: gli habitat che nel territorio di cui all’articolo 2:

i)      rischiano di scomparire nella loro area di ripartizione naturale;

ovvero

ii)      hanno un’area di ripartizione naturale ridotta a seguito della loro regressione o per il fatto che la loro area è intrinsecamente ristretta;

ovvero

iii)      costituiscono esempi notevoli di caratteristiche tipiche di una o più delle nove regioni biogeografiche seguenti: alpina, atlantica, del Mar Nero, boreale, continentale, macaronesica, mediterranea, pannonica e steppica.

Questi tipi di habitat figurano o potrebbero figurare nell’allegato I.

(...)

e)      Stato di conservazione di un habitat naturale: l’effetto della somma dei fattori che influiscono sull’habitat naturale in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle sue specie tipiche nel territorio di cui all’articolo 2.

Lo “stato di conservazione” di un habitat naturale è considerato “soddisfacente” quando

–        la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione,

–        la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare ad esistere in un futuro prevedibile e

–        lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente ai sensi della lettera i).

(...)

l)      Zona speciale di conservazione: un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato.

3        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva:

«Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario».

4        L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva così prevede:

«1.      È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

La rete “Natura 2000” comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE [del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 1979, L 103, pag. 1)].

2.      Ogni Stato membro contribuisce alla costituzione di Natura 2000 in funzione della rappresentazione sul proprio territorio dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie di cui al paragrafo 1. A tal fine, conformemente all’articolo 4, esso designa siti quali zone speciali di conservazione, tenendo conto degli obiettivi di cui al paragrafo 1».

5        L’articolo 4 della medesima direttiva dispone quanto segue:

«1.      In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 1) e alle informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti. Per le specie animali che occupano ampi territori, tali siti corrispondono ai luoghi, all’interno dell’area di ripartizione naturale di tali specie, che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro vita o riproduzione. Per le specie acquatiche che occupano ampi territori, tali siti vengono proposti solo se è possibile individuare chiaramente una zona che presenta gli elementi fisici e biologici essenziali alla loro vita o riproduzione. Gli Stati membri suggeriscono, se del caso, un adattamento di tale elenco alla luce dell’esito della sorveglianza di cui all’articolo 11.

L’elenco viene trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla notifica della presente direttiva, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito. Tali informazioni comprendono una mappa del sito, la sua denominazione, la sua ubicazione, la sua estensione, nonché i dati risultanti dall’applicazione dei criteri specificati nell’allegato III (fase 1) e sono fornite sulla base di un formulario elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.

2.      In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 2) e nell’ambito di ognuna delle nove regioni biogeografiche di cui all’articolo 1, lettera c), punto iii) e dell’insieme del territorio di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria, sulla base degli elenchi degli Stati membri, in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie.

Gli Stati membri i cui siti con tipi di habitat naturali e specie prioritari rappresentano oltre il 5% del territorio nazionale, possono, d’accordo con la Commissione, chiedere che i criteri elencati nell’allegato III (fase 2) siano applicati in maniera più flessibile per la selezione dell’insieme dei siti di importanza comunitaria nel loro territorio.

L’elenco dei siti selezionati come siti di importanza comunitaria in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.

3.      L’elenco menzionato al paragrafo 2 è elaborato entro un termine di sei anni dopo la notifica della presente direttiva.

4.      Quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto a norma della procedura di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato designa tale sito come zona speciale di conservazione il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali di cui all’allegato I o di una o più specie di cui all’allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti.

5.      Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4».

6        Ai sensi dell’articolo 6 della direttiva «habitat»:

«1.      Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.

2.      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4.      Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. (...)

(...)».

7        L’articolo 9 di tale direttiva così prevede:

«La Commissione, operando secondo la procedura di cui all’articolo 21, effettua una valutazione periodica del contributo di Natura 2000 alla realizzazione degli obiettivi di cui agli articoli 2 e 3. In tale contesto, può essere preso in considerazione il declassamento di una zona speciale di conservazione laddove l’evoluzione naturale riscontrata grazie alla sorveglianza prevista dall’articolo 11 lo giustifichi».

8        L’articolo 11 della suddetta direttiva è così formulato:

«Gli Stati membri garantiscono la sorveglianza dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di cui all’articolo 2, tenendo particolarmente conto dei tipi di habitat naturali e delle specie prioritari».

9        L’articolo 17 della medesima direttiva dispone quanto segue:

«1.      Ogni sei anni a decorrere dalla scadenza del termine previsto all’articolo 23, gli Stati membri elaborano una relazione sull’attuazione delle disposizioni adottate nell’ambito della presente direttiva. Tale relazione comprende segnatamente informazioni relative alle misure di conservazione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, nonché la valutazione delle incidenze di tali misure sullo stato di conservazione dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II e i principali risultati della sorveglianza di cui all’articolo 11. Tale relazione, conforme al modello di relazione elaborato dal comitato, viene trasmessa alla Commissione e resa nota al pubblico.

2.      La Commissione elabora una relazione globale basata sulle relazioni di cui al paragrafo 1. Tale relazione comprende un’adeguata valutazione dei progressi ottenuti e segnatamente del contributo di Natura 2000 alla realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo 3. La parte del progetto di relazione riguardante le informazioni fornite da uno Stato membro viene inviata, per verifica, alle autorità dello Stato membro in questione. Il testo finale della relazione, dopo essere stato sottoposto al comitato, viene pubblicato a cura della Commissione, al massimo entro due anni dal momento in cui le relazioni di cui al paragrafo 1 sono pervenute e viene trasmesso agli Stati membri, al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale.

3.      Gli Stati membri possono indicare le zone designate ai sensi della presente direttiva mediante i tabelloni comunitari predisposti a tale scopo dal comitato».

10      Tra i tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione, menzionati all’allegato I della direttiva «habitat», figurano, in particolare, le «praterie magre da fieno a bassa altitudine» (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis) e le «praterie montane da fieno», i cui codici Natura 2000 sono, rispettivamente, 6510 e 6520.

 Decisione di esecuzione 2011/484/UE

11      Il considerando 4 della decisione di esecuzione 2011/484/UE della Commissione, dell’11 luglio 2011, concernente un formulario informativo sui siti da inserire nella rete Natura 2000 (GU 2011, L 198, pag. 39), enuncia quanto segue:

«Il contenuto del formulario standard Natura 2000 deve essere aggiornato regolarmente sulla base delle migliori informazioni disponibili per ciascun sito appartenente alla rete, in modo da consentire alla Commissione di adempiere ai compiti derivanti dal suo ruolo di coordinamento e, ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 92/43/CEE, di effettuare una valutazione periodica del contributo di Natura 2000 alla realizzazione degli obiettivi di cui agli articoli 2 e 3 di tale direttiva».

 Diritto tedesco

12      Ai sensi dell’articolo 3 del Gesetz über Naturschutz und Landschaftspflege (Bundesnaturschutzgesetz) (legge sulla tutela della natura e sulla conservazione del paesaggio), del 29 luglio 2009 (BGBl. 2009 I, pag. 2542) nella versione applicabile alla controversia (in prosieguo: il «BNatSchG»), intitolato «Competenze, compiti e poteri, accordi contrattuali, cooperazione amministrativa»:

«(1)      Le autorità competenti per la tutela della natura e la conservazione del paesaggio ai sensi della presente legge sono:

1.      le autorità competenti per la tutela della natura e la conservazione del paesaggio conformemente alla normativa del Land oppure

2.      il Bundesamt für Naturschutz [(Ufficio federale per la protezione della natura) (BfN)], nei limiti in cui tali competenze gli sono state attribuite dalla presente legge.

(2)      Le autorità competenti per la tutela della natura e la conservazione del paesaggio controllano il rispetto delle disposizioni della presente legge e delle disposizioni adottate sul fondamento di quest’ultima, e adottano le misure necessarie nel caso individuale, dopo aver debitamente valutato quest’ultimo, al fine di garantire il rispetto di tale normativa, salvo disposizione contraria.

(3)      Per quanto riguarda le misure di tutela della natura e di conservazione del paesaggio, occorre, in via prioritaria, verificare se l’obiettivo possa, ad un costo ragionevole, essere conseguito anche mediante accordi contrattuali.

(4)      Nell’ambito dell’attuazione di misure di conservazione del paesaggio e di pianificazione paesaggistica, le autorità competenti dovrebbero avvalersi, per quanto possibile, di aziende agricole e silvicole, di organismi nei quali comuni o comunità di comuni, imprenditori agricoli e associazioni aventi principalmente lo scopo di tutelare la natura e di conservare il paesaggio sono rappresentati allo stesso modo (associazioni di conservazione del paesaggio), di associazioni di tutela della natura o di responsabili di parchi nazionali. Le competenze sovrane non possono essere trasferite.

(...)».

13      L’articolo 30 di tale legge, intitolato «Biotopi protetti dalla legge», prevede quanto segue:

(1)      Alcune parti della natura e del paesaggio che rivestono un’importanza particolare in quanto biotopi sono protette dalla legge (principio generale).

(2)      Sono vietate le azioni che potrebbero causare la distruzione o il degrado significativo dei seguenti biotipi:

(...)

7.      praterie magre da fieno a bassa altitudine e praterie montane da fieno, ai sensi dell’allegato I della [direttiva “habitat”], frutteti, muretti e muretti a secco in pietra.

I divieti di cui alla prima frase valgono anche per altri biotopi protetti dalla normativa dei Länder. (...)

(3)      Su richiesta, possono essere concesse deroghe ai divieti di cui al paragrafo 2, qualora il degrado possa essere compensato.

(...)».

14      L’articolo 33 di detta legge, intitolato «Norme generali di protezione», al paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Sono vietate tutte le modifiche e perturbazioni che possono determinare un degrado significativo di un sito Natura 2000 nei suoi elementi essenziali per gli obiettivi di conservazione o di tutela. L’autorità competente in materia di tutela della natura e di conservazione del paesaggio può, alle condizioni previste all’articolo 34, paragrafi da 3 a 5, concedere deroghe al divieto di cui alla prima frase, nonché ai divieti previsti all’articolo 32, paragrafo 3».

15      L’articolo 34 della medesima legge, intitolato «Valutazione dell’incidenza e irricevibilità dei progetti; eccezioni», al paragrafo 1, così prevede:

«Prima di autorizzare o attuare un progetto, si deve procedere a una valutazione della sua incidenza sugli obiettivi di conservazione di un sito Natura 2000, qualora esso sia tale, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, da danneggiare in modo significativo il sito e non sia direttamente funzionale alla gestione del sito. Nella misura in cui un sito Natura 2000 è una parte protetta della natura e del paesaggio ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, i criteri di valutazione dell’incidenza derivano dall’obiettivo di tutela e dalle disposizioni adottate a tal fine, qualora siano già stati presi in considerazione i corrispondenti obiettivi di conservazione. La persona incaricata del progetto deve fornire i documenti necessari per la valutazione dell’incidenza e per l’esame delle condizioni di cui ai paragrafi da 3 a 5».

 Procedimento precontenzioso

16      Il 7 maggio 2018, avendo constatato, sulla base delle relazioni elaborate dalla Repubblica federale di Germania, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva «habitat», il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 nei siti che li ospitano in tale Stato membro, la Commissione ha chiesto informazioni alle autorità tedesche a tal riguardo.

17      Dopo aver esaminato la risposta fornita da detto Stato membro in una lettera del 12 ottobre 2018, la Commissione ha inviato ad esso, il 26 luglio 2019, una lettera di diffida che conteneva due censure.

18      In primo luogo, la Commissione addebitava alla Repubblica federale di Germania di violare l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», avendo sistematicamente omesso di adottare opportune misure per evitare il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 nei siti designati per questi ultimi. Tale censura era fondata sulle perdite di superficie di tali tipi di habitat nei siti che li ospitavano, sulla mancanza di un’adeguata sorveglianza di tali siti nonché sull’assenza di misure giuridicamente vincolanti contro la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce dei suddetti siti.

19      In secondo luogo, la Commissione addebitava alla Repubblica federale di Germania di violare l’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, di detta direttiva, avendo sistematicamente omesso di aggiornare i formulari standard (in prosieguo: i «FS») per detti tipi di habitat, previsti nella decisione di esecuzione 2011/484.

20      In una lettera del 26 novembre 2019, tale Stato membro ha contestato queste due censure.

21      Il 30 ottobre 2020 la Commissione ha inviato un parere motivato alla Repubblica federale di Germania, nel quale ha ribadito tali censure.

22      Con lettera del 30 dicembre 2020, tale Stato membro ha risposto al parere motivato, sostenendo l’infondatezza degli inadempimenti addebitati.

23      La Commissione, ritenendo, dopo aver analizzato tale risposta, che la Repubblica federale di Germania non avesse adottato le misure necessarie per conformarsi agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, e dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», ha proposto, il 31 gennaio 2023, il ricorso in esame.

 Sul ricorso

24      A sostegno del suo ricorso, la Commissione deduce due censure, la prima vertente su una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» e la seconda vertente su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva.

25      La Repubblica federale di Germania chiede il rigetto del ricorso per inadempimento.

 Sulla ricevibilità

26      La Repubblica federale di Germania deduce l’irricevibilità parziale del ricorso a causa, da un lato, della mancanza di corrispondenza tra il parere motivato e il ricorso e, dall’altro, del carattere impreciso di quest’ultimo quanto all’addebito di una sorveglianza insufficiente.

 Sull’eccezione di irricevibilità vertente sulla mancanza di corrispondenza tra il parere motivato e il ricorso

–       Argomenti delle parti

27      La Repubblica federale di Germania ricorda che, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’oggetto di un ricorso per inadempimento, in applicazione dell’articolo 258 TFUE, è determinato dal parere motivato della Commissione, cosicché il ricorso deve essere basato sui medesimi motivi e mezzi di tale parere. Inoltre, conformemente all’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

28      Orbene, nel caso di specie, sebbene la Commissione le addebiti, nel suo ricorso, una perdita di superficie dei tipi di habitat naturali 6510 e 6520, rispettivamente, in 596 e 88 siti Natura 2000, risulta che, da un lato, 99 e, dall’altro, 2 di tali siti non erano menzionati nel parere motivato. Pertanto, la prima censura sarebbe irricevibile nella parte in cui riguarda tali 101 siti menzionati per la prima volta nel ricorso.

29      La Commissione chiede il rigetto dell’eccezione di irricevibilità.

30      Essa sottolinea che negli stessi termini di quelli che figurano nel parere motivato essa addebita alla Repubblica federale di Germania, nel ricorso, di aver «omesso in maniera generale e sistematica di adottare opportune misure per evitare il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 nei siti designati per questi ultimi».

31      Inoltre, essa precisa di essere legittimata, secondo costante giurisprudenza della Corte, quando denuncia un inadempimento sistematico e persistente, a produrre elementi complementari, nella fase procedurale dinanzi alla Corte, che siano intesi a dar prova della generalità e della persistenza dell’asserito inadempimento. Pertanto, il fatto di menzionare, nel ricorso, 101 siti che non erano contemplati nel parere motivato non amplierebbe l’oggetto della controversia e costituirebbe soltanto una prova supplementare della prassi generale della Repubblica federale di Germania, che costituisce una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», prassi che esisteva già alla data del parere motivato.

32      Infine, la Commissione osserva che, in ogni caso, essa non poteva menzionare, nel suo parere motivato, gli 86 siti situati nel Freistaat Bayern (Stato libero della Baviera, Germania), poiché i piani di gestione che avevano fatto emergere le perdite di superficie non erano ancora disponibili a tale epoca.

33      Nella sua controreplica, la Repubblica federale di Germania mantiene la propria eccezione di irricevibilità.

34      Essa indica che, se è vero che la Commissione può dedurre una censura relativa ad un inadempimento generale e persistente, essa è tuttavia tenuta a dimostrare l’asserito inadempimento in casi individuali che siano rappresentativi della prassi dello Stato membro interessato. Pertanto, e poiché spetterebbe poi a tale Stato membro contestare i dati presentati dalla Commissione, quest’ultima potrebbe, indubbiamente, dopo il procedimento precontenzioso, integrare i suoi esempi dell’inadempimento addebitato con altri esempi, ma non sarebbe legittimata a fondarsi, in definitiva, senza motivi apparenti, su un insieme di esempi diversamente composto. Orbene, ciò è quanto accadrebbe nel caso di specie poiché la Commissione non si sarebbe limitata a designare nel suo ricorso siti supplementari, ma avrebbe sostituito alcuni dei siti designati nel parere motivato con altri siti, come dimostrerebbe il fatto che il numero totale di siti nel ricorso è rimasto sostanzialmente lo stesso nel parere motivato.

35      Infine, la Repubblica federale di Germania respinge l’argomento della Commissione secondo il quale gli 86 siti bavaresi non erano ancora disponibili alla data del parere motivato. Infatti, a tale data, 83 di essi erano già consultabili su Internet da diversi mesi e il caricamento degli ultimi 3 sarebbe avvenuto il 21 ottobre 2020, ossia prima di tale data.

–       Giudizio della Corte

36      Da costante giurisprudenza risulta che, nel caso in cui il ricorso miri a denunciare un inadempimento di carattere generale alle disposizioni di una direttiva, basato, segnatamente, sull’atteggiamento sistematico e costante di tolleranza adottato dalle autorità nazionali rispetto a situazioni non conformi a tali disposizioni, non può escludersi, in linea di principio, la produzione da parte della Commissione di elementi complementari, nella fase procedurale dinanzi alla Corte, che siano intesi a dar prova della generalità e della persistenza dell’asserito inadempimento [v., in tal senso, sentenze del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 37, e del 4 marzo 2021, Commissione/Regno Unito (Valori limite – NO2), C‑664/18, EU:C:2021:171, punto 80].

37      In tale contesto, occorre anche ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la Commissione può precisare i sui addebiti iniziali nel suo ricorso, a condizione, tuttavia, che non modifichi l’oggetto della controversia. Orbene, producendo nuovi elementi destinati ad illustrare gli addebiti formulati nel suo parere motivato, basati su un inadempimento di carattere generale alle disposizioni della direttiva in questione, la Commissione non modifica l’oggetto della controversia [v., in tal senso, sentenze del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 38, e del 4 marzo 2021, Commissione/Regno Unito (Valori limite – NO2), C‑664/18, EU:C:2021:171, punto 81].

38      Nel caso di specie, è pacifico tra le parti che, sebbene, nel suo ricorso, la Commissione addebiti alla Repubblica federale di Germania una perdita di superficie dei tipi di habitat naturali 6510 e 6520 in un totale, rispettivamente, di 596 e 88 siti, 99 e 2 di tali siti non erano menzionati nel parere motivato.

39      Tuttavia, la Repubblica federale di Germania non contesta il fatto che le constatazioni di degrado effettuate dalla Commissione in relazione a tali 101 siti siano della stessa natura di quelle fatte valere nel parere motivato a sostegno dell’inadempimento generale e sistematico addebitato a tale Stato membro. Pertanto, la circostanza che detti siti non siano stati menzionati nel parere motivato, sebbene gli elementi relativi a taluni di essi potessero essere consultati su Internet prima dell’emissione del parere motivato, non osta a che la Commissione possa avvalersene a sostegno del suo ricorso a fini illustrativi dell’inadempimento di carattere generale che tale istituzione addebita a detto Stato membro di aver commesso. Infatti, così facendo, la Commissione non ha modificato, conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti 36 e 37 della presente sentenza, l’oggetto della controversia, ma si è limitata a precisare i suoi addebiti iniziali producendo elementi complementari volti ad illustrare l’inadempimento generale e sistematico che essa deduceva nel parere motivato.

40      Ne consegue che l’eccezione di irricevibilità vertente sulla mancanza di corrispondenza tra il parere motivato e il ricorso deve essere respinta.

 Sull’eccezione di irricevibilità vertente sul carattere impreciso del ricorso quanto all’addebito di una sorveglianza insufficiente

–       Argomenti delle parti

41      La Repubblica federale di Germania ricorda che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il procedimento precontenzioso ha lo scopo di offrire allo Stato membro interessato l’opportunità, da un lato, di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione e, dall’altro, di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione. Inoltre, il parere motivato deve contenere un’esposizione dettagliata e coerente delle ragioni che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato membro interessato è venuto meno a uno degli obblighi ad esso incombenti.

42      Orbene, nel caso di specie, sebbene la Commissione le addebiti di non garantire una sorveglianza «opportuna», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», dei tipi di habitat 6510 e 6520, non risulterebbe né dal ricorso né dal parere motivato quali siano le prescrizioni concrete che la Commissione fa derivare, a livello dei siti che ospitano tali habitat, da un siffatto obbligo di sorveglianza. Pertanto, secondo tale Stato membro, non risulta chiaramente ciò che esso sarebbe tenuto a fare per porre rimedio all’asserito inadempimento e, in particolare, se ad avviso della Commissione esso avrebbe dovuto attuare misure di sorveglianza specifiche per ciascuna zona di protezione interessata o se, ad avviso della stessa, siffatte misure esistevano, ma erano attuate ad intervalli troppo ampi o in modo troppo superficiale. Del pari, e per lo stesso motivo, l’imprecisione del ricorso renderebbe impossibile l’esercizio della difesa nell’ambito del procedimento per inadempimento di cui trattasi.

43      Pertanto, la prima censura sarebbe irricevibile in quanto manca di precisione a tal riguardo.

44      La Commissione chiede, nella sua replica, il rigetto dell’eccezione di irricevibilità.

45      Essa sostiene che la Repubblica federale di Germania erroneamente deduce il carattere impreciso della prima censura. Essa afferma di aver chiaramente dimostrato, tanto nel procedimento precontenzioso quanto nel ricorso, quali siano le prescrizioni giuridiche in materia di sorveglianza derivanti dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat».

46      Tale istituzione ricorda di aver esposto che le «opportune misure» ai sensi di tale disposizione devono comprendere una sorveglianza periodica dei siti Natura 2000 soggetti a pressioni e a gravi minacce e il cui stato di conservazione evolve negativamente, come avviene per i tipi di habitat 6510 e 6520 in Germania, con la precisazione che la frequenza e le specificità di tale sorveglianza devono essere adattate, da parte degli Stati membri, in funzione dello stato di conservazione e delle tendenze osservate nei tipi di habitat del loro territorio.

47      La Commissione aggiunge che, come dalla stessa indicato in maniera univoca nel ricorso, una specifica sorveglianza periodica a livello dei siti ad una frequenza inferiore, in ogni caso, a dodici anni è giuridicamente imposta. Essa sottolinea tuttavia che, nel caso di specie, tenuto conto dei dati di fatto comunicati dalla Repubblica federale di Germania relativi alla sorveglianza sul territorio di tale Stato membro, la cui frequenza può ivi raggiungere dodici anni, tale sorveglianza non era «opportuna», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», visto lo stato non soddisfacente dei tipi di habitat e del loro costante deterioramento.

48      Nella controreplica, la Repubblica federale di Germania mantiene l’eccezione di irricevibilità invocata. Benché ritenga che la replica della Commissione abbia consentito di precisare che la prima censura sollevata da quest’ultima verte essenzialmente sul carattere insufficiente della frequenza della sorveglianza dei siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520, essa ribadisce tuttavia che la natura della censura non risulta chiaramente né dal parere motivato né dal ricorso.

–       Giudizio della Corte

49      Anzitutto, occorre rilevare che l’eccezione di irricevibilità in esame sollevata dalla Repubblica federale di Germania non riguarda l’argomento della Commissione secondo cui le perdite di superficie significative dei tipi di habitat 6510 e 6520 in un numero considerevole di siti geografici nel territorio di tale Stato membro mettano in evidenza il fatto che le autorità competenti di detto Stato membro trascurano in maniera sistematica di monitorare regolarmente lo stato di conservazione di tali tipi di habitat.

50      Infatti, è la stessa Repubblica federale di Germania ad esporre che l’argomento della Commissione verte sulla questione se la sorveglianza dei tipi di habitat 6510 e 6520 effettuata in tale Stato membro soddisfi le prescrizioni derivanti dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» e se detto Stato membro abbia adottato «opportune misure», ai sensi di tale disposizione, per evitare il degrado.

51      In tali circostanze, si deve constatare che la questione della portata e della frequenza derivanti da detta disposizione, sulla quale si fonda la Repubblica federale di Germania per eccepire l’irricevibilità dell’argomento della Commissione, rientra nel merito della causa e nella valutazione della questione se il comportamento di tale Stato membro costituisca una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat».

52      Di conseguenza, anche la seconda eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica federale di Germania deve essere respinta.

53      Ne consegue che il ricorso per inadempimento in esame è ricevibile nella sua interezza.

 Nel merito

 Sulla prima censura, vertente su una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat»

–       Argomenti delle parti

54      Con la prima censura, la Commissione addebita alla Repubblica federale di Germania di essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», avendo omesso di adottare, in maniera generale e sistematica, le opportune misure per evitare il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 nelle zone speciali di conservazione nel suo territorio.

55      La Commissione sostiene che l’inadempimento di tale Stato membro consistente nel non adottare tali opportune misure è dimostrato dalle perdite di superficie significative di tali tipi di habitat in dette zone, dall’assenza di sorveglianza specifica dei siti che ospitano detti tipi di habitat nonché dall’assenza di misure di protezione giuridicamente vincolanti contro la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce di dette zone.

56      In primo luogo, per quanto riguarda le perdite di superficie significative dei tipi di habitat 6510 e 6520 nelle zone speciali di conservazione, la Commissione indica che il BfN ha constatato, nel suo Grünland-Report del 2014 (relazione del 2014 sulle praterie), perdite considerevoli di superficie e di qualità nonché un deterioramento di questi due tipi di habitat dal 2007. Parimenti, le relazioni trasmesse dalla Repubblica federale di Germania ai sensi dell’articolo 17 della direttiva «habitat» per i periodi dal 2001 al 2006, dal 2007 al 2012 e dal 2013 al 2018 confermerebbero un siffatto deterioramento.

57      La Commissione spiega di aver proceduto ad un’analisi comparativa dei dati trasmessi dalle autorità tedesche nei FS relativi all’anno 2006 e dei dati successivi, vale a dire quelli risultanti dai FS più recenti disponibili e dai piani di gestione per le diverse zone speciali di conservazione. Orbene, da tale analisi risulterebbe che, in 596 siti sui 2 027 che ospitano il tipo di habitat 6510 e in 88 siti sui 295 che ospitano il tipo di habitat 6520, si è verificata una perdita significativa di superficie di tali tipi di habitat. Più precisamente, nei siti in questione, sarebbero andati persi il 49,52% della superficie del tipo di habitat 6510 e il 51,07% della superficie del tipo di habitat 6520.

58      La Commissione aggiunge che tale numero considerevole di siti è ripartito su tutto il territorio della Repubblica federale di Germania, il che rifletterebbe un’evoluzione generale e sistematica. Contrariamente a quanto sostiene tale Stato membro, non era necessaria una valutazione globale di tutti i siti che ospitano detti tipi di habitat, in quanto il degrado in talune zone speciali di conservazione non potrebbe essere compensato da miglioramenti nelle altre.

59      Del resto, tale istituzione osserva che la Repubblica federale di Germania riconosce una parte delle perdite di superficie, vale a dire 977,44 ettari per il tipo di habitat 6510 e 110,49 ettari per il tipo di habitat 6520.

60      La Commissione respinge l’argomento di tale Stato membro secondo il quale una parte delle perdite di superficie rilevate non è «reale», ma risulterebbe da designazioni errate di taluni siti come «zone speciali di conservazione» e da errori di stima che hanno viziato, per il 2006, il calcolo iniziale del perimetro dei siti e dei tipi di habitat interessati. Detta istituzione, pur contestando che tali asseriti errori giustifichino diminuzioni di 6 476,61 ettari in 347 siti che ospitano il tipo di habitat 6510 e di 1 322,16 ettari in 75 siti che ospitano il tipo di habitat 6520, ritiene di essere legittimata a basarsi, per effettuare la sua analisi comparativa, sui dati forniti dalla Repubblica federale di Germania nei FS relativi al 2006 nonché durante gli anni successivi.

61      In ogni caso, la Commissione ritiene che le perdite di superficie da essa constatate siano troppo elevate per poter essere il risultato di semplici errori, in quanto, per oltre il 50% dei siti da essa esaminati, una percentuale tra il 60% e il 100% circa della superficie dei tipi di habitat in questione è andata persa nel corso degli anni dal 2006 al 2017.

62      In secondo luogo, la Commissione afferma che il degrado dei siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520 in Germania è dovuto in particolare all’assenza sistematica di controlli adeguati e periodici di tali siti da parte delle autorità tedesche competenti. Essa sostiene che la frequenza con cui devono essere effettuati i controlli dipende dallo stato di conservazione e dalle tendenze osservate nel tipo di habitat interessato, e che uno Stato membro le cui autorità non effettuano controlli periodici e specifici delle zone speciali di conservazione viene necessariamente meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat».

63      Tale istituzione aggiunge che, in diversi Länder della Repubblica federale di Germania, non esiste una mappatura precisa che consenta di determinare in quale misura i tipi di habitat di una determinata zona di conservazione si siano deteriorati o che, comunque, il ciclo di mappatura è troppo lungo. Inoltre, in numerosi casi, il controllo assicurato dalle autorità tedesche competenti si effettuerebbe solo a campione o sarebbe determinato solo da un evento.

64      In terzo luogo, la Commissione rileva che il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 in Germania risulta anche dal fatto che tale Stato membro non ha adottato misure giuridicamente vincolanti per proteggere le zone speciali di conservazione contro la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce. Essa sottolinea che la Repubblica federale di Germania privilegia un approccio contrattuale che non è sufficientemente vincolante e che, di conseguenza, non è tale da impedire la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce.

65      Secondo tale istituzione, le raccomandazioni e i piani di gestione non vincolanti nonché gli accordi di protezione contrattuale della natura, in quanto presentano solo un carattere volontario e puramente incentivante nei confronti degli agricoltori, non sarebbero idonei ad integrare efficacemente il regime di protezione delle zone speciali di conservazione.

66      Nel controricorso, la Repubblica federale di Germania chiede il rigetto della prima censura, sostenendo di non essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat».

67      In primo luogo, tale Stato membro afferma che la Commissione non può concludere, sulla base di una valutazione globale dei siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520 in Germania, che le perdite di superficie di detti tipi di habitat in tali siti sono tali da mettere in evidenza l’esistenza di una violazione sistematica e persistente di tale disposizione.

68      Secondo la Repubblica federale di Germania, la Commissione ha concentrato la sua analisi comparativa su un numero limitato di siti la cui superficie è relativamente esigua, senza prendere in considerazione gli aumenti di superficie verificatisi in altri siti.

69      Orbene, se detta istituzione avesse effettuato una valutazione globale di tutti i siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520, dichiarati dalla Repubblica federale di Germania nei FS dal 2006 (ossia 2 183 siti che ospitano il tipo di habitat 6510 con circa 85 000 ettari in totale e 330 siti che ospitano il tipo di habitat 6520 con oltre 12 000 ettari in totale), essa avrebbe constatato solo una perdita di superficie del 4,27% per il tipo di habitat 6520 e avrebbe anche rilevato un aumento di superficie del 5,22% per il tipo di habitat 6510.

70      Tale Stato membro aggiunge che i FS relativi all’anno 2006 contenevano errori di stima ed errori scientifici che sono stati successivamente corretti. Tali errori spiegherebbero in parte la diminuzione, dal 2006, della superficie registrata dei tipi di habitat 6510 e 6520.

71      La Repubblica federale di Germania ricorda che la Commissione le addebita perdite di superficie di 18 717,14 ettari per il tipo di habitat 6510 e di 1 890,35 ettari per il tipo di habitat 6520 nelle zone speciali di conservazione che essa ha selezionato, mentre invece le perdite di superficie ammonterebbero, rispettivamente, solo a 977,44 ettari e a 110,49 ettari. Pertanto, tale perdita di superficie corrisponderebbe, in dette zone, rispettivamente, solo al 5,4% e al 6,2% delle superfici totali di detti tipi di habitat.

72      La Repubblica federale di Germania precisa che, prendendo in considerazione solo i siti selezionati dalla Commissione e supponendo che, in tali siti, tutti i deficit di superficie dei tipi di habitat 6510 e 6520 per i quali non esiste alcuna causa certa si spieghino con riduzioni di superficie reali, tale perdita di superficie ammonterebbe a circa 11 000 ettari per il tipo di habitat 6510 e a circa 360 ettari per il tipo di habitat 6520.

73      Tale Stato membro afferma altresì che, sebbene la relazione del 2014 sulle praterie e le relazioni presentate, in forza dell’articolo 17 della direttiva «habitat», per i periodi dal 2001 al 2006, dal 2007 al 2012 e dal 2013 al 2018, confermino l’esistenza di una certa perdita di superficie di tali tipi di habitat, la perdita così constatata non è sufficientemente elevata per dimostrare l’esistenza di una violazione sistematica e persistente.

74      In secondo luogo, la Repubblica federale di Germania afferma che l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» non contiene alcun requisito vincolante relativo all’obbligo di sorveglianza a carico degli Stati membri, né precisa le misure specifiche che questi ultimi devono adottare al riguardo, cosicché essi dispongono di un margine di discrezionalità per determinare le modalità di sorveglianza.

75      Orbene, secondo la Repubblica federale di Germania, la sorveglianza di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» è sufficiente se consente di individuare le misure che devono essere adottate nelle diverse zone speciali di conservazione, al fine di evitare in modo efficace deterioramenti dei tipi di habitat.

76      Tale Stato membro afferma di monitorare in maniera opportuna i siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520, con divergenze da un Land ad un altro a causa della struttura federale dello Stato.

77      La Repubblica federale di Germania osserva che la Commissione non afferma che un’altra forma di sorveglianza avrebbe potuto evitare le perdite di superficie addebitate.

78      In terzo luogo, tale Stato membro ricorda che l’espressione «opportune misure» di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità nell’ambito della trasposizione nazionale di tale direttiva, che le misure di natura preventiva devono essere considerate opportune e che gli Stati membri sono liberi di decidere in che modo essi attuino misure preventive, non essendo i divieti imperativi.

79      Esso sostiene che anche il fatto di lasciare le superfici a maggese a causa di rinunce allo sfruttamento costituisce un fattore di carico dei tipi di habitat 6510 e 6520 contro il quale occorre agire adottando opportune misure.

80      La Repubblica federale di Germania rileva che dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» non risulta un obbligo di adottare misure che impongano il divieto di mietitura durante taluni periodi dell’anno e che prescrivano valori massimi per quanto riguarda la fertilizzazione. Inoltre, sarebbe difficile prevedere con precisione il momento in cui dovrebbe avvenire la prima mietitura, nonché stabilire se e in quale misura sia consentito o anche, eventualmente, necessario fertilizzare.

81      Tale Stato membro evidenzia che la Commissione non ha né dimostrato le ragioni per le quali disposizioni regolamentari sarebbero più efficaci della tutela contrattuale della natura, né dimostrato che le misure nazionali volte ad impedire in Germania una fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce dei siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520 non sarebbero opportune. Inoltre, la Commissione non spiegherebbe in che modo disposizioni regolamentari relative alla fertilizzazione e alla mietitura avrebbero potuto impedire le perdite di superficie da essa addotte.

82      Infine, tale Stato membro ritiene che la tutela contrattuale della natura si adegui meglio al carattere anticipatorio dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» rispetto all’imposizione di una modalità di gestione per via regolamentare. Sebbene un siffatto approccio contrattuale non possa garantire l’assenza di qualsiasi degrado, esso sarebbe generalmente efficace e implicherebbe un controllo periodico.

–       Giudizio della Corte

83      In via preliminare, occorre ricordare, anzitutto, che l’articolo 6 della direttiva «habitat» impone agli Stati membri una serie di obblighi e di procedure specifiche intesi ad assicurare, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva, il mantenimento o, se del caso, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e, in particolare, delle zone speciali di conservazione (sentenza del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman, C‑323/17, EU:C:2018:244, punto 23).

84      L’articolo 6 della direttiva «habitat» ripartisce le misure, enumerate in tale disposizione, in tre categorie, ossia in misure di conservazione, misure di prevenzione e misure di compensazione, rispettivamente previste ai paragrafi 1, 2 e 4 di detto articolo. In tale contesto, l’obiettivo delle misure di cui al paragrafo 2 di detto articolo è di proteggere i siti dal degrado [v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2023, Commissione/Irlanda (Protezione delle zone speciali di conservazione), C‑444/21, EU:C:2023:524, punti 147 e 148 nonché giurisprudenza ivi citata].

85      Pertanto, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare, nelle zone speciali di conservazione, il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi fissati da tale direttiva.

86      Detta disposizione pone a carico degli Stati membri un obbligo generale di adottare misure appropriate al fine di evitare, nelle zone speciali di conservazione, il degrado degli habitat e la perturbazione significativa delle specie per le quali tali zone sono state designate [sentenza del 24 giugno 2021, Commissione/Spagna (Deterioramento dell’area naturale di Doñana), C‑559/19, EU:C:2021:512, punto 153 e giurisprudenza ivi citata].

87      Al fine di accertare una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», la Commissione non è tenuta a dimostrare un nesso di causa ed effetto tra l’azione o l’inazione dello Stato membro interessato e il deterioramento o una perturbazione significativa causata agli habitat o alle specie interessati. Infatti, è sufficiente che tale istituzione dimostri l’esistenza di una probabilità o di un rischio che tale azione o inazione provochi un deterioramento o una perturbazione significativa per tali habitat o specie [sentenza del 24 giugno 2021, Commissione/Spagna (Deterioramento dell’area naturale di Doñana), C‑559/19, EU:C:2021:512, punto 155 e giurisprudenza ivi citata].

88      Occorre poi rilevare che, fatto salvo l’obbligo della Commissione di adempiere, in entrambi i casi, all’onere della prova su di essa gravante, nulla vieta a quest’ultima, a priori, di perseguire simultaneamente l’accertamento di inadempimenti a talune disposizioni di tale direttiva in base all’atteggiamento adottato dalle autorità di uno Stato membro con riferimento a situazioni concrete, specificamente identificate, e l’accertamento di inadempimenti a tali disposizioni a causa dell’adozione, da parte di tali autorità, di una prassi generalizzata contraria alle stesse, di cui le situazioni specifiche citate rappresenterebbero, eventualmente, l’esempio [sentenza del 29 giugno 2023, Commissione/Irlanda (Protezione delle zone speciali di conservazione), C‑444/21, EU:C:2023:524, punto 165 e giurisprudenza ivi citata].

89      Quando la Commissione ha fornito elementi sufficienti da cui risulti che le autorità di uno Stato membro hanno sviluppato una prassi reiterata e persistente contraria alle disposizioni di una direttiva, spetta a tale Stato membro contestare in modo sostanziale e dettagliato i dati in tal modo forniti nonché le conseguenze che ne derivano [sentenza del 29 giugno 2023, Commissione/Irlanda (Protezione delle zone speciali di conservazione), C‑444/21, EU:C:2023:524, punto 166 e giurisprudenza ivi citata].

90      Allo stesso tempo, alla luce dell’onere che le incombe di provare l’inadempimento dedotto, la Commissione non può, con il pretesto di addebitare allo Stato membro interessato un inadempimento generale e costante degli obblighi ai quali quest’ultimo è tenuto in forza del diritto dell’Unione, dispensarsi dall’assolvere tale onere di provare l’inadempimento addebitato sulla base di elementi concreti che caratterizzano la violazione delle disposizioni specifiche che essa deduce e basarsi su semplici presunzioni o causalità schematiche [sentenza del 29 giugno 2023, Commissione/Germania (Protezione delle zone speciali di conservazione), C‑444/21, EU:C:2023:524, punto 167 e giurisprudenza citata].

91      Inoltre, la Commissione può domandare alla Corte di constatare un inadempimento consistente nel non aver raggiunto il risultato previsto da una direttiva [v., in tal senso, sentenze del 10 aprile 2003, Commissione/Germania, C‑20/01 e C‑28/01, EU:C:2003:220, punto 30, nonché del 5 settembre 2019, Commissione/Italia (Batterio Xylella fastidiosa) C‑443/18, EU:C:2019:676, punto 77].

92      Infine, occorre rilevare che, sebbene l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» stabilisca un obbligo generale volto all’adozione di opportune misure di protezione per evitare, in particolare, il degrado degli habitat, tale disposizione non prevede misure precise che gli Stati membri sarebbero tenuti ad adottare e lascia quindi a questi ultimi un margine di discrezionalità nella sua applicazione (v., in tal senso, sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punti 36, 37 e 40).

93      Da tali osservazioni preliminari risulta che la Commissione, la sola competente a decidere se sia opportuno avviare un procedimento per la dichiarazione di un inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, può adire la Corte con un ricorso affinché quest’ultima constati un inadempimento sistematico e persistente di uno Stato membro consistente in una violazione dell’obbligo generale ad esso incombente di adottare opportune misure, conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», che consentano di evitare il degrado degli habitat naturali nelle zone speciali di conservazione. Quando la Commissione addebita a tale Stato membro un siffatto inadempimento sistematico e persistente, dimostrando l’esistenza di una probabilità o di un rischio che l’omessa adozione di misure di tale natura abbia come conseguenza il degrado dei suddetti habitat naturali ed esponendo situazioni specifiche che illustrino tale inadempimento, spetta a detto Stato membro contestare gli elementi di diritto e di fatto invocati dalla Commissione nonché confutare l’esistenza di una tale asserita conseguenza.

94      Nel caso di specie, la Commissione sostiene che costituisce un inadempimento all’obbligo derivante dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» l’omessa adozione, da parte della Repubblica federale di Germania, in maniera generale e sistematica, di opportune misure per evitare il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 nelle zone speciali di conservazione designate per questi ultimi. Secondo tale istituzione, l’esistenza di detto inadempimento sarebbe dimostrato dalle perdite di superficie significative di tali tipi di habitat nei siti che li ospitano, perdite che risultano a loro volta da una mancanza di sorveglianza specifica di tali siti e dall’assenza di misure di protezione giuridicamente vincolanti contro la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce di detti siti.

95      In primo luogo, per quanto riguarda l’allegazione di degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», a causa delle perdite di superficie significative subite da tali tipi di habitat nelle zone speciali di conservazione in Germania, la Corte ha già precisato che, atteso che l’obiettivo di tale disposizione consiste nel proteggere i siti dal possibile degrado, può essere necessario, ai fini della sua attuazione, adottare sia misure dirette ad ovviare ai danni e alle perturbazioni provenienti dall’esterno e causati dall’uomo, sia misure per neutralizzare evoluzioni naturali che potrebbero comportare un degrado dello stato di conservazione degli habitat naturali nelle zone speciali di conservazione [v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2023, Commissione/Irlanda (Protezione delle zone speciali di conservazione), C‑444/21, EU:C:2023:524, punti 148 e 149 nonché giurisprudenza ivi citata].

96      Inoltre, dato che l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» si applica a livello dei siti e che gli Stati membri sono tenuti ad evitare in ciascun sito il degrado degli habitat naturali la cui presenza è significativa, i deterioramenti constatati in un dato sito non possono essere compensati da miglioramenti in altri siti.

97      Pertanto, al fine di valutare se la Repubblica federale di Germania abbia violato, in maniera generale e sistematica, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», occorre esaminare se la Commissione abbia dimostrato l’esistenza, in un numero considerevole di siti rappresentativi per tale Stato membro, di perdite di superfici significative dei tipi di habitat 6510 e 6520, nonché la probabilità che tale degrado di detti tipi di habitat sia stato provocato dall’omessa adozione, da parte di tale Stato membro, di opportune misure.

98      Anzitutto, per quanto riguarda le perdite di superficie dei tipi di habitat 6510 e 6520 in Germania, la Commissione sostiene che l’analisi realizzata ai fini del ricorso in esame a partire da un confronto tra i dati trasmessi da tale Stato membro nei FS relativi all’anno 2006 e quelli provenienti da FS più recenti disponibili e dai piani di gestione per le diverse zone ha evidenziato una perdita significativa di superficie in 596 siti su 2 027 siti che ospitano il tipo di habitat 6510 e in 88 siti su 295 siti che ospitano il tipo di habitat 6520, sicché tale perdita ammonta, nei siti in questione, al 49,52% della superficie del tipo di habitat 6510 e al 51,07% della superficie del tipo di habitat 6520. Secondo tale istituzione, il gran numero di siti in cui è stata constatata una riduzione significativa della superficie nonché la ripartizione geografica dei siti interessati in tutta la Germania dimostrano che si tratta di un’evoluzione generale e sistematica.

99      Per contestare tali valutazioni, la Repubblica federale di Germania sostiene che la Commissione si è erroneamente basata, ai fini della valutazione dei cambiamenti di superficie, sui dati contenuti nei FS relativi all’anno 2006 concernenti tali tipi di habitat, a causa degli errori che vi figurano. Tuttavia, occorre rilevare che, anche dopo la correzione di tali errori, sussiste una perdita di superficie in 81 siti che ospitano il tipo di habitat 6510 e in 15 siti che ospitano il tipo di habitat 6520.

100    Inoltre, tale Stato membro indica che, secondo i FS trasmessi dal 2006, il tipo di habitat 6510 copriva circa 85 000 ettari in totale e il tipo di habitat 6520 copriva più di 12 000 ettari in totale, mentre invece, nei siti presi in considerazione dalla Commissione, tale istituzione menziona perdite di superficie di 18 717,14 ettari per il tipo di habitat 6510 e di 1 890,35 ettari per il tipo di habitat 6520. Orbene, ad avviso di detto Stato membro, in realtà, le perdite di superficie verificatesi in tali siti ammonterebbero soltanto, rispettivamente, a 977,44 ettari e a 110,49 ettari.

101    Occorre inoltre osservare che la Repubblica federale di Germania riconosce di non essere in grado di fornire giustificazioni o spiegazioni, relativamente ad alcuni dei siti presi in considerazione dalla Commissione, per perdite di superficie pari a circa 11 000 ettari per il tipo di habitat 6510 e a circa 360 ettari per il tipo di habitat 6520.

102    I dati contenuti nell’allegato B.4 del controricorso di tale Stato membro confermano detta affermazione nella parte in cui indicano, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni, che tali «perdite non giustificate» rappresentano almeno 9 853,38 ettari in più di 200 siti che ospitano il tipo di habitat 6510 e almeno 249,78 ettari in 24 siti che ospitano il tipo di habitat 6520.

103    Alla luce di tali elementi, si deve constatare che la Commissione ha dimostrato perdite di superficie significative dei tipi di habitat 6510 e 6520 in un numero considerevole di siti che si trovano nel territorio della Repubblica federale di Germania.

104    Per quanto riguarda, poi, la questione se tali perdite di superficie siano rappresentative per tale Stato membro, è sufficiente osservare che i siti di cui trattasi sono situati, per quanto riguarda il tipo di habitat 6510, in dieci Länder e, per quanto riguarda il tipo di habitat 6520, in cinque Länder di tale Stato membro, che ne conta sedici, di cui tre città, ossia Berlino, Brema e Amburgo, aventi lo status di Land.

105    Infine, è necessario constatare che la Commissione ha sufficientemente dimostrato la probabilità secondo la quale tale degrado dei tipi di habitat sia stato provocato dall’omessa adozione di opportune misure che consentissero di evitare un siffatto degrado e che la Repubblica federale di Germania non ha addotto alcun elemento tale da escludere detta probabilità.

106    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Commissione secondo cui l’assenza di sorveglianza specifica nelle zone speciali di conservazione designate per i tipi di habitat 6510 e 6520 in Germania ha contribuito al degrado di tali tipi di habitat, occorre ricordare che, come risulta dai punti 92 e 93 della presente sentenza, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», che stabilisce un obbligo generale di evitare il degrado degli habitat naturali, lascia a ciascuno Stato membro un margine di discrezionalità in sede di applicazione e che, in particolare, quando la Commissione addebita ad uno Stato membro un inadempimento sistematico e persistente di tale obbligo dimostrando la probabilità che l’inattività di quest’ultimo abbia come conseguenza il degrado dei suddetti habitat naturali, spetta a tale Stato membro confutare gli elementi di diritto e di fatto invocati da tale istituzione.

107    Nel caso di specie, da un lato, dopo aver dimostrato l’esistenza di perdite significative di superficie dei tipi di habitat 6510 e 6520 in un numero considerevole di siti geografici che si trovano nel territorio della Repubblica federale di Germania, la Commissione afferma che tali perdite costituiscono un indizio del fatto che le autorità competenti di tale Stato membro trascurano sistematicamente di monitorare regolarmente lo stato di conservazione di tali tipi di habitat.

108    Dato che, secondo le spiegazioni fornite da tale istituzione, è plausibile che una siffatta insufficienza di sorveglianza di tali autorità abbia contribuito al degrado di detti tipi di habitat nei siti che li ospitano e il cui stato di conservazione evolve negativamente, spetta alla Repubblica federale di Germania fornire gli elementi atti a dimostrare l’assenza di carenze da parte sua nella sorveglianza specifica di tali siti.

109    Dall’altro lato, per quanto riguarda l’addebito della Commissione quanto all’assenza di misure specifiche di sorveglianza, la Repubblica federale di Germania fornisce una presentazione generale del sistema di sorveglianza tanto a livello federale quanto a livello dei Länder, nonché una presentazione di talune misure specifiche di sorveglianza che possono essere applicate a questi stessi livelli. Essa ritiene quindi di esercitare una sorveglianza dei tipi di habitat 6510 e 6520 in modo opportuno sul suo territorio. Tuttavia, è necessario constatare che, in tale contesto, detto Stato membro confuta solo parzialmente le affermazioni della Commissione secondo le quali, in taluni Länder, non esiste una mappatura precisa relativa ai siti che ospitano tali tipi di habitat o che il ciclo di mappatura è troppo lungo o, ancora, che il controllo dello stato di detti tipi di habitat manca o si effettua unicamente a campione o è determinato da un evento.

110    Occorre quindi rilevare che le misure di sorveglianza applicate in Germania non sono sufficientemente specifiche per i siti interessati, regolari e consequenziali per poter ritenere che tale sorveglianza sia opportuna ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat».

111    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Commissione secondo cui il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 in Germania risulta ancora dal fatto che tale Stato membro non ha adottato misure giuridicamente vincolanti contro la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce per proteggere le zone speciali di conservazione, e privilegia, al contrario, gli accordi di protezione contrattuale nonché le raccomandazioni e i piani di gestione non vincolanti, occorre osservare che è pacifico tra le parti che la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce dei siti che ospitano tali tipi di habitat hanno come conseguenza il degrado di questi ultimi, laddove l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» impone agli Stati membri di adottare misure che consentano di evitare tale degrado.

112    Per quanto riguarda la natura di tali misure, la Repubblica federale di Germania sostiene, basandosi sul punto 63 della sentenza del 14 ottobre 2010, Commissione/Austria (C‑535/07, EU:C:2010:602), che non risulta che la realizzazione di tale obiettivo richieda necessariamente l’adozione di divieti specifici e che detto obiettivo può essere raggiunto mediante accordi di protezione che vincolano i gestori dei siti interessati nonché mediante raccomandazioni e piani di gestione non vincolanti.

113    Orbene, al riguardo, la Corte ha dichiarato che il livello di protezione previsto all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» deve essere determinato, in particolare, alla luce degli obiettivi di conservazione del sito interessato (sentenza del 12 settembre 2024, Elliniki Ornithologiki Etaireia e a., C‑66/23, EU:C:2024:733, punto 43).

114    Pertanto, nella misura in cui l’obiettivo di tutela dei siti contemplati da tale disposizione consiste, come ricordato al punto 84 della presente sentenza, nel proteggere tali siti dal degrado, l’assenza di una disposizione giuridicamente vincolante che vieti la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce dei siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520 non consente alla Repubblica federale di Germania di soddisfare le prescrizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat».

115    Inoltre, sebbene tale Stato membro invochi l’esistenza di accordi di protezione che vincolino i gestori di detti siti, quest’ultimo non dimostra che tali accordi abbiano l’effetto di una disposizione giuridicamente vincolante che vieti la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce nei siti stessi.

116    Di conseguenza, non avendo adottato misure di protezione giuridicamente vincolanti contro la fertilizzazione eccessiva e la mietitura precoce dei siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520, la Repubblica federale di Germania ha violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat».

117    In tali circostanze, occorre constatare che, avendo omesso in maniera generale e sistematica di adottare opportune misure per evitare il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 protetti dalla rete Natura 2000, di cui all’allegato I della direttiva «habitat», nei siti designati per questi ultimi, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva.

 Sulla seconda censura, vertente su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat»

–       Argomenti delle parti

118    Con la seconda censura, la Commissione addebita alla Repubblica federale di Germania di essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat», avendo omesso, in maniera generale e sistematica, di trasmetterle dati aggiornati relativi ai siti che ospitano i tipi di habitat 6510 e 6520.

119    Essa rileva che in 202 dei 596 siti che ospitano il tipo di habitat 6510 e in 14 degli 88 siti che ospitano il tipo di habitat 6520 gli ultimi FS non erano aggiornati, poiché non contenevano le constatazioni reali relative alla superficie di tali tipi di habitat. Dato che sarebbero interessati dieci dei sedici Länder della Repubblica federale di Germania, si tratterebbe di un’omissione sistematica nell’aggiornamento dei FS.

120    La Commissione sostiene che, nonostante il fatto che l’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat» non imponga esplicitamente agli Stati membri di fornire regolarmente dati aggiornati, relativi alla superficie di ciascuna zona speciale di conservazione, tale obbligo di aggiornamento deriva dall’interpretazione contestuale e teleologica di detta disposizione.

121    Tale istituzione precisa che per essa è necessario disporre di tali dati per garantire il rispetto degli obiettivi di conservazione di cui all’articolo 2 della direttiva «habitat». Inoltre, essa ricorda di dover effettuare, conformemente all’articolo 9 di tale direttiva, una valutazione periodica del contributo di Natura 2000 alla realizzazione degli obiettivi di cui agli articoli 2 e 3 di detta direttiva.

122    L’importanza di fornire siffatti dati regolarmente aggiornati emergerebbe anche dall’articolo 17 della medesima direttiva, che impone agli Stati membri di elaborare ogni sei anni una relazione nella quale essi devono descrivere dettagliatamente le misure adottate e i miglioramenti apportati a ciascun sito.

123    La Commissione sottolinea che un’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat» nel senso che tale disposizione impone una sola «prima» trasmissione dei dati non consentirebbe di garantire in maniera sufficiente la realizzazione degli obiettivi di conservazione, in quanto le zone speciali di conservazione e i tipi di habitat subirebbero dei cambiamenti costantemente.

124    Tale istituzione aggiunge di aver definito, nella decisione di esecuzione 2011/484, il FS attualmente in vigore per la trasmissione dei dati relativi ai siti Natura 2000 e che il considerando 4 di tale decisione di esecuzione esplicita tale obbligo di aggiornamento periodico enunciando che «[i]l contenuto del formulario standard Natura 2000 deve essere aggiornato regolarmente sulla base delle migliori informazioni disponibili per ciascun sito appartenente alla rete, in modo da consentire alla Commissione di adempiere ai compiti derivanti dal suo ruolo di coordinamento».

125    Infine, la Commissione osserva che la maggior parte degli Stati membri riconosce la necessità di aggiornare costantemente i FS e le fornisce dati aggiornati annualmente.

126    La Repubblica federale di Germania chiede il rigetto della censura.

127    Essa rileva che l’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat» contiene un obbligo per gli Stati membri di comunicare una sola volta informazioni dettagliate sui siti di importanza comunitaria, ma non un obbligo di aggiornamento di tali dati.

128    Inoltre, l’interpretazione sistematica suffragherebbe tale interpretazione letterale, in quanto detto articolo 4 riguarderebbe la procedura di dichiarazione dei siti nonché l’elaborazione degli elenchi dei siti di importanza comunitaria e non il successivo scambio di informazioni con la Commissione, scambio che sarebbe, peraltro, disciplinato dalle disposizioni contenute nella sezione successiva di detta direttiva, intitolata «Informazione», e in particolare all’articolo 17 di quest’ultima.

129    Detto Stato membro osserva che se il legislatore dell’Unione avesse voluto imporre un obbligo di aggiornamento periodico, lo avrebbe esplicitamente previsto, come ha fatto per l’obbligo, di cui all’articolo 17 della direttiva «habitat», di elaborare ogni sei anni una relazione sull’attuazione delle disposizioni adottate nell’ambito di tale direttiva.

130    La Repubblica federale di Germania sostiene che l’assenza di un siffatto obbligo di aggiornamento dei dati deriva anche dalle note esplicative contenute nell’allegato della decisione di esecuzione 2011/484, poiché queste ultime si limitano a «fortemente raccomanda[re]» agli Stati membri l’aggiornamento «a intervalli ragionevoli» e «sulla base delle migliori informazioni disponibili» della documentazione raccolta nei FS, senza imporre aggiornamenti periodici completi.

–       Giudizio della Corte

131    Dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, prima frase, della direttiva «habitat» risulta che l’elenco dei siti indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti «viene trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla notifica [di tale] direttiva, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito».

132    Secondo la formulazione di tale disposizione, gli Stati membri sono tenuti a comunicare, in particolare, l’elenco contenente i siti geografici nonché le informazioni su tali siti, e ciò entro un termine preciso, vale a dire entro il triennio successivo alla notifica della suddetta direttiva. Pertanto, e come osserva la Repubblica federale di Germania, detta formulazione fa chiaramente riferimento ad un’unica comunicazione di informazioni.

133    È quindi necessario constatare che dal tenore letterale dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat» non discende un obbligo in forza del quale gli Stati membri, dopo aver effettuato la trasmissione dei dati prevista da tale disposizione, sarebbero tenuti a procedere regolarmente al loro aggiornamento.

134    L’analisi contestuale di tale disposizione non consente di adottare un’interpretazione diversa.

135    Infatti, da un lato, la procedura che disciplina la designazione dei siti quali «zone speciali di conservazione», come prevista all’articolo 4 della direttiva «habitat», si compone di varie fasi.

136    Orbene, anzitutto, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, ogni Stato membro propone, in particolare, un elenco di siti indicante quali tipi di habitat naturali si riscontrano in detti siti e trasmette alla Commissione tale elenco nonché varie informazioni su tali siti. In forza dell’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva, poi, la Commissione fissa, sulla base degli elenchi presentati dagli Stati membri, un elenco dei siti selezionati come «siti di importanza comunitaria». Infine, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, della medesima direttiva, quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto, lo Stato membro interessato lo designa come «zona speciale di conservazione».

137    Ne consegue che l’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat» si limita a disciplinare la prima fase della procedura che gli Stati membri e la Commissione devono seguire affinché le zone speciali di conservazione siano correttamente designate.

138    Dall’altro lato, se è vero, come osserva la Commissione, che un obbligo di aggiornamento periodico dei dati deriva dall’articolo 17 di tale direttiva, nei limiti in cui quest’ultimo impone agli Stati membri di elaborare ogni sei anni una relazione nella quale essi devono descrivere dettagliatamente, in particolare, le misure adottate a livello nazionale e le incidenze di tali misure sullo stato di conservazione di ciascun sito, questo stesso articolo 17 non contiene tuttavia alcun rinvio all’articolo 4 della direttiva «habitat» né, più in generale, alcun elemento a favore di un’interpretazione del paragrafo 1, secondo comma, di tale articolo 4 nel senso che gli Stati membri sarebbero tenuti a fornire regolarmente dati aggiornati riguardanti le zone speciali di conservazione.

139    Per quanto riguarda gli obiettivi di conservazione di cui agli articoli 2 e 3 della direttiva «habitat», occorre ricordare che la Commissione effettua, conformemente all’articolo 9 di tale direttiva, una valutazione periodica del contributo di Natura 2000 alla realizzazione di detti obiettivi. A tal fine, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, di detta direttiva, tale istituzione ha adottato la decisione di esecuzione 2011/484, il cui considerando 4 enuncia che il contenuto del FS Natura 2000 deve essere aggiornato regolarmente sulla base delle migliori informazioni disponibili per ciascun sito appartenente alla rete.

140    Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni, anche supponendo che un obbligo per gli Stati membri di aggiornare regolarmente i dati per ogni sito classificato come zona speciale di conservazione possa essere dedotto dall’articolo 9 della direttiva «habitat», un siffatto obbligo non discenderebbe dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva.

141    Orbene, l’interpretazione di una disposizione alla luce della sua finalità non può avere come risultato di privare di ogni efficacia pratica la formulazione chiara e precisa di tale disposizione (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2007, Commissione/Belgio, C‑437/04, EU:C:2007:178, punto 56, nonché del 20 settembre 2022, VD e SR, C‑339/20 e C‑397/20, EU:C:2022:703, punto 71).

142    Inoltre, la circostanza, addotta dalla Commissione, secondo la quale la maggior parte degli Stati membri riconosce la necessità di aggiornare costantemente i FS è irrilevante quanto all’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva «habitat». A tal riguardo, come sottolineato dalla Repubblica federale di Germania, è legittimo ritenere che se il legislatore dell’Unione avesse voluto, con tale disposizione, imporre un obbligo di aggiornamento periodico, l’avrebbe esplicitamente previsto.

143    Ne consegue che la seconda censura dev’essere respinta.

144    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» avendo omesso in maniera generale e sistematica di adottare opportune misure per evitare il degrado dei tipi di habitat 6510 e 6520 protetti dalla rete Natura 2000, di cui all’allegato I di tale direttiva, nei siti designati per questi ultimi.

145    Il ricorso è respinto quanto al resto.

 Sulle spese

146    A norma dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Poiché la Commissione e la Repubblica federale di Germania sono rimaste ciascuna soccombente rispettivamente su uno o più capi di domanda, occorre disporre che le loro spese siano compensate.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013, avendo omesso in maniera generale e sistematica di adottare opportune misure per evitare il degrado dei tipi di habitat 6510 (praterie magre da fieno a bassa altitudine) e 6520 (praterie montane da fieno) protetti dalla rete Natura 2000, di cui all’allegato I della direttiva 92/43, come modificata, nei siti designati per questi ultimi.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Commissione europea e la Repubblica federale di Germania si faranno carico delle proprie spese.