Cass. Sez. III n. 34119 del 12 ottobre 2006 (ud. 27 apr. 2006)
Pres. De Maio Est. Onorato Ric. Palermo ed altro
Beni Ambientali. D.Lv. 490-1999 e “Codice Urbani”
Esiste perfetta continuità normativa tra
l’articolo 163 D.Lv. 490-1999 e l’articolo 181
D.Lv. 42-2004 non solo sotto il profilo contenutistico, ma anche sotto
quello temporale in quanto l’intero D.Lv. 42-2004
è entrato in vigore il 1 maggio 2004 e non anche le sole
disposizioni indicate prima dell’articolo 183 che ne
stabilisce l’entrata in vigore
Udienza pubblica del 27.4.2006
SENTENZA N. 733
REG. GENERALE n. 4709/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE
MAIO
Presidente
Dott. Pierluigi ONORATO
(est.)
Consigliere
Dott. Ciro
PETTI
Consigliere
Dott. Antonio
IANNIELLO
Consigliere
Dott. Amedeo
FRANCO
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto per:
1) PALERMO Giuseppa, nata a Realmonte (AG) il 9.9.1932,
2) SANTINO Giovanni, nato in Siculiana (AG) il 1.2.1933,
avverso la sentenza resa 6.12.2005 dalla corte d'appello di Palermo.
Vista Ia sentenza denunciata e il ricorso,
Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Pierluigi Onorato.
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore
generale Mario Favalli, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza
rinvio della sentenza per essere il reato estinto per prescrizione,
Udito il difensore della parte civile, avv.==
Udito il difensore dell' imputato, avv.==
Osserva:
Svolgimento del processo
1 - Con sentenza del 6.12.2005 la corte d'appello di Palermo ha
integralmente confermato quella resa il 22.12.2004 dal tribunale
monocratico di Agrigento, che aveva condannato i coniugi Giuseppa
Palermo e Giovanni Santino alla pena (condizionalmente sospesa) di
dieci giorni di arresto ed euro 5.000 di ammenda ciascuno, siccome
colpevoli del reato di cui all'art. 163 D.Lgs. 490/1999, per aver
collocato in un terreno di loro proprietà, adiacente a un
edificio da essi abitato, una vasca prefabbricata di cemento armato di
circa 10.000 litri, in zona soggetta a vincolo paesaggistico, senza la
preventiva autorizzazione della Soprintendenza ai Beni Culturali e
Ambientali (accertato in Agrigento il 19.11.2001).
2- Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione il
difensore degli imputati, deducendo sei motivi a sostegno.
In particolare lamenta:
2.1 - inosservanza dall'art. 2 c.p. (sic) laddove la corte palermitana
non ha dichiarato la estinzione del reato per prescrizione.
Sostiene che la vasca era stata collocata nel terreno molto prima della
data del sopralluogo (19.11.2001), come dimostrato dal fatto che il
recipiente era circondato da piante di medio fusto (comprese piante di
vite) e da piante di edera, che dovevano considerarsi collocate sul
terreno almeno sei/otto mesi prima;
2.2 - violazione dell'art. 184 del D.Lgs. 42/2004.
Sostiene che i giudici di merito hanno omesso di applicare la norma
suddetta, laddove ha abrogato il D.Lgs. 490/1999, e in particolare il
suo art. 163.
Censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che detto art. 163
è stato sostituito dall'art. 181 D.lgs. 22.1.2004 n. 42 in
perfetta continuità normativa col precedente,
giacché tale tesi non considera che gli artt. da 1 a 183 del
D.lgs. 42/2004 sono entrati in vigore dal 1.5.2004, ex art. 183, mentre
l'anzidetto art. 184 è entrato in vigore ex art. 73 Cost.
quindici giorni dopo la pubblicazione del decreto legislativo sulla
Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 24.2.2004.;
2.3 - erronea applicazione dell'art. 163 D.Lgs. 490/1999, come
sostituito dall'art. 181 D.Lgs. 42/2004, atteso che Ia posa in opera
sul terreno di un recipiente prefabbricato non modifica in modo
significativo l'assetto del territorio, e perciò non integra
il reato ambientale contestato;
2.4 - erronea applicazione del comma 37 dell'articolo unico della legge
15.12.2004 n. 308.
In sede di appello il difensore aveva sostenuto che il reato era
estinto per effetto del parere di compatibilità ambientale
rilasciato in data 30.6.2004. La corte palermitana aveva invece
ritenuto che il comma 37 - che appunto prevede l'estinzione del reato
ambientale di cui all'art. 181 D.Igs. 42/2004 in seguito
all'accertamento di compatibilità paesaggistica - non poteva
essere applicato alla fattispecie de qua per mancanza delle condizioni
ivi contemplate.
Il ricorrente sostiene ora che non poteva farsi riferimento a questa
norma in quanto non era ancora entrata in vigore al momento della
sentenza resa in primo grado (22.12.2004);
2.5 - violazione dall'art. 54 c.p. e dall'art. 2 Cost., laddove i
giudici di merito hanno denegato la scriminante dello stato di
necessità, che invece ricorreva nella fattispecie
giacché gli imputati avevano posizionato il recipiente per
sopperire alle normali esigenze di acqua in una città come
Agrigento, notoriamente afflitta da crisi idrica;
2.6 - violazione dell'art. 62 n. 4 c.p., laddove la corte territoriale
ha negato l'applicazione del danno patrimoniale di particolare
tenuità.
Motivi della decisione
3 - Va anzitutto disattesa la tesi sostenuta col secondo motivo di
ricorso (n. 2.2).
Con essa in sostanza il ricorrente non disconosce la
sovrapponibilità normativa tra l'art. 163 del. D.Lgs.
490/1999 e l'art. 181 del D.Lgs. 42/2004, ma sostiene che l'abrogazione
dell'art. 163, operata dall'art. 184 D.Lgs. 42/2004, è
entrata in vigore sin dal 10.3.2004 (cioè quindici giorni
dopo la pubblicazione dello stesso decreto nella Gazzetta Ufficiale),
mentre Ia omologa norma penale introdotta dall'art. 181 del D.Lgs.
42/2004 è entrata in vigore solo il 1.5.2004, giusta il
disposto del settimo comma dell'art. 183.
Conseguenza di questa tesi e che tra il 10.3.2004 e il 1.5.2004 si
sarebbe verificato un vuoto normativo durante il quale l'esecuzione di
lavori non autorizzati in zone soggette a vincoli paesaggistici non
costituiva reato.
Ma Ia tesi, a prescindere della sua rilevanza nel caso concreto,
è priva di qualsiasi fondamento giuridico.
Infatti, il citato settimo comma deII'art. 183 dispone letteralmente
che "il presente codice entra in vigore il 1° maggio 2004".
Nulla autorizza a concludere che questa entrata in vigore - differita
rispetto al termine ordinario stabilito dall'art. 73, comma 3, Cost. -
non debba valere anche per il successivo art. 184, che indica le
disposizione abrogate, poste che anche questa norma rientra
indubitabilmente nel "codice del beni culturali e del paesaggio", di
cui precedente art. 183 fissa l'entrata in vigore alla data del
1.5.2004.
Del resto, sarebbe stato illogico e illegittimo che il Governo,
delegato ex art. 10 della legge 6.7.2002 n. 137 ad adottare uno o
più decreti legislativi per la codificazione delle
disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, nei
quali indicare "esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate"
(comma 3 dello stesso art. 10), avesse esercitato una delega siffatta
differenziando la entrata in vigore delle disposizioni nuove e
l'entrata in vigore della abrogazione di quelle vecchie.
In altri termini dal contenuto della delega si evince che, non solo le
nuove disposizioni, ma anche l'abrogazione delle vecchie disposizioni,
fanno parte del nuovo "codice dei beni culturali e del paesaggio", e
quindi entrano in vigore contemporaneamente dal 1.5.2004, senza che
l'art. 184 possa essere estrapolato dal codice soltanto
perché è susseguente all'art. 183, che ne
stabilisce l'entrata in vigore.
Non v'è dubbio, quindi, che esiste una perfetta
continuità normativa tra l'art. 163 D.Lgs. 490/1999 e l'art.
181 D.Lgs. 42/2004, non solo sotto il profilo contenutistico (secondo
la giurisprudenza costante di questa corte), ma anche sotto il profilo
temporale.
4 - Va parimenti disattesa la censura di cui al precedente n. 2.4.
E' pacifico che gli imputati in data 30.6.2004 avevano ottenuto un
parere di compatibilità ambientale in relazione
all'intervento da loro eseguito sul territorio. Ma è
altrettanto certo che nel caso di specie non ricorrevano le condizioni
alle quali il comma 37 dell'art. 1 della legge 15.12.2004 n. 308
subordina l'estinzione del reato di cui all'art. 181 D.Lgs. 42/2004 in
presenza di un certificato di compatibilità paesaggistica
(in particolare i trasgressori non avevano previamente pagato le
sanzioni pecuniarie previste).
Vero è che tale norma è entrata in vigore in data
11.1.2005, e cioè solo dopo Ia sentenza di primo grado, che
è del 22.12.2004. Ma è altrettanto vero che essa,
in quanto norma successiva, penalmente più favorevole
laddove prevede la estinzione del reato ambientale, poteva essere
applicata dalla corte d'appello. Per conseguenza, prima della entrata
in vigore della norma, il reato ambientale non poteva essere estinto da
un parere postumo favorevole rilasciato dalla autorità
preposta alla tutela del vincolo; dopo l'entrata in vigore della norma,
l'estinzione del reato da una parte era astrattamente possibile in
presenza di un postumo certificato di compatibilità
paesaggistica, ma dall'altra non era concretamente perfezionabile per
Ia mancanza delle condizioni a cui la norma subordina l'effetto
estintivo.
5 - II terzo, il quinto e il sesto motivo di ricorso (nn. 2.3, 2.5 e
2.6) non fanno che riproporre le censure formulate al riguardo in sede
di appello, senza prendere in considerazione le argomentazioni
specifiche con cui la corte territoriale le ha disattese.
Come tali, i motivi sono inammissibili per genericità.
Devono quindi essere confermate le valutazioni, indubbiamente
legittime, con cui la corte palermitana ha ritenuto che la posa in
opera non autorizzata del recipiente prefabbricato di cui trattasi
integra il contestato reato; che il reato non poteva essere scriminato
per il dedotto stato di necessità (se non altro
perché la notoria crisi idrica poteva essere risolta con
mezzi alternativi concretamente praticabili); che non poteva esser
applicata la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale
tenuità di cui all'art. 62 n. 4 c.p. (se non altro
perchè - anche ammettendo che il reato offenda comunque il
patrimonio) - il danno non poteva considerarsi tenue, considerata la
dimensione notevole del prefabbricato, la sua visibilità
dalla strada pubblica etc.).
6 - Resta da esaminare il primo motivo di ricorso (n. 2.1), con cui il
difensore sostiene la prescrizione del reato in considerazione del
fatto che la vasca era stata collocata sul terreno almeno sei/otto mesi
prima della data del sopralluogo (19.11.2001).
Anche questa censura è però inammissibile
perchè deduce circostanze e valutazioni di fatto che sono
state già disattese dalla corte di merito.
Al riguardo infatti la sentenza impugnata, con motivazione
incensurabile in questa sede, ha ritenuto che le asserzioni del
difensore circa l'epoca antecedente in cui il recipiente sarebbe stato
istallato erano sfornite di prova e pertanto non erano sufficienti a
mettere in dubbio la data del 19.11.2001 come tempus commissi delicti.
Ne consegue che la prescrizione del reato maturerà soltanto
il 19.5.2006.
7- Il ricorso va pertanto rigettato. Consegue ex art. 616 c.p.p. la
condanna dei ricorrenti alle spese processuali. Considerato il
contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di comminare anche la
sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
la corte suprema di cassazione rigetta il ricorso e condanna i
ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27.4.2006.
Il consigliere
estensore
Il presidente
Pierluigi
ONORATO
Guido DE MAIO
Beni Ambientali. Codice Urbani
- Dettagli
- Categoria principale: Beni Ambientali
- Categoria: Cassazione Penale
- Visite: 4762