Cass. Sez. III n.42221 del 22 dicembre 2006 (c.c. 18 ott. 2006)
Pres. Postiglione Est.Fiale Ric. Di Renzo
La presentazione di domanda per “condono paesaggistico” non impedisce l’emanazione di un provvedimento di sequestro, preventivo (o probatorio), sia perché detta misura ha lo scopo di lasciare inalterata la situazione e di impedire la prosecuzione dell’opera e la commissione di ulteriori reati, sia perché, ai fini dell'operatività della speciale causa estintiva, è necessario l'accertamento della ricorrenza di tutti i presupposti e requisiti cui essa è subordinata.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Magistrati: Camera di consiglio
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 18/10/2006
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - N. 1006
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 26463/2006
ha pronunciato la seguente:

 

 

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI RENZO ELIGIO, n. a Pennadomo (CH) il 12/5/1950;
avverso l'ordinanza 12/06/2006 del Tribunale per il riesame di Chieti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata;
udito il difensore, Avv.to IEZZI Lorenzina, la quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Il GIP del Tribunale di Chieti, con provvedimento del 28.4.2006, disponeva il sequestro preventivo di alcuni manufatti (chalet in muratura con copertura in legno ed antistante chiosco in muratura;
casotto in legno con adiacente roulotte; gazebo in legno; recinzione in legno alta circa mt. 1,70 impiantata su cordolo in cemento; area scoperta pavimentata) realizzati - in assenza di qualsiasi autorizzazione amministrativa - in un'area del Comune di Ortona assoggettata a vincolo paesaggistico costiero e ricadente nella fascia di rispetto del demanio marittimo.
La misura di cautela reale veniva disposta nei confronti di Di Renzo Eligio, indagato per i reati di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), ed al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181. Il Tribunale di Chieti - con ordinanza del 12.6.2006 - rigettava l'istanza di riesame proposta nell'interesse dell'indagato. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Di Renzo, il quale ha eccepito:
- la mancata contestazione - della contravvenzione - di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, poiché nessun riferimento a tale norma era contenuto nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato ai sensi dell'art. 415 c.p.p.: ciò priverebbe "di qualsiasi sostegno il mantenimento della misura" di cautela reale;
- la insussistenza, nella specie, dell'ipotizzato vincolo paesaggistico, secondo le previsioni (sicuramente legittime) del piano regolatore generale e del piano regionale paesistico;
- l'assenza di un concreto pericolo di effetti pregiudizievoli della condotta contestata, essendo stata presentata domanda di "condono ambientale", della L. n. 308 del 2004, ex art. 1, comma 37, accompagnata dal versamento delle somme prescritte, che comporterebbe il venire meno di ogni esigenza di cautela.
Con memoria depositata il 12.10.2006, il difensore ha poi prodotto parere positivo di compatibilità paesaggistica - reso in data 3.10.2006 dalla Direzione generale per i beni culturali e paesaggistici per l'Abruzzo, ai sensi della L. n. 308 del 2004, art. 1, comma 39, e del D.Lgs. n. 157 del 2006, art. 29 - in cui si attesta che "le opere, realizzate in un ambito chiaramente antropizzato, sono compatibili con il contesto paesaggistico considerato".
Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato. 1. La misura di cautela reale in oggetto è stata disposta in relazione ai reati di cui:
a) al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), (edificazione in zona vincolata in assenza del permesso di costruire);
b) al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (realizzazione non autorizzata di interventi in zona assoggettata ex lege a vincolo paesaggistico). Tale ultima contravvenzione risulta contestata in fatto all'indagato anche nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari notificatogli ai sensi dell'art. 415 c.p.p., poiché nel capo di imputazione - pure in assenza di riferimento espresso al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 - è espressamente evidenziata, in relazione alla comune disposizione sanzionatoria di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, l'assenza sia del permesso di costruire sia del nulla - osta paesaggistico. 2. L'esistenza del vincolo paesaggistico costiero, del D.Lgs. n. 42 del 2005, ex art. 142, comma 1, lett. a), è attestata dallo stesso accertamento eseguito dalla Direzione generale per i beni culturali e paesaggistici per l'Abruzzo e dal relativo parere reso in data 3.10.2006 e prodotto dalla difesa.
Non risulta, al contrario, che l'area in oggetto sia stata esclusa dall'individuazione delle aree vincolate per legge demandata al piano paesaggistico dal D.Lgs. n. 42 del 2005, art. 143, comma 1, lett. b), come modificato dal D.Lgs. n. 157 del 2006.
3. Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza 29.1.2003, n. 2, Innocenti - hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo di una costruzione abusiva già ultimata, affermando che:
- il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato;
- in tema di reati edilizi o urbanistici, "spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere una attenta valutazione del pericolo derivante da libero uso della cosa pertinente all'illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell'indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l'attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività";
- tra le specifiche conseguenze antigiuridiche che, ex art. 321 c.p.p., possono determinarsi a causa del mancato impedimento della libera disponibilità del manufatto abusivo, ben può farsi rientrare la perpetrazione dell'illecito amministrativo sanzionato dal R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 221, (divieto di abitare gli edifici sforniti di certificato di agibilità), non inquadrabile "nella agevolazione di commissione di altri reati", ma certamente costituente una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta (la libera utilizzazione della cosa) che il provvedimento cautelare è finalizzato ad inibire (principio ribadito da Cass., Sez. 3^, 21.1.2005, Cappa; si veda però - in senso contrario - Cass., Sez. 3^, 6.7.2004, Sardi).
Il Tribunale di Chieti, nell'ordinanza impugnata, ha dato conto, con motivazione adeguata, di avere compiuto quella "attenta valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all'illecito penale" dei manufatti illecitamente realizzati, secondo il riferito orientamento delle Sezioni Unite: a fronte della sostanziale creazione di uno chalet e di un casotto in legno con adiacente roulotte ad uso residenziale, invero, ha fatto corretto riferimento all'aggravamento del carico urbanistico sulle infrastrutture preesistenti, oggettivamente configurabile quanto meno in relazione alle prescritte dotazioni minime di spazi pubblici per abitante nella zona urbanistica interessata (standards di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444).
4. Il ricorrente ha esperito la procedura di cd. "condono paesaggistico", prevista dalla L. n. 308 del 2004, articolo unico, comma 37, ed applicabile ai reati paesaggistici compiuti entro e non oltre il 30 settembre 2004.
In relazione alla relativa istanza, il Tribunale correttamente ha rilevato che la presentazione della stessa non impedisce l'adozione o la permanenza di un provvedimento di sequestro, preventivo (o probatorio), sia perché detta misura ha lo scopo di lasciare inalterata la situazione e di impedire la prosecuzione dell'opera e la commissione di ulteriori reati, sia perché, ai fini dell'operatività della speciale causa estintiva, è necessario l'accertamento della ricorrenza di tutti i presupposti e requisiti cui essa è subordinata.
Il successivo rilascio del parere positivo di compatibilità paesaggistica reso in data 3.10.2006 dalla Direzione generale per i beni culturali e paesaggistici per l'Abruzzo, potrà essere valutato - invece - in seguito ad apposita istanza per la revoca della misura, da proporsi al giudice competente, al quale spetta la verifica dell'esistenza delle condizioni estintive del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (prima fra tutte l'effettiva ultimazione delle opere entro e rum oltre il 30 settembre 2004).
Resta comunque ferma, allo stato, l'ulteriore contestazione riferita al reato edilizio connesso all'assenza del titolo abilitativo prescritto dal D.P.R. n. 380 del 2001.
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
visti gli artt. 127 e 325 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 ottobre 2006. Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2006