Cass. Sez. III n. 19719 del 22 maggio 2007 (Ud. 5 apr. 2007)
Pres. Papa Est. Petti Ric. Carrozzo
Beni Ambientali. Condono paesaggistico

Qualsiasi intervento realizzato entro il 30 settembre del 2004 nelle zone vincolate è suscettibile di sanatoria alle condizioni previste dalla legge ossia : a)che le tipologie edilizie realizzate ed i materiali utilizzati,anche se diversi da quelli indicati nell'autorizzazione,debbano rientrare tra quelli previsti ed assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o,altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico, b) che i trasgressori abbiano previamente pagato la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004 maggiorata da un terzo alla metà. Nel rispetto delle anzidette condizioni qualsiasi intervento si deve considerare sanabile. Tuttavia si deve rilevare che tale sanatoria per espressa disposizione della norma è limitata al reato di cui all'articolo 181 decreto legislativo n. 42 del 2004 e comunque ai reati paesaggistici come ad esempio a quello previsto dall'articolo 734 codice penale, ma non si estende al reato edilizio per la mancanza di norme di coordinamento.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 05/04/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 1066
Dott. TARDINO Vincenzo Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 42370/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
difensore di CARROZZO Angelo, nato a DISO l'11 agosto del 1946;
avverso la sentenza della corte d'appello di Lecce del 28 giugno del 2006;
udita la relazione svolta del consigliere Dott. PETTI Ciro;
sentito il sostituto procuratore generale nella persona del Dott. BAGLIONE Tindari, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
Osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 28 giugno del 2006, la corte d'appello di Lecce,confermava quella pronunciata dal tribunale della medesima città, sezione distaccata di Tricase, con cui CARROZZO Angelo era stato condannato alla pena di mesi due di arresto ed Euro 13.000,00, di ammenda, quale responsabile del reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20 lett. b), nonché del reato di cui al D.L. n. 490 del 1999, art. 163, per avere costruito, in zona paesaggistica, un fabbricato di mq. 155 circa senza la concessione edilizia e senza il nulla osta dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. Fatto accertato il 7 novembre del 2002 sulla litoranea per Santa Cesarea. Con la medesima sentenza il tribunale ordinava la demolizione delle opere e subordinava la concessione del beneficio della sospensione della pena alla demolizione stessa.
A fondamento della decisione la corte territoriale osservava che il prevenuto non poteva usufruire della sospensione del processo di cui della L. n. 47 del 1985, art. 38, anche se aveva presentato la domanda per la definizione dell'illecito a norma della L. n. 326 del 2003, perché l'opera non era condonabile; che non poteva altresì ottenere la sospensione del processo a norma della L. n. 308 del 2004 perché tale legge non prevede la sospensione del processo; che il prevenuto non poteva usufruire della causa estintiva di cui alla L. n. 308 del 2004, art. 1, comma 37, giacché tale norma si riferisce ad interventi eseguiti su immobili preesistenti e non alle nuove costruzioni.
Ricorre per cassazione l'imputato per mezzo del proprio difensore denunciando:
la violazione della L. n. 47 del 1985, artt. 38, la L. n. 308 del 2004, art. 1, comma 37, e della L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 25 e segg., per avere la corte ritenuto non sanabile l'opera realizzata e quindi omesso di sospendere il processo: assume che la corte aveva omesso di considerare che il legislatore con il D.L. n. 42 del 2004, art. 167, comma 1, ha ammesso la possibilità di sanare l'abuso dietro pagamento di un determinato importo ,che la condonabilità dell'opera sotto il profilo paesaggistico esplica i suoi effetti anche in relazione al condono edilizio perché una diversa lettura produrrebbe effetti abnormi;
la violazione della L. n. 47 del 1985, artt 38 e 39, per avere la corte omesso di dichiarare l'estinzione dei reati a seguito dell'integrale oblazione.
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché infondato.
In relazione alla prima doglianza si osserva che, secondo l'orientamento consolidato di questa sezione, non sono suscettibili di sanatoria ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, convertito nella L. n. 326 del 2003, le nuove costruzioni residenziali realizzate in assenza di titolo abilitativo edilizio in zone soggette a vincolo imposto a tutela degli interessi paesaggistici (cfr tra le più recenti 6431 del 2007; 12577 del 2005; 38694 del 2004). L' art. 32, comma 26, dispone, infatti, che: "Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1:
a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 32;
b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 32, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio".
La seconda parte della lett. a) del comma 26 statuisce espressamente dunque, che nelle aree sottoposte a vincolo di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 32, (trattasi anche dei vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici) è possibile ottenere la sanatoria soltanto per gli interventi edilizi di minore rilevanza (corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1:
restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Ed in proposito non può mancarsi di rilevare che la normativa statale sul condono edilizio, per la sua natura straordinaria ed eccezionale, è di stretta interpretazione. Siffatto orientamento risulta avallato anche dalla Relazione governativa al D.L. n. 269 del 2003, secondo la quale "... è fissata la tipologia di opere assolutamente insanabili tra le quali si evidenziano ... quelle realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio nelle aree sottoposte ai vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici ... Per gli interventi di minore rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si ammette la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili soggetti a vincolo previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela. Per i medesimi interventi, nelle aree diverse da quelle soggette a vincolo, l'ammissibilità alla sanatoria è rimessa ad uno specifico provvedimento regionale".
Trattandosi di opera non condonabile in base al D.L. citato convertito nella L. n. 326 del 2003, era inutile sospendere il processo. Invero,in tema di reati edilizi, la presentazione dell'istanza di condono, non esclude automaticamente la potestà del giudice ordinario di conoscere della vicenda, ma consente la possibilità di sospendere il processo in attesa di definizione della procedurali condono ex L. n. 47 del 1985, art. 38, richiamato sul punto dalla L. n. 326 del 2003, art. 32. L'effetto sospensivo non si verifica però automaticamente, per la semplice presentazione della domanda in sede amministrativa, bensì soltanto in esito agli accertamenti consentiti al giudice ordinario, consistenti nella verifica che le opere edilizie siano state completate entro il termine fissato dalla legge sul condono; che l'immobile non superi la volumetria prevista dalla legge e che l'intervento sia astrattamente condonabile. L'esito negativo dell'indicato esame determina la persistenza del potere funzionale del giudice di verificare la legittimità dei comportamenti, indipendentemente dall'esito della procedura amministrativa.(cfr per tutte Cass 3762 del 2000; 386994 del 2004,21679 del 2004,). Legittimamente quindi i giudici del merito hanno respinto l'istanza di sospensione a seguito della presentazione della domanda di condono, a nulla rilevando che sia stata corrisposta l'oblazione o che questa sia stata ritenuta congrua dalla pubblica amministrazione. Invero, trattandosi di una causa estintiva del reato, rientra nei compiti devoluti all'autorità giudiziaria stabilire se si siano o no verificati tutti i presupposti per l'applicazione di tale causa estintiva e tale accertamento non costituisce disapplicazione di un atto amministrativo e segnatamente del certificato di congruità richiamato da ricorrente (cfr cass 9963 del 1997; 736 del 1999: 5031 del 2001).
Anche per quanto concerne il motivo relativo al condono paesaggistico la sentenza impugnata va confermata sia pure con qualche puntualizzazione.
Legittimamente la corte leccese ha rigettato l'istanza di sospensione del processo avanzata dal prevenuto per la presentazione della domanda di compatibilità paesaggistica anche se, come accennato all'inizio, la motivazione deve essere parzialmente rettificata. Invero, come già precisato da questa corte con la sentenza n. 15946 del 2006, della L. citata, art. unico, comma 37, avente efficacia immediata, introduce un'ipotesi di estinzione di qualsiasi illecito penale in materia paesaggistica e, quindi, in primo luogo di quello di cui al D.L. n. 42 del 2004, art. 181, per i lavori compiuti su beni vincolati entro e non oltre il 30 settembre del 2004, senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa a condizione che intervenga ex posi l'accertamento di compatibilità paesaggistica rispetto ai valori sottoposti a tutela. La norma parla genericamente di "lavori compiuti su beni paesaggistici" senza escludere espressamente alcuna tipologia edificatoria. Siffatta generica dizione ha indotto qualche commentatore della legge ad interpretare restrittivamente la norma ed a circoscrivere l'abuso sanabile a quelli di minore entità giacché un'interpretazione letterale estesa a qualsiasi abuso porrebbe problemi di incostituzionalità per la violazione dell'art. 9 Cost., che tutela il paesaggio. A tale interpretazione si è adeguata la corte salentina. In realtà la mancata previsione di limiti all'intervento ha una sua coerenza ed una sua logica e si spiega con la natura eccezionale dell'intervento stesso. Invero il legislatore, dopo avere introdotto con la legge in esame per le zone vincolate una sanatoria a regime limitata agli abusi minori, ha voluto consentire in via eccezionale una sanatoria ad amplissimo raggio, posto che quella limitata era stata già prevista a regime e, d'altra parte, la stessa L. n. 326 del 2003, già in vigore consentiva nelle zone vincolate la sanatoria degli abusi minori commessi fino a tutto il mese di marzo del 2003. Pertanto una sanatoria limitata ad interventi minori non avrebbe avuto senso giacché tale sanatoria era già prevista in via generale con le modificazioni apportate all'art. 181 del codice Urbani per mezzo del della L. n. 308 del 2004, art. unico, comma 36. Quindi, qualsiasi intervento realizzato entro il 30 settembre del 2004 nelle zone vincolate è suscettibile di sanatoria alle condizioni previste dalla legge ossia: a) che le tipologie edilizie realizzate ed i materiali utilizzaticene se diversi da quelli indicati nell'autorizzazione, debbano rientrare tra quelli previsti ed assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico, b) che i trasgressori abbiano previamente pagato la sanzione pecuniaria di cui del D.L. n. 42 del 2004, art. 167, maggiorata da un terzo alla metà. Nel rispetto delle anzidette condizioni qualsiasi intervento si deve considerare sanabile. Tuttavia si deve rilevare che tale sanatoria per espressa disposizione della norma è limitata al reato di cui D.L. n. 42 del 2004, art. 181, e comunque ai reati paesaggistici come ad esempio a quello previsto dall'art. 734 c.p., ma non si estende al reato edilizio per la mancanza di norme di coordinamento. Invero, mentre la L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 43, n. l, ha espressamente previsto che "il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo", quella sul condono paesaggistico non contiene alcuna previsione del genere. In mancanza di esplicita norma di coordinamento non è possibile estendere la sanatoria anche al reato edilizio, specialmente se commesso dopo il 31 marzo del 2003 e prima del 30 settembre del 2004, giacché il condono edilizio e quello paesaggistico si fondano su presupposti diversi quanto ai paramenti di valutazione della compatibilità dell'opera. Invero, per la condonabilità dell'abuso edilizio, è richiesta la conformità agli strumenti urbanistici vigenti; per quella dell'abuso paesaggistico la conformità agli strumenti di pianificazione paesaggistica ove vigenti,o,altrimenti al cosiddetto "contesto paesaggistico" Un'opera può essere conforme ai piani paesaggistici ma non agli strumenti urbanistici e viceversa, giacché l'interesse paesaggistico è diverso da quello urbanistico, anche se si sta imponendo la tendenza a fare coincidere i due interessi (cfr ad esempio l'art. 145 del codice Urbani).
La giurisprudenza analizzando il rapporto tra urbanistica e paesaggio, ha distinto le due materie tenuto conto del diverso interesse pubblico tutelato: l'urbanistica ha infatti come scopo il raggiungimento di un ordinato assetto del territorio, il paesaggio tende invece alla conservazione della funzione estetico culturale del bene - valore, tra l'altro direttamente ed autonomamente tutelato dalla Costituzione (Cfr Cons. Stato sez. 6 14 gennaio 1995 n. 29, Cass Sez. 3, 9 febbraio 1998 n. 1492). Quindi, quand'anche la prevenuta dovesse ottenere la compatibilità paesaggistica per l'abuso paesaggistico commesso, non potrebbe evitare la condanna per l'abuso edilizio e la conseguente demolizione del manufatto illecitamente realizzato.
Allo stato però la prevenuta non ha chiesto la declaratoria di estinzione del reato paesaggistico non avendo ancora ottenuto l'attestazione di compatibilità paesaggistica, ma si è limitata ad avanzare istanza di sospensione del processo nell'attesa che l'autorità amministrativa si pronunci sulla compatibilità paesaggistica. Siffatta istanza non può essere accolta giacché nulla dispone in proposito la L. n. 308 del 2004. In una situazione del genere, mancando un'espressa previsione legislativa analoga a quella di cui della L. n. 47 del 1985, art. 38, richiamato dalla L. n. 326 del 2003, questa corte non può sospendere sine die il processo con il conseguente rischio di prescrizione giacché, non essendo prevista la sospensione del processo, non può considerarsi sospeso neppure il termine prescrizionale. Questa stessa sezione, nel silenzio della legge, si è già pronunciata per la non
sospendibilità del processo (Cass 33297 del 2005). D'altra parte non si può fare ricorso all'art. 479 c.p.p., perché tale norma presuppone l'esistenza di una controversia in atto da definire con sentenza mentre alla stato non esiste alcuna controversia, la quale potrebbe sorgere ove la parte dovesse impugnare un eventuale provvedimento di rigetto da parte dell'autorità amministrativa. La mancanza di coordinamento tra la L. n. 326 del 2003 e la L. n. 308 del 2004 può essere risolta solo dal legislatore con un intervento correttivo.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p..
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2007