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Consiglio di Stato Sez. VI sent. 4866 del 2 settembre 2003
Beni Ambientali. Vincolo paesaggistico. Annullamento dell'autorizzazione

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 4418 del 2000, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali (Ufficio Centrale per i beni ambientali e paesaggistici), in persona del Ministro pro tempore, e per la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Brescia, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,

contro

la s.r.l. Manoco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Cochetti e Giuseppe Onofri, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via del Monte di Casa, n. 21, presso lo studio dell’avvocato Antonio Cochetti;

e nei confronti

- del Comune di Manerba del Garda, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;

- della Regione Lombardia, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione di Brescia, 5 agosto 1999, n. 732, e per la reiezione del ricorso di primo grado n. 1186 del 1996;

Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della s.r.l. Manoco, integrato con una memoria depositata in data 23 maggio 2003;

Vista l’ordinanza n. 2686 del 2 giugno 2000, con cui la Sezione ha accolto la domanda cautelare formulata in via incidentale dalle Amministrazioni appellanti, ai sensi dell’art. 33 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034;

Visti gli atti tutti del giudizio;

Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti all’udienza del 6 giugno 2003;

Udito l’avvocato dello Stato Arena per le Amministrazioni appellanti;

Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con l’atto n. 6901 del 22 dicembre 1995, la giunta regionale della Lombardia ha autorizzato la s.r.l. Manoco a costruire un villaggio-albergo, in una località prospiciente il lago di Garda e dichiarata di notevole interesse pubblico con decreto ministeriale del 24 marzo 1976, sita nel territorio del Comune di Manerba del Garda.

Con decreto di data 28 marzo 1996, emanato ai sensi dell’art. 82 del decreto legislativo 24 luglio 1977, n. 616, l’Ufficio centrale per i beni ambientali e paesaggistici ha annullato l’autorizzazione regionale, rilevando che, senza motivazione, essa ha assentito la realizzazione di due grandi edifici, due piscine e un parcheggio su una spiaggia alberata, in “uno fra i luoghi oggi più caratteristici e di maggior pregio ambientale del lago”.

Col ricorso n. 1186 del 1996, proposto al TAR per la Lombardia, Sezione di Brescia, la s.r.l. Manoco ha impugnato il provvedimento statale di annullamento della autorizzazione paesistica e ne ha chiesto l’annullamento.

Il TAR, con la sentenza n. 732 del 1999, ha accolto la censura di violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed ha annullato l’atto statale.

2. Con il gravame in esame, il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Brescia hanno impugnato la sentenza del TAR ed hanno chiesto che, in sua riforma, sia respinto il ricorso di primo grado.

La società appellata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del gravame.

Con una memoria depositata in data 23 maggio 2003, la società ha illustrato le proprie difese ed ha insistito nelle già formulate conclusioni.

La Sezione, con l’ordinanza n. 2686 del 2 giugno 2000, ha accolto la domanda cautelare, formulata dalle Amministrazioni ai sensi dell’art. 33 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

3. Alla udienza del 6 giugno 2003 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del decreto emesso in data 28 marzo 1996 dall’Ufficio centrale per i beni ambientali e paesaggistici, che ha annullato l’atto n. 6901 del 22 dicembre 1995, con cui – tra l’altro - la giunta regionale della Lombardia sotto il profilo paesistico ha autorizzato la società appellata a costruire un villaggio-albergo, in una località prospiciente il lago di Garda (dichiarata di notevole interesse pubblico con decreto ministeriale del 24 marzo 1976 e sita nel territorio del Comune di Manerba del Garda).

Il decreto statale di annullamento, emesso ai sensi dell’art. 82 del decreto legislativo 24 luglio 1977, n. 616, ha rilevato che, senza motivazione, la giunta regionale ha assentito la realizzazione di due grandi edifici, due piscine e un parcheggio su una spiaggia alberata, in “uno fra i luoghi oggi più caratteristici e di maggior pregio ambientale del lago”.

Con la sentenza impugnata (la cui efficacia è stata sospesa con l’ordinanza n. 2686 del 2000), il TAR per la Lombardia, Sezione di Brescia, ha accolto il ricorso di primo grado proposto dalla società ed ha annullato il provvedimento statale, per violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

2. Con il gravame in esame, il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Brescia hanno impugnato la sentenza del TAR ed hanno chiesto che, in sua riforma, sia respinto il ricorso di primo grado.

A fondamento dell’appello, le Amministrazioni hanno dedotto che:

- poiché l’istanza di rilascio della autorizzazione paesistica attiva un procedimento unitario, l’atto statale di annullamento della autorizzazione non deve essere preceduto dalla comunicazione dell’avviso del procedimento nei confronti del soggetto autorizzato, neppure nel vigore del regolamento approvato col decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495;

- la comunicazione sarebbe comunque risultata inutile, poiché si è seguito il procedimento previsto dall’art. 82 del decreto legislativo n. 616 del 1977 e le eventuali osservazioni della società non avrebbero potuto sanare il vizio di carenza di motivazione della autorizzazione rilasciata il 22 dicembre 1995.

3. Così riassunte le articolate censure delle Amministrazioni, ritiene il Collegio che esse vadano respinte, perché infondate.

3.1. Va premesso che il provvedimento statale di data 28 marzo 1996 è stato emanato quando la giurisprudenza - in ragione della unicità del procedimento di rilascio della autorizzazione paesistica e del riesame da parte del Ministero – affermava l’insussistenza dell’obbligo per il Ministero di comunicare l’avvio della fase del controllo a chi avesse ottenuto l’autorizzazione paesistica (Sez. VI, 12 maggio 1994, n. 771; Sez. VI, 25 settembre 1995, n. 963).

Successivamente, la giurisprudenza:

a) ha ribadito tale principio per i provvedimenti emessi prima della entrata in vigore del regolamento approvato col decreto 13 giugno 1994, n. 495 (Sez. VI, 1° dicembre 1999, n. 2069; Sez. VI, 15 maggio 2000, n. 2772; Sez. VI, 3 novembre 2000, n. 5929; Sez. VI, 27 dicembre 2000, n. 6887; Sez. VI, 13 febbraio 2001, n. 685; Sez. VI, 19 giugno 2001, n. 3233);

b) ha osservato che, nel vigore dell’art. 4 del regolamento n. 495 del 1994 cui si è autovincolato il Ministero, al soggetto autorizzato va data comunicazione dell’avviso dell’avvio della fase del controllo-riesame (Sez VI, 22 aprile 2002, n. 2170; Sez. VI, 3 luglio 2002, n. 3662; Sez. VI, 17 settembre 2002, n. 4709), anche se è sufficiente un meccanismo procedurale (formula espressa apposta in calce al documento comunicato all'interessato, avviso ad hoc o altro mezzo) che assicuri il raggiungimento dello scopo (Sez. VI, 1° dicembre 1999, n. 2069, cui si sono adeguate Sez. VI, 17 febbraio 2000, n. 909; Sez. VI, 6 luglio 2000, n. 3793; Sez. VI, 22 agosto 2000, n. 4546; Sez. VI, 13 febbraio 2001, n. 685; Sez. 22 aprile 2002, n. 2170), ovvero la c.d. conoscenza aliunde dell’inizio del procedimento (Sez. VI, 19 giugno 2001, n. 3233; Sez. VI, 13 febbraio 2003, n. 790; Sez. VI, 13 febbraio 2003, n. 790; Sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1909).

c) ha rilevato che, in “assenza di alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento” e in “assenza di alcun atto equipollente”, il provvedimento statale di annullamento – emesso nel vigore del regolamento n. 495 del 1994 - risulta illegittimo per violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 e del medesimo regolamento (Sez. VI, 29 maggio 2002, n. 2983; Sez. VI, 14 gennaio 2003, n. 119).

Ritiene al riguardo il Collegio che non sussistono ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento della Sezione sulla decisiva rilevanza del regolamento n. 495 del 1994, il quale (non rilevando ratione temporis la sua modifica disposta col regolamento 19 giugno 2002, n. 165) ha sancito una regola procedimentale ulteriore rispetto alla preesistente normativa primaria ed ha determinato l’obbligo per il Ministero di trasmettere all’originario richiedente – prima del formale annullamento della autorizzazione paesistica - la comunicazione dell’avviso dell’avvio del procedimento, qualora non risulti - dalla stessa autorizzazione o aliunde – che egli abbia avuto notizia dell’inoltro della pratica all’organo statale.

Nella specie, come risulta dalla documentazione acquisita (e come è stato rilevato dalla sentenza impugnata con una statuizione non contestata nell’atto di appello), l’inoltro della pratica alla fase del riesame non è stato comunicato alla società appellata – quando già era entrato in vigore il regolamento n. 495 del 1994 - né da organi centrali o periferici del Ministero, né dalla stessa Regione Lombardia, la cui autorizzazione neppure ha indicato che essa sarebbe stata trasmessa al Ministero, ai sensi dell’art. 82 del decreto legislativo n. 616 del 1977.

Ciò comporta che effettivamente risulta il vizio riscontrato dal TAR, di violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, reso applicabile in materia dal regolamento n. 495 del 1994.

3.2. Contrariamente a quanto hanno dedotto le Amministrazioni appellanti, non può affermarsi che, essendosi seguito il procedimento previsto dall’art. 82 del decreto legislativo n. 616 del 1977, il rispetto delle previsioni regolamentari “sarebbe comunque risultato inutile”.

Infatti, la ratio delle richiamate disposizioni del regolamento n. 495 del 1994 è stata quella di rendere concretamente noto all’interessato – pur in assenza di una corrispondente norma primaria e malgrado la normativa penale rilevante in materia – l’avvenuto passaggio della sua domanda e della autorizzazione alla seconda fase del procedimento (la cui complessità è stata rilevata da Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9): esse sono applicabili anche se – come già rilevato dalla giurisprudenza richiamata alle lettere a) e b) del precedente punto 3.1. - hanno richiesto una formalità aggiuntiva e non richiesta dalla previgente normativa primaria generale o di settore.

Del resto, anche dallo stesso regolamento n. 165 del 2002 (il cui art. 2 ha previsto che, durante la fase del riesame, l’istante può comunque “presentare memorie o documenti”) si evince che una norma regolamentare ben può disciplinare ulteriori formalità di rilievo procedimentale, sia pure non previste dalla normativa primaria.

Va dunque disattesa la tesi delle appellanti sulla irrilevanza in concreto della formalità imposta dal regolamento n. 495 del 1994.

3.2. Quanto precede comporta l’infondatezza dei motivi di appello.

4. Per le ragioni che precedono, l’appello in esame va respinto e la sentenza impugnata va confermata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello n. 4418 del 2000.

Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 6 giugno 2003, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:

Mario Egidio SCHINAIA Presidente

Sergio SANTORO Consigliere

Alessandro PAJNO Consigliere

Luigi MARUOTTI Consigliere Est.

Giuseppe ROMEO Consigliere