TAR Puglia (BA) Sez. III n. 1613 del 3 luglio 2008
Beni Ambientali. Controllo ministeriale
Un’azione amministrativa efficace in materia di tutela paesaggistica, considerati gli obiettivi di salvaguardia di cui alla normativa vigente, deve inevitabilmente collegarsi all’idoneità delle scelte operate dagli organi competenti a preservare il bene paesaggio; sicchè il successivo controllo –ministeriale e giurisdizionale- su tali scelte, sebbene a carattere indubbiamente discrezionale, non potrà non impingere nel “merito”, utilizzandosi criteri mutuabili da scienze diverse da quelle giuridiche
Beni Ambientali. Controllo ministeriale
Un’azione amministrativa efficace in materia di tutela paesaggistica, considerati gli obiettivi di salvaguardia di cui alla normativa vigente, deve inevitabilmente collegarsi all’idoneità delle scelte operate dagli organi competenti a preservare il bene paesaggio; sicchè il successivo controllo –ministeriale e giurisdizionale- su tali scelte, sebbene a carattere indubbiamente discrezionale, non potrà non impingere nel “merito”, utilizzandosi criteri mutuabili da scienze diverse da quelle giuridiche
N. 01613/2008 REG.SEN.
N. 01771/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1771 del 2006, proposto da:
Calalunga Spa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Enrico Follieri e Ilde Follieri, con domicilio eletto in Bari, presso l’avv. F.Lofoco, alla via P. Fiore n.14;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari e Foggia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Bari alla via Melo n. 97;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del decreto della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari e Foggia del 31.8.2006, prot. n.5785, di annullamento del provvedimento n.42 del 4.7.2006 del Comune di Peschici che rilasciava autorizzazione paesaggistica per “ristrutturazione edilizia per edificio ad albergo ubicato alla località Calalunga Fortezze” in favore della società ricorrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari e Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/04/2008 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.-Con il ricorso in epigrafe, la società Calalunga p.a. ha proposto gravame avverso l’annullamento ministeriale del nulla-osta paesaggistico rilasciato dal Comune di Peschici in relazione ad un intervento edilizio in località “Le Fortezze”, per il recupero di due edifici da destinare ad albergo, riportati da moltissimi anni sulla cartografia aerofotogrammetria-I.G.M..
Con atti depositati in data 17.11.2006, si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e la Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari e Foggia.
2.-Con ordinanza n.843/2007 di questa Sezione è stato disposto incombente istruttorio e, in esecuzione della stessa, sia la Sovrintendenza –per quanto di competenza- sia il Comune di Peschici hanno provveduto al deposito in giudizio della documentazione richiesta.
Con memorie –rispettivamente- in data 17 marzo 2007 e 28 marzo 2008, la società ricorrente ha meglio articolato e puntualizzato le proprie censure. Così anche l’Avvocatura distrettuale in data 14 marzo 2007, ha meglio supportato le ragioni contrarie attraverso il deposito di una relazione della Sovrintendenza.
All’udienza del 9 aprile 2008 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.-Con il gravame in epigrafe, la società ricorrente ha articolato tre distinti –e parzialmente alternativi- motivi di ricorso avverso l’impugnato annullamento ministeriale del nulla-osta paesaggistico.
1.1-Con il primo motivo ha dedotto il –presunto- sconfinamento nel merito dell’indagine condotta dalla Sovrintendenza.
Assume, invero, la ricorrente che anche alla luce della normativa attualmente vigente in materia di tutela paesaggistica, dovrebbe potersi confermare la validità degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in base alla precedente normativa in merito ai poteri spettanti al Ministero e alla Sovrintendenza, giacchè anche con la modifica introdotta dal d.lgs. n.157/06, il recente codice dei beni culturali e del paesaggio, all’art.159, comma 3°, riproduce in via transitoria la previsione introdotta dal D.L. n.312/85 convertito con legge n.431/85; sicchè dovrebbe concludersi per una limitazione del controllo ministeriale ai vizi di legittimità secondo il tradizionale orientamento giurisprudenziale.
Orbene, l’assunto appare fondato su di un piano strettamente logico; senonchè le disposizioni del codice in parola debbono essere interpretate alla luce dei principi codificati nella legge n.241/90, testo vigente, secondo l’evoluzione culminata nella duplice riforma del 2005, di cui non si può continuare ad ignorare gli effetti su di un piano logico-sistematico; sia con riferimento all’azione amministrativa sia in relazione agli ambiti del sindacato giurisdizionale.
Non è in effetti in discussione che il controllo ministeriale sui nulla-osta paesaggistici debba esercitarsi nell’ambito dei vizi di legittimità; ma è in discussione lo stesso principio di legalità ,di cui il legislatore ha da tempo esteso le frontiere, modificandone i parametri normativi.
Non può davvero dubitarsi che in particolare il principio di efficacia, assunto a parametro legale dell’azione della p.A., debba comportare un’indagine più penetrante sull’esercizio della discrezionalità amministrativa, posto che implica una valutazione puntuale del rapporto tra scelte in concreto effettuate e possibili opzioni in relazione agli obiettivi di legge.
In particolare, per quel che qui rileva, un’azione amministrativa efficace in materia di tutela paesaggistica, considerati gli obiettivi di salvaguardia di cui alla normativa vigente, deve inevitabilmente collegarsi all’idoneità delle scelte operate dagli organi competenti a preservare il bene paesaggio; sicchè il successivo controllo –ministeriale e giurisdizionale- su tali scelte, sebbene a carattere indubbiamente discrezionale, non potrà non impingere nel “merito”, utilizzandosi criteri mutuabili da scienze diverse da quelle giuridiche (cfr. sul punto precedente decisione di questa Sezione, n.708 del 31.3.2008).
Deve cioè ritenersi ormai superata l’equivalenza tra controllo di legalità e controllo formale. In tal senso depongono non solo i principi di cui all’art.1 della citata legge n.241/90 con le relative ricadute sul contenuto del principio di legittimità stesso; ma anche l’art.21-octies, la cui ratio è inequivocabilmente quella di disancorare il sindacato giurisdizionale da un mero controllo formale sugli atti amministrativi, consentendo al giudice di valutare il contenuto delle scelte operate in concreto dalla p.A., nonché di verificare che –sempre in concreto- non si ponessero differenti opzioni potenzialmente più idonee ad un’equa regolamentazione degli interessi pubblici e privati.
Deve quindi convenirsi con la società ricorrente che, in linea generale, l’Amministrazione sarà chiamata ad applicare la norma bensì giuridica ma riempita di contenuti tecnici, anche quando questi siano opinabili, operando una selezione tra di essi sulla base del metodo proprio della scienza specificamente considerata dalla norma stessa; e che, in particolare nella materia che ci occupa, la p.A. sarà chiamata alla cura dell’interesse pubblico alla tutela e valorizzazione del patrimonio paesaggistico attraverso l’utilizzo degli strumenti tecnici propri della scienza che concretamente rileva nella fattispecie specifica.
Nello stesso ambito dovrà muoversi, dunque, il giudice amministrativo senza che l’opinabilità dei criteri tecnici possa –per quanto detto- comportare la violazione di alcuna “riserva” al potere amministrativo di scelta, in quanto è la stessa “riserva” ad apparire recessiva nel quadro normativo vigente.
In quest’ottica inevitabilmente il controllo ministeriale, pur muovendosi apparentemente in un ambito immodificato, si risolve in un controllo più penetrante che in passato sulle scelte dell’amministrazione locale.
Nulla quaestio, dunque, se il Ministero ripercorra l’iter logico-giuridico seguito dall’amministrazione comunale pervenendo ad una diversa soluzione e in qualche modo di fatto sovrapponendo il proprio giudizio, sempre che l’annullamento sia sorretto da un’adeguata motivazione ed istruttoria, proprio allo scopo di consentirne la sindacabilità in sede giurisdizionale.
Questo ci conduce –nella fattispecie in esame- a respingere il primo motivo di gravame e ad esaminare le censure articolate sub 2 e 3, tese a porre in discussione la scelta operata in sede di controllo.
2.-Con il secondo motivo, invero, la società ricorrente contesta la valutazione operata dalla Sovrintendenza sotto il profilo dei parametri utilizzati, asseritamente creati per l’occasione anziché mutuati dal P.U.T.T. approvato con delibera di G.R. n.1749 del 15.12.2000.
Sostiene infatti la ricorrente, in linea di principio, che una volta che la Regione si sia dotata dei piani paesistici, le Autorità preposte non possano decidere caso per caso se si sia in presenza di un manufatto compatibile o incompatibile con la tutela paesaggistica, bensì debbano rifarsi ai criteri codificati nel piano stesso.
Nella Regione Puglia, pertanto, si potrebbe negare il nulla osta paesaggistico solo quando l’intervento non risulti conforme al P.U.T.T./P; e che questo debba essere il parametro cui raffrontare la fattibilità di un intervento lo si troverebbe affermato nella stessa relazione della Sovrintendenza versata in atti.
In particolare, poi, facendo riferimento al P.U.T.T. vigente, la ricorrente rimarca che l’area su cui insiste l’intervento per cui è causa sarebbe ricompresa nei cd. Territori costruiti, in quanto tali sottratti alla disciplina di salvaguardia del piano stesso.
2.1.-Orbene, il secondo motivo di ricorso è fondato.
La stessa disciplina del P.U.T.T. in parola ha previsto che “l’entrata in vigore del piano fa decadere….le disposizioni di leggi vigenti in assenza del Piano, in conformità di quanto prescritto dalle stesse leggi” (cfr. art.7.05 delle relative N.T.A.); questo in perfetta coerenza con gli obiettivi e il previsto campo di applicazione dello stesso.
E’ stabilito infatti all’art.1.01 delle N.T.A. che il piano “…in adempimento di quanto disposto dall’art.149 del D.vo n.490/29.10.99 e dalla legge regionale 31.05.80 n.56, disciplina i processi di trasformazione fisica e l’uso del territorio allo scopo di: tutelarne l’identità storica e culturale, rendere compatibili la qualità del paesaggio, delle sue componenti strutturanti, e il suo uso sociale, promuovere la salvaguardia e valorizzazione delle risorse territoriali” (comma 1°; cfr. anche comma 2°); e che il relativo “campo di applicazione…sono le categorie dei beni paesistici di cui: al Titolo II del D.vo n.490/29.10.99, al comma 5° dell’art.82 del D.P.R. 24.07.77 n.616 (così come integrato dalla legge n.431/85), con le ulteriori articolazioni e specificazioni….individuate dal PUTT/P stesso” (cfr. comma 3°).
Il carattere per così dire “assorbente” delle valutazioni di compatibilità ivi operate non può, pertanto, essere posto in discussione.
2.2.-E’ ben vero che la normativa citata è stata sostituita nelle more dal codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. n.42/2004 che ne ha disposto espressamente l’abrogazione; e che il decreto in parola, come modificato dal d.lgs. n.157/2006, ha fatto espressamente salva l’applicazione dei “provvedimenti emanati ai sensi dell’art.1-ter del D.L. 27 giugno 1985, n.312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n.431”.
Tuttavia deve rilevarsi che, come la società ricorrente stessa si cura di precisare, essa stessa non ha inteso porre in discussione l’efficacia del vincolo imposto anche sull’area in discussione con D.M. 15.11.1971 a seguito dell’entrata in vigore del P.U.T.T., bensì ha voluto affermare la centralità dei piani regionali nella programmazione della salvaguardia dei valori paesistico-ambientali; centralità che, in effetti, la stessa Sovrintendenza ammette nella relazione versata in atti (cfr. pag.3), come strumento per assicurare il superamento dell’episodicità inevitabilmente connessa ai semplici interventi autorizzatori.
In buona sostanza, la società ricorrente suggerisce una lettura del vincolo alla luce delle esigenze di tutela convogliate nel piano paesistico vigente, senza porre in discussione che il vincolo stesso svolga un ruolo determinante con riferimento alla tutela paesaggistica dell’area in parola; che rappresenti in un certo senso la fonte prima di tale disciplina.
2.3.-Orbene, il vincolo di cui si discute risulta esteso all’intero territorio comunale e non impone l’inedificabilità bensì una mera verifica delle caratteristiche costruttive in relazione all’esigenze di tutela dell’ambiente; per altro verso, il piano urbanistico specificamente preordinato alla tutela ambientale non ha dettato prescrizioni di particolare tutela per l’area in discorso poiché inclusa nei territori costruiti, rispetto ai quali il piano esclude –appunto- la necessità di specifiche cautele. E di tali circostanze vi è prova nella documentazione in atti.
In sintesi: il P.U.T.T. non impone prescrizione alcuna e il vincolo derivante dal Galassino non impedisce l’edificazione con la realizzazione di nuovi volumi, bensì una mera verifica del rispetto delle caratteristiche ambientali.
Non si comprendono, pertanto, le ragioni di cautela paventate dalla Sovrintendenza sotto il profilo della tutela ambientale.
2.3.- Altra è invero la valutazione di compatibilità edilizia ed urbanistica dell’intervento stesso, rimessa tuttavia all’Amministrazione comunale nell’ambito di un procedimento parallelo ma distinto. Altra questione sarà, cioè, quella di valutare la compatibilità con le prescrizioni dello strumento urbanistico generale e la qualificazione edilizia dell’intervento per cui è causa ai fini dell’individuazione del titolo autorizzatorio necessario per realizzarlo; sebbene non ci si possa esimere dal rimarcare sin d’ora che l’intervento stesso appare in linea di massima compatibile con la destinazione alberghiera impressa dallo strumento urbanistico vigente nel Comune di Peschici.
2.4.- Venendo quindi, ai concreti rilievi mossi dalla Sovrintendenza, deve osservarsi quanto segue.
In particolare, per quel che concerne le contestazioni afferenti la volumetria prevista in progetto rispetto al preesistente, esorbitano dall’indagine afferente la materia di tutela ambientale non essendo rinvenibile alcuna specifica prescrizione in tal senso nel P.U.T.T. ovvero nel Galassino, che –si ribadisce- non vieta nuove costruzioni.
Deve, pertanto, convenirsi con la società ricorrente che, in ogni caso, quand’anche la consistenza dell’immobile, progettualmente prevista, non fosse quella effettiva dei fabbricati preesistenti, non per questo potrebbe affermarsi che l’intervento sia incompatibile con il vincolo (cfr. 3° motivo di ricorso, lett. C), pag.14).
Così pure deve ammettersi che inconferente appare ogni considerazione sull’intorno paesaggistico, che in alcun modo verrebbe compromesso dall’intervento di cui si discute (cfr. sempre 3° motivo di ricorso, lett.B), pag.13)..
Quanto all’ultimo rilievo, certamente pertinente rispetto alle verifiche rimesse al Ministero in sede di controllo, non può tuttavia ritenersi preclusivo ove singolarmente considerato, giacchè il giudizio negativo, in effetti generico, privo di riferimenti concreti e non supportato da adeguata istruttoria, avrebbe potuto tradursi nell’individuazione delle prescrizioni necessarie a rendere il progetto conforme alle esigenze di preservazione ambientale. E questo sarebbe stato imposto anche dal principio di leale collaborazione tra gli Enti.
3.-In sintesi, alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso merita accoglimento in relazione al secondo e al terzo motivo di ricorso, con condanna del Ministero resistente alla rifusione delle spese di giudizio in favore della società ricorrente, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia-Bari, Sez.III, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il decreto impugnato. Condanna il Ministero resistente alla rifusione delle spese di giudizio, complessivamente liquidate in €.2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre I.V.A., C.P.A. e contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 09/04/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere
Giacinta Serlenga, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
N. 01771/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1771 del 2006, proposto da:
Calalunga Spa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Enrico Follieri e Ilde Follieri, con domicilio eletto in Bari, presso l’avv. F.Lofoco, alla via P. Fiore n.14;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari e Foggia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Bari alla via Melo n. 97;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del decreto della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari e Foggia del 31.8.2006, prot. n.5785, di annullamento del provvedimento n.42 del 4.7.2006 del Comune di Peschici che rilasciava autorizzazione paesaggistica per “ristrutturazione edilizia per edificio ad albergo ubicato alla località Calalunga Fortezze” in favore della società ricorrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari e Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/04/2008 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.-Con il ricorso in epigrafe, la società Calalunga p.a. ha proposto gravame avverso l’annullamento ministeriale del nulla-osta paesaggistico rilasciato dal Comune di Peschici in relazione ad un intervento edilizio in località “Le Fortezze”, per il recupero di due edifici da destinare ad albergo, riportati da moltissimi anni sulla cartografia aerofotogrammetria-I.G.M..
Con atti depositati in data 17.11.2006, si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e la Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bari e Foggia.
2.-Con ordinanza n.843/2007 di questa Sezione è stato disposto incombente istruttorio e, in esecuzione della stessa, sia la Sovrintendenza –per quanto di competenza- sia il Comune di Peschici hanno provveduto al deposito in giudizio della documentazione richiesta.
Con memorie –rispettivamente- in data 17 marzo 2007 e 28 marzo 2008, la società ricorrente ha meglio articolato e puntualizzato le proprie censure. Così anche l’Avvocatura distrettuale in data 14 marzo 2007, ha meglio supportato le ragioni contrarie attraverso il deposito di una relazione della Sovrintendenza.
All’udienza del 9 aprile 2008 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.-Con il gravame in epigrafe, la società ricorrente ha articolato tre distinti –e parzialmente alternativi- motivi di ricorso avverso l’impugnato annullamento ministeriale del nulla-osta paesaggistico.
1.1-Con il primo motivo ha dedotto il –presunto- sconfinamento nel merito dell’indagine condotta dalla Sovrintendenza.
Assume, invero, la ricorrente che anche alla luce della normativa attualmente vigente in materia di tutela paesaggistica, dovrebbe potersi confermare la validità degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in base alla precedente normativa in merito ai poteri spettanti al Ministero e alla Sovrintendenza, giacchè anche con la modifica introdotta dal d.lgs. n.157/06, il recente codice dei beni culturali e del paesaggio, all’art.159, comma 3°, riproduce in via transitoria la previsione introdotta dal D.L. n.312/85 convertito con legge n.431/85; sicchè dovrebbe concludersi per una limitazione del controllo ministeriale ai vizi di legittimità secondo il tradizionale orientamento giurisprudenziale.
Orbene, l’assunto appare fondato su di un piano strettamente logico; senonchè le disposizioni del codice in parola debbono essere interpretate alla luce dei principi codificati nella legge n.241/90, testo vigente, secondo l’evoluzione culminata nella duplice riforma del 2005, di cui non si può continuare ad ignorare gli effetti su di un piano logico-sistematico; sia con riferimento all’azione amministrativa sia in relazione agli ambiti del sindacato giurisdizionale.
Non è in effetti in discussione che il controllo ministeriale sui nulla-osta paesaggistici debba esercitarsi nell’ambito dei vizi di legittimità; ma è in discussione lo stesso principio di legalità ,di cui il legislatore ha da tempo esteso le frontiere, modificandone i parametri normativi.
Non può davvero dubitarsi che in particolare il principio di efficacia, assunto a parametro legale dell’azione della p.A., debba comportare un’indagine più penetrante sull’esercizio della discrezionalità amministrativa, posto che implica una valutazione puntuale del rapporto tra scelte in concreto effettuate e possibili opzioni in relazione agli obiettivi di legge.
In particolare, per quel che qui rileva, un’azione amministrativa efficace in materia di tutela paesaggistica, considerati gli obiettivi di salvaguardia di cui alla normativa vigente, deve inevitabilmente collegarsi all’idoneità delle scelte operate dagli organi competenti a preservare il bene paesaggio; sicchè il successivo controllo –ministeriale e giurisdizionale- su tali scelte, sebbene a carattere indubbiamente discrezionale, non potrà non impingere nel “merito”, utilizzandosi criteri mutuabili da scienze diverse da quelle giuridiche (cfr. sul punto precedente decisione di questa Sezione, n.708 del 31.3.2008).
Deve cioè ritenersi ormai superata l’equivalenza tra controllo di legalità e controllo formale. In tal senso depongono non solo i principi di cui all’art.1 della citata legge n.241/90 con le relative ricadute sul contenuto del principio di legittimità stesso; ma anche l’art.21-octies, la cui ratio è inequivocabilmente quella di disancorare il sindacato giurisdizionale da un mero controllo formale sugli atti amministrativi, consentendo al giudice di valutare il contenuto delle scelte operate in concreto dalla p.A., nonché di verificare che –sempre in concreto- non si ponessero differenti opzioni potenzialmente più idonee ad un’equa regolamentazione degli interessi pubblici e privati.
Deve quindi convenirsi con la società ricorrente che, in linea generale, l’Amministrazione sarà chiamata ad applicare la norma bensì giuridica ma riempita di contenuti tecnici, anche quando questi siano opinabili, operando una selezione tra di essi sulla base del metodo proprio della scienza specificamente considerata dalla norma stessa; e che, in particolare nella materia che ci occupa, la p.A. sarà chiamata alla cura dell’interesse pubblico alla tutela e valorizzazione del patrimonio paesaggistico attraverso l’utilizzo degli strumenti tecnici propri della scienza che concretamente rileva nella fattispecie specifica.
Nello stesso ambito dovrà muoversi, dunque, il giudice amministrativo senza che l’opinabilità dei criteri tecnici possa –per quanto detto- comportare la violazione di alcuna “riserva” al potere amministrativo di scelta, in quanto è la stessa “riserva” ad apparire recessiva nel quadro normativo vigente.
In quest’ottica inevitabilmente il controllo ministeriale, pur muovendosi apparentemente in un ambito immodificato, si risolve in un controllo più penetrante che in passato sulle scelte dell’amministrazione locale.
Nulla quaestio, dunque, se il Ministero ripercorra l’iter logico-giuridico seguito dall’amministrazione comunale pervenendo ad una diversa soluzione e in qualche modo di fatto sovrapponendo il proprio giudizio, sempre che l’annullamento sia sorretto da un’adeguata motivazione ed istruttoria, proprio allo scopo di consentirne la sindacabilità in sede giurisdizionale.
Questo ci conduce –nella fattispecie in esame- a respingere il primo motivo di gravame e ad esaminare le censure articolate sub 2 e 3, tese a porre in discussione la scelta operata in sede di controllo.
2.-Con il secondo motivo, invero, la società ricorrente contesta la valutazione operata dalla Sovrintendenza sotto il profilo dei parametri utilizzati, asseritamente creati per l’occasione anziché mutuati dal P.U.T.T. approvato con delibera di G.R. n.1749 del 15.12.2000.
Sostiene infatti la ricorrente, in linea di principio, che una volta che la Regione si sia dotata dei piani paesistici, le Autorità preposte non possano decidere caso per caso se si sia in presenza di un manufatto compatibile o incompatibile con la tutela paesaggistica, bensì debbano rifarsi ai criteri codificati nel piano stesso.
Nella Regione Puglia, pertanto, si potrebbe negare il nulla osta paesaggistico solo quando l’intervento non risulti conforme al P.U.T.T./P; e che questo debba essere il parametro cui raffrontare la fattibilità di un intervento lo si troverebbe affermato nella stessa relazione della Sovrintendenza versata in atti.
In particolare, poi, facendo riferimento al P.U.T.T. vigente, la ricorrente rimarca che l’area su cui insiste l’intervento per cui è causa sarebbe ricompresa nei cd. Territori costruiti, in quanto tali sottratti alla disciplina di salvaguardia del piano stesso.
2.1.-Orbene, il secondo motivo di ricorso è fondato.
La stessa disciplina del P.U.T.T. in parola ha previsto che “l’entrata in vigore del piano fa decadere….le disposizioni di leggi vigenti in assenza del Piano, in conformità di quanto prescritto dalle stesse leggi” (cfr. art.7.05 delle relative N.T.A.); questo in perfetta coerenza con gli obiettivi e il previsto campo di applicazione dello stesso.
E’ stabilito infatti all’art.1.01 delle N.T.A. che il piano “…in adempimento di quanto disposto dall’art.149 del D.vo n.490/29.10.99 e dalla legge regionale 31.05.80 n.56, disciplina i processi di trasformazione fisica e l’uso del territorio allo scopo di: tutelarne l’identità storica e culturale, rendere compatibili la qualità del paesaggio, delle sue componenti strutturanti, e il suo uso sociale, promuovere la salvaguardia e valorizzazione delle risorse territoriali” (comma 1°; cfr. anche comma 2°); e che il relativo “campo di applicazione…sono le categorie dei beni paesistici di cui: al Titolo II del D.vo n.490/29.10.99, al comma 5° dell’art.82 del D.P.R. 24.07.77 n.616 (così come integrato dalla legge n.431/85), con le ulteriori articolazioni e specificazioni….individuate dal PUTT/P stesso” (cfr. comma 3°).
Il carattere per così dire “assorbente” delle valutazioni di compatibilità ivi operate non può, pertanto, essere posto in discussione.
2.2.-E’ ben vero che la normativa citata è stata sostituita nelle more dal codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. n.42/2004 che ne ha disposto espressamente l’abrogazione; e che il decreto in parola, come modificato dal d.lgs. n.157/2006, ha fatto espressamente salva l’applicazione dei “provvedimenti emanati ai sensi dell’art.1-ter del D.L. 27 giugno 1985, n.312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n.431”.
Tuttavia deve rilevarsi che, come la società ricorrente stessa si cura di precisare, essa stessa non ha inteso porre in discussione l’efficacia del vincolo imposto anche sull’area in discussione con D.M. 15.11.1971 a seguito dell’entrata in vigore del P.U.T.T., bensì ha voluto affermare la centralità dei piani regionali nella programmazione della salvaguardia dei valori paesistico-ambientali; centralità che, in effetti, la stessa Sovrintendenza ammette nella relazione versata in atti (cfr. pag.3), come strumento per assicurare il superamento dell’episodicità inevitabilmente connessa ai semplici interventi autorizzatori.
In buona sostanza, la società ricorrente suggerisce una lettura del vincolo alla luce delle esigenze di tutela convogliate nel piano paesistico vigente, senza porre in discussione che il vincolo stesso svolga un ruolo determinante con riferimento alla tutela paesaggistica dell’area in parola; che rappresenti in un certo senso la fonte prima di tale disciplina.
2.3.-Orbene, il vincolo di cui si discute risulta esteso all’intero territorio comunale e non impone l’inedificabilità bensì una mera verifica delle caratteristiche costruttive in relazione all’esigenze di tutela dell’ambiente; per altro verso, il piano urbanistico specificamente preordinato alla tutela ambientale non ha dettato prescrizioni di particolare tutela per l’area in discorso poiché inclusa nei territori costruiti, rispetto ai quali il piano esclude –appunto- la necessità di specifiche cautele. E di tali circostanze vi è prova nella documentazione in atti.
In sintesi: il P.U.T.T. non impone prescrizione alcuna e il vincolo derivante dal Galassino non impedisce l’edificazione con la realizzazione di nuovi volumi, bensì una mera verifica del rispetto delle caratteristiche ambientali.
Non si comprendono, pertanto, le ragioni di cautela paventate dalla Sovrintendenza sotto il profilo della tutela ambientale.
2.3.- Altra è invero la valutazione di compatibilità edilizia ed urbanistica dell’intervento stesso, rimessa tuttavia all’Amministrazione comunale nell’ambito di un procedimento parallelo ma distinto. Altra questione sarà, cioè, quella di valutare la compatibilità con le prescrizioni dello strumento urbanistico generale e la qualificazione edilizia dell’intervento per cui è causa ai fini dell’individuazione del titolo autorizzatorio necessario per realizzarlo; sebbene non ci si possa esimere dal rimarcare sin d’ora che l’intervento stesso appare in linea di massima compatibile con la destinazione alberghiera impressa dallo strumento urbanistico vigente nel Comune di Peschici.
2.4.- Venendo quindi, ai concreti rilievi mossi dalla Sovrintendenza, deve osservarsi quanto segue.
In particolare, per quel che concerne le contestazioni afferenti la volumetria prevista in progetto rispetto al preesistente, esorbitano dall’indagine afferente la materia di tutela ambientale non essendo rinvenibile alcuna specifica prescrizione in tal senso nel P.U.T.T. ovvero nel Galassino, che –si ribadisce- non vieta nuove costruzioni.
Deve, pertanto, convenirsi con la società ricorrente che, in ogni caso, quand’anche la consistenza dell’immobile, progettualmente prevista, non fosse quella effettiva dei fabbricati preesistenti, non per questo potrebbe affermarsi che l’intervento sia incompatibile con il vincolo (cfr. 3° motivo di ricorso, lett. C), pag.14).
Così pure deve ammettersi che inconferente appare ogni considerazione sull’intorno paesaggistico, che in alcun modo verrebbe compromesso dall’intervento di cui si discute (cfr. sempre 3° motivo di ricorso, lett.B), pag.13)..
Quanto all’ultimo rilievo, certamente pertinente rispetto alle verifiche rimesse al Ministero in sede di controllo, non può tuttavia ritenersi preclusivo ove singolarmente considerato, giacchè il giudizio negativo, in effetti generico, privo di riferimenti concreti e non supportato da adeguata istruttoria, avrebbe potuto tradursi nell’individuazione delle prescrizioni necessarie a rendere il progetto conforme alle esigenze di preservazione ambientale. E questo sarebbe stato imposto anche dal principio di leale collaborazione tra gli Enti.
3.-In sintesi, alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso merita accoglimento in relazione al secondo e al terzo motivo di ricorso, con condanna del Ministero resistente alla rifusione delle spese di giudizio in favore della società ricorrente, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia-Bari, Sez.III, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il decreto impugnato. Condanna il Ministero resistente alla rifusione delle spese di giudizio, complessivamente liquidate in €.2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre I.V.A., C.P.A. e contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 09/04/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere
Giacinta Serlenga, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO