TAR Lazio (LT) Sez. I n. 488 del 1 luglio 2023
Beni ambientali.Fascia di rispetto di 150 metri dagli argini dei corsi d’acqua
La fascia di rispetto di 150 metri dagli argini dei corsi d’acqua è prevalente anche su un eventuale decadenza del PTPR, in quanto il divieto di costruzione entro tale fascia rappresenta un limite inderogabile all'attività edificatoria dei privati, a prescindere dalla natura e dalla tipologia del manufatto e a prescindere dalla situazione specifica del corso d'acqua di volta in volta considerato, in quanto la tutela dei corsi d'acqua deriva direttamente dalla legge, ai sensi della l. n. 431/1985 e dell'art. 146, d.lgs. n. 490 del 1999, nonché in base all'art. 7, l. reg. n. 24 del 1998, e riguarda i fiumi, i torrenti e le acque pubbliche iscritte negli elenchi previsti dal T.U. delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775. Sulla base di tali presupposti, è irrilevante qualsiasi valutazione in concreta che l’Amministrazione possa fare sulle caratteristiche dell’immobile ivi costruito e sul mancato contrasto con i valori paesistici tutelati
Pubblicato il 01/07/2023
N. 00488/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00633/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 633 del 2013, proposto da
Tony Pellegrino, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniel Palumbo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Lauretti in Latina, via E. Filiberto, 9;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma Frosinone Latina, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Minturno, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento n.2 del 2013 a firma del Responsabile del Servizio Paesaggistico Ambientale del Comune di Minturno del 24 giugno 2013 notificato in data 1 luglio 2013 perché illegittimo e di ogni altro atto comunque presupposto, conseguente o connesso, con il quale si procedeva al diniego dell’autorizzazione paesaggistica presentata dall’istante in data 12 dicembre 2012, ai sensi e per gli effetti delle leggi regionali n. 59 del 1995 e n. 8 del 2012 nonché del D.Lgs. 42 del 2004 e smi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma Frosinone Latina;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del 19 maggio 2023, tenutasi “da remoto” in videoconferenza, il dott. Ivo Correale come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con rituale ricorso a questo Tribunale, il sig. Tony Pellegrino chiedeva l’annullamento del provvedimento in epigrafe con il quale il Comune di Minturno aveva negato l’autorizzazione paesaggistica su istanza di sanatoria edilizia di un’unità abitativa da lui presentata, sulla base del richiamo al parere negativo, obbligatorio e vincolante, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma Frosinone Latina Rieti e Viterbo, a sua volta basato sulla riscontrata presenza di aumento di superfici e volumi in zona vincolata “B2” del P.R.G., classificata dal P.T.P. di “protezione dei corsi delle acque pubbliche ex art. 10 N.T.A., come confermato dall’art. 35 del P.T.P.R., non rientrando il manufatto tra quelli sanabili di cui alle tipologie 4, 5 e 6 ex legge n. 326/2004”.
Il ricorrente, ricordando che il funzionario comunale aveva espresso il suo parere favorevole e di avere presentato osservazioni alla Soprintendenza in seguito a preavviso di diniego, lamentava, in sintesi, quanto segue.
Con un primo motivo, recante violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/90 e difetto di motivazione, era censurata la carenza di motivazione in ordine al contenuto della memoria procedimentale depositata dal ricorrente.
Con un secondo motivo, recante violazione di legge, di circolare ministeriale ed eccesso di potere, il ricorrente lamentava che l’area su cui insisteva il manufatto non era vincolata ai sensi del d.m. del 28 agosto 1959; inoltre, non era stato considerato che l’art. 32, comma 27, legge di conversione n. 326/2004 richiamava gli artt. 32 e 33 della l. n. 47/1985, per cui solo un vincolo di inedificabilità assoluta poteva opporsi alla sanatoria richiesta, mentre nel caso di specie operava un vincolo di inedificabilità relativa, che avrebbe richiesto alla Soprintendenza una valutazione in concreto della compatibilità dell’intervento, del tutto assente nel caso di specie anche ad opera del Comune, tenendo conto di altri titoli edilizi comunque rilasciati “in loco” a terzi, di cui chiedeva il deposito in atti. Era evidenziato anche che la Regione Lazio aveva ridotto a 50 metri il vincolo di inedificabilità assoluta in presenza di corsi d’acqua, con conseguente venire meno della condizione di apposizione di vincolo preesistente prevista dalla norma come causa di inedificabilità.
Non era stato adeguatamente considerato il fatto che l’area era inserita in zona “B” di P.R.G. e che l’art. 142, comma 2, d.lgs. n. 42/2004 esclude l’interesse paesaggistico per le aree “B” degli strumenti urbanistici comunali.
Con un terzo motivo, recante violazione di legge, era posto in evidenza che le norme di salvaguardia del P.T.P.R. erano decadute dopo tre anni, ai sensi dell’art. 12, comma 3, T.U.E., quale norma prevalente sulle altre disposizioni regionali prima vigenti, fermo restando che il P.T.P.R. non risultava solo adottato ma non ancora approvato dalla Regione.
Con un quarto motivo, recante eccesso di potere sotto varie forme, era posta in evidenza la disparità di trattamento con altre fattispecie gravanti sulla medesima area, che era comunque territorio urbanizzato.
Si costituivano in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma Frosinone Latina, così come per il ricorrente si costituiva in seguito un nuovo difensore.
All'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del 19 maggio 2023, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio rileva l’infondatezza del primo motivo di ricorso, in quanto il provvedimento della Soprintendenza fa chiaro richiamo alla memoria partecipativa depositata dall’interessato e illustra il motivo principale per il quale non poteva concordare con essa, data la presenza di un aumento di superfici e volumi.
E’ noto, infatti, che a P.A. non ha l'obbligo di controdedurre specificamente ai rilievi del controinteressato in sede di partecipazione procedimentale anche se l'obbligo di valutazione imposto dalla legge neppure può risolversi in una mera formula di stile (Cons. Stato, Sez. II, 26.3.21, n. 2566), ma nel caso di specie tale ultima circostanza non si è verificata in quanto l’Amministrazione ha chiarito la ragione fondamentale del diniego anche considerando la partecipazione procedimentale, data dalla presenza dell’aumento di superficie e volumi.
Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, proprio in ragione di quanto ora evidenziato. Infatti, ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), d.l. n. 269/2003, le opere realizzate abusivamente in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili soltanto nel caso in cui, oltre al ricorrere delle ulteriori specifiche condizioni, siano opere minori senza aumento di superficie (Cons. Stato, Sez. VI, 29.11.22, n. 10480 e 15.11.22, n. 9986), mentre nel caso di specie tale aumento è presente. Proprio il riscontrato e richiamato aumento in questione attesta che, contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, un’analisi del caso concreto da parte dell’Amministrazione ci sia stato.
Il fatto che l’area non ricada in zona vincolata non è dimostrato dal ricorrente ma meramente affermato, non potendo rilevare una dichiarazione di tecnico di parte.
Per quanto riguarda il terzo e il quarto motivo di ricorso, il Collegio osserva che il vincolo prevale, quindi, sulla classificazione in zona “B” del P.R.G. e il provvedimento impugnato fa esplicito riferimento al PTPR adottato dalla Regione nel 2007.
La fascia di rispetto di 150 metri dagli argini dei corsi d’acqua è altro elemento dirimente e prevalente anche su un eventuale decadenza del PTPR, in quanto il divieto di costruzione entro tale fascia rappresenta un limite inderogabile all'attività edificatoria dei privati, a prescindere dalla natura e dalla tipologia del manufatto e a prescindere dalla situazione specifica del corso d'acqua di volta in volta considerato, in quanto la tutela dei corsi d'acqua deriva direttamente dalla legge, ai sensi della l. n. 431/1985 e dell'art. 146, d.lgs. n. 490 del 1999, nonché in base all'art. 7, l. reg. n. 24 del 1998, e riguarda i fiumi, i torrenti e le acque pubbliche iscritte negli elenchi previsti dal T.U. delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 (TAR Lazio, Sez. II, 9.3.20, n. 3047). Sulla base di tali presupposti, è irrilevante qualsiasi valutazione in concreta che l’Amministrazione potesse fare sulle caratteristiche dell’immobile ivi costruito e sul mancato contrasto con i valori paesistici tutelati (TAR Lazio, Sez. II, 1.6.16, n. 6460). La riduzione a 50 metri dalla parte della Regione Lazio, poi, si limita ad ammettere interventi di trasformazione ma non di nuova realizzazione di volumi e superfici.
Irrilevante è la circostanza per la quale la Soprintendenza avrebbe rilasciato pareri favorevoli per altre costruzioni realizzate sulla medesima area, sia perché non è dimostrato che anche in quel caso ci sia stato aumento di superficie e volume, sia perché è noto il principio giurisprudenziale per il quale la disparità di trattamento può essere fatta valere quale causa d’illegittimità provvedimentale solo in caso di perfetta identità delle fattispecie (in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 18.10.17, n. 4824), e ciò a prescindere peraltro dal fatto che la sola diversità di trattamento non vale a dimostrare di suo un vizio di eccesso di potere, non potendo l’eventuale illegittimità commessa dall’amministrazione in altro frangente divenire valida ragione a sostegno delle proprie pretese (cfr., per tutte: Cons. Stato, Sez. V, 10.11.22, n. 9877 e 13.6.22, n. 4776 e 4772). Ne consegue che la domanda istruttoria in tal senso, di acquisizione di titoli rilasciati a terzi, non può rilevare in questa sede.
Alla luce di quanto dedotto, il ricorso non può trovare accoglimento.
Le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate per la peculiarità della vicenda e la difesa solo “di forma” dell’Amministrazione statale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso “da remoto” nella camera di consiglio del 19 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Savoia, Presidente
Ivo Correale, Consigliere, Estensore
Valerio Torano, Primo Referendario