TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 865 del 7 ottobre 2019
Beni ambientali.Illecito paesaggistico e ordine di demolizione
In presenza di un illecito paesaggistico, l’ordine di demolizione di un’opera edilizia abusiva costituisce atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né infine una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva (segnalazione Ing. M. Federici)
Pubblicato il 07/10/2019
N. 00865/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00865/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 865 del 2012, proposto da Claudia Carrara e Michele Ghidini, rappresentati e difesi dall'avvocato Piermario Strapparava, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Laura Ceccarelli, in Brescia, via M. D’Azeglio, n. 1/c;
contro
Comune di Lumezzane, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
dell'ingiunzione di demolizione e ripristino per opere eseguite in assenza del permesso di costruire adottata ai sensi dell’articolo 31 del d.P.R. 380/2001 dal Comune di Lumezzane in data 16 aprile 2012 e notificata ai ricorrenti il giorno successivo;
nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2019 la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. I ricorrenti sono comproprietari di un immobile sito nel Comune di Lumezzane (BS), ricompreso dal relativo Piano di Governo del Territorio in zona E3 (Aree con funzione ecologica, spazi di connessione e di tutela ambientale) e ubicato in area soggetta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lett. c) del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), perché nella fascia di rispetto di 150 metri dal Torrente Gobbia.
2. Essi impugnano il provvedimento con il quale l’intimato Comune ha ingiunto la demolizione e il ripristino delle opere eseguite in difformità sostanziale dal permesso di costruire di data 1 luglio 2010, che aveva autorizzato la realizzazione di un sopralzo del sottotetto ad uso accessorio all’abitazione esistente.
3. A seguito delle ripetute segnalazioni inviate all’amministrazione dal proprietario confinante, il tecnico comunale incaricato in data 15 febbraio 2011 eseguiva un sopralluogo sull’immobile, accertando l’esecuzione del sopralzo con maggiore altezza rispetto a quanto assentito; rilevava -infatti- un’altezza interna di mt 4,45 rispetto ai mt 1,80 autorizzati e la conseguente realizzazione di due piani con altezza di circa mt 2,15 ciascuno, oltre ad un aumento della Superficie Lorda di pavimento per 25,22 mq.
4. A seguito della comunicazione di avvio del procedimento per l’esecuzione di opere in difformità il Ghidini presentava due istanze al fine di regolarizzare l’intervento:
- dapprima il 3 marzo 2011 avanzava domanda per “variante in corso d’opera a permesso di costruire n. 362 del 1/07/2010 per aumento di S.L.P. con realizzazione di vano nel sottotetto con soppalco” (denominata PE 560/2011). Il comune notiziava il preavviso di rigetto dell’istanza con la seguente motivazione: “L’intervento non risulta assentibile in quanto il fabbricato esistente in zona E3 ha una SLP superiore a 120.00 mq pertanto, come previsto dall’art. 26 delle N.T.A. del P.G.T., non sono ammessi ampliamenti. Altresì il sopralzo, avvenendo in confine con altre proprietà, necessita di nuovo consenso dei confinanti. Inoltre la commissione per il Paesaggio ritiene che l’allineamento della nuova torretta non rispetta l’andamento della copertura esistente e non è proporzionata al fabbricato di conseguenza la si ritiene non compatibile sotto il profilo ambientale”;
- il 12 settembre 2011, ultimato l’intervento, il proprietario presentava domanda di variante in sanatoria al permesso di costruire (PE 648/2011). L’amministrazione comunale il 10 novembre 2011 rigettava l’istanza in ragione del contrasto del nuovo corpo di fabbrica realizzato con l’articolo 24 delle NTA del Piano delle regole del vigente P.G.T. in quanto “1. Comporta un incremento di Superficie Lorda di Pavimento (SLP) non ammesso dalla sopraccitata norma; 2. Viene superata l’altezza massima consentita dalla zona urbanistica in cui ricade il fabbricato; 3. Non risulta rispettata la distanza dal confine di proprietà della porzione di fabbricato oggetto della sanatoria; 4. Inoltre come da parere contrario espresso dalla Commissione per il paesaggio in data 04/10/2011, la proposta presentata, non ha modificato l’allineamento della nuova torretta non rispettando quindi l’andamento della copertura esistente e non è proporzionata al fabbricato, di conseguenza la si ritiene non compatibile sotto il profilo ambientale.”
5. A dette determinazioni negative seguiva l’adozione dell’ordinanza di demolizione impugnata con il presente gravame.
6. Con il primo motivo i ricorrenti contestano che l’intervento edilizio sia stato realizzato in totale difformità rispetto a quanto assentito e che quindi sia applicabile la sanzione ex articolo 31 del d.P.R. 380/2001 ovvero la demolizione e il ripristino nonché, in caso di inottemperanza, l’acquisizione del bene alla proprietà del comune. Deducono quindi che la sussistenza di difformità non essenziali rispetto al titolo edilizio avrebbe giustificato al più l’applicazione dell’articolo 34 del medesimo Testo unico.
7. Con il secondo motivo gli esponenti lamentano che l’adozione del provvedimento sanzionatorio è intervenuta ad eccessiva distanza temporale rispetto all’accertamento della difformità.
8. Infine con l’ultima doglianza i ricorrenti contestano la motivazione del provvedimento gravato, nella parte in cui fa riferimento alla localizzazione dell’immobile in zona di interesse paesaggistico soggetta a vincolo ai sensi dell’articolo 142 del d.lgs. 42/2004. Evidenziano, infatti, che l’intervento non reca alcun danno ambientale, posto che l’area in questione si colloca in un contesto ormai urbanizzato, il cui valore ambientale è giustificato unicamente dall’essere la zona compresa nella fascia di rispetto del Torrente Gobbia, e che il sopralzo di cui è questione non ha alcuna incidenza sul corso d’acqua.
9. Il giorno successivo all’adozione dell’ordinanza impugnata i ricorrenti presentavano una nuova istanza di permesso di costruire in sanatoria (PE 730/3012), che veniva rigettata dal Comune in data 7 giugno 2012, con la seguente motivazione: “l’intervento non risulta ammesso ai sensi dell’art. 6 del Documento di piano del vigente P.G.T. in quanto non rispetta la distanza minima prescritta di mt. 5,00 dal confine di proprietà ed inoltre non può essere consentita la deroga in quanto non risulta allegato alla pratica in oggetto l’atto di impegno sottoscritto dal proprietario confinante. Inoltre non è stata acquisita l’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del D.lgs. 42/2004 che costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al Permesso di Costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico - edilizio”.
10. L’amministrazione intimata non si costituiva in giudizio.
11. Con ordinanza n. 558 di data 11 giugno 2019 la Sezione disponeva istruttoria a carico del Comune, il quale ottemperava depositando la documentazione richiesta.
12. La causa veniva chiamata all’udienza pubblica del 25 settembre 2019 e ivi trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il presente giudizio verte sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione e ripristino adottata dal Comune di Lumezzane a seguito dell’accertamento della realizzazione, in difformità rispetto al titolo edilizio, di un sopralzo del sottotetto di una porzione del fabbricato di proprietà dei ricorrenti.
2. Essi non contestano, invero, l’esistenza delle difformità rilevate, bensì la loro qualificazione come “varianti essenziali” e, conseguentemente, la legittimità delle determinazioni assunte dall’amministrazione. Allegano -infatti- che il manufatto realizzato non è integralmente diverso per caratteristiche quantitative e qualitative rispetto a quello autorizzato dal permesso di costruire, atteso che il progetto originario prevedeva già due solette; non vi è stato quindi un incremento del numero di piani dell’edificio rispetto a quanto assentito e inoltre -nonostante l’incremento del sopralzo- i piani non raggiungono l’altezza minima di mt 2,70 richiesta ai fini dell’abitabilità e pertanto vanno considerati come locali tecnici, privi di rilevanza ai fini del computo della Superficie Lorda di Pavimento.
3. Gli esponenti deducono, inoltre, che l’intervento determina un aumento della S.L.P. inferiore al 10% della S.L.P. esistente, e quindi risulta conforme all’articolo 24 - zona E3 delle N.T.A. del vigente Piano delle regole (che ammette interventi di ampliamento una tantum pari al 10% della S.L.P. esistente fuori terra).
4. L’opera assentita dal Comune nel 2010 consisteva nella manutenzione straordinaria della copertura del piccolo sottotetto annesso all’abitazione sul lato nord/Ovest del fabbricato, con la realizzazione di un vano accessorio all’abitazione esistente, dell’altezza di 1,80 mt, da utilizzare come ripostiglio (cfr. relazione tecnica dell’intervento).
5. Le difformità realizzate rispetto al titolo edilizio, come descritte nella domanda di sanatoria, consistono in: “- modifica dell’altezza autorizzata del vano P. secondo da m 1,80 a 2,27 m; - esecuzione al P. sottotetto di un vano pluriuso di circa mq. 7,00 comunicante con il piano lavanderia tramite una scaletta interna (h media 2,14), mancata realizzazione della finestra a piano terra”.
6. Dette modifiche hanno comportato, quindi, la creazione di due piani di altezza media di 2,15 mt ciascuno, con un’altezza interna rilevata di 4,50 mt rispetto ai mt. 1,80 autorizzati (con un incremento, quindi, di 2,70 metri). Nel verbale del sopralluogo il tecnico comunale evidenziava, inoltre, che i piani sono “comunicanti mediante una scala interna in legno; nella zona allo stesso piano di calpestio dell’appartamento, è stata identificata una cabina armadio, ed un vano utilizzato come lavanderia/stireria; mentre al piano rialzato, è stato eseguito un unico vano utilizzato come studio.”
7. Gli stessi ricorrenti, nella relazione tecnica allegata all’istanza di sanatoria, evidenziavano che “gli immobili di cui si chiede la sanatoria consistono in un vano al piano secondo di circa mq 7,00 approvato con permesso di costruire n. 262 dl 01/07/2010, ripostiglio (h 1,80) di cui si chiede la trasformazione ad uso lavanderia (h. 2,27) (…) esecuzione al piano sottotetto di un vano pluriuso di circa mq 7.00 comunicante con il piano lavanderia tramite una scaletta interna (h. media 2,14).”.
8. Non risulta contestata nemmeno l’assenza di titolo edilizio per il maggior rialzo eseguito, considerato che l’intervento risulta senza dubbio difforme rispetto a quello allegato al progetto assentito nel 2010 e non è stato successivamente regolarizzato, essendo state rigettate dal Comune le istanze di sanatoria presentate dagli esponenti, con provvedimenti che non costituiscono oggetto dell’odierno giudizio.
9. La questione controversa non investe, pertanto, né l’esistenza di opere eseguite in difformità rispetto al titolo edilizio né l’astratta sanabilità dell’intervento, bensì la natura - essenziale o meno - delle variazioni compiute in fase realizzativa ed il regime sanzionatorio conseguentemente applicabile.
10. L’articolo 31, ai commi 2 e 3, del T.U.E., applicato nella specie, dispone: “2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3. 3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.”
11. Il successivo articolo 32 (Determinazione delle variazioni essenziali) demanda alle Regioni la definizione delle varianti essenziali al progetto approvato “tenuto conto che l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.
2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.”
12. Tale disposizione trova attuazione nell’articolo 54 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), secondo il quale costituiscono variazioni essenziali al progetto approvato le modifiche edilizie che comportino, anche singolarmente:
“a) mutamento delle destinazioni d'uso che determini carenza di aree per servizi e attrezzature di interesse generale, salvo che il soggetto interessato attui quanto disposto dai commi 4 e 5 dell'articolo 51;
b) aumento del volume o della superficie rispetto al progetto approvato e purché tale incremento non comporti la realizzazione di un organismo edilizio autonomo, computando a tal fine: (omissis);
c) modifiche:
1) dell'altezza dell'edificio in misura superiore a un metro senza variazione del numero dei piani;
2) delle distanze minime, fissate dalle vigenti disposizioni, dell'edificio dalle altre costruzioni e dai confini di proprietà, in misura superiore a metri 0,50 ovvero in misura superiore a dieci centimetri dalle strade pubbliche o di uso pubblico, qualora l'edificio sia previsto in fregio ad esse;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento assentito in relazione alla classificazione dell'articolo 27, purché si tratti di intervento subordinato a titolo abilitativo;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica purché la violazione non attenga agli aspetti procedurali.”
13. Alla luce delle normativa regionale richiamata l’intervento di cui è questione, avendo comportato modifiche dell'altezza dell'edificio in misura superiore a un metro senza variazione del numero dei piani è qualificabile come essenziale, risultando conseguentemente legittimamente applicabile la sanzione prevista dall’articolo 31 del TU in materia di edilizia.
14. Il primo motivo di gravame, volto a censurare la qualifica della difformità rilevata come “minore” e non essenziale non merita pertanto favorevole apprezzamento.
15. Con la seconda censura il ricorrente lamenta che l’ordinanza di demolizione e ripristino sarebbe stata adottata ad eccessiva distanza temporale rispetto all’accertamento dell’abuso. La doglianza è priva di consistenza, considerato che il provvedimento avversato è stato adottato a distanza di circa un anno dall’avvio del procedimento volto a contestare l’abuso e che in tale lasso temporale gli esponenti hanno presentato ben due istanze volte a regolarizzare l’intervento contestato. L’adozione del provvedimento ripristinatorio è stata pertanto necessariamente effettuata solo in seguito all’esito negativo di tali domande di sanatoria.
16. Con l’ultimo motivo è denunciata l’inconferenza del richiamo, contenuto nella motivazione del provvedimento avversato, alla localizzazione del manufatto in area soggetta a vincolo paesistico ai sensi dell’articolo 142, comma 1 lett. c) d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Secondo i ricorrenti la difformità nella realizzazione del sopralzo non creerebbe infatti alcun danno al bene tutelato, ovvero al fiume nella cui fascia di rispetto si trova l’abitazione, non incidendo in alcun modo sul suo alveo, sulla regimazione delle acque o sulla loro portata e deflusso. Aggiungono che l’immobile in questione non ha alcun valore storico, tipologico, simbolico e ha uno scarso valore percettivo.
17. La doglianza è priva di pregio.
18. Va evidenziato, infatti, che in presenza di un vincolo paesaggistico, ove per l’intervento edilizio non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica, l’ordine demolizione costituisce atto vincolato, a prescindere da quale sia il titolo edilizio necessario per l’intervento e quindi anche ove si tratti di opere “minori”. In ragione della funzione di tutela preventiva e cautelare dei valori anche di rilievo costituzionale che rappresentano la ragion d’essere del vincolo paesaggistico - ambientale, è sufficiente la sua apposizione perché trovi applicazione la relativa tutela, senza che possa essere indagata l’effettiva e concreta idoneità dell’opera contestata ad incidere sull’assetto paesaggistico circostante. (TAR Campania, Napoli, sez. III, 29 maggio 2019, n. 2881). Pertanto “In presenza di un illecito paesaggistico, l’ordine di demolizione di un’opera edilizia abusiva costituisce atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né infine una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva.”
19. Inoltre quanto alla supposta irrilevanza paesistica dell’opera, “la giurisprudenza ha chiarito che ad escludere la rilevanza paesistica dell’opera non può considerarsi sufficiente il requisito della poca visibilità dalla strada pubblica a fronte del principio, ormai consolidato, secondo cui ai fini della valutazione di compatibilità la nozione di “visibilità” dell’opera nel contesto paesaggistico tutelato non può ritenersi limitata a particolari punti di osservazione, ma deve riguardare l’apprezzamento puntuale e concreto dell’effettiva compatibilità dell’intervento, e di tutti gli elementi che determinano l’impatto paesaggistico, con i valori ambientali propri del sito vincolato.” (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 1 luglio 2019, n. 1523). Detto giudizio di compatibilità è rimesso del resto all’autorità amministrativa competente e non può essere sostituito da una valutazione effettuata direttamente dal privato interessato all’intervento.
20. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto.
21. In considerazione della mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale intimata, nulla vi è da disporre in punto spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere
Elena Garbari, Referendario, Estensore