Cons. Stato Sez. VI n.3209 del 29 maggio 2012
Beni Culturali. Diritto di prelazione
L’atto di esercizio della prelazione in ordine alle alienazioni di beni di interesse storico – artistico necessita di congrua motivazione, che dia conto degli interessi pubblici attuali all’acquisizione del bene, senza, peraltro, che si esiga un particolare rigore nella puntuale definizione degli scopi cui il bene è destinato. La prelazione, essendo prevista in un’ottica di tutela del patrimonio storico - artistico nazionale, presuppone che l’acquisizione del bene al patrimonio statale ne consenta una migliore tutela, e in particolare, una migliore valorizzazione e fruizione del pregio storico – artistico.
N. 03209/2012REG.PROV.COLL.
N. 09737/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9737 del 2011, proposto dal signor Giuseppe Garrisi, rappresentato e difeso dall'avv. Pier Luigi Portaluri, con domicilio eletto presso il signor Giuseppe Pecorilla in Roma, via Flaminia n. 56;
contro
Il Comune di San Cesario di Lecce, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Vantaggiato, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cola di Rienzo n. 271;
il Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti di
La Provincia di Lecce e la signora Claudia De Giorgi, non costituitesi nel secondo grado del giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZIONE III n. 1605/2011, resa tra le parti, concernente DIRITTO DI PRELAZIONE SU IMMOBILE - RISARCIMENTO DANNI;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Cesario di Lecce e del Ministero per i beni e le attività culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2012 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati Portaluri, Vantaggiato e l'avv.to dello Stato Pio Marrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto del 6 luglio 2005, il Ministero per i beni e le attività culturali ha dichiarato l’immobile denominato “Antica Distilleria De Giorgi”, sito nel Comune di San Cesario di Lecce alla via Vittorio Emanuele III, n. 86, “bene di interesse particolarmente importante” ai sensi dell’art. 10, comma 3, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
L’intero complesso, che era occupato sin dai primi del 1900 dalla “Antica Distilleria De Giorgi”, è diviso in due zone, una destinata ad abitazione e ad attività specifiche e collaterali della produzione, l’altra alle numerose fasi del processo produttivo dell’alcool.
La prima zona, a sua volta, è articolata su due livelli, di cui il primo piano era destinato esclusivamente a residenza.
La seconda zona fino al 1999 era destinata alle varie funzioni di distilleria.
2. Con atto di compravendita del 2 agosto 2010, il sig. Garrisi ha acquistato una parte di detto immobile e in particolare “una casa di abitazione posta al primo piano”, per il prezzo di euro 103.000.
In data 6 agosto 2010 la denuncia di trasferimento della proprietà è stata inviata alla competente Soprintendenza per la Provincia di Lecce.
Con nota del 18 agosto 2010, la Soprintendenza ha comunicato al Comune di San Cesario - e agli altri Enti territoriali nel cui ambito si trova il bene - che era pervenuta la denuncia di trasferimento dell’immobile e ha invitato tali Enti a formulare nel termine di 20 giorni l’eventuale proposta di prelazione.
Con nota del 31 agosto 2010, il Ministero per i beni e le attività culturali ha comunicato al Comune di non ritenere di esercitare la prelazione.
Il Comune di San Cesario, con la determinazione 7 ottobre 2010, n. 68, ha dichiarato di voler esercitare il diritto di prelazione.
3. Con il ricorso n. 2025 del 2010, proposto al Tar Puglia – Lecce, e con successivi motivi aggiunti, il sig. Garrisi ha impugnato:
1) tale ultima deliberazione e tutti gli atti presupposti e, in particolare,
2) la nota del Sindaco del Comune di San Cesario, n. 7227 del 25 agosto 2010, rivolta alla Soprintendenza in risposta alla nota del 18 agosto 2010, evidenziando che non vi erano i tempi per formulare la proposta di prelazione entro 20 giorni;
3) la determinazione del responsabile del 1° Settore - 3° Servizio (contabilità, finanza, patrimonio) del Comune di San Cesario di Lecce n. 520 del 5 ottobre 2010, finalizzata a porre in essere le attività per la formazione del contratto di prestito con la Cassa depositi e prestiti per acquisire le risorse necessarie all’acquisto dell’immobile con esercizio della prelazione;
4) la determinazione del responsabile del 1° settore - 3° servizio (contabilità, finanza, patrimonio) del Comune di San Cesario di Lecce n. 524 del 7 ottobre 2010, che reca l’impegno in bilancio della somma di euro 103.000;
5) la raccomandata a.r. del Comune di San Cesario, prot. n. 9565 del 10 novembre 2010;
6) la raccomandata a.r., prot. n. 8645 del 7 ottobre 2010;
7) la nota del Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto – Servizio vincoli MBCAC-SBAP-LE prot. 0012200 del 18 agosto 2010, Cl. 34.25.04/30;
8) la nota del Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia, prot. n. 8192 Cl 34.25.04/87.1 del 31 agosto 2010;
9) la nota del Ministero per i beni e le attività culturali — Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia, prot. n. 8193 Cl 34.25.04/87.1. del 31 agosto 2010;
10) la memoria difensiva depositata dalla difesa avversaria nel giudizio di primo grado in data 24 gennaio 2011 per l’ipotesi in cui possa essere considerata integrativa della motivazione o sanante della carenza di istruttoria;
11) la deliberazione della Giunta comunale del Comune di San Cesario di Lecce 9 marzo 2007, n. 43, e gli atti in essa richiamati;
12) la relazione tecnico-descrittiva del 24 gennaio 2011 e le relative tavole di progetto;
13) la deliberazione della Giunta comunale 15 ottobre 2007, n. 177, e tutti gli atti in essa richiamati;
14) ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ancorché non conosciuto, in quanto lesivo (ivi compresi, ove occorra, il decreto del 6 luglio 2005 del Ministero per i beni e le attività culturali — Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia; la deliberazione della Giunta comunale di San Cesario 6 dicembre 2003, n. 228; la deliberazione della Giunta comunale di San Cesario 4 maggio 2010, n. 81; la nota del Revisore unico dei conti del Comune di San Cesario dell'11 giugno 2010, n. 5374; la nota del Comune di San Cesario dell'11 giugno 2010, n. 5378; la delibera di giunta comunale 30 giugno 2010, n. 41; la delibera di giunta comunale 30 giugno 2010, n. 42; la delibera di giunta comunale 30 giugno 2010, n. 43).
Con il medesimo ricorso, il signor Garrisi ha chiesto la condanna del Comune di San Cesario di Lecce al risarcimento dei danni subiti per effetto dell'illegittimo rallentamento dello svolgimento dei lavori di restauro e di manutenzione dell'immobile e dell'immissione nel possesso dell'immobile, con riserva di quantificazione in corso di causa.
4. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe (sez. III, 14 settembre 2011, n. 1605), ha respinto il ricorso, osservando che:
- è infondato il primo motivo, con cui si deduceva l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento, atteso che il procedimento è stato attivato su atti di iniziativa privata (il trasferimento negoziale del bene e la successiva denuncia all'amministrazione);
- è infondato il secondo motivo: sarebbe irrilevante il superamento del termine ex art. 62, comma 2, d.lgs. n. 42 del 2004 secondo cui gli enti locali, entro venti giorni dalla denuncia, formulano al Ministero una proposta di prelazione; si tratterebbe di termine a valenza puramente interna, non perentorio; né risulterebbe superato il termine di decadenza di sessanta giorni, in quanto il dies a quo non sarebbe quello della formulazione della denuncia ma quello del suo ricevimento, essendo la denuncia un atto recettizio; neppure il procedimento si conclude con l’effettivo reperimento, da parte del Comune, dei mezzi finanziari per l’acquisto dell’immobile, perfezionandosi la prelazione con la notifica dell’atto di esercizio, restando ininfluente il successivo procedimento di spesa; neppure si potrebbe ritenere che l’appartamento su cui è stata esercitata la prelazione sarebbe estraneo al progetto museale, non potendosi ritenere la residenza estranea al valore storico-culturale che il Comune intende preservare; il vincolo culturale è stato apposto a suo tempo sull’intero compendio, considerato una unica entità edilizia sul piano strutturale e funzionale;
- è infondato il terzo motivo con cui si deduceva che l’acquisizione non sarebbe avvenuta secondo i principi di regolarità contabile; i fondi per l’acquisto dell’immobile sono stati contemplati già nel bilancio di previsione relativo all’esercizio finanziario 2010, cap. 1612 destinato espressamente all’acquisizione della “Distilleria De Giorgi”; il bilancio di previsione ha recepito il programma triennale dei lavori pubblici 2010-2012 e piano annuale 2010 (delibera CC 43/2010), che prevede espressamente l’acquisto e il restauro dell’ex Distilleria De Giorgi, da identificarsi nell’intero complesso immobiliare, senza esclusioni di sue componenti; la delibera 68/2010 riporta l’attestazione di copertura finanziaria richiesta ai sensi dell’art. 151 TUEL ma anche che l’importo di spesa (103.000 euro), pur non specificato nel suddetto visto, è comunque determinato precisamente sia nella stessa delibera 68/2010 che nella determinazione dirigenziale n. 524 di impegno di spesa assunta in pari data, ovvero il 7 ottobre 2010;
- è infondato il quarto motivo con cui si deduceva che la delibera di esercizio della prelazione non conterrebbe le finalità di valorizzazione culturale del bene acquisito, in quanto la delibera consiliare 68/2010 enuncia in maniera chiara, seppur concisa, l’interesse pubblico sotteso all’acquisto dell’immobile;
- sono infondati i motivi aggiunti.
La sentenza ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite nei confronti del Comune nella misura di euro 2.500, mentre le ha compensate nei confronti del Ministero.
5. Ha proposto appello l’originario ricorrente, con atto depositato il 7-12 dicembre 2011.
6. Con il primo motivo di appello, l’interessato lamenta che il Comune di San Cesario, nell’ambito del proprio progetto di realizzare il museo del vino nell’immobile occupato in passato dalla distilleria, avrebbe sempre escluso da tale progetto l’appartamento sito al primo piano dell’immobile. Tale appartamento sarebbe fisicamente e funzionalmente estraneo al progetto museale. Sarebbe conseguentemente illegittimo l’esercizio della prelazione motivato dall’intento di utilizzare l’appartamento nell’ambito del progetto del museo.
Allo scopo di dimostrare tale tesi, l’appello si dilunga nella descrizione delle caratteristiche dell’edificio e nella descrizione del contenuto del progetto del museo (da pag. 7 a pag. 12).
6.1. Con il secondo motivo di appello, che per ragioni di connessione va esaminato insieme al primo, viene contestato il capo di sentenza che giustifica l’esercizio della prelazione sulla base di una unitarietà tra l’appartamento e l’opificio e sulla base dell’esistenza del vincolo culturale apposto all’intero edificio, comprensivo dell’appartamento al primo piano.
Si lamenta che secondo il Tar l’appartamento sarebbe incluso nel progetto di valorizzazione dell’opificio, mentre sarebbe dimostrata l’estraneità dell’appartamento a tale progetto.
Inoltre il vincolo culturale non testimonierebbe l’unitarietà del complesso immobiliare.
Il vincolo e la prelazione sarebbero istituti diversi che si basano su presupposti differenti.
Il vincolo sarebbe un presupposto necessario ma non sufficiente per l’esercizio della prelazione; la prelazione richiederebbe, oltre all’esistenza del vincolo, la sussistenza di un interesse concreto e attuale all’acquisto e la capacità di valorizzazione del bene.
Tali ulteriori elementi nel caso di specie mancherebbero vistosamente, avendo l’amministrazione comunale posto a fondamento della prelazione il progetto del museo dell’alcool, a cui però l’appartamento sarebbe estraneo.
7. I due motivi così riassunti sono infondati.
7.1. Va anzitutto ricostruito il quadro normativo di riferimento.
Ai sensi dell’art. 59, comma 1, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, “gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali sono denunciati al Ministero”.
Ai sensi del successivo art. 60, comma 1, “Il Ministero o, nel caso previsto dall'articolo 62, comma 3, la regione o agli altri enti pubblici territoriali interessati, hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società, rispettivamente, al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell'atto di conferimento”.
La prelazione è esercitata nel termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia prevista dall'articolo 59 (art. 61, comma 1).
Entro tale termine di sessanta giorni, il provvedimento di prelazione è notificato all'alienante ed all'acquirente (art. 61, comma 3).
Il soprintendente, ricevuta la denuncia di un atto soggetto a prelazione, ne dà immediata comunicazione alla regione e agli altri enti pubblici territoriali nel cui àmbito si trova il bene (art. 62, comma 1).
La regione e gli altri enti pubblici territoriali, nel termine di venti giorni dalla denuncia, formulano al Ministero una proposta di prelazione, corredata dalla deliberazione dell'organo competente che predisponga, a valere sul bilancio dell'ente, la necessaria copertura finanziaria della spesa indicando le specifiche finalità di valorizzazione culturale del bene (art. 62, comma 2).
Il Ministero può rinunciare all'esercizio della prelazione, trasferendone la facoltà all'ente interessato entro venti giorni dalla ricezione della denuncia. Detto ente assume il relativo impegno di spesa, adotta il provvedimento di prelazione e lo notifica all'alienante ed all'acquirente entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia medesima (art. 62, comma 3).
7.2. Dal quadro normativo si evince che, ogni qualvolta il bene è sottoposto a vincolo culturale, il trasferimento della proprietà tra privati deve essere denunciato al Ministero per i beni e le attività culturali.
Quest’ultimo ha facoltà di esercizio della prelazione, senza ulteriore condizione se non quella del pagamento prezzo fissato nell’atto di compravendita tra i privati e del rispetto dei termini di legge.
Se il Ministero rinuncia alla prelazione, questa può essere esercitata dagli enti pubblici territoriali nel cui territorio ricade il bene, a condizione, oltre che del rispetto dei termini di legge, della adozione di una deliberazione che predisponga, a valere sul bilancio dell'ente, la necessaria copertura finanziaria della spesa e che indichi le specifiche finalità di valorizzazione culturale del bene.
Non è pertanto necessario che il bene su cui si eserciti la prelazione sia già ricompreso in un progetto di valorizzazione, essendo sufficiente che siano indicate “le specifiche finalità di valorizzazione culturale del bene” e la copertura finanziaria della spesa.
Il che ben si comprende, ove si consideri il ristretto termine per l’esercizio della prelazione, termine perentorio, la cui brevità non consentirebbe di approntare un progetto di utilizzo.
L’atto di esercizio della prelazione in ordine alle alienazioni di beni di interesse storico – artistico necessita di congrua motivazione (Cons. St., sez. VI, 23 marzo 1982, n. 129), che dia conto degli interessi pubblici attuali all’acquisizione del bene (Cons. St., sez. VI, 18 luglio 1997, n. 1125), senza, peraltro, che si esiga un particolare rigore nella puntuale definizione degli scopi cui il bene è destinato (Cons. St., sez. VI, 30 settembre 2004, n. 6350).
La prelazione, essendo prevista in un’ottica di tutela del patrimonio storico - artistico nazionale, presuppone che l’acquisizione del bene al patrimonio statale ne consenta una migliore tutela, e in particolare, una migliore valorizzazione e fruizione del pregio storico – artistico (Cons. St., sez. VI, 21 febbraio 2001, n. 923).
7.3. Alla luce del quadro normativo come interpretato, sono infondati i primi due motivi di ricorso.
E’ infatti del tutto irrilevante che il già adottato progetto del “museo dell’alcool” non comprendesse già l’appartamento in questione, in quanto non occorre, come detto, al fine della prelazione, che l’immobile oggetto di esso sia già compreso in uno specifico progetto, essendo necessario solo che si indichino le finalità di valorizzazione culturale del bene.
Né è esatto che il provvedimento di esercizio della prelazione sarebbe motivato sull’esistenza del progetto del museo dell’alcool, progetto a cui invece l’appartamento in questione sarebbe estraneo.
Infatti il provvedimento di esercizio della prelazione non fa riferimento ad uno specifico progetto, e in particolare non fa riferimento alcuno al “progetto preliminare per il restauro e la conservazione dell’ex distilleria “Casa De Giorgi” da destinarsi a Museo dell’alcol, recante la data “settembre 2007” e prodotto da parte ricorrente in giudizio.
Nella delibera di esercizio della prelazione si parla della scelta comunale di valorizzazione dell’archeologia industriale, con riferimento alle distillerie, e si afferma che nell’ambito di tale percorso culturale è inserita l’acquisizione della Distilleria De Giorgi.
A tal fine, si legge nella delibera, il Comune ha già acquistato dalla curatela fallimentare, con atto 16 dicembre 2003, n. 228, gli arredamenti e i beni mobili di pertinenza di una parte della Distilleria, acquisizione finalizzata alla istituzione del “Museo civico di archeologia industriale”.
Sempre a tal fine, si legge nella delibera, il Comune ha in programma l’acquisto dalla curatela fallimentare dell’intera Distilleria de Giorgi.
Ed è in tale ambito, si legge, “per la continuazione e realizzazione del progetto archeo-industriale”, che il Comune intende esercitare la prelazione anche sull’appartamento oggetto del giudizio.
La scelta del Comune è conforme a legge e immune da vizi logici.
Si tratta infatti di immobile sottoposto a vincolo culturale, e il Comune ha indicato in modo chiaro quali sono le finalità di valorizzazione culturale perseguite.
Sebbene detto appartamento sia stato sempre adibito a residenza, è innegabile che esso faccia parte dell’unitario compendio “Distilleria de Giorgi” e che pertanto sia strumentale alla realizzazione di un sito museale all’interno di tale compendio.
8. Con il terzo motivo di appello si contesta il capo di sentenza che ha disatteso il primo motivo del ricorso di primo grado, in tema di omesso avviso di avvio del procedimento.
Si deduce che l’avviso di avvio del procedimento è strumentale ad una corretta istruttoria con l’apporto del privato.
Si richiama giurisprudenza secondo cui nel procedimento di esercizio della prelazione su beni culturali sarebbe necessario l’avviso di avvio del procedimento.
Si assume che, anche se il procedimento inizia a seguito di atti privati (il trasferimento del bene e la denuncia), essendovi una pluralità di enti che possono esercitare la prelazione, l’avviso di avvio sarebbe necessario per rendere edotto il privato in ordine a quali enti intendono esercitare la prelazione.
8.1. Il mezzo è infondato.
La giurisprudenza della Sezione invocata da parte appellante, secondo cui nel procedimento di prelazione è necessario l’avviso di avvio del procedimento (Cons. St., sez. VI, Cons. St., sez. VI, 21 febbraio 2001, n. 923; Id., 30 settembre 2004, n. 6350), è stata superata dalla più recente giurisprudenza sia di questa stessa Sezione, che della sez. II.
Si è affermato che, in tema di prelazione sulle alienazioni di beni di interesse storico-artistico, non occorre la comunicazione dell’avvio del procedimento, in quanto il procedimento stesso scaturisce da una serie di atti di iniziativa privata, quali il trasferimento negoziale del bene e la successiva denuncia all’amministrazione, per cui un’ulteriore fase partecipativa degli stessi soggetti privati autori dell’atto negoziale su cui si innesta il diritto di prelazione non avrebbe alcun risvolto di utilità, essendo rimessa all’esclusiva valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione la consistenza e l’importanza dell’interesse generale in base al quale si esercita la prelazione medesima (Cons. St., sez. II, 8 giugno 2005, n. 4019; Id., sez. VI, 4 aprile 2008, n. 1430; sez. VI, 19 gennaio 2011, n. 362).
Da tale orientamento – del tutto condiviso dal Collegio - non c’è ragione di discostarsi, nemmeno alla luce dell’obiezione di parte appellante che gli enti che possono esercitare la prelazione sono una pluralità.
Trattandosi di un potere di merito degli enti territoriali, l’apporto partecipativo del privato è comunque di scarsa utilità, atteso che è riservata all’Ente la valutazione in ordine alla valorizzazione culturale del bene.
9. Con il quarto motivo di appello si contesta il capo di sentenza che ha respinto il secondo motivo del ricorso di primo grado.
Si ripropongono le censure di tardività dell’esercizio della prelazione, per la violazione del termine intermedio di 20 giorni e di quello finale di 60.
Si ribadisce che il termine di 20 giorni sarebbe perentorio.
9.1. Il mezzo è infondato.
Come emerge dal quadro normativo sopra riportato, quello di 20 giorni è un termine interno al procedimento di esercizio della prelazione, al fine di un ordinato coordinamento delle proposte di prelazione da parte delle varie Amministrazioni legittimate e interessate.
L’unico termine ‘esterno’, rilevante per il venditore e l’acquirente del bene, è quello di 60 giorni entro cui la prelazione va esercitata.
10. Con il quinto motivo di appello si contesta il capo di sentenza che ha respinto il terzo motivo del ricorso di primo grado e si lamenta che:
- sarebbe stato superato il termine perentorio di 60 giorni per l’esercizio della prelazione, che decorrerebbe dall’invio e non dalla ricezione della denuncia;
- non vi sarebbe il necessario impegno di spesa.
10.1. Il mezzo è infondato.
Quanto alla tempestività o meno dell’esercizio della prelazione rispetto al termine di 60 giorni, come correttamente ha ritenuto il Tar, tale termine decorre dalla ricezione della denuncia, e non dalla data di invio della denuncia.
Tanto si evince, del resto, dal chiaro tenore letterale dell’art. 59, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, quanto alla prelazione dello Stato (Cons. St., sez. VI, 30 settembre 2004, n. 6350), e la stessa regola non può che valere nel caso di esercizio della prelazione da parte di altri enti territoriali (art. 62, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004).
Il diverso tenore letterale delle disposizioni normative, che in alcuni casi fanno riferimento tal quale alla data della denuncia, in altri alla data di ricezione della denuncia, non sta ad indicare un diverso regime giuridico per fattispecie identiche, atteso che la denuncia non può che avere sempre il medesimo regime giuridico, non potendo essere a geometria variabile, atto recettizio o non recettizio in funzione dei diversi destinatari; semplicemente, laddove si parla di temine decorrente dalla “data della denuncia”, il legislatore usa una formula sintetica, sottintendendo l’applicazione del principio generale sulla recettizietà degli atti di privati da cui decorrono, per l’Amministrazione, termini perentori.
D’altra parte, quando la legge fissa un termine entro il quale un potere può essere legittimamente esercitato, l’inizio della decorrenza presuppone la possibilità di esercitare il medesimo potere, ciò che ovviamente non avviene quando vi è una denuntiatio contractus, non ancora pervenuta all’amministrazione.
In conclusione, essendo la denuncia pervenuta all’Amministrazione in data 9 agosto 2010, è tempestivo l’atto di esercizio della prelazione, adottato il 7 ottobre 2010 e notificato l’8 ottobre 2010.
Quanto alla questione inerente la copertura finanziaria, il Collegio ricorda l’orientamento della Sezione secondo cui, in tema di prelazione sui beni culturali, la proposta formulata dall’ente interessato, in quanto atto irrevocabile e vincolante, va assimilata ad un provvedimento di acquisto del bene e perciò, ai sensi del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, è soggetta all’obbligo di provvista e copertura finanziaria; di conseguenza è inefficace la proposta di prelazione deliberata da un Comune che per la copertura della spesa rinvii ad un mutuo ancora da stipulare con la cassa depositi e prestiti (Cons. St., sez. VI, 30 settembre 2004, n. 6350).
Tuttavia nel caso di specie il Comune non si è limitato a avviare il procedimento per la contrazione di mutuo con la Cassa depositi e prestiti, ma ha direttamente impegnato in bilancio altre somme disponibili.
Né il provvedimento di esercizio di prelazione può dirsi privo di copertura, perché la delibera dirigenziale di impegno di spesa è stata adottata lo stesso giorno, il 7 ottobre 2010, ed essendo una delibera dichiarata immediatamente esecutiva, non rileva la diversa data, invocata dall’appellante, del 23 ottobre 2010, in cui si è concluso il periodo di pubblicazione della delibera sull’albo dell’ente.
Né rileva che siano state impegnate somme previste in bilancio per il solo opificio della Distilleria de Giorgi, atteso che, da quanto risulta dagli atti, tale opificio non era ancora stato acquisito dal fallimento, sicché ben era possibile destinare temporaneamente 103.000 euro, destinati all’acquisto dell’opificio, all’acquisto dell’appartamento, in attesa che venisse erogato il mutuo.
Né occorreva che l’impegno di spesa fosse adottato all’interno del provvedimento di esercizio della prelazione, perché dal quadro normativo si evince che l’atto di esercizio della prelazione e l’impegno di spesa sono atti distinti: dispone infatti l’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 42 del 2004, che la regione e gli altri enti pubblici territoriali, nel termine di venti giorni dalla denuncia, formulano al Ministero una proposta di prelazione, corredata dalla deliberazione dell'organo competente che predisponga, a valere sul bilancio dell'ente, la necessaria copertura finanziaria della spesa.
Né è stato dimostrato, e neppure dedotto, che l’alienante abbia ricevuto un nocumento non avendo ricevuto tempestivamente il prezzo della prelazione.
In definitiva ciò che rileva per il privato è che la somma sia disponibile contestualmente all’esercizio della prelazione, avendo il privato interesse al conseguimento tempestivo della somma, e potendo solo a tal fine contestare il procedimento contabile seguito dall’Amministrazione, nella misura in cui leda il suo interesse al tempestivo pagamento.
Non può invece essere riconosciuto in capo al privato un generico interesse al rispetto delle procedure contabili interne all’Amministrazione, ove egli abbia comunque conseguito tempestivamente il pagamento di quanto gli è dovuto.
Sotto tale profilo è irrilevante, oltre che insussistente, il dedotto vizio di incompetenza in capo al dirigente a contrarre mutui, atteso che il dirigente non ha, in sostituzione del Consiglio comunale, contratto un mutuo, ma solo posto in essere gli adempimenti preliminari, peraltro debitamente autorizzato dal Consiglio comunale con la delibera di esercizio della prelazione (n. 68/2010) in cui espressamente si autorizza il dirigente al compimento di ogni atto gestionale connesso al perfezionamento della procedura.
11. Con il sesto e ultimo motivo di appello si contesta il capo di sentenza con cui è stato respinto il quarto motivo del ricorso di primo grado, con cui si lamentava che l’atto di esercizio della prelazione non conterrebbe l’indicazione delle finalità di valorizzazione culturale del bene.
Viene riportata tra virgolette la motivazione della delibera 68/2010 per inferirne che sarebbe “assolutamente inconferente” (pag. 31 dell’atto di appello).
11.1. Il motivo, nella sostanza ripetitivo del primo e del secondo, è stato già sopra disatteso.
Il Collegio non condivide la valutazione di inconferenza della motivazione, dedotta dall’appellante, e ritiene invece che la delibera indichi in modo chiaro e conciso il programma comunale di valorizzazione dell’archeologia industriale e di realizzazione di un pertinente museo, nel cui ambito l’appartamento, che costituisce parte del compendio Distilleria, troverà adeguata valorizzazione come struttura museale o strumentale al museo.
12. In conclusione, l’appello va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in euro duemila (2.000) a favore del Comune di S. Cesario e euro mille (1.000) a favore del Ministero.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 9737 del 2011, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese e degli onorari del secondo grado del giudizio, nella misura di euro duemila (2.000) in favore del Comune di S. Cesario e di euro mille (1,000) in favore del Ministero.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2012